Anno XIII - n° 67

Rivista on-Line della Fondazione Prof. Massimo D'Antona

Gennaio/Febbraio 2025

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Anno XIII - n° 67

Gennaio/Febbraio 2025

Il sistema delle relazioni sindacali nel nuovo CCNL Funzioni Centrali

Si rafforza il modello partecipativo dei lavoratori alle scelte delle amministrazioni?


di Marco Biagiotti [*]

Marco Biagiotti 2

Il 27 gennaio scorso si sono riunite all’ARAN le organizzazioni sindacali rappresentative nel comparto Funzioni Centrali per la sottoscrizione definitiva del CCNL 2022-2024. Come è noto, le divergenze interne alla delegazione sindacale che avevano caratterizzato l’ipotesi di accordo del 6 novembre non sono state superate è il CCNL è stato definitivamente sottoscritto soltanto dalle sigle che avevano già firmato la pre-intesa. Si cristallizza quindi una situazione inedita per il comparto delle Funzioni Centrali dove, storicamente, i tre maggiori sindacati confederali hanno sempre condiviso lo sviluppo del percorso contrattuale, sostenendone gli esiti con la forza dell’ampia maggioranza di cui potevano (e ancora potrebbero) disporre unitariamente in termini di rappresentatività. Nello scorso numero di Lavoro@Confronto abbiamo approfondito i contenuti del nuovo CCNL in materia di contrattazione integrativa, con particolare riguardo all’ampliamento delle materie oggetto di contrattazione sia a livello nazionale che decentrato[1]. In questo numero proveremo a completare la disamina del sistema delle relazioni sindacali disegnato nell’accordo del 27 gennaio analizzando gli istituti dell’informazione e del confronto, senza eludere il problema rappresentato dall’esclusione delle organizzazioni sindacali non firmatarie dalle varie forme del sistema partecipativo.

Biagiotti 67 1L’art. 4 del nuovo CCNL (“Informazione”) ricalca in larga parte quello del CCNL precedente – ora disapplicato – introducendo poche, ma importanti innovazioni. Viene confermata la valenza prodromica di tale istituto contrattuale ai fini del corretto esercizio delle relazioni sindacali ad ogni livello, sottolineata dall’obbligo per le amministrazioni di rendere preventivamente le informative in forma scritta su tutte le materie per le quali i successivi articoli prevedano il confronto o la contrattazione integrativa. Il CCNL fissa quindi uno stretto legame fra questi ultimi istituti è quello dell’informazione, che costituisce il “presupposto per la loro attivazione”. Pochissime le eccezioni, vale a dire i casi in cui l’informazione preventiva viene resa alle organizzazioni sindacali senza che ciò implichi il rimando ad altre forme di partecipazione è con almeno 5 giorni di anticipo prima dell’adozione degli atti da parte dell’amministrazione. Si tratta degli atti di organizzazione degli uffici di cui all’art. 6 del decreto legislativo n. 165/2001[2], fra cui rientra il piano triennale dei fabbisogni di personale[3], nonché – ed è questa la novità più saliente rispetto al precedente CCNL – il numero delle cessazioni dal servizio intervenute nell’anno precedente “con indicazione degli importi di eventuali differenziali stipendiali in godimento di ciascun dipendente cessato”[4].

Il testo contrattuale 2022-2024 introduce una novità anche in tema di informazione sul piano dei fabbisogni è sulle sue modalità di attuazione, anche con riferimento alle progressioni tra le aree, prevedendo che essa sia seguita da un “incontro di approfondimento” con le organizzazioni sindacali firmatarie del CCNL. Sebbene ciò rappresenti indubbiamente un ampliamento degli spazi di partecipazione sindacale sul tema della programmazione – sia quantitativa che qualitativa – degli organici nelle amministrazioni, le cui ricadute hanno incidenza diretta sull’organizzazione del lavoro è sulla produttività degli uffici, è auspicabile che l’ “incontro di approfondimento” conseguente all’informativa non rimanga un mero adempimento pro-forma, ma rappresenti il primo passo contrattuale per ottenere una reale opportunità di intervento delle organizzazioni sindacali rispetto ai contenuti del piano. D’altronde, appare ormai del tutto anacronistica la logica che ha ispirato tutte le contro-riforme della p.a. negli ultimi 15 anni, tese a ridurre le materie del sistema relazionale, ad ampliare le riserve di legge e a dilatare gli spazi di autonomia decisionale delle amministrazioni, capovolgendo in tal modo la visione contrattualistica che aveva guidato la stagione delle grandi riforme degli anni ’90.

Anche l’art. 5 del nuovo CCNL ricalca il corrispondente articolo del CCNL 2019-2021, ora disapplicato e sostituito. Secondo il dettato contrattuale, l’istituto del “confronto” stabilisce le modalità attraverso cui “si instaura un dialogo approfondito sulle materie rimesse a tale livello di relazione, al fine di consentire ai soggetti sindacali (…) di esprimere valutazioni esaustive e di partecipare costruttivamente alla definizione delle misure che l'amministrazione intende adottare”. Non si registrano novità per quanto riguarda la procedura di svolgimento di tale istituto, che si attiva su richiesta dei soggetti sindacali entro 5 giorni dalla trasmissione dell’informativa e si deve concludere entro 30 giorni senza l’obbligo di pervenire ad un accordo fra le parti, che al termine del periodo riprendono piena ed autonoma libertà di iniziativa[5]. Il pacchetto di materie di competenza di questa tipologia relazionale, a livello nazionale di amministrazione o di sede unica, è elencato nel comma 3 dell’art. 5 del nuovo CCNL e rappresenta, insieme alle competenze affidate all’Organismo Paritetico per l’Innovazione di cui all’art. 6 (sul quale ci soffermeremo più avanti), il punto forse più vicino, almeno per ora, alla realizzazione in ambito pubblico di quel principio di partecipazione dei lavoratori alla gestione d’impresa che da anni alimenta il dibattito (anche in sede parlamentare) fra gli attori rappresentativi del mondo sindacale è datoriale[6].

Biagiotti 67 2Che l’insieme dei due blocchi di argomenti costituisca lo stadio avanzato del modello di partecipazione dei lavoratori ai processi decisionali delle amministrazioni (al di fuori del processo di contrattazione vera e propria definito nell’art. 7 e del quale ci siamo occupati nel precedente numero della rivista) si evince anche dal fatto che l’accordo del 27 gennaio ha integrato la lista delle materie oggetto di confronto – ereditata dal precedente CCNL – con quella delle materie oggetto di esame in ambito di Organismo Paritetico per l’Innovazione, nel caso in cui quest’ultimo non venga attivato entro i termini previsti dal CCNL stesso[7]. Vale la pena ricordarle qui in rapida sintesi, proprio per comprendere meglio la portata del coinvolgimento partecipativo delle rappresentanze sindacali rispetto alle scelte che il management pubblico compie in termini di programmazione organizzativa e gestione del lavoro negli uffici: articolazione delle tipologie dell’orario di lavoro; criteri generali di priorità per la mobilità tra sedi di lavoro dell'amministrazione; criteri generali dei sistemi di valutazione della performance; criteri di selezione per il conferimento è la revoca degli incarichi di posizione organizzativa; criteri per la graduazione delle posizioni organizzative, ai fini dell’attribuzione della relativa indennità; trasferimento o conferimento di attività ad altri soggetti, pubblici o privati; criteri generali delle modalità attuative del lavoro agile e del lavoro da remoto; criteri per l’effettuazione degli inquadramenti professionali è delle progressioni economiche; criteri per valutare la rilevanza degli incarichi conferiti al personale dell’Area delle Elevate Professionalità; criteri per il conferimento e la revoca degli incarichi di Elevata Professionalità; progetti di organizzazione e innovazione, miglioramento dei servizi, promozione della legalità, della qualità del lavoro e del benessere organizzativo – anche con riferimento alle politiche formative, al lavoro agile ed alla conciliazione dei tempi di vita e di lavoro; misure per disincentivare elevati tassi di assenza del personale[8].

Poche, ma degne di nota, le novità introdotte nell’art. 6 relativo all’Organismo Paritetico per l’Innovazione, che mantiene la sua natura di sede di coinvolgimento paritetico, aperto e collaborativo, dell’amministrazione e delle rappresentanze dei lavoratori su aspetti di progettualità e innovazione organizzativa altrimenti sottratti ai ‘normali’ livelli di relazioni sindacali. Benché istituito (solo a livello integrativo nazionale) sin dalla tornata contrattuale 2016-2018[9], questo istituto partecipativo non ha conosciuto negli anni un’attuazione regolare e uniforme in tutte le amministrazioni del comparto, in parte anche come conseguenza delle difficoltà di mantenere attivi tutti i livelli relazionali durante il lungo periodo dell’emergenza sanitaria. Il nuovo CCNL conferma tutte le disposizioni precedenti relative alle modalità di composizione e funzionamento di questi Organismi, salvo una modifica alla lettera b) del comma 3 in cui si stabilisce che essi si riuniscono due volte l’anno non solo quando le amministrazioni manifestano “un’intenzione di progettualità organizzativa innovativa, complessa, per modalità e tempi di attuazione, e sperimentale”, ma anche su iniziativa della componente sindacale. Un’altra novità è rappresentata infine dall’introduzione di un inedito comma 7, nel quale si stabilisce che qualora le tematiche affrontate dall’Organismo per l’Innovazione “siano riferite ad una singola sede RSU i componenti possono richiedere un aggiornamento della seduta” per consentire l’acquisizione del parere della RSU e dei rappresentanti delle organizzazioni sindacali di categoria di cui all’art. 7, comma 4.

Biagiotti 67 3La mancata sottoscrizione del CCNL da parte di alcune Organizzazioni sindacali rappresentative implica l’attuazione della clausola contenuta nell’art. 7, comma 3 del CCNL stesso, il quale recita testualmente: “I soggetti sindacali titolari della contrattazione integrativa nazionale sono i rappresentanti delle organizzazioni sindacali di categoria firmatarie del CCNL triennale”. Non si tratta, beninteso, di una disposizione innovativa[10]; però non era mai stata calata in un contesto di conflittualità sindacale paragonabile a quello determinatosi nella tornata 2022-2024, dove le Organizzazioni non firmatarie assommano il 46% della rappresentatività nel comparto. Al di là dell’aderenza dei comportamenti in sede integrativa nazionale e decentrata alla lettera del dettato contrattuale, ribadita anche da un recente pronunciamento dell’ARAN[11], non sembra fuori luogo paventare il rischio che l’entità della spaccatura registrata al tavolo del CCNL (e delle relative esclusioni che ne deriverebbero a livello integrativo) si ripercuota sulla possibilità di sviluppare relazioni sindacali piene ed efficaci in tutte le amministrazioni, fornendo alle delegazioni di parte pubblica – come per eterogenesi dei fini – una leva insperata per condizionare a proprio favore l’esito dei confronti con le rappresentanze dei lavoratori. Se la prospettiva è quella di assistere per anni al dilaniarsi interno del movimento sindacale ad ogni convocazione/non-convocazione, ad ogni trasmissione/non-trasmissione di documenti, ad ogni discussione/non-discussione di ipotesi di accordo (per non parlare degli effetti negativi sull’attività e sull’equilibrio interno delle RSU nei luoghi di lavoro), in una sorta di contrapposizione permanente fra due blocchi caratterizzati da un peso rappresentativo quasi analogo, non dubitiamo che il potere contrattuale di entrambi finirà per essere progressivamente eroso a tutto vantaggio di chi, da tempo, auspica la fine della contrattualizzazione del rapporto di lavoro pubblico[12].

Non è certo questa la sede per ipotizzare soluzioni a un problema che si preannuncia foriero di strascichi conflittuali all’interno e al di fuori delle amministrazioni. Ci sia però consentito di auspicare che alle decisioni di natura rigidamente tecnocratica e alle sentenze dei tribunali si sostituisca presto la volontà, condivisa da tutte le parti, di stemperare il clima di tensione che si addensa minacciosamente sul sistema di relazioni sindacali del pubblico impiego. In questa fase di profonda trasformazione della p.a. occorre esplorare senza pregiudizi la duttilità e la capacità di adattamento del sistema relazionale pubblico a contesti che si propongono in forme sempre diverse e necessitano di essere gestiti con modalità adeguate alle sollecitazioni dei tempi correnti. Sarebbe imperdonabile se le divisioni interne al mondo sindacale ne decretassero una perdita di forza e di autorevolezza proprio nel momento in cui i lavoratori pubblici hanno più bisogno di tutta la sua capacità di rappresentanza per comprendere e governare processi di cambiamento già in atto – a cominciare dalle modifiche all’organizzazione del lavoro legata alla diffusione delle nuove tecnologie – e dei quali, altrimenti, rischiano di ridursi a meri destinatari passivi. Quadrato Rosso

Note

[1] “Nuovo CCNL e contrattazione integrativa nel comparto Funzioni Centrali. Alcune osservazioni alla luce dei dati ARAN e RGS.”, in Lavoro@confronto n. 66, novembre-dicembre 2024, pp. 17-20.

[2]  Decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, art. 6 (“Organizzazione degli uffici e fabbisogni di personale”), comma 1: “Le amministrazioni pubbliche definiscono l'organizzazione degli uffici per le finalità indicate all'articolo 1, comma 1, adottando, in conformità al piano triennale dei fabbisogni di cui al comma 2, gli atti previsti dai rispettivi ordinamenti, previa informazione sindacale, ove prevista nei contratti collettivi nazionali”.

Biagiotti 67 4[3] Secondo quanto stabilito dall’art. 6 del d.lgs. 165/2001, il piano è adottato annualmente da ciascuna amministrazione indicando la consistenza della dotazione organica e la sua “eventuale rimodulazione in base ai fabbisogni programmati”. Fra i contenuti più rilevanti del piano, che rientrano nell’oggetto dell’informazione sindacale (il cui obbligo è comunque previsto dallo stesso articolo 6, comma 4, nei termini fissati dai contratti collettivi nazionali), va senz’altro ascritta l’indicazione delle risorse finanziarie destinate all'attuazione del piano stesso, “nei limiti delle risorse quantificate sulla base della spesa per il personale in servizio e di quelle connesse alle facoltà assunzionali previste a legislazione vigente”.

[4] Va altresì ricordato che nell’ambito delle materie di competenza dell’Organismo Paritetico per l’Innovazione di cui all’art. 6 del CCNL (si veda nota n. 7) costituiscono oggetto di informazione “gli andamenti occupazionali, i dati sui contratti a tempo determinato, i dati sui contratti di somministrazione a tempo determinato, i dati sulle assenze di personale al fine dell’adozione di misure per disincentivare elevati tassi di assenza del personale.

[5] L’art. 5 del CCNL precisa che il confronto può anche essere proposto dall’amministrazione contestualmente all’invio dell’informazione e che al termine viene redatta una sintesi dei lavori e delle posizioni emerse. Al riguardo, è utile richiamare quanto a suo tempo sottolineato dall’ARAN nel report; “La contrattazione integrativa nelle pubbliche amministrazioni italiane dopo i rinnovi dei contratti collettivi nazionali di comparto per il triennio 2016-2018 – Rapporto finale – Gennaio 2022”, pag. 30: “In merito alla durata del confronto, la fonte collettiva fissa un termine non superiore ai trenta giorni, ma nulla esclude che le delegazioni trattanti decidano di prolungare gli incontri oltre tale termine nel caso in cui lo ritengano utile per meglio condividere i rispettivi punti di vista. È, invece, espressamente previsto dai contratti nazionali che durante il periodo di svolgimento del confronto le parti non assumano iniziative unilaterali sulle materie oggetto dello stesso. L’esito del confronto si concretizza nella redazione di una sintesi dei lavori e delle posizioni emerse e, dunque, sostanzialmente, nella stesura di un verbale in cui si riportano le conclusioni delle parti. L’attuazione di quanto eventualmente condiviso e sintetizzato nel verbale è rimessa ad un atto unilaterale dell’amministrazione, non potendosi qualificare il verbale quale accordo, da cui consegue che il comportamento inerte dell’ente assumerà rilievo politico/sindacale e in ipotesi consentirà solo l’esperimento dell’azione per repressione del comportamento antisindacale.”

[6] Si ricordi, ad esempio, la proposta di legge di iniziativa popolare "La partecipazione al lavoro. Per una governance d’impresa partecipata dai lavoratori" presentata alla Camera il 27 novembre 2023 (AC 1573) e del quale proprio il 27 gennaio 2025 è iniziata la discussione in Assemblea. L’art. 12 del ddl (che, ai sensi del successivo art. 13, si applica anche alle pubbliche amministrazioni) prevede che “nelle imprese che occupano più di cinquanta dipendenti, le rappresentanze sindacali unitarie o le rappresentanze sindacali aziendali o, in mancanza, i rappresentanti dei lavoratori e le strutture territoriali degli enti bilaterali di settore hanno diritto di essere informati e preventivamente consultati in merito alle scelte aziendali almeno una volta all’anno.” A tal fine, “i contratti collettivi definiscono la composizione delle commissioni paritetiche per la partecipazione consultiva nonché le sedi, i tempi, le modalità e i contenuti della consultazione”, che deve riguardare i dati economici e finanziari dell’impresa; le scelte strategiche, di investimento e i relativi piani industriali; l’introduzione di nuovi prodotti e processi produttivi, esternalizzazioni e appalti; l’introduzione di nuovi modelli organizzativi aziendali e l’utilizzo di sistemi decisionali e di monitoraggio automatizzati; l’adozione di piani a sostegno della transizione ecologica e digitale nonché della sostenibilità sociale dell’impresa; la situazione, la struttura e l’evoluzione prevedibile dell’occupazione nell’ambito dell’impresa e dell’unità produttiva; i contratti di lavoro; le misure di promozione della parità di genere; le misure volte a prevenire conseguenze negative sui livelli occupazionali e promuovere la riqualificazione professionale dei lavoratori; i programmi e piani formativi per i lavoratori. Tra i più recenti contributi di approfondimento sulla discussione da tempo in atto fra le parti sociali su tale argomento si segnala: Ilaria Armaroli, Giorgio Impellizzeri, “Ancora sulla contrapposizione (teorica) tra partecipazione e contrattazione”, in Bollettino ADAPT 27 gennaio 2025, n. 4.

[7] Art. 6, comma 3, primo capoverso, CCNL 27-1-2025: “L’organismo paritetico per l’innovazione è istituito presso ogni amministrazione a livello nazionale o di sede unica. Le amministrazioni entro 30 giorni dalla sottoscrizione del CCNL provvedono, ove necessario, ad aggiornarne la composizione”.

[8] Decisamente meno impegnativa appare, al confronto, la lista delle materie oggetto di confronto a livello di sede di elezione di RSU che, di fatto si limita ai soli “criteri di adeguamento in sede locale di quanto definito dall’amministrazione ai sensi del comma 3, lett. a)” ossia l’articolazione delle tipologie dell’orario di lavoro, compresa l’articolazione in turni.

Biagiotti 67 5[9] Ricordiamo che l’inserimento nel CCNL 2016-2018 di tale innovativo istituto era in linea con la previsione contenuta nell’intesa governo-sindacati per il rinnovo dei contratti collettivi nel pubblico impiego del 30 novembre 2016 che, al punto 1., lettera b), impegnava le parti firmatarie ad “individuare ulteriori ambiti di esercizio della partecipazione sindacale per nuove e piene relazioni sindacali, definiti dai contratti collettivi”.

[10] Una clausola analoga compare già, ad esempio, nel comma 1 dell’art. 8 del CCNL Ministeri sottoscritto il 16 febbraio 1999, valido per il quadriennio normativo 1998–2001 e per il biennio economico 1998-1999.

[11] Orientamento applicativo CFC140 del 30 gennaio 2025.

[12]  Non casualmente – riteniamo – lo stesso presidente dell’ARAN, Antonio Naddeo, così si esprime in un suo articolo sul Sole24Ore del 23 gennaio 2025: “Il sistema contrattuale ha sempre rappresentato una garanzia fondamentale per i lavoratori pubblici, assicurando trasparenza, equità e stabilità. Un ritorno al passato, con la ripubblicizzazione e la regolazione tramite atti amministrativi unilaterali, sarebbe estremamente pericoloso e dannoso sia per le PA che per i dipendenti. Una simile regressione rischierebbe d compromettere anni di progresso e di lavoro condiviso”.

[*] Dipendente del Ministero del Lavoro dal 1984 al 2009 e, dal 2009 ad oggi, del Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro. Ha collaborato alla realizzazione della collana di volumi “Lavoro e contratti nel pubblico impiego” per la UIL Pubblica Amministrazione. Dal 1996 al 2009 è stato responsabile del periodico di informazione e cultura sindacale “Il Corriere del Lavoro”. Dal 2011 al 2023 ha collaborato alla redazione del notiziario “Mercato del lavoro e Archivio nazionale dei contratti collettivi” del CNEL.

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