Il dibattito sulla previdenza
Il tema previdenziale è complesso, multidimensionale e non può essere risolto con semplici slogan. Serve un approccio che, partendo dalle politiche sociali e da quelle del lavoro, utilizzi le politiche di bilancio come uno strumento per assicurare ai cittadini italiani, giovani e meno giovani, una quiescenza serena ed adeguata.
Questa complessità ci impone, quindi, di agire con lungimiranza varando una riforma vera che riporti equità sociale nel sistema. Per troppo tempo, le pensioni sono state viste solo come una spesa o, peggio, come una cassa alla quale attingere per far quadrare i conti del bilancio dello Stato. La riforma Monti Fornero è stata forse l’intervento più eclatante in tal senso, ma non l’unico, ricordiamo a tal proposito il recente blocco dell’indicizzazione che ha nuovamente penalizzato milioni di cittadini e famiglie italiane.
Per la UIL è il momento di invertire la rotta, di cambiare atteggiamento sulle pensioni. Bisogna vederle per quello che sono: un diritto dei lavoratori, costruito con anni di contribuzione, e un investimento sociale per lo stato.
Da tempo, UIL, CGIL e CISL portano avanti la loro azione per avviare una riforma del sistema che parta dalla reintroduzione di una piena e diffusa flessibilità di accesso alla pensione articolata su due canali paralleli, quello anagrafico e quello contributivo. La richiesta è semplice: chiediamo che l’età legale per l’accesso alla pensione sia riallineata con la media europea, fissando il criterio anagrafico intorno ai 62 anni di età.
Allo stesso tempo, bisogna consentire il pensionamento anticipato con il solo requisito contributivo, stabilendo che 41 anni di contributi versati siano sufficienti per accedere alla pensione.
La piena flessibilità passa anche da una valorizzazione delle differenze che ci sono tra le diverse mansioni. In tal senso, il lavoro della commissione istituzionale che doveva valutare usura e gravosità delle mansioni ha ottenuto ottimi risultati, producendo un primo elenco scientificamente ordinato di quelle professioni che, per incidenza dell’infortunistica o delle malattie professionali, hanno un impatto diretto sull’aspettativa di vita in salute di lavoratrici e lavoratori. E’ giunto, ora, il momento di dare piena tutela a chi ha svolto e sta svolgendo queste mansioni con una riforma della norma sugli usuranti che semplifichi le modalità di accesso e che dia esigibilità a chi ha diritto ad un accesso anticipato. Sarà, poi, necessario prevedere dei correttivi per il calcolo della prestazione sulla quota contributiva. Il lavoratore, infatti, non dovrà essere messo davanti alla scelta di dover rinunciare ad una parte cospicua della propria pensione a fronte di un accesso anticipato. Questo meccanismo, implicito nel sistema contributivo nella sua logica puramente matematica, deve essere corretto per tutte quelle situazioni meritevoli di tutela.
Equità significa anche valutare le condizioni soggettive delle persone. Per questo, è necessario un intervento a tutela delle lavoratrici, per le quali si deve agire con modifiche mirate volte alla valorizzazione del lavoro di cura e della maternità riconoscendo maggiorazioni contributive per tutti i periodi impegnati in questo importantissimo ruolo sociale, anche se non coincidenti con periodi di lavoro.
È, poi, doveroso agire per tempo per sistemare le storture ad oggi esistenti nel sistema contributivo, che penalizzano i giovani e non solo. Infatti, per chi ha iniziato a lavorare dopo il 1996, le regole attuali non assicurano assegni previdenziali adeguati ed è, quindi, un obiettivo centrale quello di prevedere meccanismi, anche nel contributivo, che sappiano efficacemente integrare il reddito previdenziale, ma che al contempo valorizzino la permanenza nel mercato del lavoro conteggiando la contribuzione effettiva, i periodi di formazione e i periodi di disoccupazione non coperti da altri strumenti e che, parallelamente, tengano conto di altri periodi meritevoli di tutela, anche se non concomitanti con un lavoro, come la maternità, il lavoro di cura familiare e la genitorialità.
Un’ulteriore stortura ad oggi presente nel sistema contributivo è rappresentata dalle soglie reddituali per l’accesso alla pensione; ovvero 2,8 volte l’assegno sociale a 64 anni e 1,5 volte a 67 anni, che impongono a chi ha carriere più deboli o discontinue di andare in pensione più tardi. Paletti, questi, che sono la negazione dei principi di solidarietà che invece dovrebbero permeare il sistema previdenziale e che penalizzano in particolare le lavoratrici.
Infine, bisogna assolutamente procedere con una revisione del meccanismo di adeguamento all’aspettativa di vita che, agendo su età di accesso e coefficienti di trasformazione, penalizza doppiamente le persone, spostando il momento del pensionamento e riducendo l’importo della pensione.
Propedeutica a questa riforma è fare un’operazione verità sulla spesa previdenziale italiana realmente sostenuta.
Separare assistenza e previdenza non è solo un fatto contabile, ma una necessità per valutare con attenzione e precisione qual è l’impatto delle singole misure. Troppo spesso, infatti, i numeri sulla previdenza sono stati usati in modo arbitrario per giustificare tagli o inasprimenti del sistema. Allo stesso tempo, è necessario modificare il modo in cui questi dati vengono rappresentati in Europa, dimostrando che la nostra spesa pensionistica è perfettamente in linea con la media europea.
Per prevenire il rischio di pensioni “povere”, molto alto nel sistema contributivo, è necessario sostenere la previdenza complementare. In Italia, abbiamo uno dei sistemi migliori a livello europeo, eppure le adesioni stentano a decollare proprio tra i giovani e tra le lavoratrici, soprattutto nella piccola e media impresa.
La previdenza complementare, in Italia, rappresenta un’opportunità ed una necessità per tutte le lavoratrici ed i lavoratori. I fondi pensione italiani hanno, ormai, una storia quasi ventennale e dal 2005, anno della riforma chiave del settore, ad oggi hanno dato ottima prova della loro efficacia e trasparenza.
Infatti, nonostante le diverse crisi finanziarie che dal 2010 si sono ciclicamente riscontrate, i nostri fondi hanno continuato a crescere offrendo ottimi rendimenti a costi bassissimi, evolvendosi e strutturandosi per garantire prestazioni sempre più efficienti ai loro iscritti e diventando, così, un riferimento anche a livello internazionale per trasparenza e partecipazione degli iscritti.
Il sindacato sta sperimentando nuove forme contrattuali volte sostenere la diffusione del secondo pilastro ed i fondi si stanno dotando di strumenti comunicativi, digitali e non, sempre più efficaci, ma per un forte rilancio del sistema è necessario che il tema sia affrontato con il giusto approccio da tutte le istituzioni. In primis, serve stabilità nelle norme, in quanto continuare a parlare di modifiche del sistema ha il grave difetto di destabilizzare i lavoratori che sono istintivamente portati a procrastinare una decisione in merito all’adesione.
In secondo luogo, uno dei principali strumenti per sostenere la previdenza complementare è quello di colmare il gap di conoscenza che oggi coinvolge trasversalmente tutti i cittadini, dispiegando importanti risorse in una massiva campagna istituzionale di formazione ed informazione.
Un altro importante strumento è rappresentato dal meccanismo del “semestre di silenzio assenso”. Durante questo periodo, tutti i lavoratori non iscritti sono chiamati ad esprimere una loro preferenza, in particolare si chiede loro se non vogliono aderire. Uno strumento molto efficace che, se accompagnato ad una adeguata formazione, pone i lavoratori e le lavoratrici di fronte ad una scelta. Un sistema che, quindi, riduce la distanza tra un lontano futuro previdenziale ed il presente, stimolando nelle persone una valutazione e una scelta consapevole.
Azioni concrete e ben articolate, che pongano al centro il valore sociale del nostro sistema previdenziale, dando risposte concrete a tutte le persone e, soprattutto, agendo con un intervento complessivo e lungimirante che dia la necessaria stabilità al sistema.
Interventi articolati che necessitano di un confronto serio e di ampio respiro tra le parti sociali e il governo, che dovrà in tempi brevi portare ad azioni concrete e ad impegni precisi per riformare il sistema perseguendo il ripristino dell’equilibrio sociale e non solo quello di bilancio.
[*] Segretario Confederale UIL, Responsabile delle Politiche Fiscali, Politiche previdenziali, Coordinamento Enti previdenziali, Terzo Settore e Politiche di cittadinanza del Sociale e del Welfare
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