Cresce l’economia ma i giovani sono sempre al palo

di Claudio Palmisciano

Claudio Palmisciano 2017.03Da qualche mese a questa parte, i dati che vengono certificati dall’ISTAT evidenziano una buona vivacità del mercato del lavoro in Italia. “Tra il secondo trimestre del 2017 e lo stesso periodo dell'anno precedente - ha dichiarato l’ISTAT - si stima una crescita di 153 mila occupati (+0,7%) che riguarda soltanto i dipendenti (+356 mila, +2,1%), oltre tre quarti dei quali a termine, a fronte della rilevante diminuzione degli indipendenti (-3,6%)”. E ancora, la disoccupazione “diminuisce di 0,4 punti percentuali rispetto al trimestre precedente e di 0,6 punti in confronto a un anno prima, con maggiore intensità per quello giovanile.”


Insomma, pare di poter dire che, all’interno dei dati macroeconomici, finalmente, anche quello relativo al lavoro sta iniziando a recuperare terreno facendo così crescere l’aspettativa di nuova occupazione. Ciò pur a fronte del fatto che, in maniera solo apparentemente contraddittoria, nei dati di luglio 2017 il tasso di disoccupazione sale di 0,2 punti percentuali; la contraddizione – per cui cresce la disoccupazione e nel contempo crescono gli occupati – è dovuta all’ampliamento della platea di coloro che hanno dichiarato di cercare attivamente lavoro, senza tuttavia necessariamente trovarlo.

Sono di conseguenza diminuiti gli inattivi, cioè, coloro che non cercano attivamente un’occupazione. Sui dati ISTAT, naturalmente, il Ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, ha manifestato tutta la sua soddisfazione, segnalando in particolare “il superamento della soglia dei 23 milioni di occupati” e la conferma della “tendenza di medio-lungo periodo di crescita dell'occupazione: +918mila da febbraio 2014”.


Palmisciano 23 2Tuttavia, pur salutando favorevolmente i primi dati che testimoniano il miglioramento complessivo delle condizioni occupazionali, non possiamo fare a meno di prestare attenzione con preoccupazione ad almeno un paio di situazioni specifiche al suo interno.


La prima questione che va messa senz’altro sotto la lente d’ingrandimento, è quella relativa al forte sbilanciamento che si sta verificando in questi mesi fra le assunzioni con contratto a tempo indeterminato e quelle a tempo determinato. Come abbiamo visto, l’ISTAT attesta che solamente il 25% delle assunzioni - registrate a luglio 2017 e nel corso di un anno - sono da ascrivere fra quelle a tempo indeterminato. Mentre, evidentemente, il 75% delle assunzioni riguarda i contratti a termine.


Sicuramente una situazione che non può non destare preoccupazioni dato che il lavoro a termine espone, in maniera pesante, i soggetti interessati ad una condizione sociale di particolare debolezza da una parte per gli effetti che si producono nei confronti della credibilità sul mercato del credito e, dall’altra, per la frastagliata situazione previdenziale foriera di un trattamento pensionistico individuale particolarmente sfavorevole.


Palmisciano 23 1Ciò avviene malgrado gli impegni assunti dagli esponenti politici tesi a manifestare l’intenzione di operare nella direzione della riduzione dei contratti di lavoro flessibili e per una più forte stabilizzazione delle diverse forme di impiego.


Purtroppo non è quello che stiamo registrando e, molto probabilmente, le cause di questo non favorevole sbilanciamento sono da ascrivere sia alla abrogazione e riscrittura della norma sui voucher per il lavoro accessorio che anche alla esigenza di verifica sulla effettiva ripresa dell’economia. In tal senso i prossimi mesi saranno determinanti per la migliore comprensione dell’andamento del mercato del lavoro e della eventuale spinta che potrebbe maturare nella direzione della più solida stabilizzazione dei rapporti di lavoro.


La seconda questione che va vista con particolare attenzione è quella relativa alla occupazione giovanile. Sulla debolezza di questo delicato segmento del mercato del lavoro credo di poter dire che ci si trova tutti d’accordo. Sono oramai troppi mesi che l’andamento favorevole dell’occupazione riguarda solo in misura marginale il lavoro giovanile.


Palmisciano 23 3Lo stesso Ministro del lavoro, Giuliano Poletti, ha recentemente dichiarato che "l'occupazione giovanile è una priorità.

La discussione sulla decontribuzione è aperta, ma bisogna lavorare anche sull'occupabilità dei ragazzi; il primo intervento è il rifinanziamento di Garanzia Giovani, il secondo è il rafforzamento del sistema duale (alternanza scuola-lavoro) con la sua messa a regime dopo la sperimentazione dello scorso anno.”


Anche la Confindustria è recentemente intervenuta esprimendo giudizi positivi sugli evidenti segnali di miglioramento delle prospettive di crescita ma ha definito la questione dell’occupazione giovanile come il vero tallone d'achille del sistema economico e sociale italiano.

Un problema che, fra gli aspetti più negativi, sta portando alla fuga dei nostri giovani verso paesi esteri, un fenomeno che “costa all'Italia un punto di Pil all'anno, valutato in 14 miliardi di euro, in perdita di capitale umano”.


Un problema molto serio, dunque, per il quale ci permettiamo di aggiungere che, aver scelto la politica dell’annuncio – oramai da mesi – sul tema della decontribuzione per le nuove assunzioni di giovani e avere, quindi, rimandato il tutto alla legge di stabilità del 2018, è stato un errore perché questa scelta sta inevitabilmente comportando, soprattutto per le piccole e medie imprese, il rinvio di queste possibili assunzioni a momenti migliori, in attesa, appunto, di vedere la concreta approvazione della nuova legge di bilancio.


Forse sarebbe stato meglio che l’annuncio venisse immediatamente seguito da un provvedimento d’urgenza, magari trovando la soluzione tecnica utile a garantire comunque gli incentivi a partire dal 2018. Restiamo convinti che i timidi segnali di ripresa avrebbero potuto ottenere maggiore vigore evitando di perdere tempo prezioso (quasi sei mesi) prima di dar vita a nuovi posti di lavoro stabili per i giovani. Quadrato Azzurro

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