Il bidone
La pseudo riforma della vigilanza • Effetti perversi di una legge sbagliata
di Fabrizio Di Lalla
Ci avevano detto di voler attuare la grande, epocale riforma dell’ispezione del lavoro, accompagnandola con i debiti strumenti per superare la sempre più grave crisi della vigilanza perché appariva netta la inadeguatezza del settore di fronte alle richieste dell’utenza, preso atto che il coordinamento tra i vari enti addetti a essa si era rivelato un fallimento. Bisognava, pertanto, riportare a unità quanto era stato frantumato nel corso degli anni in modo scellerato, sotto l’egida di un organismo indipendente. Ci avevamo creduto, superando anche la diffidenza per le precedenti delusioni. Ci hanno, invece, preso in giro rifilandoci un vero e proprio bidone. Noi che eravamo stati i precursori dell’idea di un’agenzia dell’ispezione, vedevamo in quel progetto iniziale un atto coraggioso e lungimirante, certi che i benefici di tale innovazione si sarebbero ben presto fatti sentire. Poi, cosa non rara in Italia, quell’obiettivo è stato snaturato e stravolto a causa di due elementi fondamentali: pressioni e spinte corporative che si sono messe di traverso e assoluta mancanza dei necessari investimenti.
Di fronte a tali ostacoli insormontabili il governo avrebbe fatto meglio a gettare la spugna e lasciare le cose come stavano senza illudere operatori e utenti. Invece, nonostante fossero venute meno le condizioni necessarie per una vera riforma, ha voluto portare avanti ugualmente il suo progetto menomato, diventato, ormai, un vero e proprio pastrocchio. Approvata la legge delega è stata licenziata successivamente la normativa per la creazione e messa in attività dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro, che per responsabilità politica rischia di essere un’entità ectoplasmatica, con una testa pensante e un corpo anchilosato o, peggio ancora, mutilato, non in grado di poter rispondere appieno alla sua volontà. Sul territorio, infatti, tutto è rimasto come prima con la stessa frammentazione; ognuno a casa propria, con le sue regole e la sua organizzazione.
Questa metamorfosi negativa, ci ha fatto sentire come un amante tradito e come tale abbiamo sottolineato a suo tempo tutta la contrarietà per il modo in cui era stata portata a termine l’operazione, più formale e nominalistica che sostanziale, ricevendo il sostegno e l’incoraggiamento degli operatori, nel silenzio più assoluto, invece, da parte di quanti avrebbero dovuto prendere posizione e non l’hanno fatto, con particolare riferimento ai rappresentanti delle parti sociali. L’assenza del sindacato a tale dibattito è forse per noi l’aspetto più doloroso, perché non possiamo dimenticare gli anni in cui era al centro del fiume della storia, soggetto determinante per riforme incredibili a tutela dei diritti dei lavoratori, mentre oggi appare a tanti un corpo senz’anima e anche per sua responsabilità, rischia la più completa marginalizzazione.
Così, nonostante il vertice dell’Ispettorato, con le sue indubbie doti di professionalità ed esperienza, stia cercando di ottenere il massimo dei risultati possibili attraverso l’emanazione di linee guida e indicazioni operative dirette alle strutture periferiche, ci sembra che le contraddizioni della nuova creatura restino tutte, un frutto avvelenato di una riforma profondamente sbagliata, che attribuisce le competenze in materia di vigilanza a questa nuova istituzione ma, contemporaneamente, sul territorio ha lasciato le cose come stavano prima. Con queste premesse contraddittorie, la ricerca dell’efficienza è pari, purtroppo alla volontà di ottenere la quadratura del cerchio; un’impresa umanamente impossibile. Il timore non proprio campato in aria è quello di un ulteriore appesantimento burocratico. Per superare i vecchi, fallimentari rapporti operativi tra le diverse strutture, e per raggiungere un minimo di collegamento tra uffici diversi e un qualche coordinamento tra operatori si è messo mano a una serie di lacci e lacciuoli che potrebbero abbassare ancor più il già non esaltante livello d’efficienza.
Infatti, tra referenti, coordinatori e chi più ne ha più ne metta, riunioni preventive e successive, portaordini e ufficiali di giornata che corrono da un ufficio all’altro, apparati amministrativi nuovi che si affiancano a quelli già esistenti, si corre il rischio non dico della paralisi ma di una qualche confusione aggiuntiva; altro che potenziamento della lotta all’illegalità.
L’imprevidenza e la superficialità della politica, purtroppo, stanno producendo un’ulteriore delusione nell’opinione pubblica e tanta amarezza tra gli operatori. La realtà è che tranne la creazione della struttura centrale tutto è rimasto inalterato in termini di uomini e mezzi disponibili, oltretutto con intatte le separatezze di sempre. Tutto come prima anche per quel che riguarda le vistose differenziazioni economiche. La stessa prevista equiparazione del trattamento, legato al servizio esterno, sembra essere messa in forse sul piano pratico perché al momento gli uffici periferici dell’ispettorato procederanno alla liquidazione di quanto dovuto secondo la disciplina e le procedure precedenti per mancanza degli accreditamenti necessari, salvo, come misericordiosamente è scritto in una circolare, “eventuali compensazioni”.
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