Il nostro PNRR – piano nazionale di ripresa e resilienza, 2021-2025 con la Missione 5, affidata al Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, prevede, a beneficio delle cosiddette Politiche Attive del lavoro, un investimento/finanziamento di assoluta rilevanza ed entità, pari a 4,4 miliardi di euro, principalmente per sostanziare il Piano nazionale nuove competenze e il cosiddetto Programma Gol – programma di garanzia occupabilità dei lavoratori.
Ciò dovrà avvenire per mezzo di interventi diretti delle Regioni, anche previa attivazione di Patti territoriali o di filiera, sottoforma di piani attuativi ovvero proprio del menzionato intervento Gol, inteso come riforma di sistema delle Politiche Attive del nostro Paese. Detto programma dovrà vedere l’approvazione da parte dell’Anpal – Agenzia strumentale del Ministero del Lavoro, che valuterà, in tempi contingentati, la congruità e coerenza con i piani nazionali.
Con il Programma Gol vengono normalmente sovvenzionati una serie di interventi, quali assegni di accompagnamento al lavoro, per poi divenire veri e propri contratti di lavoro, come anche misure di inclusione sociale e outplacement, questo finalizzato al reinserimento occupazionale dei lavoratori, ricorrendo all’aggiornamento e riqualificazione professionale, ossia di necessaria attivazione di percorsi formativi, quale elemento di “condizionalità”. Un occhio particolare dovrà inoltre, inevitabilmente, essere rivolto al rafforzamento delle irrinunciabili competenze digitali, fondamentali per l’attuale mercato del lavoro.
A questo si deve aggiungere l’evidenza che il Piano nazionale nuove competenze viene a concretizzarsi attribuendo un'importanza strategica propriamente al Fondo nuove competenze, che detiene la funzione di innescare una sorta di "politica attiva preventiva" che di fatto responsabilizza l’intero tessuto imprenditoriale del nostro Paese, anche ricorrendo al veicolo offerto dai molteplici Enti Bilaterali.
Ma in sostanza si vuole approntare una riforma complessiva di sistema, delle citate politiche attive, al fine di accompagnare, per così dire, i “lavoratori in transizione” ovvero i disoccupati, avendo cura di mettere al centro il profilo soggettivo del lavoratore alla ricerca di occupazione.
È evidente che la platea naturale dei destinatari, coinvolta nel citato programma Gol, sarà formata da coloro che beneficiano di una serie di misure atte al reinserimento lavorativo: di Cassa integrazione guadagni, (ordinaria e straordinaria), per i destinatari di Naspi (nuova assicurazione sociale per l’impiego) o Dis-coll (indennità mensile di disoccupazione destinata ai collaboratori coordinanti e continuativi), per i beneficiari di Reddito i cittadinanza, per donne svantaggiate, per i lavoratori cosiddetti fragili, come pure per i Neet, per persone con disabilità, per i disoccupati di lunga durata, degli over 55, di ulteriori categorie “disagiate”, ma anche per chi lavora e percepisce salari insufficienti, i cosiddetti “working poor”.
Il progetto Gol, ovvero “Garanzia di Occupabilità dei Lavoratori” è stato immaginato per tentare, con azioni concrete e mirate, di rilanciare l’occupazione in Italia aggredendo, per così dire, in maniera polivalente la disoccupazione.
Le risorse complessive previste a beneficio del programma nazionale Garanzia di Occupabilità ammontano come sopra ricordato a 4,4 miliardi di euro. A tali fondi sono da sommare 600 milioni di euro per il rafforzamento dei Centri per l’impiego e ulteriori 600 milioni di euro per il rafforzamento del cosiddetto “sistema duale”. Vi sono inoltre 500 milioni di euro, sempre di provenienza Comunitaria, a valere sul programma REACT-EU – ovvero assistenza alla ripresa per la coesione e i territori d’Europa – quali misure per il superamento della crisi attuate attraverso iniziative d’investimento in risposta al Coronavirus, una sorta di sostegno alla ripresa di lungo termine, agendo sui settori come l’economia verde e del riuso, l’economia circolare, lo sviluppo del digitale, ma anche quale sostegno ai mantenimenti occupazionali e interventi per il lavoro autonomo.
REACT-EU rappresenta, quindi, una “integrazione” delle dotazioni finanziarie già esistenti, da potersi utilizzare fino al 2023, del Fondo Sociale Europeo e del Fondo Europeo per lo sviluppo regionale.
Sempre parlando di Gol, precisamente, il recente Decreto interministeriale, firmato dal Ministro del lavoro Andrea Orlando e da quello dell’Economia Daniele Franco, 5 novembre 2021, (pubblicato nella GU n.306 del 27-12-2021) ha previsto lo stanziamento di 880 milioni di euro in favore delle Regioni per attuare appunto politiche attive e formazione in campo lavorativo. Proprio con l’allegato A detto Decreto interministeriale ha stabilito i criteri di riparto per le Regioni, gli obiettivi assegnati alle Regioni e Province Autonome e la tabella sul Fondo per il potenziamento delle competenze e la riqualificazione professionale.
Sono stati previsti dei Target del programma Gol PNRR, che sono:
Le misure di assistenza, coordinata e specifica, all’inserimento occupazionale, del programma Gol, contengono una novità rilevante, vale a dire la possibilità di essere riconosciute anche ai “lavoratori autonomi” che cessano definitivamente la propria attività professionale. Per questo i CPI e gli organismi autorizzati alle attività di intermediazione, in materia di lavoro, ai sensi della disciplina vigente, erogheranno i servizi di assistenza peculiari. Per tale scopo, verrà istituito in questi centri, appunto, uno “sportello dedicato” al lavoro autonomo. Altresì, per garantire l’assistenza, CPI e Agenzie autorizzate potranno anche prevedere convenzioni non onerose con: gli Ordini, i Collegi professionali e Associazioni altre, ossia quelle comparativamente più rappresentative, sul piano nazionale, dei lavoratori autonomi iscritti e non iscritti ad Albi professionali.
In buona sostanza gli obiettivi del programma GOL PNRR prevedono:
Superare l’eterogeneità delle prestazioni e dei servizi garantiti nei territori. Indirizzare gli investimenti principalmente verso l’offerta di servizi digitali, garantendo una presenza fisica per mezzo della diffusione capillare dei CPI. Integrazione massima tra le molteplici politiche attive regionali, per evitare percorsi separati e diversificati di intervento. Integrazione con le politiche della formazione superando la divaricazione tra politiche della formazione e politiche attive del lavoro. Attuare una rete territoriale dei servizi e sia essa effettivamente integrata. Fattività della cooperazione tra sistema pubblico e privato, che va reso strutturale quale cooperazione tra i servizi pubblici e le agenzie per il lavoro, coi soggetti accreditati per la formazione, e gli altri soggetti riconosciuti dalle Regioni. Coinvolgimento delle imprese e dei territori: mettendo in connessione gli operatori economici locali al fine di rendere i CPI vero punto di riferimento nell’intermediazione tra domanda e offerta di lavoro, e nel caso ricorrendo alla stipula di veri e propri «patti territoriali». Adeguare il sistema informativo e di monitoraggio capillare, facendo ricorso (finalmente) alla realizzazione del Sistema informativo unitario del lavoro, previa osservazione attenta, a livello di singolo Centro per l’impiego.
Saranno anche realizzate delle “aree di sperimentazione” del programma Gol, da parte del Ministero del Lavoro, motivo per attuare uno spazio di innovazione ed esperienza, per progetti su scala ristretta. Queste sperimentazioni evidentemente dovranno essere prese, necessariamente, d’intesa con le Regioni, e se valutate positivamente potranno eventualmente indurre a delle modifiche proprio delle policy nazionali.
Percorsi formativi del Gol, messi a punto dal Governo, prevedono la suddivisione in percorsi differenziati per il lavoro distinti in: profili con alta occupabilità e in possesso delle competenze maggiormente richieste dal mercato; profili per adeguamento delle competenze con percorsi di aggiornamento ‘upskilling’, ricorrendo a interventi formativi di breve durata; profili con fabbisogno di nuove competenze previo ricorso a un percorsi di riqualificazione ‘reskilling’ con interventi di adeguata durata; percorsi per coloro che si trovano fuori dal mercato del lavoro a causa di specifiche crisi aziendali, che potranno seguire un percorso di ricollocazione collettiva.
Si ritiene utile, a questo punto, fornire anche una visione di insieme rispetto al grado di funzionalità, e per così dire sullo stato di salute, appunto, dei Centri per l’impiego nel nostro Paese. Per conoscenza diretta si illustra sinteticamente la situazione in essere per i CpI del Lazio e specificamente per quello di maggior rilevanza, come bacino di utenti e come dimensione, rappresentato dal Centro per l’Impiego di Cinecittà di viale Rolando Vignali.
Certamente è facile constatare, dal punto di vista sostanziale, la situazione di degrado delle strutture che ospitano gli uffici, aggravato dalla mancanza di adeguate e moderne dotazioni strumentali, ma soprattutto la carenza di servizi offerti a lavoratori, precari, disoccupati e diversamente abili, appalesata da scarsa tecnologia informativa, come testimoniato dalla ancora predominante comunicazione cartacea a mezzo di affissione sulle bacheche presenti o peggio utilizzando direttamente spazi liberi sui muri. Utenza non particolarmente intensa, in questo periodo, anche per le evidenti ragioni pandemiche e necessità di ricorrere allo strumento degli appuntamenti prenotabili e forzatamente limitanti.
Un cenno va fatto, e lo merita, la questione inerente il personale presente nel CpI in questione. Detti lavoratori, è bene dirlo, si differenziano per diverso status posseduto: vi sono ovviamente dipendenti diretti della Regione Lazio, ai quali si affiancano altri assunti da LazioCrea (la società in house della Regione da cui dipende il personale aggiuntivo che opera appunto nei CPI del Lazio), evidentemente in possesso di un contratto di lavoro subordinato, ma doverosamente si deve anche menzionare personale precario, quale ad esempio i tanto vituperati (non giustamente a parere di chi scrive) quali risultano essere i cosiddetti Navigator di Parisiana memoria. Dal nome del primo Presidente di Anpal – Agenzia strumentale del Ministero del Lavoro, prof. Mimmo Parisi, e nata dalla riforma del lavoro, il Jobs Act del 2017, voluta dall’allora Presidente del Consiglio Matteo Renzi.
Purtroppo, da eccessivi anni si sente parlare di un necessario piano di reale rafforzamento dei Centri per l’Impiego pubblici, che preveda investimenti consistenti destinati all’adeguamento strumentale, tecnologico ed infrastrutturale delle sedi, come altresì allo sviluppo di un unico “sistema di lavoro” sostanziato da una banca dati agevolmente accessibile dall’esterno per i naturali destinatari, siano essi soggetti in cerca di occupazione, sia aziende alla ricerca di figure professionali/lavoratori.
Tutto questo passando, inevitabilmente, dalla assunzione di migliaia di addetti da collocare su tutto il territorio nazionale, che assommano a 11.600 unità, anche per avvicinare l’Italia alla consistenza numerica e qualitativa di risorse umane presenti in tale ambito negli altri maggiori Paesi Europei, nostri competitor.
L’ultima Relazione della Corte dei Conti datata settembre 2021 evidenzia chiaramente che i CpI risultano essere ancora molto lontani dal livello di efficienza necessario, rispetto alla quantità di risorse assegnate alle Regioni. Questo anche rispetto ai livelli essenziali delle prestazioni del sistema Regione-autonomie locali (LEP) risulta, quindi, alla nostra Magistratura Contabile che gli obiettivi prefissati e quelli raggiunti, sono troppo disomogenei e comunque non soddisfacenti tra Regione e Regione e ciò accade su buona parte del territorio nazionale.
Come sopra ricordato la “riforma” delle politiche attive nel nostro Paese, comprendendo l’indispensabile rafforzamento dei CPI, è stata inserita nel PNRR quale riforma di sistema. Il maxi piano del Governo su formazione, riqualificazione e politiche attive, tra fondi comunitari del Pnrr e risorse nazionali del Bilancio statale, potrà prospetticamente contare su diversi miliardi di euro. È quindi giusto avere dal vertice politico delle necessarie garanzie circa l’uso di questi importanti e cospicui investimenti che dovranno essere efficacemente spesi, per garantire nuove assunzioni, quindi migliori condizioni di lavoro per tutti gli operatori, ma al contempo sostanziare i dovuti servizi alla variegata utenza del mercato del lavoro per uscire finalmente dalla conclamata crisi strutturale in cui versa questo settore della PA.
Così sarà anche il destino di svariate risorse, per milioni di euro, in quanto messe stabilmente a disposizione delle Regioni, a decorrere dallo scorso 2021, per l’assunzione, come detto, di migliaia di nuovi operatori da assegnare ai CPI.
Nei fatti, quindi, continua il percorso di rafforzamento dei Centri per l’impiego. Al riguardo lo scorso marzo 2022 il Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali, Andrea Orlando ha firmato il Decreto interministeriale che prevede appunto il riparto delle risorse economiche in favore delle Regioni e delle Province Autonome. La cifra totale di 70 milioni di euro verrà messa a disposizione per fronteggiare gli oneri di funzionamento dei Centri per l’impiego territoriali con riferimento all’anno 2021.
Il trasferimento delle risorse sarà effettuato sulla base dell’avanzamento delle assunzioni rispetto al totale autorizzato con il Piano straordinario di potenziamento dei Centri per l’impiego e delle politiche attive del lavoro. Gli Enti Regioni a loro volta forniranno al Ministero apposita comunicazione, completa di rendicontazione, attestante le assunzioni effettuate e programmate appunto dalle singole Regioni.
In buona sostanza, per quanto attiene l’impianto generale e gli obiettivi della riforma, il Governo sembrerebbe voler intervenire su quelle che sono state indicate come le principali criticità dell’attuale sistema: ossia l’eccessiva “eterogeneità” e lacunosità dei servizi garantiti sul territorio, che ha provocato disparità di accesso e di qualità di servizi erogati. A questo viene ad aggiungersi la scarsa efficacia della rete dei centri per l’impiego e la mancanza di coordinamento e di interoperabilità dell’intero sistema. Ecco spiegata anche la sostanziale mancata applicazione del principio di condizionalità nell’attivazione degli incentivi previsti per i raggiunti traguardi di collocazione lavorativa dei cercatori di lavoro. Altrettanto evidente la mancanza di puntuali valutazioni dell’impatto avuto dalle misure adottate. Da ultimo si è rilevato uno scarso collegamento ed interdipendenza tra politiche passive e politiche attive del lavoro.
Per un efficace e concreto avvio operativo di detto processo di riforma, fondamentale per arrivare alla specifica definizione di misure e interventi principali sostenuti, come evidenziato, da ingenti risorse messe a disposizione, sommessamente si ritiene fondamentale e necessario tenere costantemente aperto il dialogo con tutti gli attori e le parti sociali, anche e soprattutto a livello regionale, (in considerazione dell’attuale nostro modello legislativo). Così come sarà necessario incoraggiare la cooperazione tra organismi pubblici e privati con lo scopo esplicito di veder valorizzate le esperienze positive che negli anni si sono prodotte nei diversi ambiti distinti per peculiarità settoriali e/o territoriali, come ad esempio ha dimostrato l’efficacia dell’azione dei Fondi Bilaterali dell’artigianato e degli altri Fondi interprofessionali di vari altri settori.
Partiamo da un assunto fondamentale: ormai risulta evidente a tutti che esiste una linea sempre più sottile tra occupazione e disoccupazione o per meglio dire molti occupati, principalmente impiegati nella gig economy risultano essere eminentemente precari e quindi al contempo economicamente fragili. Questo dovrebbe condurci a riflettere su chi potrebbe richiedere servizi non dissimili a quelli per i disoccupati.
È giusto, pertanto, sfatare un luogo comune vale a dire che l’orientamento al lavoro, la formazione professionale e i variegati servizi di accompagnamento e tutoraggio all’impiego servano unicamente a coloro che sono privi di lavoro. Qualsivoglia contratto di lavoro, stante la semplicità con cui cessano di operare imprese, aziende, laboratori, esercizi commerciali, aziende di servizi, ecc. assume un valore relativo e limitato temporalmente. Il cosiddetto grado di occupabilità e stabilità assume un valore costante da mantenersi nel tempo per garantirsi concreti “progetti di vita” per donne e uomini, iniziando dalle giovani generazioni.
Per tali ragioni si rendono necessari efficienti e moderni Servizi per l’impiego che sappiano supportare una domanda di lavoro, qualificata o meno, proprio sul versante dell’intermediazione, consapevoli della rilevanza del mercato del lavoro informale (peculiare nel nostro Paese) che si affianca a quello formale. Conseguentemente, i servizi, sia pubblici che privati, ma anche tutti gli altri canali “ufficiali” come i siti web specializzati, anche se questi ultimi in misura minore, vedono compressa la loro capacità di intermediazione a vantaggio dei mai sopiti canali, di ricerca lavorativa, informali familiari e amicali.
Comprendere l’importanza dei Centri per l’impiego (Cpi), all’interno della strategia per la ricerca di occasioni di lavoro, significa rammentare l’importanza non solo del collocamento diretto, ma anche dell’erogazione di servizi integranti all’occupabilità, vale a dire: l’orientamento, l’informazione, il corretto posizionamento nel mercato lavorativo e maggiormente le riqualificazioni professionali di chi è alla ricerca di impiego.
Non bisogna comunque dimenticare, che per un verso, i centri per l’impiego sono strutture pubbliche coordinate dalle Regioni aventi lo scopo di favorire sul territorio l’incontro tra domanda e offerta di lavoro attuando iniziative e azioni di politiche attive del lavoro. Le attività dei centri per l’impiego sono orientate, in sostanza, ai cittadini disoccupati, ai lavoratori che beneficiano di sostegno al reddito in continuità di rapporto di lavoro e a rischio disoccupazione, nonché ai lavoratori occupati in cerca di nuova occupazione.
Al contempo, per altro verso, però, i CpI svolgono anche, in maniera particolarmente “assorbente”, pura attività amministrativa, come l’iscrizione alle liste di mobilità e la gestione degli elenchi e delle graduatorie delle categorie protette, la registrazione delle assunzioni, le trasformazioni e le cessazioni dei rapporti di lavoro, il rilascio dei certificati di disoccupazione. Questo con evidente discapito e decremento delle mission prioritari.
A queste azioni, svolte con il fondamentale veicolo degli interventi comunitari, in Italia, frequentemente, si materializzano ed affiancano iniziative messe in campo anche dalla rete delle Agenzie private per il lavoro. Al riguardo segnaliamo, a mero esempio, quanto fatto da queste con il recente stanziamento di circa 45 milioni di euro finalizzato al sostegno personale nonché per garantire dei servizi di accoglienza rivolti specificamente alla categoria dei rifugiati, in generale ed in particolare, con speciale attenzione alla recentissima ondata proveniente dai territori in guerra della nazione Ucraina. Un accordo questo promosso da Assolavoro – Associazione nazionale delle Agenzie per il lavoro.
Più specificamente, ci riferiamo a risorse stanziate attraverso gli Enti bilaterali Formatemp e Ebitemp, a loro volta sovvenzionati, appunto, interamente con risorse private. Segnatamente, con Assolavoro, (la struttura associative proprio delle Agenzie per il lavoro, private) si è potuto interagire proattivamente con il Ministero del Lavoro e politiche sociali, ponendo a disposizione la propria esperienza e la propria capillarità nell'erogazione di una serie di servizi (ricordiamo che le promanazioni sul territorio nazionale delle Agenzie per il lavoro private sono oltre 2.500) per rendere più agili i percorsi di accoglienza e più efficace l'inclusione attraverso la prospettiva di un lavoro.
Questo è potuto avvenire anche per mezzo dell’accordo sottoscritto unitamente ai sindacati di categoria Nidil Cgil, Felsa Cisl, UilTemp, stabilendo di destinare, le menzionate risorse, a coloro che risultavano essere titolari di “protezione internazionale” (detenendo lo status di rifugiato). Più nel dettaglio la richiamata intesa prevede lo svolgimento di una azione mirata tesa all’incremento delle competenze possedute dai destinatari, agendo sulla individuazione di un percorso di formazione personalizzato e finalizzato all'inserimento sociale e lavorativo, partendo da una formazione base per l'apprendimento della lingua italiana e dei fondamenti di cultura ed educazione civica italiana e facendo altresì seguire un percorso di specifica formazione professionale, diversificato a seconda delle competenze detenute e rilevate dalle persone rifugiate. A questo viene inoltre affiancata l’altrettanto importante attribuzione di una indennità di frequenza ai corsi e il rimborso per le spese di vitto, alloggio e trasporto.
Tale accordo, quindi, rappresenta una risposta concreta alla particolare “categoria svantaggiata” dei “rifugiati” e/o richiedenti asilo, destinatari di protezione internazionale, che potrà beneficiare della frequenza ai corsi di lingua italiana, come pure ai corsi di natura tecnica, o di riqualificazione, beneficiando al contempo di reali temporanei sostegni economici e di welfare, come prestazioni finalizzate al rimborso per l'assistenza psicologica, rimborso per l'acquisto dei beni di prima necessità per neonati, un contributo per l'asilo nido dei rispettivi figli, ciò evidentemente per essere meglio accompagnati in percorsi che conducono alla destinazione verso un lavoro, rendendo più agevoli i percorsi di accoglienza e più efficace l'inclusione attraverso, appunto, la prospettiva di un concreto e dignitoso lavoro. In definitiva un modo fattivo per affrontare al meglio una situazione drammatica ed eccezionale quale è quella rappresentata dagli eventi bellici in corso, nel contesto della nostra Europa.
Per concludere credo sia giusto riflettere sul ruolo assegnato e da assegnare alla vasta rete delle Agenzie del lavoro private, presenti nel nostro Paese, cambiando, se del caso, paradigmi e preconcetti su una diversa e più proficua collaborazione tra pubblico e privato.
Quindi, il decisore Istituzionale sia esso Statale, Regionale, Locale, dovrà porre in atto azioni concrete quali interventi tesi alla dotazione di risorse umane, strumenti e finanziamenti adeguati per far crescere il servizio pubblico delle politiche attive, anche facendo ricorso, però, alla insostituibile azione di rinnovati e rinforzati Centri per l’Impiego, ma senza tralasciare il dialogo costruttivo e la sinergia e quindi il modo di guardare le iniziative delle Agenzie per il lavoro accreditate, o più precisamente “autorizzate” dall’Anpal, che oggi contribuiscono fattivamente, anch’esse, alla costruzione di un mercato del lavoro moderno, inclusivo e regolare.
Vi è in sostanza in reale bisogno di procedere, in Italia, con una riforma immediata. Abbiamo la necessità, tra l’altro, di incrementare sia l’offerta di informazione come pure di formazione, con tutta evidenza allo stato non adeguata. È necessario comprendere che la domanda di lavoro si possa veicolare in maniera efficace per soggetti liberi di scegliere tra le soluzioni migliori che gli devono essere prospettate. Per questo i molti disoccupati o inoccupati hanno bisogno di “facilitatori” che li seguano e consiglino nell’impiego, allo scopo di orientare la selezione alle esigenze del possibile datore di lavoro e dunque meglio riqualificare il personale, questo può avvenire con le concrete attuazioni delle “presa in carico” della variegata tipologia di utenza, come pure delle cosiddette azioni per migliorare il “bilanciamento delle competenze” possedute da chi cerca lavoro.
Altrettanto, trovo indispensabile l’introduzione, tra le caratteristiche di rinnovati Centri per l’Impiego, della capacità di esprimere il bisogno di funzionare dinamicamente sui territori dove si opera. Al contempo ovviamente preparati, quali operatori e strutture, anche sul piano contrattuale e negoziale, nella promozione di soluzioni e iniziative occupazionali armonizzate, con imprenditori o associazioni di impresa, previlegiando rapporti inclusivi legittimati dalla collaborazione multicentrica tra sistema scolastico, università, imprese, fondi interprofessionali, associazioni datoriali e sindacali, terzo settore, Enti locali, universo Cooperativo.
In conclusione, i risultati da conseguire dovrebbero essere molteplici. Dalla fondamentale creazione di una concreta “prossimità” dei servizi da rendersi a cittadini ed imprese, al migliore e reale coinvolgimento delle aziende e del territorio, favorendo l’incrocio domanda/offerta di lavoro. Realizzazione di strumenti formativi dedicati, reale integrazione delle reti territoriali dei servizi per l’impiego pubblici e privati accreditati, programmazione delle azioni dei CpI orientata maggiormente ai risultati, personalizzazione degli interventi sulla base dei rilevati fabbisogni e dell’andamento del mercato del lavoro, realizzazione di un sistema informativo collegato con monitoraggi il più possibile capillari.
[*] Dirigente dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro, Direttore ITL Prato-Pistoia - Professore a contratto c/o Università Tor Vergata, titolare della cattedra di “Sociologia dei Processi Economici e del Lavoro” nonché della cattedra di “Diritto del Lavoro”. Il presente contributo è frutto esclusivo del pensiero dell’autore e non impegna l’Amministrazione di appartenenza.
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