Ben-essere in Agenzia?
di Renato Nibbio [*]
Ci asteniamo, volutamente, in questo numero dal trattare diffusamente il tema dell’Agenzia per le ispezioni del lavoro, limitandoci a pubblicare un primo interessante contributo del collega Matteo Ariano.
La nostra scelta redazionale è dettata, in primo luogo, dalla necessità di chiudere il numero prima del 20 marzo, data nella quale l’attivo unitario dei delegati sindacali di Fp-Cgil Cisl-Fp e Uil-Pa di Inps Inail e Ministero del Lavoro ha indetto un’assemblea nazionale per presentare una proposta alternativa a quella dell’esecutivo.
Proposta che, allo stato, conosciamo solo a grandi linee ed alla quale contiamo di dare la giusta rilevanza nel prossimo numero di Lavoro@Confronto.
Certamente anche a noi sono sorte perplessità - soprattutto di natura tecnico giuridica - leggendo la relazione illustrativa e l’articolato del decreto delegato che avrebbe dovuto essere varato nel Consiglio dei Ministri del mese scorso.
Ma “fare di tutta l’erba un fascio” e cassare radicalmente l’iniziativa governativa ci è parso eccessivo.
Molti colleghi, ed ancor più i soci della nostra Fondazione (che origina dalla oramai dimenticata – ma non per noi - figura professionale del collocatore), avranno certo memoria delle continue trasformazioni che ha subito il Ministero del Lavoro, un tempo presente con un ufficio accanto ad ogni campanile ed un controllo interstiziale del territorio.
Ma il tempo passa, nuove tecnologie introducono nella pubblica amministrazione forme sempre più evolute di telelavoro, è sempre più effettiva ed irreversibile la parificazione tra lavoro pubblico e privato, gli utenti attingono informazioni per via telematica e nel medesimo modo interloquiscono con gli uffici, l’attività ispettiva affina tecniche di indagine sempre meno tradizionali.
Modalità di indagine sulle quali auspichiamo di pubblicare prossimamente contributi di idee. Ma forse dovremmo parlare di vera attività di intelligence, non dovendo affatto sottovalutare i crescenti fenomeni criminali che possono emergere dall’attività di vigilanza.
Vera criminalità che necessita di un approccio non solo sempre più professionale per farli affiorare, ma rispetto alla quale devono essere poste adeguate misure volte alla tutela della incolumità del personale ispettivo.
Su questo torneremo doverosamente e più diffusamente sulla scorta del dibattito che dall’iniziale chiusura radicale sta offrendo importanti contributi per ridisegnare i cardini dell’attività pensata quasi settant’anni fa dalla Conferenza generale dell’Organizzazione internazionale del lavoro con la “Convenzione sull’ispezione del lavoro, 1947” (entrata in vigore il 7 aprile 1950).
E cioè, in particolare, “garantire l’applicazione delle disposizioni di legge relative alle condizioni di lavoro ed alla protezione dei lavoratori nell’esercizio della loro professione, quali le disposizioni relative alla durata del lavoro, ai salari, alla sicurezza, all’igiene ed al benessere …”.
Crediamo che non pochi si stupiranno leggendo che già nella prima metà del secolo scorso l’OIL affidava al “sistema di ispezione del lavoro negli stabilimenti industriali” la vigilanza anche sul benessere.
Obiettivo del benessere aziendale che solo da pochissimi anni stiamo riscoprendo, riempiendoci un po’ tutti la bocca e collegandolo al miglioramento della produttività, e della qualità delle produzioni e della erogazione dei servizi, oltre alla c.d. reputazione sociale: valore aggiunto dell’impresa, persino monitorato da aziende specializzate tramite i social network.
Un po’ in sordina abbiamo iniziato ad affrontare anche su queste pagine questa tematica che troppo spesso trascuriamo, ignorandone i potenziali effetti deleteri nella risposta all’utenza e, non da ultimo, le ricadute economicamente significative sul sistema sanitario.
E del “benessere” anche delle lavoratrici e dei lavoratori del Ministero del Lavoro si dovrà tener conto nella reingegnerizzazione dei processi, delle mansioni, delle aspettative di lavoro.
Lo scorso 31 dicembre è terminata la rilevazione voluta dall'Organismo Indipendente di Valutazione della performance «per rilevare il livello di benessere organizzativo, il grado di condivisione del sistema di valutazione, nonché la valutazione del superiore gerarchico».
Non sono ancora noti i risultati, ma a molti la partecipazione da parte dei colleghi, nonostante i numerosi solleciti dell’Amministrazione, è parsa decisamente sconfortante, ove si consideri che sono pervenuti 2268 questionari.
Nonostante la tutela dell’anonimato meno di un terzo dei circa 7 mila dipendenti del nostro Dicastero ha ritenuto di aderire all’iniziativa.
E, forse, già questa scarsa partecipazione dovrebbe allarmare tutti coloro che, in accordo con la ricchissima dottrina in materia, sono intimamente convinti della imprescindibilità del binomio benessere-produttività.
Scetticismo sulla reale finalità/utilità della rilevazione che ha radici lontane per le troppe “docce fredde” che hanno subito i pubblici dipendenti sempre più colpevolizzati.
Ed a parere di alcuni, non ha contribuito ad incentivare la partecipazione a questa rilevazione la scarsa operatività del “Comitato Unico di Garanzia per le pari opportunità, la valorizzazione del benessere di chi lavora e contro le discriminazioni”, costituito presso il Ministero del Lavoro e delle politiche sociali con decreto direttoriale 2 agosto 2011.
Nonostante gli entusiasmi iniziali e le reiterate richieste dei membri, il CUG non solo non si è più riunito dopo la seduta di insediamento, ma neppure è stato posto nelle condizioni di potere operare utilizzando strumenti informatici già disponibili e senza costi per l’Amministrazione.
Ed idee, in quella prima [i.e. unica] riunione ne erano scaturite parecchie.
Fra queste proprio l’opportunità di procedere con la somministrazione di un questionario anonimo. E, in quella sede, ci si era giustamente posti anche la necessità del coinvolgimento di “promotori” locali, ad esempio delle RSU di ciascun ufficio, proprio per tentare di allargare al massimo la platea degli intervistati.
Eppoi la richiesta di poter avere uno spazio sull’intranet nel quale porre a disposizione materiali di consultazione, fino alla costituzione di gruppi di lavoro, l’ultimo in ordine di tempo dell’ottobre 2012 proprio sul “benessere organizzativo”.
Tutto questo è rimasto lettera morta, quasi che il CUG fosse un corpo estraneo o dovesse essere costituito unicamente per l’assolvimento di un adempimento di legge.
Ma ora il discorso sul benessere organizzativo pare ripreso con maggiore interesse da parte dell’Amministrazione ed auspichiamo di potere ospitare su queste pagine scambi di idee, poiché siamo sinceramente convinti che i colleghi abbiano la capacità di superare le frustrazioni subite in questi anni, contribuendo efficacemente ad un reale e radicale cambiamento della amministrazione pubblica.
Ed in chiusura di questo numero apprendiamo che si è appena chiuso l’interpello relativo all’acquisizione delle candidature volte al conferimento dell’incarico di Presidente.
Successivamente, immaginiamo, il Segretariato generale del nostro Ministero procederà con l’acquisizione della candidature per la ricostituzione dell’organismo.
L’auspicio è che ciò possa avvenire in tempi brevi e che il “Comitato unico di garanzia per le pari opportunità, la valorizzazione del benessere di chi lavora e contro le discriminazioni (CUG)” del Ministero del lavoro e delle politiche sociali possa fornire un qualificato apporto al cambiamento in atto nell’intera Amministrazione.
Ma c’è già chi paventa che i pochi mesi che ci separano dal 1° gennaio 2016 - data fatidica prevista per l’entrata a regime dell’Agenzia - costituiranno un facile alibi per non far nulla.
Se condividessimo tale pessimismo non staremmo certo ad insistere nel richiamare l’attenzione “della stanza dei bottoni” sulle troppo misconosciute potenzialità del capitale umano del Ministero del Lavoro.
Potenzialità che sapranno esprimersi compiutamente anche nella sfida lanciata con l’Agenzia unica ispettiva, che opererà al meglio proprio se sarà garantito il benessere che si fonda sulle pari opportunità, sulla trasparenza delle scelte organizzative, sulla effettiva valorizzazione delle professionalità e degli incarichi attribuiti a rotazione secondo criteri oggettivi e verificabili.
Con ciò ciascuno non solo potrà esprimersi al meglio, contribuendo la benessere collettivo, ma certamente assumerà una maggiore consapevolezza del proprio ruolo al servizio esclusivo della Nazione.
[*] Direttore di LAVORO@CONFRONTO
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