L’opinione
Il recente servizio di Report, la collaudata trasmissione d’inchiesta della terza rete Rai sull’Ispettorato del Lavoro, pur con alcuni errori come quello di attribuire a tale soggetto la competenza in materia di sicurezza e salute dei lavoratori, passata nel 1978 alle regioni, ha colto ancora una volta nel segno.
La sua denuncia sulle inefficienze di tale organismo, nel silenzio generale di chi, in politica e in campo sindacale, poteva e doveva rendere edotta l’opinione pubblica di tale situazione patologica, ha fatto riemergere i gravi errori commessi anche di recente che hanno portato a tale stato di fatto. Di essi la causa prima, o se volete, il male oscuro che ha minato e mina l’efficienza della vigilanza è stata la parcellizzazione, avvenuta nel tempo, di risorse, funzioni e operatori tra vari soggetti istituzionali. La cosa più grave, tuttavia, si è verificata nell’ultimo periodo, quando il governo ha dichiarato di voler invertire la rotta con la realizzazione di un unico organismo ispettivo, illudendo chi scrive e, cosa molto più grave, operatori e utenti.
Quel progetto, purtroppo, è stato subito modificato alla radice al momento del percorso parlamentare della legge e successivamente con l’emanazione del relativo decreto legislativo. Così dietro un’unità formale, specchietto per le allodole, tutto o quasi è rimasto come prima nella sua disorganicità. E ciò a nostro giudizio, per due motivi principali: l’assenza di risorse adeguate, necessarie per una vera riforma e lo scontro corporativo tra i vertici, seguiti dai loro apparatcik, dei vari soggetti istituzionali del settore, timorosi di perdere o veder ridimensionato il proprio potere contrattuale, grande o piccolo. Dietro le loro squallide bandiere sono riusciti a mobilitare, purtroppo, gran parte dei rispettivi addetti e anche qualche struttura sindacale.
Nulla di nuovo sotto il sole, perché nella pubblica amministrazione da alcuni decenni questo tipo di logica è imperante e quasi sempre le riforme annunciate come rivoluzionarie, sono forma più che sostanza.
Tanto per rimanere nel campo del lavoro possiamo menzionare il trasferimento nel 1978 della prevenzione alle regioni e per esse, dal punto di vista operativo, alle asl che non ha determinato miglioramenti di sorta, anzi; la creazione delle Agenzie del Lavoro andate subito nel dimenticatoio; il trasferimento del collocamento alle autonomie locali che non ha avuto miglior sorte, peggiorando risultati che erano già ai minimi storici.
Ammaestrati da questi precedenti, dopo aver letto la norma definitiva ci rendemmo subito conto della creatura deforme che stava nascendo e lo scrivemmo in un articolo dal titolo premonitore, “Il cambio della targa” di cui vogliamo riportare un brevissimo brano:
“La nuova agenzia o ispettorato unico non sarà un organismo unificante, ma un soggetto pubblico che va a integrare l’esistente. Pur nella sua formale autonomia amministrativa e contabile, avrà le mani legate a doppia mandata dalle ristrettezze finanziarie e la sua struttura sul territorio non sarà altro che quella periferica del Lavoro con qualche sede in meno e l’attuale personale. Gli altri operatori, quelli di Inps e Inail, resteranno ognuno a casa propria, cioè all’interno dei rispettivi servizi di vigilanza. Tutto come prima, pertanto; altro che potenziamento. Continuerà a esserci il solito rapporto a tre, con le sue disfunzioni e gli scadenti risultati”.
Al nuovo governo spetta l’onere di dimostrare le proprie capacità intervenendo radicalmente sull’attuale situazione. Compito che compete anche agli organismi sindacali che raccolgono il consenso degli operatori del settore con un chiaro progetto teso a conseguire un unico organismo di vigilanza con le risorse finanziarie necessarie per fornire agli addetti alla vigilanza gli strumenti operativi necessari e corrispondere contropartite economiche adeguate e senza assurde differenziazioni, alle loro funzioni complesse e cariche di responsabilità.
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