Fondamentale il capitale umano per l’efficienza della Pubblica Amministrazione
Valorizzare, non appiattire. Come il coaching può migliorare i risultati.
di Paola Poggipollini [*]
Quali sono i bisogni di un'amministrazione pubblica che intenda stare al passo con i tempi e che accetti la sfida del cambiamento conseguente all'attuazione di importanti riforme istituzionali?
Certamente una delle esigenze riguarda l'assetto organizzativo, che è destinato a cambiare con il modificarsi delle strutture amministrative (unione e fusioni di comuni, soppressione delle province, riorganizzazione delle regioni, nuovi assetti dei ministeri).
La necessità di un cambiamento è cresciuta di pari passo con le profonde trasformazioni della società italiana, indotte da una crescente internazionalizzazione, dal bisogno di gestire problematiche e fenomeni, sempre più complessi, con strumenti amministrativi nuovi, più efficaci e veloci nella risposta e sollecitate dalla richiesta del sistema economico di comprimere i costi della burocrazia, a fronte di una sensibile contrazione della produzione e della ricchezza del paese (si parla di arretratezza e di insostenibile costo della pubblica amministrazione).
L'altro problema ha a che fare con l'utilizzo e la valorizzazione del personale, che rappresenta la maggiore risorsa, di cui dispone la pubblica amministrazione, ma a cui riserva spesso scarsa attenzione, a cominciare dai livelli retributivi.
Infatti, riforme della pubblica amministrazione sono state approvate a partire dagli anni 90, principi sono stati scritti sul modo in cui le amministrazioni debbono funzionare, sull'esigenza di semplificare iter e prassi amministrative, di informatizzare i processi e dati, di mettere in campo strategie di buona amministrazione e di gestione dei servizi, di introdurre nella PA la “cultura del risultato”, di perseguire il benessere, la motivazione e la formazione del personale, come indispensabili condizioni di cambiamento.
Tuttavia, quando si è trattato di mettere in pratica questi principi, ogni amministrazione ha liberamente interpretato le norme vigenti, attuandole spesso secondo logiche di convenienza o di adattamento all'esistente e non di reale trasformazione ed ammodernamento della macchina amministrativa.
Ciò è stato possibile anche per la mancanza di efficaci strumenti di attuazione delle direttive impartite, ma soprattutto perché sono risultate insufficienti le risorse finanziarie a tale fine destinate e sono stati carenti i controlli e le rendicontazione sui risultati ottenuti.
Del resto manca nel nostro paese, ad ogni livello, la cultura della rendicontazione (reporting) e della verifica che le direttive approvate siano, poi, effettivamente portate a compimento.
Naturalmente non si può generalizzare, poiché nella realtà italiana ci sono amministrazioni ed enti più o meno virtuosi e si rilevano situazioni amministrative “a macchia di leopardo”, né si può colpevolizzare le amministrazioni, quando a fronte di riforme importanti non vengono messe a disposizione le necessarie risorse finanziarie e le capacità amministrative richieste.
Mettere in campo cambiamenti incisivi significa elaborare e testare strategie, ma soprattutto preparare personale che sia formato e quindi capace di rendere operativi i principi riformatori, che sia dotato degli strumenti idonei alla loro attuazione (potere decisionale e risorse) e che sia disponibile ad accettare anche cambiamenti, considerandoli come opportunità e non come minacce.
Purtroppo, in Italia, non si presta sufficiente attenzione all'aggiornamento, alla preparazione ed alla formazione del personale delle pubbliche amministrazioni, come presupposto indispensabile al cambiamento.
I Piani formativi previsti dalla normativa sul pubblico impiego non sempre hanno avuto attuazione e quando l'hanno avuta, non è stato possibile conoscerne l'esito. Pochissime, infatti, sono state le amministrazioni che nel periodo 2003-2010 hanno rendicontato i propri Piani annuali al Dipartimento della Funzione Pubblica.
Le scuole di formazione statali, che pur esistono e che recentemente sono state riformate, sono frequentate dai pochi e non dalla maggioranza del personale dirigenziale e direttivo, statale e locale, e soprattutto non rispondono ad una esigenza di formazione ed aggiornamento continuo e diffuso che rappresentano un indispensabile volano alle innovazioni in atto.
La formazione del personale diviene obiettivo prioritario in considerazione del progressivo invecchiamento dei dipendenti pubblici e della mancanza di turn over conseguente all'allungamento dell'età pensionabile.
Se in tale contesto non si agisce con tempestività sulla formazione e l'aggiornamento del personale, a partire da quello apicale, si corre il rischio che le riforme rimangano al palo o che si realizzino, ma in modo “timido” e poco efficace.
Tale considerazione è stata espressa e rimarcata sia nelle più recenti riforme della pubblica amministrazione sia nei decreti e nelle circolari di attuazione delle stesse.
Purtroppo si deve riconoscere che “si predica bene e si razzola male”.
Infatti, le risorse destinate a questo scopo sono state sempre scarse (per lo più recuperate all'interno dei contratti collettivi della PA) e negli ultimi anni sono state ridotte con la conseguenza che le attività formative si sono più che dimezzate.
Del resto analoga situazione si rileva anche per la digitalizzazione delle attività e dei servizi pubblici (ricordo il Codice dell'Amministrazione digitale), che è altro capitolo dolente legato alla riforma della PA.
L'informatizzazione viene spesso invocata, ma è praticata poco e spesso male, basti pensare al problema della comunicazione delle banche dati del settore pubblico. (Proprio in questi giorni nel corso dell'esame in Parlamento della legge finanziaria si sta discutendo del dimezzamento delle risorse da destinare alla digitalizzazione della PA).
Occorre, poi, fare attenzione alle modalità con cui si esprimerà il processo riorganizzativo.
Infatti se verranno chiaramente definiti per ogni tipo di organizzazione (comuni, regioni, ministeri) missione, vision, ruoli e competenze, se tali contenuti saranno tradotti in obiettivi strategici chiari; se quest'ultimi saranno interiorizzati e condivisi dal personale preposto alla loro attuazione, c'è probabilità che le riforme si realizzino, diversamente si rischia la confusione ed il caos.
Sarebbe, dunque, indispensabile un investimento massiccio nella valorizzazione del capitale umano presente nelle organizzazioni, con possibilità da parte degli amministratori e della dirigenza di acquisire quelle competenze trasversali, denominate “soft skills”, che potrebbero concorrere alla soluzione di problemi complessi ed anche all'effettiva attuazione, in termini riorganizzativi, delle riforme che interessano il settore pubblico,
In tale contesto l'attività di coaching[1] potrebbe portare un fattivo contributo al percorso di rinnovamento e di cambiamento delle amministrazioni pubbliche, attivando processi formativi orientati all'acquisizione delle competenze trasversali (capacità comunicative, relazionali, negoziali, predisposizione al cambiamento, comportamento empatico, flessibilità, tensione al risultato) con vantaggi quali: la responsabilizzazione e l'aumento della motivazione delle persone, il miglioramento del clima di lavoro, l'orientamento al cambiamento.
Vi è, poi, la possibilità, sempre tramite i percorsi di coaching da realizzarsi sul campo, di attivare metodologie, come quelle che sviluppano la resilienza del personale e il team e il group coaching, orientati proprio all'attuazione delle strategie di trasformazione delle pubbliche amministrazioni, nonché di introdurre l'utilizzo dell'apprendimento attraverso le “buone pratiche” ed il “confronto tra pari”.
Tali tecniche potrebbero produrre un indubbio vantaggio per la comunicazione, le relazioni e la motivazione del personale e apportare un aumento di credibilità ed affidabilità degli amministratori e dei dirigenti statali e degli enti locali.
Note
[1] Il coaching una metodologia che è sostenuta da solidi fondamenti scientifici che ha come finalità di aiutare, attraverso una relazione facilitata dal coach, i singoli, i gruppi o le organizzazioni a raggiungere obiettivi di miglioramento, crescita o cambiamento, autorealizzazione nel lavoro, nello sport, nelle relazioni, nello studio nelle organizzazioni
[*] Laurea in Scienze Politiche ad indirizzo economico, coach professionista (life coach, team coach, coach in azienda e negli enti pubblici), iscritta all'AICP (Associazione Italiana Coach Professionisti).
È consulente di: problematiche abitative e comunicazione, educazione sviluppo sostenibile È stata Dirigente nel Comune di Ferrara dei Servizi Abitazioni, Amministrativo dell'Edilizia, Urbanistica, Servizio Cultura, Rapporti con Università, Servizio Sviluppo Sostenibile e Partecipazione. Responsabile di progetti italiani ed europei su: progettazione partecipata, cittadinanza attiva, sviluppo sostenibile, educazione alla sostenibilità. Consulente della Regione Emilia Romagna e altri Enti sui temi dell'educazione alla sostenibilità. Docente in corsi e master presso Università: Ca' Foscari, Statale di Milano, di Ferrara.
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