La trasparenza, l’accesso agli atti amministrativi e il risarcimento del danno
di Dario Messineo [*]
Premessa
Il recente decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33 costituisce un punto di svolta dei concetti di trasparenza e pubblicità, sbandierati più volte dal legislatore solo come “principi generali” dell’ordinamento giuridico, ma, in realtà, poco declinati, in concreto, nella prassi amministrativa e poco praticati nella vita quotidiana degli uffici pubblici. La nuova disciplina merita particolare attenzione per i nuovi criteri ermeneutici della legge sull’“accesso civico” ma anche per l’espressa previsione di un articolato sistema sanzionatorio che riguarda le persone fisiche inadempienti, gli enti e gli organismi destinatari, fino a coinvolgere l’efficacia dell’atto da pubblicare.
Prendendo, quindi, le mosse dalla normativa in commento, si vuole dapprima affrontare, a livello generale, la questione dell’accesso agli atti e successivamente si vuole esaminare la problematica della risarcibilità che deriva dalla mancata applicazione delle regole procedurali e dell’accesso.
1. Il diritto di accesso civico
La principale norma di legge in tema di accesso (legge 7 agosto 1990 n. 241), sin dalla sua elaborazione, non ha mai previsto un accesso assoluto ed indiscriminato a tutti i cittadini, ma ha limitato la possibilità del diritto soltanto a coloro i quali avessero un interesse diretto concreto ed attuale e non al fine di controllare l’operato della pubblica amministrazione.
Nel corso del tempo ha subito numerose modifiche volte a rafforzare il diritto alla pubblicità degli atti rispetto alla regola della “segretezza” sino ad arrivare ad introdurre nel 2005 all’art. 1 il “principio di trasparenza”.
La nuova normativa, prevista dal d.lgs. 33/2013, con lo specifico scopo di reprimere corruzione ed illegalità nella pubblica amministrazione, riconosce finalmente a tutti i cittadini un “ruolo attivo”, volto a garantire una vigilanza democratica sul corretto adempimento formale degli obblighi di pubblicazione e a verificare le finalità e modalità di utilizzo delle risorse pubbliche. Quindi il nuovo “potere di controllo”, dal 20 aprile 2013 (data di entrata in vigore della norma) , amplia i confini della legge n. 241/1990 sotto il duplice profilo della:
1) tipologia delle informazioni accessibili
2) requisiti soggettivi del richiedente.
Occorre precisare che il “diritto di accesso civico” non riguarda tutti gli atti della pubblica amministrazione, ma esclusivamente quelle informazioni che le pubbliche amministrazioni hanno l’obbligo di pubblicare. Ad esempio: tempi medi dei pagamenti dei fornitori, autorizzazioni e concessioni, incarichi dirigenziali, di collaborazione e consulenza, ma anche bandi di gara, concorsi pubblici degli ultimi tre anni, numero di dipendenti assunti e delle spese effettuate. Per quanto attiene all’organizzazione e l’attività delle pubbliche amministrazioni l’obbligo di pubblicazione riguarda ad es. i nomi dei dirigenti responsabili dei singoli uffici o l’elenco dei numeri di telefono e delle caselle di posta elettronica istituzionali e posta certificata cui il cittadino possa rivolgersi. A ciò si aggiunga che l’obbligo della pubblicazione delle informazioni deve prevedere la funzionalità dell'esportazione in formato aperto e la possibilità del riutilizzo delle stesse.
Particolare interesse riveste l’obbligo di pubblicazione dei procedimenti amministrativi in relazione alle singole tipologie. Ogni amministrazione dovrà infatti obbligatoriamente dare luogo alla pubblicazione dell’unità organizzativa responsabile dell’istruttoria, del nome del responsabile del procedimento, dei recapiti telefonici, delle modalità con le quali gli interessati possono richiedere informazioni, degli orari, delle modalità di accesso, del termine fissato per la conclusione del procedimento, degli strumenti di tutela amministrativa e giurisdizionale, delle modalità di effettuazione dei pagamenti, del nome del soggetto a cui è attribuito, in caso di inerzia, nel caso di procedimenti ad istanza di parte del potere sostitutivo e delle modalità per attivare tale potere, della pubblicazione obbligatoria di moduli e formulari, dello svolgimento di controlli sulle dichiarazioni sostitutive.
Detti adempimenti sono assolutamente obbligatori dal 20 aprile 2013, stante quanto previsto dalla circolare n. 2/2013 del Dipartimento della funzione pubblica.
2. Inadempimento delle P.A.
Nel caso in cui le amministrazioni non adempiano, chiunque, anche chi non abbia un interesse diretto, concreto ed attuale, e senza motivazione alcuna, può richiedere al “responsabile della trasparenza”, la pubblicazione dei dati e delle informazioni omesse e, nel caso in cui l’amministrazione medesima non rispondesse alla richiesta stessa entro 30 giorni, il richiedente avrebbe la possibilità di ricorrere all’organo di governo apicale per l’attivazione del procedimento disciplinare, con conseguente obbligo di segnalazione dell’inadempimento da parte dei dirigenti preposti alla CIVIT (Commissione indipendente per la Valutazione, la Trasparenza e l'Integrità delle amministrazioni pubbliche) e all’OIV (organismo interno di valutazione), fermo restando la possibilità di ricorrere al Tribunale amministrativo regionale.
Si tratta, dunque, di un vero e proprio controllo generalizzato e diffuso sull’attività della P.A., molto penetrante e specifico, che può essere attribuito a chiunque, (ai mass media come al privato cittadino) voglia conoscere e aggregare i dati soggetti a pubblicazione la cui mancata attuazione determina l’avvio di procedimenti disciplinari dirigenziali e amministrativi, sanzioni amministrative economiche oppure la mancata efficacia di alcuni atti. Quest’ultima ipotesi nel caso, ad esempio, di conferimenti di incarichi dirigenziali concessi ad estranei alla pubblica amministrazione senza la necessaria pubblicazione sul sito istituzionale con indicazione specifica dei soggetti percettori, ragioni dell’incarico e ammontare erogato.
3. Risarcimento del danno
La legge n. 241 del 1990 sopra menzionata, prevede, in via generale, che il procedimento amministrativo che inizia su istanza del privato deve necessariamente concludersi nei termini previsti dalla legge. Il diritto di accesso nello specifico prevede un termine massimo di 30 giorni per rispondere alla richiesta. Tuttavia nel momento in cui il termine predetto non venga rispettato e il ritardo provochi dei danni al privato che ha formulato la richiesta è ammesso agire per il risarcimento dei danni subiti, a condizione che ci fossero, al momento della richiesta stessa, tutti i requisiti per ottenere dalla P.A. un provvedimento. L’art. 2 bis della legge 241/1990, introdotto nel 2009, prevede l’obbligo di risarcimento a carico delle p.a. e dei soggetti privati preposti all’esercizio di attività amministrative, del danno ingiusto cagionato in conseguenza dell’inosservanza “dolosa o colposa” del termine di conclusione del procedimento. Il risarcimento al ritardo o al silenzio della p.a., in base alla novella citata, sembra spettare indipendentemente dal contenuto dell’atto e quindi non soltanto nel caso di provvedimento favorevole della P.A.
Questa affermazione porta a ritenere che, in tema di accesso, anche se il diritto doveva essere negato il risarcimento è comunque dovuto, prescindendo dall’esito finale che si sarebbe potuto determinare analizzando in concreto la fruibilità del diritto. La norma, sanziona il ritardo con il risarcimento nel caso in cui:
- il ritardo sia stato creato volontariamente o comunque colposamente (negligenza o imperizia) da parte dell’Ente
- il ritardo determini un danno ingiusto
In relazione al concetto di “danno ingiusto” occorre verificare che il mancato rispetto dei tempi certi del procedimento abbia leso la progettualità del privato che si realizza in un determinato contesto temporale o in relazione al bene sostanziale richiesto. Ad esempio il privato che voleva accedere a determinati atti prima di un dato termine ai fini della proposizione di un ricorso o che aveva la necessità di conoscere gli atti prima della partecipazione ad una gara d’appalto. A quanto sopra va aggiunto che la mancata o tardiva emanazione del provvedimento richiesto in qualunque procedimento ad istanza di parte, costituisce, peraltro, elemento di valutazione della performance individuale, nonché di responsabilità disciplinare e amministrativo-contabile, sia del dirigente che del funzionario inadempiente.
In questa ottica non occorre dimenticare che, anche se a livello sperimentale, il legislatore nel cosiddetto decreto del fare (d.l. 21 giugno 2013 n. 69) ha previsto, un indennizzo automatico nel caso di ritardo che ammonta ad € 30 con decorrenza dalla data di scadenza del termine del procedimento, comunque complessivamente non superiore a 2.000 euro, che prescindendo dalla dimostrazione del danno, ha efficacia dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto. La norma precisa che questa fase sperimentale riguarda solo i procedimenti amministrativi relativi all'avvio e all'esercizio dell'attività di impresa iniziati successivamente alla detta data di entrata in vigore.
La previsione normativa, anche se attualmente limitata, è chiaro che assume una portata dirompente nella pubblica amministrazione, che prescindendo dalla prova del danno, sarà costretta sempre e comunque ad ottemperare alle scadenze previste dalla legge per non rischiare continue richieste di risarcimento “danni da ritardo”. Tutto fa pensare, inoltre che, a stretto giro, la previsione si possa estendere, ciò anche in virtù di quanto disposto dall’art. 28, comma 9, della legge medesima, che dispone “in caso di inosservanza del termine di conclusione del procedimento ad istanza di parte, per il quale sussiste l'obbligo di pronunziarsi, l'istante ha diritto di ottenere un indennizzo per il mero ritardo alle condizioni e con le modalità stabilite dalla legge o, sulla base della legge, da un successivo regolamento.
La normativa predetta fa “pendant” con gli obblighi di pubblicità e trasparenza previsti dall’art. 35 del d.lgs. 133/2013, che stabilisce l’obbligo di pubblicazione su internet di tutti i procedimenti amministrativi in relazione alle singole tipologie di procedimento di propria competenza, la descrizione del procedimento, i responsabili, i termini, gli strumenti di tutela amministrativa e giurisdizionale, il titolare del potere sostitutivo nel caso di inerzia, gli orari di ricevimento.
In conclusione, la previsione espressa di un accesso diffuso, la possibilità di un’azione risarcitoria per il ritardo e la pubblicità nei procedimenti, con le eventuali conseguenze anche sul piano della valutazione del dirigente ai fini della corresponsione della retribuzione di risultato (art. 7, comma 2, legge 69/09) nonché dell’eventuale responsabilità amministrativa e contabile del funzionario e del dirigente (art. 2, comma 9, legge 241/90,) non possono che portare un’azione amministrativa attenta in vista della piena applicazione dell’art. 41 della “Carta dei diritti fondamentali” (cd. Carta di Nizza) che riconosce il diritto del cittadino alla “buona amministrazione”, richiamato dal Trattato di Lisbona e di ulteriori modifiche legislative che non tarderanno certamente a farsi aspettare.
Note:
[1] L’Avv. Dario Messineo è anche coordinatore amministrativo della D.T.L. di Cuneo e componente del Centro Studi presso la D.G. ispettiva del Ministero del Lavoro. Ogni considerazione è frutto esclusivo del proprio libero pensiero e non impegna in alcun modo l’amministrazione di appartenenza ai sensi della circolare del Ministero del Lavoro del 18 marzo 2004.
[*] dottore di ricerca presso l’Università di Pavia
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