Una scelta pericolosa
La depenalizzazione del reato di interposizione di manodopera
di Piero Cascioli [*]
Con il D. Lgs 8/16 il legislatore ha voluto depenalizzare alcuni reati di minore, diciamo così, allarme e pericolo sociale. L’art. 1 del citato decreto, rubricato “depenalizzazione di reati puniti con la sola pena pecuniaria” ci premette al comma 1 che i reati la cui pena prevede la sola multa o l’ammenda, diventano semplici illeciti amministrativi soggetti a sanzione pecuniaria. I commi successivi dispongono l’esclusione da tale previsione dei reati di cui al codice penale e di quelli in materia di sicurezza e salute su lavoro. Il quarto comma dispone poi esplicitamente l’esclusione dei reati di cui al D. Lgs. 286/98, quelli cioè di clandestinità e, quindi, anche quello di occupazione al lavoro di soggetti sprovvisti di permesso di soggiorno. L’art. 3 dispone invece la depenalizzazione di alcuni reati per i quali è prevista la pena detentiva tra cui l’art. 2 della L. 638/83, vale a dire, le ritenute a carico del lavoratore.
Già alla luce di queste brevi premesse, possiamo individuare tre ambiti in cui operano queste depenalizzazioni: le esternalizzazioni, la previdenza, il mercato del lavoro.
Al di là degli aspetti tecnici, trattati già da diversi commentatori, oltre che dalla circolare n. 6/16 del Ministero del Lavoro, vorremmo qui approfondire gli aspetti che più attengono alla politica del lavoro, quindi alle scelte del legislatore verso questa direzione.
In questo senso, particolare attenzione merita la depenalizzazione riferita al fenomeno “interpositorio” nell’impiego di manodopera; una modifica che viene introdotta proprio in un momento in cui le forme patologiche delle esternalizzazioni sembrano dilagare come non mai e proprio per questo, forse sarebbe stato opportuno un inasprimento delle misure di contrasto. Infatti, proprio la forte crisi economica sembra essere diventata terreno fertile per il ricorso alla fornitura illecita di manodopera. Vediamo il perché.
Le esternalizzazioni delle attività hanno sempre trovato le proprie ragioni nella esigenza, da parte delle imprese, di gestire con maggiore flessibilità il rapporto domanda-offerta di lavoro. Niente oneri amministrativo-gestionali, assunzioni dimensionate in funzione all’andamento dell’attività, organico aziendale sotto-controllo e sotto-dimensionato, ecc.
Queste fondamentalmente sono state e sono le ragioni che hanno fatto prosperare le esternalizzazioni, con la nascita di tante Agenzie per il lavoro deputate allo svolgimento di quelle attività che in passato erano prerogativa esclusiva del collocamento pubblico.
Ma cosa c’entra tutto questo con la crisi economica?! Ed allora qui veniamo al punto che ci interessa.
Quanto poc’anzi esposto rientra, diciamo così, nel circuito delle esternalizzazioni lecite. Vale a dire, le imprese vogliono evitare tutti quegli oneri burocratici, amministrativi, gestionali che la costituzione, gestione, cessazione dei rapporti di lavoro comporta, quindi, ricorrono alle agenzie di somministrazione, regolarmente registrate, le quali forniscono la manodopera che viene chiesta di volta in volta. Certamente, questo costa qualcosina in più alle imprese utilizzatrici, ma non importa, la cosa importante è gestire con la massima flessibilità i rapporti di lavoro.
Il problema, ovviamente, è quello delle esternalizzazioni illecite, cioè poste in essere da soggetti non autorizzati, e qui il fenomeno non si lega solo alle esigenze sopra argomentate, ma si lega principalmente al costo del lavoro – ecco cosa c’entra, dunque la crisi economica -.
I consumi crescono poco, il lavoro scarseggia, le imprese fanno di tutto per restare sul mercato e, per riuscirci, devono soprattutto puntare sull’abbattimento dei costi tra i quali, i più elevati sono proprio quelli riferiti alle spese del personale.
Una risposta a questa esigenza è offerta, specialmente negli ultimi tempi da soggetti giuridici, spesso creati ad hoc, che svolgono in modo sistematico la fornitura di manodopera in modo del tutto illecito, in quanto non si tratta di agenzie all’uopo autorizzare, ma di società, spesso costituite in forma cooperativa che sotto le mentite spoglie dell’appalto, in realtà “affittano” manodopera. Ma la cosa ancor più inquietante, è che tutta questa operazione ruota intorno ad una vera e propria proposta di fornitura di manodopera a “basso costo”.
È un elemento nuovo che va a perturbare ulteriormente un fenomeno già di per se illecito: la somministrazione abusiva di manodopera che viene offerta facendo leva sul basso costo della manodopera stessa che si andrà a fornire. Pertanto, coloro che utilizzeranno in tal modo i lavoratori, oltre a non avere tutti quegli oneri burocratico-gestionali, fruiranno di bassi costi sulla manodopera stessa.
Naturalmente, tutto questo viene scaricato sui lavoratori, con trattamenti economici più bassi e tutele deboli, anche con riferimento ai tempi di lavoro. Ovviamente, si innesca anche un meccanismo di concorrenza sleale nei confronti di tutte quelle imprese che operano nella piena legalità
La depenalizzazione di questo fenomeno non sarà certamente un maggior deterrente, anzi, è plausibile che ne segnerà un incremento. Per quanto la pena prevista nella previgente disciplina prevedesse la sola ammenda, vi era, tuttavia, lo strumento della “prescrizione”, per cui si impartiva l’ordine all’utilizzatore e al somministratore, di interrompere la condotta illecita con conseguente ammissione al pagamento della sanzione ridotta, ai fini dell’estinzione del reato. E comunque, veniva informata l’A.G., e se l’ordine impartito con la prescrizione non veniva eseguito, si apriva un processo penale.
Ora tutto si risolve in una sanzione amministrativa pecuniaria che non potrà mai essere superiore a 50.000 euro, ridotta, peraltro, a 16.666 euro in virtù dell’applicabilità dell’art. 16 della legge 689/81, e se il trasgressore non paga soggiacerà al massimo ad una esecuzione forzata sul suo patrimonio.
Sicuramente questa depenalizzazione, come altre, rientra nell’operazione di decongestionamento dei tribunali, ma il rischio è che il peso passi semplicemente dai tribunali penali a quelli civili. Ma a parte questo, il problema riguarda più che altro l’etica del diritto.
Il diritto penale è una sorta di specchio del grado di moralità di una società, nel senso che rispecchia in modo speculare i valori che si vogliono tutelare. È ovvio che nel momento in cui un fatto, un fenomeno, viene depenalizzato, vuol dire che quell’interesse che si tutelava con la norma penale, non è più ritenuto un valore, diciamo così, di primo livello. La lesione di quel bene giuridico prima tutelato dalla norma penale, non è più ritenuta di particolare pericolo ed allarme sociale. Questo è in sostanza il concetto di depenalizzazione.
Ora, in merito all’argomento in esame, “l’interposizione illecita di manodopera”, detta in termini più eloquenti “l’affitto di manodopera” – perché di questo si tratta – non è più ritenuto un fatto di particolare allarme sociale; il valore che ne è alla base, cioè il lavoro umano, non è più, evidentemente, un valore primario.
Con le nuove disposizioni, può succedere che chi mette in atto tale condotta, “paga e continua”, paga la sanzione e continua indisturbato ad affittare manodopera. Ed è esattamente ciò che fanno molte società, soprattutto quelle costituite in forma cooperativa. Tutto questo fa venire in mente quel nobile romano che passeggiando per le vie della Roma imperiale schiaffeggiava a suo piacere chi incontrava, pagando contestualmente, la sanzione pecuniaria che la legge romana prevedeva per tale condotta.
Insomma, in questo senso, chi ha denari può fare tutto, anche trasgredire le leggi reiteratamente. Ma proprio qui sta il confine tra valori tutelati dalle norme penali e quelli tutelati invece dalle norme civili o amministrative. La repressione che attiva il diritto penale determina la cessazione materiale della condotta illecita, in quanto interviene, oltre che sulla sfera patrimoniale, anche sulla sfera personale del soggetto che la pone in essere.
Tutto questo si lega al sistema dei valori che la società esprime nel tempo, un sistema che ha dei confini molto mobili che ora includono talora escludono singoli valori, secondo un meccanismo non sempre coerente lasciato al giogo della politica.
[*] Responsabile Area Vigilanza 1 di coordinamento della Direzione Territoriale del Lavoro di Roma. Le considerazioni contenute nel presente scritto sono frutto esclusivo del pensiero dell’autore e non hanno in alcun modo carattere impegnativo per l’Amministrazione di appartenenza.
Seguiteci su Facebook
>