È stato un grande onore per me presiedere e rappresentare questa bella creatura che, nata come un anatroccolo dai confini limitati di un piccolo stagno, si sta trasformando in cigno il cui habitat è ormai rappresentato da un grande bacino.
E pensare che tre anni fa ho fatto un lungo fuoco di sbarramento prima di aderire alle insistenti seppur cortesi pressioni dei cari amici del gruppo dirigente di assumere la guida della fondazione. E ciò non per “farmi pregare” o per vanagloria ma perché avevo altri progetti che ritenevo incompatibili con l’onere che mi sarebbe derivato da tale incarico.
Invece, sono stati tre anni affascinanti, densi di progetti realizzati e di eventi che hanno fatto conoscere sempre più all’esterno la nostra istituzione. E tale evoluzione, in linea con quanto dettato dallo statuto, ha ampliato in modo direi quasi imprevisto la nostra presenza nella vita culturale del Paese. Tanto per fare un esempio oggi i libri della nostra collana di argomento giuslavoristico sono sempre più richiesti da una platea di lettori che spesso trovano in essi un utile supporto per la propria attività. Gli stessi nostri convegni periodici hanno superato l’ambito romano e hanno iniziato il loro percorso sul territorio che a parer mio è la loro sede naturale.
Oggi si può ben dire che la Fondazione D’Antona sta occupando uno spazio sempre più ampio nell’ambito dell’elaborazione delle idee e della loro divulgazione. Il mio contributo a tutto ciò trova la sua origine nel grande amore verso la carta stampata e, soprattutto nella consapevolezza che tale attività rappresenta un tassello verso il ritorno al senso di civismo e solidarietà, pietre miliari di ogni società democratica, così trascurati al giorno d’oggi da determinare un pericoloso scollamento tra gruppi dirigenti e cittadini.
Molteplici sono le cause di questa allarmante situazione e tra esse sicuramente una delle più importanti è il lento ma inesorabile allontanamento dei principi di partecipazione attiva dell’associazionismo. Quando non è più così tali organismi si trasformano in apparati burocratici autoreferenziali che nel lungo periodo vanno verso la loro decadenza perdendo il loro importante ruolo di cerniera tra base e vertice. E ciò, a parer mio, ha causato, insieme alla insensibilità di una classe politica decadente, lo scollamento e l’abbandono a se stessi di milioni di cittadini che non si sentono più tutelati da nessuno né dal punto di vista economico né da quello della rilevanza sociale che spetta a ogni componente di una struttura democratica.
In un mondo, dunque, in cui sembrano tornati alla ribalta disvalori come edonismo ed egoismo, e auto estinti gli strumenti di raccordo degli interessi dei singoli e dei gruppi con quelli collettivi, la Fondazione deve rappresentare un faro attraverso le sue iniziative per mantenere viva questa necessità di sintesi e mediazione. E verso quest'obiettivo, infatti, sono state indirizzate tutte le nostre iniziative.
Nel momento in cui lascio la presidenza, consapevole della realtà descritta, voglio precisare che il mio non è un abbandono ma solo un passo indietro secondo la mia logica e la mia etica. Infatti, non vado via per stanchezza o perché la guida della nostra creatura non mi appaghi più. Il mio ritiro deriva dalla convinzione profonda che gli organismi collettivi rappresentativi traggono la loro forza e la loro legittimazione dall’alternanza del vertice.
Per questo ho resistito agli inviti di tanti che mi chiedevano di continuare in un secondo mandato, per questo ho respinto le pressioni del mio ego; nella convinzione di aver fatto la scelta giusta, sono certo che essa sarà apprezzata da quanti hanno a cuore i destini di questa creatura che purtroppo, non saranno mai privi di pericoli. Sono consapevole, infatti, che la sua trasformazione in cigno non la preservi da tanti pericoli che incombono sulla sua strada. Questa creatura spesso trasfigurata nell’immagine della bellezza ed eleganza è sì aggraziata ma molto fragile e ha bisogno di cure e attenzioni continue.
Ecco perché il raccordo tra soci e gruppo dirigente deve avere sempre la massima sintonia e i primi essere i severi artefici e controllori di un periodico ricambio del vertice.
A voi tutti, infine, soci e gruppo dirigente un ringraziamento di cuore per il sostegno ricevuto con un riguardo particolare, privo di ogni forma retorica, alle magnifiche persone che gestiscono la fase operativa e che rappresentano il cuore pulsante della nostra Fondazione. Nel corso della reciproca collaborazione ho avuto la fortuna della loro amicizia e stima e la conferma che tra le loro doti ci sono quelle dell’onestà e competenza.
Il mio ritorno al meraviglioso mondo dello scrivere, lo voglio accompagnare con l’impegno di continuare a dare ogni contributo possibile se e quando mi sarà richiesto.
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