Qualche anno fa un noto ed apprezzato cantautore, ormai passato a miglior vita, ebbe l’intuito di scrivere e cantare un brano che ebbe molta fortuna: «L’anno che verrà» nel quale sognava un anno migliore di quello che ormai volgeva al termine.
Ebbene, prendendo lo spunto dal predetto brano, ho pensato: che bello sarebbe avere un anno migliore di quello che sta per lasciarci. La maggior parte di noi, sono certa, lo ha pensato. E sono convinta che ci si accontenterebbe di un anno più semplice e forse con cambiamenti meno repentini rispetto a quelli descritti nella famosa canzone. Un anno dove la salute, intesa come assenza dal virus che ha colpito il mondo e come assenza di malattia in genere, la facesse da padrona e dove la normalità diventasse la parola d’ordine per tutti.
L’anno che sta passando è stato ed è ancora un anno difficile per i tanti motivi che sono sotto gli occhi di tutti. Il 2020 ha fatto sì che tutti, o quasi, fossero costretti a riflettere sul significato intrinseco della vita e ad interrogarsi sui cambiamenti che il futuro ci avrebbe riservato. Si sente dire che il mondo cui stiamo andando incontro sarà un mondo diverso rispetto a quello cui siamo abituati e che davamo per scontato. Il nostro modo di concepire gli spazi pubblici ma anche privati e il nostro modo di relazionarci potrebbero essere completamente diversi da quelli attuali. Il CNEL ha raccolto e pubblicato nel mese di giugno le analisi e le considerazioni di esponenti politici, economisti, giuristi e studiosi in genere sugli effetti che la pandemia avrà sulla struttura sociale, sulla scuola, sul welfare e sui rapporti internazionali. A prescindere dalle prospettive di analisi adottate e dalle considerazioni personali espresse, l’accordo è unanime: il mondo sarà diverso e, per alcuni, il coronavirus ha dato anche un contribuito positivo perché “l’eccezionalità degli eventi ci costringe a sperimentare molto di più, a essere più veloci e intraprendenti, a sburocratizzare e a rendere più fluide alcune procedure” superando logiche ormai obsolete. Lo storico Yuval Noah Harari in un articolo pubblicato ad aprile sul Financial Times nel porsi la domanda “come sarà il mondo dopo che la pandemia da virus sarà finita” risponde che “la tempesta passerà ma abiteremo in un mondo molto diverso E come sarà questo mondo dipenderà anche dalle scelte fatte in piena emergenza”, perché molti dei provvedimenti adoperati, quali ad esempio il lavoro a distanza, avranno un impatto sul futuro del lavoro e dell’istruzione. Lo storico ritiene che le soluzioni migliori siano il ricorso alla responsabilità dei singoli piuttosto che alla sorveglianza totalitaria e la solidarietà globale piuttosto che l’isolazionismo. L’ opinione più condivisa tra gli esperti è che il futuro dipenderà dalle scelte che saranno effettuate sia su scala individuale che collettiva.
L’adozione di comportamenti responsabili, adeguate decisioni politiche e di buona amministrazione, il pensare positivo e le buoni prassi sanitarie, vaccino incluso, ci porteranno verso un futuro migliore. Insomma seppure non sarà tre volte Natale e festa tutti i giorni, l’anno che sta arrivando sarà certamente migliore.
Ed è con questo auspicio che rivolgo a voi tutti ed ai vostri cari l’augurio di Buon Anno che sia foriero d’amore e di solidarietà.
[*] Presidente della Fondazione Prof. Massimo D’Antona
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