Da maggio scorso, i mass media, giornali, radio e tv, ci raccontano della “punizione” posta in essere da ATAC SpA, la grande società di trasporto pubblico locale romano, a totale partecipazione del comune di Roma, nei confronti della signora Micaela Quintavalle, lavoratrice dipendente dell’azienda stessa nelle mansioni di Autoferrotranviere dal 2007.
La lavoratrice è Segretario Nazionale del Sindacato Cambia-Menti M410, sindacato di categoria nel settore degli Autoferrotranvieri. Questo neonato sindacato, da 3 anni, porta avanti notevoli battaglie per bloccare il processo di peggioramento delle condizioni lavorative degli Autoferrotranvieri in ATAC SpA.
Si è assistito, da tempo, a spiacevoli episodi che, purtroppo, hanno posto le fondamenta per creare nuovi gruppi sindacali di “opposizione” rispetto a sistemi poco “trasparenti” all’interno dell’azienda.
La situazione di ATAC SpA è evidente, da tempo, ai più come un vero e proprio “fatto notorio”, con rischi riflessi di enorme entità anche a livello sociale.
La partecipata romana ha un debito di 1,3 miliardi; oggi, formalmente ammessa dal Tribunale di Roma, Sez. Fallimentare, alla procedura concorsuale del concordato preventivo in continuità aziendale, l’azienda continua a vivere quotidianamente momenti drammatici con il fenomeno denominato dai mass media “Flambus”, autobus che prendono fuoco durante il servizio, con il malcontento e il timore dei lavoratori che avvertono su di sé grandi timori per la loro incolumità e per quella degli utenti. Continue anche le violente aggressioni subite dal personale di front office; nel frattempo, gli utenti insoddisfatti “subiscono” condizioni di trasporto pubblico lontane da ogni standard qualitativo richiesto dai regolamenti europei e, inferociti per questo, sfogano spesso la loro “lamentela” con gli autisti, anche con gesti prepotenti e irruenti.
Giova rammentare, del resto, che il trasporto pubblico è per definizione un servizio pubblico essenziale e, pertanto, teoricamente, dovrebbe garantire livelli minimi di “qualità”[1].
Il sindacato di appartenenza della signora Micaela Quintavalle, tra gli altri, ha posto in essere uno sciopero lo scorso 6 luglio. Tra le motivazioni dello sciopero vi era la violazione dell’articolo 2087 del codice civile sull’inadempimento datoriale nel garantire ed attuare misure di sicurezza a salvaguardia dei lavoratori. Annoso ed irrisolto problema era ed è quello del mancato funzionamento del microclima sui mezzi di trasporto; a temperature disumane, i lavoratori vengono sollecitati a proseguire il servizio pena l’avvio di un procedimento disciplinare a loro carico![2] A questo si aggiungano i servizi igienici inidonei, in stato di degrado totale, le notevoli anomalie/avarie dei mezzi che provocano anche gravi malattie professionali agli autisti (troppo spesso, vengono riconosciuti “inidonei alla guida” dall’INAIL) e tante altre cose dai medesimi vissute, denunciate e raccontate costantemente.
Non sono serviti a molto gli “scambi” diplomatici tra l’azienda e i lavoratori. Ci raccontano che si è giunti ad un punto di esasperazione tale che il Segretario Nazionale di Cambia-Menti M410, Micaela Quintavalle, contattata dalla trasmissione d’inchiesta LE IENE, ha deciso di rilasciare dichiarazioni su un bus ATAC, a volto scoperto, denunciando diverse anomalie tecniche riguardanti proprio gli autobus e i rischi ad essi collegati.
Il servizio è andato in onda il 10 maggio 2018 alle ore 21:00 . Detto servizio, girato con la sindacalista dai giornalisti di LE IENE, è stato fatale per la medesima. Da esso è derivata la sospensione cautelare dal soldo e dal servizio a tempo indeterminato per avere recato danno all’immagine e alla reputazione aziendale, come da contestazione disciplinare a lei consegnata il 17 maggio 2018.
In verità, le riprese includono sul set la ricorrente ed altri due colleghi ATAC SpA col viso coperto che confermano i guasti e l’insicurezza dei bus, convenendo e rafforzando la veridicità delle dichiarazioni rese dalla signora Quintavalle Micaela.
Considerata la stasi aziendale e permanendo la sospensione cautelare dal soldo e dal servizio, la lavoratrice decide di fare ricorso all’autorità giudiziaria contro la sospensione cautelare, essendo già danneggiata non solo sotto il profilo patrimoniale-economico (senza stipendio), ma anche sotto il profilo non patrimoniale per danni concernenti la sua immagine personale come Segretario Nazionale dell’O.S. Cambia-Menti M410 e concernenti la sua salute, compromessa da stati ansiosi-depressivi dovuti al timore della perdita definitiva del posto di lavoro.
Nel frattempo, l’azienda le formalizza l’”opinamento di destituzione” definitiva, così come previsto nel R.D. n. 148/1931. Il R.D. n. 148/1931 è un complesso di norme, “antico”, obsoleto e in parte superato dalla giurisprudenza, e prevede trattamenti molto peculiari per i lavoratori Autoferrotranvieri.
Senz’altro discutibile, sul piano della certezza del diritto, il fatto che possa ancora esistere in un ordinamento giuridico “avanzato” una disposizione normativa di sospensione cautelare dal soldo e dal servizio a tempo indeterminato in pendenza di un procedimento disciplinare.
La “tenuta sulla graticola” – prima della comunicazione di destituzione – è durata 70 lunghissimi estenuanti giorni, all’esito dei quali è seguito appunto l’“opinamento di destituzione”. Un periodo temporale esageratamente lungo durante il quale la lavoratrice non ha percepito stipendio e, soprattutto, non poteva percepirne altrove essendo solo sospeso il rapporto di lavoro. Ella, inoltre, non poteva neanche chiedere la NASPI, non essendo formalmente licenziata. Una stasi paludosa che merita attenzione giuridica rispetto ad una presumibile incostituzionalità della misura cautelare indicata e tuttora vigente.
Ma, in questa sede, l’attenzione maggiore va posta sull’azione discriminatoria di stampo antisindacale addebitabile all’azienda e su cui si attende, fiduciosi, il giudizio dell’adito Tribunale di Roma, Sez. Lavoro.
Dov’è il confine tra la legittima critica aziendale, la condotta antisindacale, la giusta causa di licenziamento per violazione del codice etico aziendale e per lesione dell’immagine aziendale?
Cosa ha denunciato, in fondo, la sindacalista nella trasmissione d’inchiesta LE IENE?
Nulla è stato mai contestato alla ricorrente in qualità di lavoratrice dipendente di ATAC SpA per possibili omissioni nell’eseguire la sua prestazione lavorativa; nulla è stato mai contestato alla medesima per quanto concerne la diligenza adottata nell’esecuzione delle mansioni di autoferrotranviere cui è preposta; alcuna contestazione è mai stata formulata alla ricorrente, ad esempio, per mancato rispetto dell’orario di lavoro o dei turni assegnati; per inosservanza di ordini e/o direttive impartiti dai suoi superiori gerarchici, ecc..
Ogni contestazione disciplinare ha tratto origine SOLO ED ESCLUSIVAMENTE dalle sue azioni sindacali di protesta e/o di “denuncia” pubblica, anche a mezzo social e a mezzo testate giornalistiche, finalizzate e dirette solo ed unicamente a salvaguardare i lavoratori Autoferrotranvieri, sollecitando l’opinione pubblica a riflettere sui motivi reali per i quali il servizio è via via sempre meno efficiente e meno confortevole, volendo ella “scagionare” la categoria professionale di appartenenza dalle esorbitanti responsabilità che, fino ad oggi, ingiustamente tutti i media le hanno additato, nel completo ed assordante silenzio aziendale. Non può sfuggire la brutta “nominata” degli Autisti a Roma: fannulloni, scansafatiche, colpevoli se l’autobus non passa mai!
Principale destinatario delle denunce mediatiche poste in essere dalla sindacalista è sempre la controparte datoriale che, “sorda” rispetto ai disagi espressi dai suoi dipendenti, ha proseguito in misure e disposizioni interne non proprio attente ai bisogni, ai pericoli ed ai rischi dei lavoratori e delle lavoratrici (aumentano i casi di aggressioni da parte di utenti infuriati dal fatto che i bus non sono frequenti come dovrebbero essere e/o in quanto i bus sono senza confort alcuno, alla stregua di “camere di soffocamento”; aumenta l’utenza irregolare di individui socialmente pericolosi e delinquenti).
Risulta esserci, indubbiamente, un chiaro collegamento finalistico tra l’azione della sindacalista Micaela Quintavalle (nel prendere parte al servizio di inchiesta televisiva “LE IENE”, oggetto di contestazione disciplinare), le sue funzioni sindacali e lo scopo sindacale perseguito: il proselitismo per Cambia-Menti M410; la protesta per il bene collettivo della categoria; la resistenza rispetto a peggioramenti contrattuali posti in essere da ATAC SpA, rispetto della salute e della integrità fisica dei lavoratori messe continuamente a rischio.
Da questo assioma risulta palese il nesso di causalità tra l’evento “denuncia mediatica” e la funzione di rappresentante sindacale della lavoratrice talchè, in conclusione, l’azienda ha punito espressamente l’azione sindacale nella sua accezione più genuina, combattiva, anticonformista e non assoggettata al potere datoriale.
Si è di fronte ad una grave menomazione della libertà sindacale, costituzionalmente garantita.
Molto si potrebbe ancora scrivere in merito ma, in attesa del verdetto giudiziario, su cui si pone grande fiducia, si intende, intanto, sollecitare una profonda riflessione in tutte le istituzioni pubbliche, ivi incluso l’Egregio Ministro Luigi Di Maio, nonché l’Egregio Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Danilo Toninelli, affinché si prenda atto di quanto sia accaduto ai danni di una lavoratrice onesta, diligente e seria cui pare sia iniquamente addebitato “un fatto sovrastimato”… cadendo in oblio – forse – la gravità di misfatti ben più pesanti che unicamente hanno causato in maniera concreta e determinante il disastro economico-finanziario di ATAC SpA[3] e la sua perdita di pregio in termini di immagine.
Intanto, proprio in questi giorni, abbondano nuove notizie “scandalo” sui problemi dell’azienda, problemi certamente non riconducibili ad azioni legittimamente intraprese da una sindacalista espulsa!
L’altra riflessione, anche più importante, deve, invece, riguardare lo stato di insoddisfazione e le ragioni che spingono i lavoratori a denunciare e a scioperare per motivi legati alla loro sicurezza e alle loro condizioni di lavoro. Bisognerebbe, piuttosto, andare alla radice dei problemi, senza soffocare le manifestazioni di dissenso e vivendo la condizione ordinaria dei lavoratori – ormai disaffezionati alla loro professione – anche solo per un giorno: i rappresentanti istituzionali, per esempio, potrebbero prendere un autobus a Roma insieme all’autista, seguirlo per tutta la durata del suo turno, 6 ore e 30 minuti (6 ore e 40 minuti in punta massima), con brevissime pause di pochi minuti all’arrivo ai capolinea (insufficienti per andare persino in bagno!), per capire cosa accade quotidianamente durante il suo servizio, quali pericoli incontra soprattutto nelle zone periferiche romane con utenti tutt’altro che “raccomandabili”, quanto caldo si sente in agosto se il microclima in vettura non funziona e “subirlo” per 6 ore e 30 minuti, e tante altre evenienze scomode che stanno riducendo questo lavoro a quanto di più disonorevole possa fare un uomo e una donna nella propria vita professionale.
L’espulsione di chi denuncia il malessere dei lavoratori non può essere giustificato in nessun contesto democraticamente “conformato”, alla luce della Costituzione, dello Statuto dei Lavoratori e di tutte le fonti di diritto europeo ed internazionale che tutelano massicciamente la facoltà dei lavoratori di unirsi in qualsiasi forma associativa e di esercitare i diritti e le libertà sindacali e di opinione senza che queste diventino causa di ritorsione a loro carico da parte aziendale.
[1] Il Regolamento UE n. 181/2011 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 16 febbraio 2011 stabilisce, tra gli altri, che uno degli obiettivi dell’UE è garantire un livello elevato di protezione dei passeggeri nel trasporto con autobus e una maggiore protezione dei consumatori, tenuto conto anche della loro possibile ridotta mobilità per disabilità, malattia, anzianità, maternità, nel più ampio ambito dei diritti dei viaggiatori della direttiva 90/314/CEE.
[2] A nulla rilevando, oltretutto, l’orientamento giurisprudenziale secondo cui, in violazione dei vincoli di cui al d.lgs. n. 81/2008, il lavoratore ha diritto di rifiutare di svolgere prestazione lavorativa, senza subire alcuna ritorsione o trattenuta retributiva trovandosi di fronte ad un inadempimento contrattuale datoriale.
[3] IL DISSESTO DELL’AZIENDA DI TRASPORTI DI ROMA - Atac, ecco tra costi vivi e occulti il buco da oltre 8 miliardi in 15 anni , di Fabio Pavesi, 28 luglio 2017, da IL SOLE 24 ORE.
[*] Gianna Elena De Filippis è Consulente del Lavoro, www.sibillaconsulting.com, in collaborazione con lo studio legale Prof. Avv. Fabrizio Proietti e Avv. Luca Parisella
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