Le nuove collaborazioni eterorganizzate
Dal “Parasubordinato” al “subordinato”
di Piero Cascioli [*]
Il D. Lgs. 81/15 ha introdotto importanti novità nella vasta area delle “collaborazioni”, elaborando una nuova fattispecie che si caratterizza principalmente per la “eterorganizzazione”. È l’art. 2 del citato decreto che indica criteri e modalità operative che rendono possibile l’applicabilità della disciplina del lavoro subordinato ai rapporti di collaborazione che si concretano in prestazioni di lavoro esclusivamente personali, continuative e le cui modalità di esecuzione sono organizzate dal committente anche con riferimento ai tempi ed al luogo di lavoro.
Diciamo che l’elemento di novità più eclatante è indubbiamente il criterio della “eterorganizzazione”, un concetto nuovo nella materia lavoristica, che ci richiama alla memoria quello di “eterodirezione”. Quest’ultima, come noto, qualifica, più di ogni altro indice, la prestazione di lavoro come subordinata. Vale a dire, che il criterio della “direzione” da parte di terzi dell’attività lavorativa, è l’elemento base per ricollocare la stessa attività nell’ambito del lavoro subordinato.
A questo criterio si aggiunge ora quello della “eterorganizzazione”, vale a dire, l’attività lavorativa viene organizzata dal datore e questo fa si che l’attività così posta in essere, venga regolamentata in regime di lavoro subordinato. Siamo di fronte ad un’estensione della categoria del lavoro subordinato? Si e no.
Indubbiamente, nel momento in cui si dice che la disciplina del lavoro subordinato si applica anche ai rapporti di collaborazione aventi determinate caratteristiche, di fatto si estende la macro-categoria del lavoro subordinato.
Di contro, è anche vero che si tratta pur sempre di un determinato tipo di collaborazioni, per le quali il legislatore potrebbe in ogni momento stabilire una diversa disciplina e collocazione. Bisogna anche dire che questa nuova tipologia di collaborazione non è qualificata solo dalla “eterorganizzazione”, che sicuramente è l’elemento più importante, ma anche da altri due caratteri, che sono la “continuità” e la “personalità” delle prestazioni lavorative. “La collaborazione deve concretarsi in prestazioni di lavoro esclusivamente personali e continuative… organizzate dal committente anche con riferimento ai tempi ed al luogo di lavoro…”. Solo a queste condizioni la collaborazione rientra nella disciplina del lavoro subordinato e, pertanto, il collaboratore andrà a beneficiare di tutti i relativi istituti (ferie, riposi, malattia, maternità, tempi di lavoro, licenziamenti, trattamenti economici, ecc.).
Poi ci sono le esclusioni previste dalla legge stessa, che sono le collaborazioni ricollocabili ad una professione, o ad organi di amministrazione e controllo di società, o in ragione di particolari esigenze produttive ed organizzative individuate da Accordi Collettivi stipulati dalle OO.SS. comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, o quelle rese a favore di associazioni o società sportive dilettantistiche, o infine quelle certificate.
Dunque, “personalità”, “continuità”, “eterorganizzazione”, questi sono i tre elementi che qualificano questa nuova tipologia di collaborazione e che l’avvicinano molto al lavoro subordinato.
Intanto la “personalità” della prestazione, significa che l’attività dedotta in contratto deve essere svolta personalmente dal collaboratore, senza avvalersi del supporto di altri o di strutture di soggetti terzi; sembra quasi una mera messa a disposizione delle proprie energie lavorative, tratto caratteristico, come noto, della locatìo operarum.
Poi c’è la “continuità” della prestazione. Cioè, la collaborazione non deve essere resa una tantum, o saltuariamente, in tal caso saremmo già nell’autonomia, ma con continuità; in tal modo va a profilarsi un tipo di attività che si ripete, che ha una sistematicità e prevedibilità e che, pertanto, si inquadra in una organizzazione precostituita.
Infine “l’eterorganizzazione”, cioè è il committente-datore, che decide “come”, “dove”, “quando”, l’attività lavorativa deve essere resa.
È facile, dunque, capire, come tutto questo avvicini la “collaborazione” così disegnata al lavoro subordinato, così come è facile capire le intenzioni del legislatore, che in tal modo ha eliminato alla radice tutte quelle problematiche che ruotavano intorno alle collaborazioni inquadrate nell’area del “parasubordinato” (tutele deboli, abusi, simulazioni, ecc.).
Restano, o forse sarebbe meglio dire, riemergono le Collaborazioni Coordinate e Continuative “pure” ex art, 409 c.p.c.; restano, altresì, le “Collaborazioni Occasionali Autonome” ex art. 2222 c.c.; così come restano le problematicità legate a queste due tipologie di “collaborazione”, che continuano a prestarsi a forme di abuso e di simulazioni.
L’aspetto positivo del nuovo quadro disegnato dal legislatore nel campo delle “collaborazioni”, è che le riqualificazioni legate a co.co.co. o a coll. occ. aut., non genuine, possono ora avere come parametro di riferimento, non più solo il lavoro subordinato, ma anche le “collaborazioni personali eterorganizzate”.
Pertanto, a fronte di una collaborazione coordinata e continuativa o di una collaborazione occasionale autonoma, non genuina, si potrà procedere ad una riqualificazione o verso un rapporto di lavoro subordinato “puro” ex art. 2094 c.c., o verso una “collaborazione personale eterorganizzata” ex art. 2 co. 1 D. Lgs. 81/15, ovviamente, sussistendone le condizioni; cioè per una riqualificazione in lavoro subordinato, dovrà sussistere la “eterodirezione e gli altri elementi tipici di questa categoria; mentre per una riqualificazione in una “collaborazione” ex art. 2 co. 1 D. Lgs. 81/15, dovranno sussistere i tre elementi tipici che la caratterizzano e di cui abbiamo fatto menzione: la “personalità” e la “continuità” della prestazione; ma soprattutto “l’eterorganizzazione”, elemento che segna lo spartiacque tra la “collaborazione” ex art. 2 co. 1 dek Decreto 81/15, e la co.co.co. ex art. 409 cpc. Infatti, nella co.co.co. c’è il “coordinamento”, la “continuità”, ma il “collaboratore” si organizza da solo, non è organizzato dal committente, come invece avviene nella nuova collaborazione. Quindi, è proprio questo l’elemento che più va a qualificare e circoscrivere la nuova fattispecie, collocandola nella sfera d’influenza della disciplina del lavoro subordinato.
[*] Responsabile Area Vigilanza 1 di coordinamento della Direzione Territoriale del Lavoro di Roma. Le considerazioni contenute nel presente scritto sono frutto esclusivo del pensiero dell’autore e non hanno in alcun modo carattere impegnativo per l’Amministrazione di appartenenza.
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