Il mio primo incontro con Angela Maria Guidi Cingolani è avvenuto in modo contemporaneo, cioè “googlando” in cerca di notizie sulle ventuno “madri costituenti”, le uniche persone di sesso femminile chiamate a scrivere la nostra Costituzione.
Delle ventuno non è sicuramente la più conosciuta (in realtà se ne ricordano forse un paio, a essere davvero ben informati), ma scorrendo le didascalie sotto alle loro foto, volti istituzionali eppure aperti e sorridenti sotto la filigrana grigia e nera, mi sono imbattuta nella dicitura “ispettore del lavoro”, sotto a quella di Angela Guidi.
Da ispettrice del lavoro, non conoscevo l’esistenza di una donna ispettrice del lavoro nel 1924; ho deciso perciò di avvicinarmi alla sua figura e di approfondirne la conoscenza, per scoprire una donna moderna, precorritrice ed esemplare, nel senso letterale della parola, ossia termine di paragone e figura in grado di guidare e ispirare scelte eazioni anche di donne della nostra epoca.
Parlare di “femminismo”, a proposito di Angela Guidi così come di altre figure a lei vicine o addirittura molto più lontane nel tempo, mi appare scorretto o quanto meno poco appropriato, una scelta forzata dettata da quel clima culturale attuale, per il quale è lecito decontestualizzare e ricollocare arbitrariamente figure e personaggi storici o comunque di altre epoche, in mezzo ad un’atmosfera quanto mai attuale e figlia delle evoluzioni più recenti della società, ma che tuttavia si pretende atemporale e sempre e comunque valida, adatta per essere applicata ovunque, dalla caverna, alla reggia di Versailles, all’astronave.
Angela Guidi è stata, piuttosto, una figura “moderna”, che ha anticipato esperienze, idee, scelte e comportamenti (da un punto di vista prettamente femminile) che oggi definiremmo normali, che applicheremmo ai personaggi del passato per rileggerli e correggerli secondo “giusti” criteri, e che “normali” sono diventati grazie a donne (e uomini) come Angela Guidi.
Il percorso di Angela Guidi è stato “moderno istituzionale”, applicato al nascente Stato repubblicano e alle sue Istituzioni, per non replicare modelli disastrosi del recente passato: ed è in particolare dalle donne, dalle “madri” costituenti, che viene e si esprime tale esigenza, incarnata dal vissuto e dall’esempio dato in prima persona, piuttosto che dalle parole.
Angela Maria Guidi nasce a Roma il 31 ottobre 1896: orfana di madre, viene educata dalle suore del Gianicolo.
Pressoché adolescente, entra nel circolo della principessa Giustiniani Bandini, fautrice del voto alle donne e animatrice di molte iniziative di aiuto e assistenza durante la Grande Guerra: dirà più tardi Angela Guidi “sono diventata femminista (intesa come sostenitrice dei diritti civili e politici delle donne, che non è sempre venuto naturale riconoscere come tali) con l’età della ragione, ma chi mi ha spinto su questa strada è stata Donna Cristina Giustiniani Bandini”.
Incontra Don Luigi Sturzo e nel 1919 è la prima donna ad iscriversi al Partito Popolare: per affinità con la sua sensibilità ed educazione certo, ma anche perché il suddetto Partito è fautore del voto alle donne.
Dal 1921 è una delle anime del movimento cooperativo cattolico, in seno al quale rafforza la componente femminile, fondando scuole di avviamento al lavoro e cooperative di lavoro femminili.
In piena opposizione col modello edonistico, di iperattività individualista e (presunta) velocità di pensiero e d’azione, propagandato – sul lato esclusivamente maschile – dal nascente fascismo e dalle correnti culturali di allora, quella di Angela Guidi è un’opera solidale, paziente e meticolosa di costruzione di solide basi, da cui le donne interessate possono partire verso una nuova e duratura realtà di riscatto sociale.
Nel 1924, unica donna, supera il concorso all’Ispettorato del lavoro di Roma (una delle pochissime nella Pubblica Amministrazione italiana del tempo).
Da ispettore del lavoro conduce varie inchieste (che verranno anche pubblicate su numerosi giornali, liberi di pubblicarle ancora per poco), sulla realtà del lavoro femminile, in particolare nei suoi aspetti più duri. Ad esempio, si concentra sulla realtà delle operaie dell’industria del tabacco, obbligate a lavorare in silenzio, senza neanche la possibilità di rivolgersi l’un l’altra la parola, sedute per sette-otto ore sotto lo sguardo di zelanti vigilantes (uomini o donne), assunti al solo scopo di controllarne il comportamento, la quantità e qualità del lavoro svolto; sulla realtà delle mondine, curve coi piedi nell’acqua per sette-otto ore al giorno, in compagnia di zanzare (all’epoca ancora portatrici di malaria) e sanguisughe, responsabili per ogni piantina di riso che veniva messa loro in mano, e la cui mancata messa a coltura, per qualsiasi motivo, comportava forti decurtazioni della paga giornaliera.
Questa sua attività le valse l’incarico di condurre un’inchiesta sul lavoro femminile italiano, i cui risultati non potevano piacere al regime e che, infatti, non furono mai pubblicati.
Nel 1931 lascia la Pubblica Amministrazione, stante l’obbligo di aderire al Partito Fascista; nel 1935 sposa l’ex parlamentare del Partito Popolare Mario Cingolani, dal quale avrà, nel 1938, all’età di quarantadue anni, il figlio Mario; durante la gravidanza si iscrive all’Università di Napoli e consegue la laurea in Lingue e Letterature Slave. “Moderna” anche nella vita privata, affrontando una gravidanza ad un’età che allora era decisamente “avanzata”, e facendo coesistere con la suddetta gravidanza l’impegno negli studi (altra cosa che oggi potrebbe apparire ovvia, ma forse nemmeno più di tanto).
Col marito animano, fino alla liberazione di Roma nel 1944, gli ambienti dell’antifascismo romano, ospitando e fornendo supporto a membri del Partito Popolare e della neonata DCI, alla quale aderisce.
È il suddetto partito a proporla, nel 1945, quale membro della Consulta Nazionale, in seno alla quale è la prima donna a pronunciare un discorso bellissimo, che credo varrebbe la pena leggere nelle scuole (in questo senso spero che questo mio auspicio, tramite questo articolo, possa davvero essere portato all’attenzione di qualche insegnante):
«Colleghi Consultori – nel vostro applauso ravviso un saluto per la donna che per la prima volta parla in quest’aula. Non un applauso dunque per la mia persona ma per me quale rappresentante delle donne italiane che ora, per la prima volta, partecipano alla vita politica del Paese. Ardisco pensare di poter esprimere il sentimento, i propositi e le speranze di tanta parte di donne italiane.
Credo proprio di interpretare il pensiero di tutte noi Consultrici invitandovi a considerarci non come rappresentanti del solito sesso debole e gentile, oggetto di formali galanterie e di cavalleria di altri tempi, ma pregandovi di valutarci come espressione rappresentativa di quella metà del popolo italiano che ha pur qualcosa da dire, che ha lavorato con voi, con voi ha sofferto, ha resistito, ha combattuto, con voi ha vinto e ora con voi lotta per una democrazia che sia libertà politica, giustizia sociale, elevazione morale. Amo credere che per questo e solo per questo ci abbiate concesso il voto…. Non si tema, per questo nostro intervento quasi un ritorno a un rinnovato matriarcato, seppure mai esistito! Abbiamo troppo fiuto politico per aspirare a ciò; comunque peggio di quel che nel passato hanno saputo fare gli uomini noi certo non riusciremo mai a fare!
Il fascismo ha tentato di abbruttirci con la cosiddetta politica demografica considerandoci unicamente come fattrici di servi e di sgherri, sicché un nauseante sentore di stalla avrebbe dovuto dominare la vita familiare italiana. La nostra lotta contro la tirannide tramontata nel fango e nel sangue, ha avuto un movente eminentemente morale, poiché la malavita politica che faceva mostra di sé nelle adunate oceaniche, fatalmente sboccava nella malavita privata. Non so se risponda a verità la definizione che della donna militante è stata data: “la donna è un istinto in marcia”. Ma anche così fosse, è l’istinto che ci fa essere tutrici della pace. È anzitutto pace serena delle coscienze da cui deriva la pace feconda delle famiglie, infine, pace operosa del lavoro…. sento di non poter meglio concludere se non col sostituire alla mia parola quella ardente della grande popolana di Siena che, a distanza di secoli ein analoga situazione catastrofica per il nostro Paese, incita ed esalta le donne italiane ad una intrepida operosità, fonte di illuminato ottimismo: “traete fuori il capo e uscite in campo a combattere per la libertà. Venite, venite e non andate ad aspettare il tempo, che il tempo non aspetta noi».
Nel 1946 le donne (finalmente) votano e Angela Guidi viene eletta all’Assemblea Costituente: è una delle 21 donne presenti, delle 21 “madri costituenti”.
Tutte donne molto diverse fra loro, per educazione, formazione e storia personale, che anche vicende private porterebbero a stare l’una contro l’altra armata (fra di loro ci sono Nilde Iotti, compagna di Palmiro Togliatti, e l’ex-moglie dello stesso, abbandonata per la stessa Iotti). E invece, pienamente consapevoli del ruolo e del compito loro affidato dagli elettori e dalla Storia, che trascende ogni individualità e vicenda personale, per mettere il suo puntuale svolgimento al disopra di tutto, le madri costituenti si coalizzano, impegnandosi specialmente nella scrittura dell’art. 3 della Costituzione (parità sostanziale dei cittadini) e dell’art.37 (diritti della donna lavoratrice).
Nilde Iotti conia per Angela Guidi la definizione di “una donna che tutte le altre donne dovrebbero ricordare”.
Eletta successivamente in Parlamento, Angela Guidi è fra le prime donne firmatarie di disegni di legge (fra cui la legge Merlin), è fra le prime ad intervenire nei lavori parlamentari e, dal 1951 al 1953, è sottosegretario all’Industria eal Commercio (prima donna).
Nello stesso 1953 non viene rieletta in Parlamento e dal 1954 al 1965 è sindaco della cittadina di Palestrina (RM). In questa veste si batte (anche) perché i reperti portati alla luce nel Tempio della Fortuna Virile, già prima della guerra, rimangano a Palestrina nel Museo Archeologico della città, che lei stessa inaugura nel 1956, alla presenza anche del Presidente Gronchi; dal 1958 è presidente dell’Accademia Internazionale (di musica) Pierluigi da Palestrina. “Moderna” anche nel saper riconoscere il ruolo della cultura, quindi, come volano di sviluppo di realtà indifferentemente grandi o piccole.
Angela Guidi muore a Roma nel 1991.
È stata, a mio parere, una donna “moderna” perché lungimirante e innovatrice; che ha sentito ogni altra donna vicina, al di là di differenze sociali, culturali e d’opinione, e per altre le donne e con le altre donne si è battuta, nella prospettiva di una società migliore; un funzionario pubblico orientato al cittadino ealla cittadina, lavoratore e lavoratrice; un esempio per le donne di oggi e di domani.
Da ispettrice del lavoro a mia volta, ho senz’altro deciso di fare tesoro di questa lezione di Angela Guidi, funzionario non prevalentemente orientato verso lo Stato, e giocoforza verso il suo apparato burocratico (ancora una volta in un contesto storico in cui la Patria inglobava l’individuo, che non esisteva come tale ma doveva assecondarne le esigenze) ma verso il lavoratore, quello più sfortunato, cioè la lavoratrice, non ancora cittadina in grado di cercare di cambiare le cose col suo voto.
[*] Funzionaria ispettiva presso l'Ispettorato Territoriale di Firenze. Il presente contributo è frutto esclusivo del pensiero dell’autrice e non impegna l’Amministrazione di appartenenza
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