Il recente convegno sulla sicurezza del lavoro nell’edilizia organizzato dalla nostra fondazione è stato un successo per partecipazione, contenuto e dibattito. D’altra parte, il tema trattato è di grande attualità perché riguarda uno dei tanti vulnus nell’attività lavorativa del nostro Paese che si materializza negli infortuni e nelle morti bianche. Alcune proposte scaturite al termine dei lavori dovrebbero rappresentare preziosi suggerimenti per il Governo e il Ministro del lavoro. Eppure, quand’anche fossero recepite, ritengo che i benefici sarebbero modesti perché le strutture preposte alla vigilanza del settore si trovano in una situazione disastrosa e messe in confusione per le scelte irresponsabili attuate dalla politica da oltre un quarantennio.
Tutto è iniziato dalla seconda metà degli anni Settanta, attraverso un percorso che ha portato, nel 1978 al trasferimento della gestione pubblica della sicurezza dall’ispettorato del lavoro alle regioni accompagnato dallo slogan affascinante ma falso che avvicinare la cosa pubblica ai cittadini era bello e necessario come se gli uffici territoriali del ministero fossero sulla luna o su Marte. Faceva da schermo, infatti, a una pura operazione di acquisizione di potere da parte delle autonomie locali, nonostante la loro inidoneità a gestire un servizio di carattere nazionale che non può e non deve essere soggetto a ingerenze politiche, né frazionato tra soggetti con potere economico diverso. Le conseguenze di tale disinvolta operazione non sono tardate ad affiorare e la situazione della sicurezza pur essendo migliorata nel corso dei decenni non certo per l’efficienza delle strutture pubbliche addette alla prevenzione, bensì per una serie di cause tra cui i progressi tecnologici, e una maggiore consapevolezza delle parti interessate, presenta ancora sacche diffuse di infortuni che ci fanno essere il fanalino di coda in Europa.
Non è bastato tale trasferimento perché le mani delle regioni non hanno mollato la presa sul Ministero del lavoro e lo spezzatino è continuato con il trasferimento di tutta la funzione della politica attiva e del collocamento, con responsabilità combinate dei governi succedutisi nel tempo e dei vertici politici del Lavoro, privi di potere contrattuale e inadeguati per mancanza di coraggio e di lungimiranza, elementi che hanno impedito loro di opporsi con forza a tale illogica spoliazione. Anche in questo settore, purtroppo, a distanza di qualche decennio il bilancio è estremamente negativo perché ormai solo una piccolissima parte delle aziende utilizza le strutture pubbliche per le assunzioni. Né la trovata dei navigator per rivitalizzare gli uffici si è rivelata un’idea di qualche utilità. Semmai si è arrivati al grottesco di tenere una massa di giovani dietro le scrivanie senza far nulla. Un’offesa per loro e per la collettività. Così, privato di funzioni importanti, come si fa con i carciofi, foglia dopo foglia, il Ministero è diventato sempre più una struttura priva di contenuto. Sono fermamente convinto che la difesa dell’integrità del Lavoro sarebbe stata la vittoria della ragione e non della conservazione.
Poi, negli ultimi anni ci siamo illusi di una resipiscenza della politica, ma la speranza è durata l’arco di un breve periodo. Quando il Ministro del lavoro presentò un disegno di legge che istituiva un’agenzia autonoma omnicomprensiva della vigilanza, ci fu un grande entusiasmo che si spense lentamente durante l’iter parlamentare e si trasformò in frustrazione a legge approvata che lasciava la funzione in frattaglie ripartita tra vari soggetti. Il Ministro, di fronte alla frantumazione della sua creatura, avrebbe potuto e dovuto opporsi o trarne le debite conclusioni. Invece di fronte all’opinione pubblica continuò a difendere la sua creatura ormai deturpata, parlando di rivoluzione del sistema!
Anche sulla sicurezza c’è stata confusione. Di fronte alla costatata inadeguatezza delle autonomie locali si è cercato di porvi rimedio in modo sbagliato; anziché procedere al trasferimento dei compiti assegnati loro nel 1978, si è preferito avere due enti che svolgono la stessa funzione. Una duplicazione che nel tempo non potrà creare altro che confusione. Così nel nostro sistema pubblico per quel che riguarda la vigilanza sul lavoro, abbiamo più enti per la parte amministrativa e due soggetti che svolgono prevenzione e repressione in materia di sicurezza. In nessun'altra nazione dell’occidente esiste un tale scempio.
E che dire della trovata dell’attuale Ministro, fortunatamente non andata in porto, di ritornare al passato riportando la vigilanza all’interno delle strutture ministeriali, come se si trattasse di un tragicomico gioco dell’oca. Questa interminabile catena di errori, purtroppo, non ci fa ben sperare per il futuro di un settore così importante della società.
[*] Giornalista e scrittore. Consigliere della Fondazione Prof. Massimo D’Antona
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