Lettera aperta al Ministro del Lavoro
Buon lavoro Ministro. Il nostro è un augurio che non ha nulla di rituale o di formale perché di lavoro, ci creda, al ministero che ha l’onore di presiedere ce n’è tanto e non certo di semplice routine. Il Ministero del Lavoro che un tempo riusciva ad assolvere i suoi compiti d'indirizzo politico e di azione amministrativa, sia pure con alcune difficoltà, oggi, è francamente in completo affanno. Mutilato nel corso del tempo delle sue strutture periferiche, sembra ormai rinchiuso in se stesso, senza slancio nelle sue importanti, seppur residuali, funzioni di iniziativa legislativa e di indirizzo e controllo delle due agenzie.
Per la parabola discendente di questo organismo così necessario al mondo del lavoro, gran parte delle responsabilità va attribuita sicuramente a errati calcoli politici in cui anche i suoi predecessori hanno le loro gravi colpe. Le riforme che si sono succedute nel tempo, infatti, sono state realizzate in modo contrario ai progetti originari e dilettantesco, senza prevedere, oltretutto, le risorse necessarie per ogni innovazione. Così il ministero venti anni fa ha perso le funzioni di politica attiva senza che ne abbia guadagnato la nostra società, anzi. Da allora siamo arrivati, addirittura, all’irrilevanza del servizio pubblico di collocamento.
Qualche anno fa l’attività ispettiva ha acquisito la sua autonomia, ma essa aveva un senso se fosse stato perseguito l’obiettivo iniziale di ricostituire l’unicità rispetto allo spezzettamento esistente nel settore, causa principale della sua inefficienza. Al contrario, la riforma, in modo bizantino e levantino, ha lasciato le cose come prima. Più di un ispettore, con cui ho avuto uno scambio d'idee, mi ha detto che le cose sono addirittura peggiorate. E c’è da credergli perché quella è gente operativa, che non ama piangersi addosso. La delusione degli operatori è il frutto dell’amore che hanno verso il loro lavoro che potrebbe essere tra le eccellenze della funzione pubblica. Bastava realizzare il progetto originario, senza farsi condizionare da corporazioni e interessi particolari.
Tornando, poi, al tema delle politiche attive del lavoro siamo fermamente convinti che anche la recente normativa, quella per intenderci sui navigator sia un’arma spuntata e inutile. Riempire i centri dell’impiego e gli uffici di collocamento, che da tempo si trovano fuori mercato per una serie di cause, non ha alcun senso. Sono, oggi, parafrasando Buzzati, come gli avamposti nel deserto dei tartari in attesa di qualche richiesta d’assunzione che non arriverà mai. Purtroppo l’Italia non è il Mississippi per composizione sociale, rapporti di lavoro e cultura. Scimmiottare ambienti tanto diversi dal nostro ci può solo fare del male. Sarebbe stato necessario, attraverso atti normativi, rimettere prima al centro della politica attiva del lavoro gli uffici pubblici a ciò preposti dando loro poteri e strumenti necessari per tornare a essere il punto d’incontro della domanda e dell’offerta di lavoro e poi procedere alla riorganizzazione interna, anche con l’immissione di nuovo personale.
Sebbene le due funzioni non siano più di diretta gestione ministeriale, a lei, ministro, spetta tuttavia, il compito di controllo e d'indirizzo delle stesse e dei loro organismi e di fronte a una situazione così degradata è suo diritto e dovere di intervenire per cercare di riportare a efficienza due funzioni così importanti del mondo del lavoro.
Non sarà facile perché riuscire a conseguire l’unità reale della funzione ispettiva, dotandola delle risorse necessarie è un'impresa finora che nessuno dei suoi predecessori ha voluto o potuto perseguire. Fare dei centri per l’impiego il luogo effettivo del mercato del lavoro è altrettanto complesso, considerando che agli antichi mali si è aggiunta ultimamente una pseudo riforma che oltretutto è partita dai piedi anziché dalla testa.
Se ella riuscirà in tale ardita missione, avrà il plauso della società, degli operatori e certamente il nostro. Altrimenti sarà l’ennesima delusione e non ci mancherà il tempo per mandarglielo a dire.
[*] Giornalista e scrittore. Consigliere della Fondazione Prof. Massimo D’Antona Onlus ETS.
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