Le nuove collaborazioni coordinate e continuative
di Loredana Rosato [*]
Il D.Lgs. n. 81/2015, in vigore dal 25.06.2015, ha riscritto le regole per la corretta gestione del lavoro autonomo e parasubordinato, introducendo delle disposizioni che incidono sui diversi tipi di contratto di lavoro.
Il decreto, nel considerare all’art. 1 il rapporto di lavoro a tempo indeterminato la forma comune di rapporto di lavoro, ha dato un forte segnale rispetto alle diverse forme contrattuali già esistenti nel nostro ordinamento giuslavoristico, spesso considerate indice di precarizzazione (principalmente i contratti a progetto, contratti di associazione in partecipazione con apporto lavorativo ed i contratti con soggetti titolari di partite Iva).
Il decreto ha dedicato alle collaborazioni tre disposizioni e precisamente:
- Art. 2 (Collaborazione organizzate dal committente)
- Art. 52 (Superamento del contratto a progetto) definendo altresì la disciplina transitoria
- Art. 54 (Stabilizzazione dei collaboratori coordinati e continuativi anche a progetto e di persone titolari di partite Iva).
Il Legislatore, abrogando all’art. 52 gli art. da 61 a 69-bis del D.Ls. 276/03, ha previsto il superamento del contratto a progetto. Lo stesso articolo ha previsto, però, una disciplina transitoria stabilendo che gli articoli abrogati conservano la loro validità solo ed esclusivamente per la regolamentazione delle co.co.pro già stipulate ed ancora vigenti alla data di entrata in vigore del nuovo decreto ( 25/06/15).
Il decreto all’art. 2 ha stabilito che “a partire dal 1° gennaio 2016 si applica la disciplina del rapporto di lavoro subordinato anche ai rapporti di collaborazione che si concretino in prestazioni di lavoro esclusivamente personali, continuative, e le cui modalità di esecuzione siano organizzate dal committente anche con riferimento ai tempi ed ai luoghi di lavoro”.
Come conferma la rubrica della norma (“collaborazioni organizzate dal committente”), le collaborazioni alle quali si applica la disciplina sono quelle “organizzate” dal committente e non quelle “coordinate”.
L’art. 2 co. 1 delinea i requisiti della prestazione oggetto della collaborazione: affinché una prestazione di lavoro dia origine ad una collaborazione organizzata dal committente è necessario che la stessa sia:
- Esclusivamente personale
- Continuativa
- Organizzata dal committente circa le modalità di esecuzione anche con riferimento ai tempi e al luogo di lavoro (cd. etero-organizzazione).
L’elemento principale del comma 1, dunque, è rappresentato non tanto dalle caratteristiche della personalità e della continuità della prestazione quanto dal fatto (e ciò pare del tutto decisivo) che le modalità di esecuzione della stessa siano organizzate dal committente anche per quel che concerne la tempistica ed il luogo di lavoro.
L’“etero-organizzazione” da parte del committente si riferisce perciò all’imposizione unilaterale dei tempi, dei luoghi e delle modalità di svolgimento della prestazione. Naturalmente non si realizza nel momento in cui orario, luoghi e modalità vengono pattuiti consensualmente nel contratto e come tali rispettati dalle parti.
Il nuovo decreto ha identificato, pertanto, un diverso criterio sulla base del quale stabilire se una co.co.co sia genuina (lavoro realmente parasubordinato) oppure no (lavoro subordinato mascherato): non più l’esistenza di un progetto reale da sviluppare autonomamente in funzione del raggiungimento di un determinato risultato finale, indipendentemente dal tempo di realizzazione occorrente, bensì il fatto che il collaboratore sia effettivamente libero (rectius autonomo) di organizzare la propria attività, anche con riferimento ai tempi e luoghi di lavoro.
Il decreto ha contemplato però l’esistenza di co.co.co. estranee a questa logica e perciò collaborazioni che possono anche presentare l’etero-organizzazione, senza rischiare, per questo, di ricadere nel campo di applicazione della disciplina del lavoro subordinato. In definitiva il legislatore ha salvato alcune collaborazioni che sono elencate al comma 2:
- quelle per le quali gli accordi collettivi stipulati da associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale prevedano discipline specifiche riguardanti il trattamento economico e normativo, in ragione delle particolari esigenze produttive ed organizzative del settore. Qui, il pensiero corre al contratto collettivo dei lavoratori dei call-center, ma la disposizione non esclude altre forme di intervento in settori del tutto particolari. Va notato al riguardo che il Legislatore delegato, riferendosi alle organizzazioni comparativamente più rappresentative sul piano nazionale ha usato (art. 51) la particella “da” al singolare, e non al plurale “dalle” come ha fatto altre volte;
- quelle prestate nell’esercizio di professioni intellettuali per le quali si rende necessaria l’iscrizione in albi professionali;
- quelle prestate dai componenti degli organi di amministrazione e di controllo delle società e dai partecipanti a collegi e commissioni;
- quelle rese, a fini istituzionali, in favore delle società sportive dilettantistiche e delle associazioni affiliate alle federazioni sportive nazionali, alle discipline associate e agli enti di promozione sportiva riconosciute dal CONI, come individuati e disciplinati ex art. 90 della legge n. 289/2002;
Il comma 3 offre, in ogni caso, alle parti una ulteriore strada per “uscire” dalla stretta normativa: possono chiedere ad una commissione di certificazione istituita ex art. 76 del D.L.vo n. 276/2003 la certificazione del rapporto dalla quale si evinca che non sussistano le condizioni impedienti previste al comma 1.
Rimane però una questione che riguarda i contatti a progetto in corso e ciò che si intende fare, visto il regime entrato in vigore a partire dal 1° gennaio 2016. I contratti che rispondono, in pieno, ai criteri fissati dagli articoli 1 e seguenti del D.L.vo n. 276/2003 (81/2015) e che non sono caratterizzati da etero direzione ed etero organizzazione, possono proseguire fino alla loro naturale scadenza.
Per quelli per i quali c’è più di un dubbio legato alla sussistenza dei requisiti, sussistendo il rischio di essere ricondotti alla tipologia di rapporto di lavoro subordinato, il legislatore ha comunque offerto la possibilità di una “sanatoria stabilizzante” (art. 54) .
Il comma 1 dell’art. 54, infatti, afferma che tutti i datori di lavoro privati, a partire dal 1° gennaio 2016, potranno assumere con contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato prestatori con i quali abbiano rapporti di collaborazione coordinata e continuativa, anche a progetto, o persone titolari di partite IVA a condizione che:
- che i lavoratori interessati alle assunzioni sottoscrivano, con riferimento a tutte le possibili pretese riguardanti la qualificazione del pregresso rapporto di lavoro atti di conciliazione avanti alla commissione provinciale di conciliazione o in sede sindacale (articoli 410 e 411 cpc) o presso una sede di certificazione (art. 76 del D.L.vo n. 276/200
- che nei dodici mesi successivi alle assunzioni, i datori di lavoro non recedano dal rapporto di lavoro, salvo che per giusta causa o giustificato motivo soggettivo (quindi non per giustificato motivo oggettivo)
Il vantaggio che i datori di lavoro trarranno dalla stabilizzazione (comma 2) appare notevole: con l’assunzione a tempo indeterminato vengono “cancellati” gli illeciti amministrativi, contributivi (che comprendono sia quelli previdenziali che quelli assicurativi) e fiscali connessi ad una eventuale erronea qualificazione del rapporto di lavoro; l’effetto estintivo non si produce se l’illecito è stato accertato a seguito di ispezioni effettuate in data antecedente l’assunzione dagli organi di vigilanza del Ministero del Lavoro, degli Istituti, della Guardia di Finanza o dell’Agenzia delle Entrate.
Ma, detto, questo, quali collaborazioni coordinate e continuative potranno, legittimamente, essere stipulate? Qual è il ruolo delle co.co.co?
Si può ritenere che dal 25/6/15 le co.co.co costituiscono la forma tipica del lavoro autonomo prestato in modo continuativo. Essa si caratterizza per l’assunzione da parte del collaboratore del rischio della prestazione e per la mancanza di soggezione ai poteri direttivi, organizzativi e disciplinari nei confronti del committente (cd. eterodeterminazione). Dal 01.01.2016 accanto all’assenza della eterodeterminazione (caratterizzante la natura subordinata del rapporto) dovrà riscontrarsi anche l’assenza della etero-organizzazione, come sopra definita.
I requisiti delle collaborazione coordinata e continuativa continueranno ad essere:
- il coordinamento
- la continuità
- il carattere personale della prestazione, che deve essere resa in maniera prevalente
Il coordinamento della prestazione è il collegamento funzionale tra l’attività del collaboratore ed il ciclo produttivo del committente derivante dall’inserimento del primo nell’organizzazione aziendale o più in generale nelle finalità perseguite dal committente (Cass. nn. 5698/02; Cass., n. 3698/2002).
La continuità presuppone che la prestazione non debba essere occasionale od istantanea, ma perduri nel tempo e comporti un impegno costante del prestatore a favore del committente (Cass., n. 5698/2002, Cass., 3485/2001). La continuità sussiste anche quando il rapporto non si esaurisce con l’esecuzione di uno o più prestazioni occasionali ma vi è un insieme di prestazioni che nel completo possono essere considerate come unica collaborazione.
L’apporto personale del collaboratore deve essere prevalente rispetto agli altri fattori impiegati ai fini della realizzazione dell’obbligazione contrattuale ma anche rispetto alla struttura della quale si avvale per raggiungere il risultato. In ogni caso la struttura non deve assumere la veste di una organizzazione imprenditoriale, circostanza che porterebbe a configurare piuttosto un contratto di appalto con le caratteristiche individuate dall’art. 29 del D.L.vo n. 276/2003 (Cass., n. 5698/2002, Cass., 3485/2001).
Infine, è evidente che il legislatore, diversamente da quanto previsto con l’abrogato art.69 del D.lgs 276/03, nel quale si poneva un esplicito divieto con conseguente presunzione legale di subordinazione in caso di assenza di “progetto”, utilizza una terminologia assolutamente nuova, in quanto non solo non prevede alcuna presunzione legale, neppure relativa, di subordinazione in caso di collaborazione etero-organizzata ma si limita a prevedere “l’applicazione della disciplina del lavoro subordinato”. Invero, il decreto 81/15 adotta una differente tecnica legislativa rispetto al d.lgs. n. 276/03: in particolare l’art. 69 conteneva un precetto di natura sanzionatoria, che si fondava sul sistema delle presunzione attraverso cui veniva disposta la trasformazione del co.co.pro in rapporto di lavoro subordinato. Il D.Lgs 81/15 opera, invece un’estensione della disciplina. L’applicazione della normativa del rapporto di lavoro subordinato viene estesa ad altri rapporti lavoro: oltre a quelli caratterizzati dalla etero-direzione anche a quelli connotati dalla etero-organizzazione.
Tale previsione, inevitabilmente, ha fatto sorgere dubbi interpretativi in merito alle determinazioni da adottare da parte del personale ispettivo a fronte di una acclarata collaborazione non genuina (nel senso di non corrispondente ai criteri di cui all’art. 2 comma 1).
A parere di chi scrive la collaborazione “non genuina” porterebbe, proprio per previsione normativa, all’applicazione dell’art. 1 del D.lgs 81 secondo il quale “ Il contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato costituisce la forma comune di rapporto di lavoro”. In tal senso, dunque, l’attività degli Ispettori del Lavoro, a fronte di una comprovata non genuinità della collaborazione, porterà ad una “riqualificazione” del rapporto di lavoro, coerentemente ai poteri conferiti dall’art. 7 del D.lgs 124/2004., con conseguente applicazione delle connesse sanzioni amministrative e recupero dei contributi dovuti alle gestione lavoratori dipendenti secondo i principi generali. In sostanza, troverà applicazione la normativa tipica del rapporto di lavoro subordinato, con tutti gli istituti normativi, retributivi e contributivi che da essa discendono:
Del resto, a favore di tale tesi interpretativa si pone lo stesso dettato normativo laddove, all’art. 54, “favorisce”” la stabilizzazione dei collaboratori “erroneamente” così qualificati prevedendo l'estinzione degli illeciti amministrativi, contributivi e fiscali connessi.
Infine, come sopra accennato, i contratti di lavoro a progetto operanti alla data del 25/06/2015, potranno essere portati alla sua conclusione naturale, ma, ovviamente, non potranno essere rinnovati.
Sull’eventuale ammissibilità della proroga non vi è uniformità di vedute. Da un lato potrebbe ritenersi ammissibile la proroga del contratto a progetto in essere se tale proroga risultasse funzionale alla realizzazione del progetto. Tale interpretazione si fonda essenzialmente sulla circostanza che, essendo il co.co.pro in essere alla data del 25.06.2015 la sua disciplina verrebbe comunque dettata dalla previgente previsione del D,lgs 276/03 che, appunto, consentiva la proroga del contratto a progetto in caso di mancato raggiungimento dell’obiettivo progettuale nel termine convenuto dalle parti. In tal senso si è espressa, ad esempio, la Fondazione Studi Consulenti del Lavoro con Circolare n. 20 del 2015. Si ritiene utile, tuttavia, evidenziare che tale interpretazione non risulta univoca. Infatti, accanto alla tesi sopra richiamata, che propende per la legittimità della proroga del co.co.pro, non va taciuto che sul tema si sostiene anche la tesi contraria che, invece, individuerebbe nella proroga comunque un contratto “accessorio” rispetto all’accordo concluso originariamente, con il quale, pur non mutando i contenuti del contratto originario, la volontà negoziale, dotata di propria autonomia, interverrebbe per determinare il procrastinarsi dell’efficacia temporale dell’accordo originario. Tale volontà negoziale, verrebbe, tuttavia, espressa in vigenza di una norma che “vieta” il negozio giuridico (contratto) in quanto abrogato dalla disciplina vigente con conseguente nullità della proroga e riqualificazione del rapporto di lavoro in base alle effettive modalità di svolgimento della prestazione lavorativa resa dal lavoratore.
Sul punto, anche in considerazione degli effetti vantaggiosi previsti dalla stabilizzazione di cui all’art. 54, chi scrive non può che suggerire un comportamento il più prudente possibile.
[*] Laureata in Scienze politiche economiche e bancarie. Dottore commercialista e Revisore contabile. Funzionario Ispettivo in servizio presso la Direzione Territoriale del Lavoro di Rovigo. Le considerazioni contenute nel presente scritto sono frutto esclusivo dell’autore e non hanno in alcun modo carattere impegnativo per l’Amministrazione di appartenenza.
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