Quando si affronta il tema dei “rider”, non si può prescindere da quanto stabilito dalla Corte di Cassazione, con la sentenza n. 1663/2020.
È stato, infatti, con tale pronuncia, finalmente chiarito che la modalità con cui è prestata l’attività dei “rider” non rappresenta un “genus” a sé stante, da dover dimostrare e verificare di volta in volta.
La Corte, in particolare, non ha individuato nelle collaborazioni etero-organizzate (modalità propria di svolgimento dell’attività dei “rider”) una autonoma tipologia contrattuale, costituente un “tertium genus” intermedio fra il lavoro autonomo e quello subordinato, da accertare per le singole fattispecie. Bensì, vigendo nel nostro ordinamento l’articolo 2 comma 1 del D. Lgs. n. 81/2015[1], ha ritenuto che le tutele riferibili ai “rider” debbano essere rinvenute nell’applicazione di tale articolo, all’interno della bipartizione subordinazione – autonomia.
Proviamo, quindi, a ricostruire, sinteticamente, il quadro normativo di riferimento.
La disciplina del lavoro tramite piattaforme digitali è espressamente contenuta al Capo V-bis del D. Lgs. 81/15 rubricato “Tutela del lavoro tramite piattaforme digitali” (cfr. artt. 47 bis e seguenti).
In particolare, l’art. 47 bis chiarisce che l’ambito di applicazione di tale disciplina è riferita ai “lavoratori autonomi”, laddove gli stessi svolgano “attività di consegna di beni per conto altrui, in ambito urbano e con l'ausilio di velocipedi o veicoli a motore di cui all'articolo 47, comma 2, lettera a), del codice della strada, di cui al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, attraverso piattaforme anche digitali”.
In sostanza, il Capo V-bis, a dispetto della rubrica, non detta una disciplina generale per il “lavoro tramite piattaforma digitale” [2], ma si limita a fornire una disciplina per la tutela dei soli lavoratori c.d. rider[3], che siano autonomi, “fatto salvo quanto previsto dall'articolo 2, comma 1” del D. Lgs. 81/15.
Si tratta, quindi, di una tutela rivolta ai lavoratori che svolgano tale attività in forma “genuinamente” autonoma e con carattere di occasionalità, rinviando alla disciplina dell’articolo 2 del D. Lgs. n. 81/2015, che prevede l’applicazione delle tutele del rapporto di lavoro subordinato, qualora l’attività lavorativa, in concreto svolta, presenti i caratteri dell’etero-organizzazione, della continuità e della personalità della prestazione. Tali caratteri, affinché si possano applicare le tutele tipiche della subordinazione, ai sensi del predetto articolo 2, comma 1, devono essere congiuntamente presenti.
Ovviamente, secondo gli ordinari criteri di verifica delle singole posizioni lavorative, ricorrendone i presupposti, potrà sempre applicarsi la fattispecie del lavoro subordinato, di cui all'articolo 2094 c.c.
Quindi, come affermato dal MLPS[4], l'articolo 47-bis del D. Lgs n. 81/2015, in forza dell'espressa clausola di salvezza di cui al più volte richiamato articolo 2, comma 1, in linea con quanto affermato dalla Corte, è da ritenersi applicabile solo in via residuale, costituendo l’etero-organizzazione l'ipotesi attrattiva principale e prevalente della disciplina dell'attività dei rider.
Il D. Lgs 81/15, inoltre, all’articolo 47-quater, attribuisce un ruolo importante, in materia di compenso, ai “contratti collettivi stipulati dalle organizzazioni sindacali e datoriali comparativamente più rappresentative a livello nazionale”, che quindi potranno svolgere una funzione decisiva sull’argomento.
Sul tema della “rappresentatività” sindacale e sulle relative criticità rinvio a quanto già scritto su questa rivista[5].
Ricordo che le OOSS, datoriali e dei lavoratori, seppur con modalità ed esiti molto differenti, stanno provando a disciplinare, con accordi e CCNL, la materia[6].
Il punto centrale è riuscire a individuare (da parte del Legislatore e di chi deve e dovrà applicare le norme) una tutela adeguata e sufficiente per i lavoratori rider nel periodo in cui sono in attesa della proposta di consegna da parte delle Piattaforme digitali, senza prestare il fianco a chi volesse costituire rapporti di lavoro (e relative posizioni assicurative) fittizi.
Evitiamo, in sostanza, che al già esistente rischio dei “fittizi in agricoltura” possa aggiungersi anche il rischio dei “fittizi nel delivery”.
Proviamo, al riguardo, a fare un esempio, ponendo alcuni interrogativi, cui è necessario dare risposta.
Il lavoratore che si renda disponibile (tramite “loggatura” libera su una Piattaforma digitale) alle consegne dalle ore 8.00 alle ore 23.00 può essere considerato “al lavoro” per tutto il periodo, indipendentemente dalle consegne effettivamente effettuate?
Il tempo di attesa, a fronte di consegne proposte dalla Piattaforma, eventualmente in tutto o in parte rifiutate dal lavoratore, in che modo deve essere considerato ai fini della “prestazione lavorativa resa” dal singolo lavoratore?
È ipotizzabile non considerare “interamente lavorate” una giornata, una settimana o un mese, in assenza di consegne (o con poche consegne e/o rifiutate), a fronte di una costante “loggatura” nel relativo periodo?
È di tutta evidenza che, parallelamente alle tutele che si riterrà di garantire a questi lavoratori (sovrapponibili o meno a quelle della subordinazione[7]), sarà indispensabile stabilire a quale “tempo lavoro” riferirle, così da valorizzare correttamente il “tempo lavorato” nell’estratto previdenziale del lavoratore e, conseguentemente, definire il reale livello di tutela, sia a livello pensionistico, che per gli ammortizzatori sociali.
Un conto, infatti, in relazione alle tutele che potranno essere richieste dai lavoratori, è avere un estratto contributivo interamente coperto, con 52 settimane in un anno, un conto è avere singole giornate in estratto, nell’arco del medesimo anno.
È importate, quindi, essere consapevoli che, laddove l’etero-organizzazione debba rappresentare l'ipotesi attrattiva prevalente della disciplina dell'attività dei rider[8], ciò che sicuramente manca nella normativa nazionale è la disciplina del tempo “di attesa” o di “loggatura”.
Perché non ipotizzare un intervento legislativo che chiarisca tale aspetto?
In nota[9] una proposta (tra le tante possibili) di integrazione dell’art. 47-bis del D.Lgs. 81/15, facendo ovviamente salva l’applicazione dell'articolo 2094 c.c. (accertamento della subordinazione[10]), laddove ne ricorrano le circostanze.
La finalità della proposta normativa, auspicabile e indispensabile allo stesso tempo, è quella di provare a dare tutele effettive ai lavoratori, determinare un quadro normativo certo, che consenta agli operatori economici di investire in questo business, e definire le molteplici situazioni pregresse, che coinvolgono migliaia di lavoratori e che sono all’attenzione delle Procure e dei Tribunali.
[1] Articolo 2 comma 1 del D. Lgs. n. 81/2015: “A far data dal 1° gennaio 2016, si applica la disciplina del rapporto di lavoro subordinato anche ai rapporti di collaborazione che si concretano in prestazioni di lavoro prevalentemente personali, continuative e le cui modalità di esecuzione sono organizzate dal committente. Le disposizioni di cui al presente comma si applicano anche qualora le modalità di esecuzione della prestazione siano organizzate mediante piattaforme anche digitali”.
[2] Tale precisazione è importante, al fine di poter correttamente valutare le possibili ricadute nel nostro ordinamento della recente “Directive of the European Parliament and of the Council on improving working conditions in platform worke” e analizzare le eventuali proposte normative di recepimento della stessa.
[3] “Piattaforme digitali e nuove forme di lavoro”, di Filippo Pagano, seminari AREL, 2019/2: “È di tutta evidenza che il lavoro realizzato all’interno di una “catena di montaggio” possa essere considerato, ordinariamente, subordinato, poiché si tratta di un lavoro prestato in un “sistema di produzione costituito da un nastro trasportatore, sul quale scorrono parti componenti o semilavorati secondo tempi prefissati e sincronizzati. L’assemblaggio è compiuto nelle stazioni di montaggio distribuite lungo la catena e presidiate da uno o più lavoratori”. Mi domando se la definizione di “catena di montaggio”, mutuata da Treccani, possa essere, alla luce della tecnologia, così riscritta: “sistema di produzione costituito da un algoritmo, attraverso il quale vengono definite le fasi di lavoro secondo tempi prefissati e sincronizzati. La consegna è compiuta nei luoghi distribuiti lungo il percorso presidiato da uno o più lavoratori”.
[4] Circolare n. 17 del 19 novembre 2020.
[5] “La rappresentatività sindacale e datoriale”, di Filippo Pagano, Lavoro@Confronto, n. 50, marzo/aprile 2022.
[6] Accordo del 18 luglio 2018 tra le parti sottoscrittrici del CCNL Logistica, Trasporto e Spedizione (Confetra, Fedit, Assologistica, Federspedi, Confartigianato, Fita, CNA, CGIL, CISL e UIL); CCNL del 15 settembre 2020 tra UGL e Assoldelivery (al riguardo è da segnalare la pronuncia del Tribunale di Bologna, che, con ordinanza del 30 giugno 2021, ha dichiarato, per tale CCNL, la mancanza del requisito di rappresentatività); Protocollo Assodelivery del 24 marzo 2021 tra CGIL, CISL, UIL; Accordo aziendale del 29 marzo 2021 tra Just Eat e CGIL, CISL e UIL.
[7] Si veda, al riguardo, la circolare INL, n. 7/2020: “le tutele connesse alla cessazione del rapporto di lavoro (ad es. la NASPI), l’indennità di malattia, l’indennità di maternità e gli assegni al nucleo familiare nella misura riconosciuta ai lavoratori subordinati…. l’automaticità delle prestazioni propria del FPLD.”
[8] Comunicato stampa della Procura della Repubblica di Milano del 24 febbraio 2021: “È emerso … in maniera inequivoca che il rider non è affatto un lavoratore occasionale, che svolge una prestazione in autonomia e a titolo accessorio. Al contrario, è a pieno titolo inserito nell’organizzazione d’impresa operando all’interno del ciclo produttivo del committente che coordina la sua attività lavorativa a distanza, attraverso un’applicazione digitale preinstallata su smartphone o tablet.”
[9] “Laddove applicate le diposizioni di cui all’articolo 2, comma 1 del Lgs. 81/15, la retribuzione è corrisposta in relazione al tempo lavorato secondo quanto previsto dal decreto del Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali di cui al comma seguente.
Ai lavoratori di cui al comma precedente è corrisposta un’ indennità oraria di disponibilità determinata dai contratti collettivi sottoscritti dalle organizzazioni sindacali e datoriali comparativamente più rappresentative a livello nazionale, non inferiore all'importo fissato con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministero dell’Economia e delle Finanze, da adottarsi entro 90 giorni dall’entrata in vigore della presente disposizione, secondo le modalità e i criteri ivi stabiliti.
L'indennità di cui al comma precedente è assoggettata a contribuzione previdenziale per il suo effettivo ammontare, in deroga alla normativa in materia di minimale contributivo.
Per i periodi precedenti la data di entrata in vigore del presente provvedimento e fino all’adozione del decreto di cui al comma 1, per il tempo lavorato è dovuta la contribuzione previdenziale nel rispetto del minimale contributivo giornaliero, senza l’applicazione delle sanzioni di cui ai commi 8 e 9 dell’art. 116 della L 388/2000 e degli interessi legali ai sensi dell’articolo 1282 c.c., per i pagamenti effettuati entro il xxxxx.”
[10] Sentenza del Tribunale di Milano, n. 1018/22 del 20.4.22.
[*] Dirigente INPS, Area Datori di lavoro, Direzione centrale Entrate. Le considerazioni contenute nel presente scritto sono frutto esclusivo del pensiero dell’autore e non hanno in alcun modo carattere impegnativo per l’Amministrazione di appartenenza.
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