La responsabilità delle imprese di trasporto nella normativa comunitaria ed in quella nazionale
di Mario Chiappetta [*]
Il regolamento (CE) n. 561/2006 del Parlamento Europeo e del Consiglio, del 15 marzo 2006, con lo scopo di armonizzare le condizioni di concorrenza fra diversi modi di trasporto terrestre, con particolare riguardo al trasporto su strada, nonché al fine di migliorare le condizioni di lavoro e la sicurezza stradale, ha sancito una dettagliata disciplina in materia di periodi di guida (occupandosi specificamente del tempo di guida massimo per giornata, per settimana e per periodo di due settimane consecutive), di interruzioni e di periodi di riposo (declinato sia su base giornaliera che su base settimanale) per i conducenti che effettuano il trasporto di persone e di merci su strada.
Il regime delle sanzioni applicabili in caso di violazione del prefato regolamento, regime evidentemente finalizzato ad assicurarne l'effettiva applicazione, è demandato ai singoli Stati membri.
Nell'ordinamento giuridico italiano tale apparato sanzionatorio è attualmente stabilito dal Codice della Strada (D.Lgs. 30 aprile 1992, n. 285, ss.mm.ii.).
Sia i precetti (in tema di tempi di guida, interruzioni, periodi di riposo giornaliero e settimanale), sia il corrispondente apparato sanzionatorio di cui, in particolare, all'art. 174 del Codice della Strada, sono rivolti, anzitutto, ai conducenti. Sono costoro, in altri termini, a dover rispettare, svolgendo l'attività di trasportatore, la suindicata normativa europea sui tempi di guida, sulle interruzioni, sui riposi giornalieri e su quelli settimanali, esponendosi, in caso di violazione degli obblighi e dei divieti, alle corrispondenti sanzioni amministrative[1].
Per tutte le violazioni dei precetti contenuti nel citato Reg. (CE) n. 561/2006, l’art. 174 del Codice della Strada, al comma 13, pone poi in capo all’impresa da cui dipende il conducente al quale la violazione si riferisce, una responsabilità, in solido con l’autore della violazione (il conducente, appunto), al pagamento della somma a titolo di sanzione amministrativa da questi dovuta.
Se quanto appena detto vale in generale, nell'ipotesi in cui il conducente sia un apprendista, qualora lo stesso violi le disposizioni richiamate e sanzionate dall’art. 174 (in particolare quelle del Reg. CE n. 561/2006 in tema di periodi di riposi), è prevista dall’art. 9, D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 234, un'apposita, autonoma e diretta responsabilità in capo all’impresa[2], responsabilità che si aggiunge alle sanzioni da irrogarsi al conducente ai sensi del Codice della Strada.
Oltre alla generale responsabilità solidale di cui al citato art. 174, comma 13, ed alla eccezionale responsabilità principale per le violazioni in tema di periodi di riposo quando il conducente sia apprendista, di cui al richiamato combinato disposto degli artt. 6 e 9, D.Lgs. n. 234 del 2007, l’art. 174 del Codice della Strada, al comma 14, prevede una distinta fattispecie di responsabilità principale e diretta dell’impresa: quando quest’ultima, nell'esecuzione dei trasporti, α. non osserva le disposizioni contenute del Reg. (CE) n. 561/2006, ovvero β. non tiene i documenti prescritti o li tiene scaduti, incompleti o alterati, la stessa è soggetta alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma, precisamente individuata tra un minimo ed un massimo, per ciascun dipendente cui la violazione si riferisce (oltre alle pene previste ove il fatto costituisca reato)[3].
Si tratta di una fattispecie sanzionatoria del tutto peculiare. La stessa, infatti, presuppone anzitutto la commissione, da parte del conducente o dei conducenti, di uno o più illeciti per violazione del Reg. (CE) n. 561/2006, quindi una condotta datoriale (rectius, dell'impresa di trasporto da cui il conducente dipende o alla quale il conducente è, comunque, a qualsivoglia titolo riconducibile prestando per essa servizio) di uno dei due tipi poco sopra indicati (mancato rispetto, da parte dell'impresa, nell'esecuzione dei trasporti, del Reg. CE n. 561/2006, ovvero mancata conservazione dei documenti prescritti o conservazione degli stessi scaduti, incompleti o alterati). È così che, per ciascuna singola violazione del conducente o dei conducenti[4], rilevata in sede di controllo su strada o controllo presso l'impresa, viene individuata anche una violazione propria e diretta dell'impresa di trasporto al ricorrere, però, di almeno una delle due condotte/condizioni sopra evidenziate.
La disposizione in argomento (art. 174, comma 14), in particolare relativamente alla prevista sanzionabilità per l’impresa che "nell’esecuzione dei trasporti non osserva le disposizioni contenute nel Regolamento (CE) n. 561/2006", ha subito sollevato una rilevante problematica, quella della genericità dell'illecito; è stato, infatti, messo in evidenza come non sia adeguatamente circoscritto l’ambito dell’illecito medesimo con il rischio di ricadere in una fattispecie di responsabilità oggettiva.
Ed infatti generico è senz'altro il riferimento alle "disposizioni contenute del Reg. (CE) n. 561/2006", anche e soprattutto se si considera che tali disposizioni, per quanto già sopra messo in evidenza, si rivolgono, per la maggior parte, ai conducenti e non all'impresa. Ma su tale problematica si tornerà a breve.
Invero, il Reg. (CE) n. 561/2006 contiene al suo interno una disposizione che, effettivamente, riguarda direttamente l'impresa di trasporto. Si tratta dell'art. 10, articolo unico del Capo III, rubricato, appunto, "Responsabilità dell'impresa di trasporto", il quale pone in capo all’impresa di trasporto una serie di obblighi e divieti, volti a responsabilizzarla quanto alla sicurezza stradale e quanto alle condizioni di lavoro degli autisti che operino alle sue dipendenze.
In particolare è previsto:
- il divieto di retribuire i conducenti o di concedere loro premi o maggiorazioni retributive sulla base delle distanze percorse ovvero del volume delle merci trasportate, quando questa forma di retribuzione sia comunque di natura tale da mettere in pericolo la sicurezza stradale ovvero da incoraggiare gli autisti a commettere infrazioni in materia di tempi di guida, interruzioni e periodi di riposo (art. 10, par. 1);
- l’obbligo di organizzare l’attività dei conducenti con modalità che consentano a ciascuno di essi di rispettare le disposizioni del Regolamento (CEE) n. 3821/1985 in tema di apparecchi di controllo, nonché le norme contenute nel capo II del Regolamento (CE) n. 561/2006 in materia di tempi di guida e riposo (art. 10, par. 2, primo periodo);
- l’obbligo di fornire ai conducenti tutte le istruzioni più opportune per garantire il rispetto dei precetti in tema di apparecchi di controllo e tempi di guida e riposo (art. 10, par. 2, secondo periodo);
- l’obbligo di effettuare periodici controlli volti a verificare il rispetto delle disposizioni in tema di apparecchi di controllo e tempi di guida e riposo (art. 10, par. 2, secondo periodo).
Quale, però, l'apparato sanzionatorio per la violazione dei suddescritti precetti contenuti nell'art. 10, parr. 1 e 2, Reg. (CE) n. 561/2006?
Al riguardo, il medesimo art. 10, al par. 3, dopo avere previsto, in capo all'impresa di trasporto, una responsabilità diretta ed autonoma "per le infrazioni commesse dai rispettivi conducenti" (con la precisazione che ciò vale anche laddove l'infrazione sia stata da essi commessa sul territorio di un altro Stato membro o di un paese terzo), individua fondamentalmente due strade concretamente percorribili dalla legislazione nazionale degli Stati membri, deputata ad emanare la disciplina di dettaglio sotto il profilo sanzionatorio appunto[5]. La prima strada consiste nel prevedere, a livello nazionale, una responsabilità piena dell'impresa per le infrazioni commesse dai rispettivi conducenti, la seconda consiste, invece, nel subordinare la responsabilità diretta ed autonoma dell'impresa di trasporto per le violazioni commesse dai propri conducenti alla infrazione, da parte di essa, dei paragrafi 1 e 2 dell'art. 10, appunto. In altri termini, nell'impianto dell'art. 10, paragrafo 3, non si prevede una responsabilità sanzionatoria ad hoc per la violazione, da parte dell'impresa di trasporto, dei precetti di cui ai paragrafi 1 e 2, ma si assegna a questi ultimi (o meglio all'osservanza ovvero alla violazione di essi) la possibile funzione di parametro di valutazione della sussistenza o meno di una responsabilità sanzionatoria autonomamente attribuita all'impresa per le infrazioni commesse dai propri conducenti[6]: se l'impresa di trasporto ha violato uno dei divieti e/o uno degli obblighi sanciti in tali due paragrafi dell'art. 10, allora sussisterà, in capo ad essa, per ciascuna delle eventuali infrazioni commesse dai propri conducenti una responsabilità diretta e distinta rispetto a quella propria dei conducenti medesimi; se, invece, l'impresa di trasporto non ha violato alcuno dei menzionati divieti e/o obblighi, nessuna responsabilità diretta ed autonoma si configurerà in capo all'impresa per le infrazioni commesse dai conducenti.
Lo Stato italiano ha, a ben vedere, e per quanto sopra già rappresentato a proposito dell'art. 174, comma 14, del Codice della Strada, percorso una terza strada rispetto alle due prospettate nel secondo comma del paragrafo 3 dell'art. 10. Ferma restando la responsabilità del singolo conducente per le violazioni da lui commesse, in materia di tempi di guida e di riposo nell'autotrasporto (vds. art. 174, commi da 4 a 9, Codice della Strada), e ferma restando la responsabilità solidale, in capo all'impresa da cui dipende l'autore della violazione, per il pagamento della sanzione da questi dovuta (vds. art. 174, comma 13, Codice della Strada), viene prevista anche una autonoma responsabilità diretta (e dunque non meramente solidale al pagamento della sanzione pecuniaria) dell'impresa di trasporto che si configura per ciascuna volta in cui sia commessa una violazione da uno o più dei suoi conducenti, alla sola condizione però che l'impresa medesima, nell'esecuzione dei trasporti, non abbia osservato le disposizioni contenute nel Reg. (CE) n. 561/2006, ovvero non tenga i documenti prescritti o li tenga scaduti, incompleti o alterati. Dunque, se da un lato non vi è stata la previsione di una responsabilità piena per le imprese di trasporto, dall’altro non vi è, neppure, come prospettato dall'art. 10, par. 3, Reg. (CE) n. 561/2006, un preciso riferimento ai paragrafi 1 e 2, dell'art. 10, ma, in genere, alle "disposizioni contenute nel Reg. (CE) n. 561/2006". Certo, considerato che tali disposizioni si rivolgono precipuamente al conducente, salvo quella di cui all'art. 10, il richiamato riferimento legislativo di cui all'art. 174, comma 14, potrebbe, a livello interpretativo, ricollegarsi proprio all'art. 10 ed agli obblighi e divieti con esso imposti all'impresa di trasporto.
Per tutto quanto sin qui detto, e tornando ancora una volta sull'art. 174, comma 14, Codice della Strada, non può non mettersi in evidenza come, tenuto conto del dettato normativo, costituisca grossolano errore il considerare comunque sussistente la responsabilità diretta dell'impresa ogni qualvolta vi siano infrazioni commesse dai relativi conducenti. In altri termini, in sede di "controlli su strada" (art. 6, D.Lgs. n. 144 del 2008) e di "controlli nei locali delle imprese" (art. 7, D.Lgs. n. 144 del 2008)[7] non si potrà sic et simpliciter irrogare la sanzione di cui prefato all'art. 174, comma 14, al ricorrere di accertate violazioni commesse dai conducenti, tale automatismo della responsabilità diretta dell'impresa essendo inequivocabilmente escluso dalla disposizione in commento. Né gioverà una motivazione dell'eventuale verbale di contestazione che, limitandosi a ripetere quanto espresso dalla norma, deduca apoditticamente la mancata osservanza da parte dell'impresa, nell'esecuzione dei trasporti, delle disposizioni contenute nel Reg. (CE) n. 561/2006, o ancora un'organizzazione del lavoro dei conducenti tale da non consentire l'osservanza delle disposizioni del Reg. (CE) n. 561/2006. Al contrario ciò andrà previamente accertato e di ciò andranno acquisite le relative prove documentali e non.
E qui si innesta un'ulteriore osservazione, del resto già sopra anticipata. La disposizione di cui all’art. 174, comma 14, in particolare relativamente alla prevista sanzionabilità per l’impresa che nell’esecuzione dei trasporti non osserva le disposizioni contenute nel Reg. (CE) n. 561/2006, appare caratterizzata da indubbia genericità. La fattispecie sanzionatoria in capo all'impresa come visto si configura ogni qualvolta il relativo conducente abbia commesso un'infrazione, purché si accerti che l'impresa medesima, nell'esecuzione dei trasporti non abbia rispettato le disposizioni del Reg. (CE) n. 561/2006, ovvero che la stessa non tenga i documenti richiesti, o li tenga scaduti, incompleti o alterati. Quali sono, dunque, gli esatti e specifici connotati della condotta dell'impresa che qui si incrimina? Le disposizioni del Reg. (CE) n. 561/2006, la cui violazione può determinare in capo all'impresa la responsabilità diretta ed autonoma di cui all'art. 174, comma 14, per le violazioni commesse dal conducente, quali sono in particolare? Esse, infatti, se ben si ricorda sono prevalentemente rivolte al conducente (si pensi, in particolare, ai precetti di cui agli artt. 6, 7, 8 e 9, in combinato disposto con la disposizione definitoria di cui all'art. 4). C'è senz'altro l'art. 10, ormai noto, che, invece, è indirizzato proprio all'azienda con la previsione degli obblighi e dei divieti su cui ci si è sopra soffermati. Ma, a parte che la lettera dell’art. 174, comma 14, ad esso in particolare non fa riferimento, indicando genericamente "le disposizioni contenute nel Reg. (CE) n. 561/2006", pur volendolo, tuttavia, intendere come riferito espressamente all'art. 10, resta ferma la valutazione di non adeguata delimitazione dell'ambito dell'illecito medesimo, con il rischio di ricadere, come si diceva, in una fattispecie di responsabilità oggettiva; quali, infatti, e ad esempio, gli esatti parametri di valutazione della condotta di un’impresa che per il tipo di organizzazione interna adottata non è stata in grado di garantire che il Reg. (CE) n. 561/2006 venisse rispettato? Probabilmente è proprio tale genericità del disposto normativo ad poter indurre, talvolta, all'errore – peggiore della causa che lo determina – di non ancorare l'irrogazione della sanzione di cui all'art. 174, comma 14, Codice della Strada, ad una analitica attività istruttoria basata su una puntuale, precisa, acquisizione e verifica di elementi probatori circa la sussistenza delle condizioni di punibilità pure indicate dalla norma de qua.
De iure condendo, il legislatore nazionale, raccogliendo in maniera più proficua il suggerimento fornito dal legislatore comunitario, potrebbe impostare la previsione normativa concernente la responsabilità diretta ed autonoma dell'impresa di trasporto per le infrazioni commesse dai suoi dipendenti, ancorandola proprio alla violazione, da parte dell'impresa, dei precetti e divieti di cui all'art. 10, paragrafi 1 e 2, Reg. (CE) n. 561/2006. Questi ultimi, o almeno alcuni di questi ultimi, in sede di un auspicabile aggiornamento della predetta fonte normativa comunitaria andrebbero ulteriormente specificati o comunque individuati con maggiore precisione.
Nella materia oggetto della presente trattazione si inserisce, oggi, ed a far data dal 2 marzo scorso, il nuovo Regolamento (UE) n. 165/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio del 4 febbraio 2014 che abroga il Regolamento (CEE) n. 3821/85 del Consiglio, relativo all’apparecchio di controllo nel settore dei trasporti su strada, e modifica il Regolamento (CE) n. 561/2006 del Parlamento e del Consiglio, relativo all’armonizzazione di alcune disposizioni in materia sociale nel settore dei trasporti su strada[8].
Tra le maggiori novità apportate dall'abrogazione del Reg. (CEE) n. 3821/1985 e dalla sua sostituzione, appunto, con il Reg. (UE) n. 165/2014, senz'altro si inserisce il contenuto della disposizione di cui all'art. 33 di quest'ultimo regolamento, articolo rubricato, non per nulla, "Responsabilità delle imprese di trasporto".
Particolarmente significativi, per la loro portata innovativa, appaiono il comma 1 del paragrafo 1, ed il paragrafo 3.
Il primo stabilisce che "le imprese di trasporto garantiscono che i propri conducenti ricevano una formazione ed istruzioni adeguate per quanto riguarda il buon funzionamento dei tachigrafi, che siano digitali o analogici, effettuano controlli periodici per garantire che i propri conducenti li utilizzino correttamente e non forniscono ai conducenti alcun incentivo diretto o indiretto che possa incoraggiare ad un uso improprio dei tachigrafi".
La responsabilità delle imprese di trasporto si arricchisce, allora, di contenuti nuovi rispetto alla preesistente disposizione di cui all'art. 10, Reg. (CE) n. 561/2006, esplicitandosi oggi, e complessivamente, nei seguenti divieti ed obblighi:
- divieto di retribuire i conducenti salariati (sia come retribuzione ordinaria, sia come premi o come maggiorazioni di salario) con un meccanismo di determinazione che preveda una parametrazione alle distanze percorse e/o al volume delle merci trasportate, se ciò determini una messa in pericolo della sicurezza stradale o incoraggi la violazione dei precetti di cui al Reg. (CE) n. 561/2006 (art. 10, par. 1, Reg. CE n. 561/2006);
- divieto di fornire ai propri conducenti alcun incentivo diretto o indiretto che possa incoraggiare ad un uso improprio dei tachigrafi (art. 33, par. 1, Reg. UE n. 165/2014)[9];
- obbligo di organizzare l'attività dei propri conducenti salariati in modo tale che gli stessi possano effettivamente rispettare le disposizioni del capo II ("Personale viaggiante, tempi di guida, interruzioni e periodi di riposo") del Reg. (CE) n. 561/2006 in materia di tempi di guida e di riposo nell'autotrasporto (si pensi, ad esempio, alla costruzione dei turni di servizio, all'assegnazione delle linee, alla previsione della multipresenza, ecc.) (art. 10, par. 2, Reg. CE n. 561/2006);
- obbligo di organizzare l'attività dei propri conducenti salariati in modo tale che gli stessi possano effettivamente rispettare le disposizioni del Reg. (UE) n. 165/2014 [10], in particolare in materia di utilizzo dei tachigrafi (art. 10, par. 2, Reg. CE n. 561/2006);
- obbligo di fornire ai conducenti le opportune istruzioni per garantire che siano rispettate le disposizioni di cui al Reg. (CE) n. 561/2006, in materia di tempi di guida e di riposo (art. 10, par. 2, Reg. CE n. 561/2006);
- obbligo di fornire ai conducenti una formazione ed istruzioni adeguate per quanto riguarda il buon funzionamento dei tachigrafi, che siano digitali o analogici (art. 33, par. 1, Reg. UE n. 165/2014)[];
- obbligo di effettuare controlli regolari circa il rispetto delle disposizioni del capo II del Reg. (CE) 561/2006 in materia di tempi di guida e di riposo nell'autotrasporto (art. 10, par. 2, Reg. CE n. 561/2006);
- obbligo di effettuare controlli periodici finalizzati a garantire il corretto utilizzo dei tachigrafi, da parte dei propri conducenti (art. 33, par. 1, Reg. UE n. 165/2014)[12].
Fondamentale elemento di novità introdotto dal regolamento comunitario del 2014 è l'obbligo di formazione e di istruzione da impartire ai conducenti in materia di buon funzionamento dei tachigrafi. Per fugare qualsiasi dubbio interpretativo, il legislatore comunitario avrebbe dovuto opportunamente approfittare dell'occasione offerta dalla emanazione di detto regolamento, per innovare anche l'art. 10, paragrafo 2, Reg. (CE) n. 561/2006, in particolare aggiungendo, all'obbligo di fornire ai conducenti "le opportune istruzioni per garantire che siano rispettate le disposizioni del capo II" del medesimo regolamento, uno specifico obbligo di formazione in merito anche a tali disposizioni.
Il paragrafo 3 dell'art. 33, Reg. (UE) n. 165 del 2014, in commento, affronta, quindi, i profili sanzionatori dei nuovi contenuti della responsabilità dell'impresa di trasporto. Mutuando la previsione di cui all'art. 10, par. 3, comma 1, del Reg. (CE) n. 561/2006, anzitutto crea ex novo una responsabilità diretta ed autonoma in capo alle imprese di trasporto per le infrazioni ai precetti, contenuti nel medesimo Reg. (UE) n. 165, commesse dai loro conducenti o dai conducenti sottoposti a loro disposizione[13]. Quindi, ancora una volta mutuando la previsione normativa di cui al citato art. 10 (in particolare il comma 2 del paragrafo 3), lascia agli Stati membri la possibilità di subordinare la predetta responsabilità alla condizione che l'impresa violi gli obblighi sanciti al paragrafo 1, dell'art. 33, del Reg. (UE) n. 165/2014 (istruzioni e formazione adeguata sul buon funzionamento dei tachigrafi, controlli periodici sul corretto utilizzo degli stessi da parte dei conducenti, e divieti di incentivi che incoraggino ad un uso improprio dei medesimi apparecchi), ovvero quelli sanciti ai paragrafi 1 e 2, dell'art. 10, del Reg. (CE) n. 561/2006 (istruzioni opportune ai conducenti e controlli regolari sulla relativa attività per garantire l'effettivo rispetto delle disposizioni in materia di tempi di guida e di riposo, organizzazione dell'attività dei conducenti in modo tale che vi sia il rispetto delle disposizioni comunitarie sull'uso degli apparecchi di controllo e sui tempi di guida e di riposo, e divieto di modalità retributive tali da mettere in pericolo la sicurezza stradale e/o da incoraggiare l'infrazione dei precetti sui tempi di guida e di riposo).
Quanto al concreto apparato sanzionatorio da approntare rispetto ai precetti in tema di apparecchi di controllo, oggi come visto sanciti nel Reg. (UE) n. 165/2014, ai sensi dell'art. 41, di tale regolamento comunitario, tocca agli Stati membri stabilirlo, in conformità degli ordinamenti costituzionali nazionali.
Nel nostro ordinamento giuridico risulta già predisposto il regime sanzionatorio per le violazioni della normativa comunitaria in tema di apparecchi di controllo (tachigrafi) e loro utilizzo, in particolare con l'art. 179, del Codice della Strada, nonché con l'art. 19, L. 13 novembre 1978, n. 727, articolo salvatosi alle abrogazioni pure sancite dal predetto art. 179, al comma 10.
Con l'avvento del Reg. (UE) n. 165/2014, ed in particolare dell'art. 33, il nostro ordinamento risulta, tuttavia, deficitario sotto il profilo sanzionatorio, atteso che manca una specifica fonte sanzionatoria per la responsabilità diretta ed autonoma delle imprese di trasporto prevista dal predetto articolo al paragrafo 3.
Pertanto, e conclusivamente, occorre un intervento normativo nazionale che ricolleghi, alle infrazioni del Reg. (UE) n. 165/2014 da parte dei conducenti, anche una precisa sanzione amministrativa per responsabilità diretta ed autonoma dell'impresa di trasporto da cui essi dipendano o alla cui disposizione essi siano sottoposti[14]. E questa potrebbe essere l'occasione per dare effettiva attuazione a quanto previsto, sebbene come mera possibilità o facoltà, dal secondo periodo del paragrafo 3, dell'art. 33 de quo, in particolare esonerando le imprese di trasporto da tale responsabilità sanzionatoria laddove abbiano compiutamente adempiuto a tutti gli obblighi di cui all'art. 10, parr. 1 e 2, Reg. (CE) n. 561/2006, nonché a tutti quelli di cui al neonato art. 33, par. 1, Reg. (UE) n. 165/2014, compreso, a quest'ultimo riguardo, quello costituente la maggiore novità ossia l'obbligo formativo ed informativo in materia di buon funzionamento dei tachigrafi.
Note
[1] È sempre utile ricordare che, insieme a tale normativa europea, insiste sul medesimo settore del trasporto su strada anche una specifica normativa, sempre di derivazione europea, riguardante l'orario di lavoro (rectius, alcuni aspetti dell'orario di lavoro) e contenente divieti ed obblighi in materia di durata massima settimanale della prestazione lavorativa, riposi intermedi, durata massima dell'orario di lavoro giornaliero quando sia svolto lavoro notturno, informazione ai lavoratori sulle pertinenti disposizioni nazionali, sul regolamento interno dell'impresa e sugli accordi tra parti sociali, in particolare contratti collettivi ed eventuali accordi aziendali, e contenente, altresì, il corrispondente apparato sanzionatorio. Si tratta del D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 234, recante "Attuazione della direttiva 2002/15/CE concernente l'organizzazione dell'orario di lavoro delle persone che effettuano operazioni mobili di autotrasporti".
[2] Il riferimento è, in particolare, all'art. 6, D.Lgs. n. 234 del 2007, rubricato “Periodi di riposo”, il quale stabilisce: “Ai fini del presente decreto, gli apprendisti sono soggetti, per quanto riguarda i periodi di riposo, alle stesse disposizioni di cui beneficiano gli altri lavoratori mobili in applicazione del Regolamento (CE) n. 561/06 ovvero, in difetto, dell’accordo AETR”. Il successivo art. 9, al comma 3, sancisce un'apposita sanzione amministrativa, sanzione che, come tutte quelle contemplate dal citato decreto legislativo, interessa l'impresa datrice di lavoro e non il conducente.
[3] Tale fattispecie sanzionatoria ha dato, a suo tempo, luogo a non pochi problemi applicativi quanto all'esatta modalità di determinazione dell’importo della sanzione, attesa la non univoca espressione "per ciascun dipendente cui la violazione si riferisce". Il Ministero del lavoro e delle Politiche sociali con la Nota del 02.08.2010, prot. n. 13587, poi confermata da quella del 05.08.2010, prot. 13944, ha stabilito che l’esatta interpretazione della disposizione normativa in argomento sia quella per cui la sanzione amministrativa debba essere riferita ad ogni dipendente interessato ed a ciascuna violazione rilevata pur nell’ambito della medesima fattispecie di illecito: ciò vuol dire che, ad esempio, nell’ipotesi in cui siano state accertate violazioni agli specifici precetti di cui al Reg. (CE) n. 561/2006 per tre distinti conducenti, in particolare in numero di tre per il conducente Tizio, in numero di cinque per il conducente Caio, in numero di 2 per il conducente Sempronio, la sanzione prevista dall’art. 174, comma 14, dovrà essere moltiplicata per 10 (c.d. meccanismo del doppio moltiplicatore).
[4] Vds. ancora una volta la citata nota del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali del 02.08.2010.
[5] Il secondo comma del paragrafo 3 dell'art. 10 recita, infatti: "Fatto salvo il diritto degli Stati membri di considerare le imprese di trasporto pienamente responsabili, detti Stati membri possono subordinare tale responsabilità all'infrazione dei paragrafi 1 e 2 da parte dell'impresa. Gli Stati membri possono tener conto di ogni prova per dimostrare che l'impresa di trasporto non può essere ragionevolmente considerata responsabile dell'infrazione commessa".
[6] A ben vedere, la violazione dei precetti di cui all'art. 10, paragrafi 1 e 2, Reg. (CE) 561/2006, diventerebbe una sorta di condizione di punibilità rispetto alla sanzionabilità diretta in capo all'azienda per le infrazioni commesse dai conducenti (ferma restando, ovviamente, la sanzionabilità di questi ultimi).
[7] Il D.Lgs. 4 agosto 2008, n. 144, recante "Attuazione della direttiva 2006/22/CE sulle norme minime per l'applicazione dei regolamenti n. 3820/85/CEE e n. 3821/85/CEE relativi a disposizioni in materia sociale nel settore dei trasporti su strada e che abroga la direttiva 88/599/CEE" si preoccupa proprio di regolamentare il sistema dei controlli sull’autotrasporto, in particolare disciplinando i controlli sui conducenti, le imprese e i veicoli di tutte le categorie di trasporto che rientrano nel campo di applicazione del regolamento (CEE) n. 3821/85 del Consiglio, del 20 dicembre 1985, relativo all'apparecchio di controllo nel settore dei trasporti su strada, e del regolamento (CE) n. 561/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 marzo 2006, relativo all'armonizzazione di alcune disposizioni in materia sociale nel settore dei trasporti su strada e che modifica i regolamenti del Consiglio (CEE) n. 3821/85 e (CE) n. 2135/98 e abroga e sostituisce il regolamento (CEE) n. 3820/85 del Consiglio, del 20 dicembre 1985 (cfr. art. 1, D.Lgs. n. 144 del 2008).
[8] Si consideri che l'art. 48 del Reg. (UE) n. 165/2014, dopo aver previsto l'entrata in vigore dello stesso dal giorno successivo a quello della pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale dell'Unione Europea, ha stabilito che esso ha effetto dal 2 marzo 2016, eccezion fatta per gli artt. 24, 34 e 45, applicabili a decorrere dal 2 marzo dell'anno precedente ossia del 2015. Inoltre, in virtù delle misure transitorie dettate all'art. 46, del Reg. (UE) n. 165/2014, il Regolamento (CEE) n. 3821/85, pure abrogato, sarà, tuttavia, applicato transitoriamente sino a quando gli atti di esecuzione di competenza della Commissione non saranno adottati.
[9] Tale divieto si aggiunge, completandolo, a quello di cui al primo paragrafo dell'art. 10, Reg. CE n. 561/2016; se, infatti, quest'ultimo attiene a forme di incentivo economico che direttamente o indirettamente possano pregiudicare la sicurezza stradale e, in particolare, indurre il conducente a violare le disposizioni in materia di tempi di guida e di riposo nell'autotrasporto, il primo attiene a forme di incentivo diretto o indiretto a che vengano violati i precetti in materia di uso corretto del tachigrafo.
[10] Si ricordi che ai sensi dell'art. 47, Reg. (UE) n. 165/2014, abrogato il precedente Reg. (CEE) n. 3821/1985, i riferimenti a quest'ultimo si intendono fatti al Reg. (UE) n. 165/2014 appunto; quindi, il riferimento contenuto nell'art. 10, par. 2, Reg. (UE) n. 561/2006, alle disposizioni di cui al Reg. (CEE) n. 3821/1985, deve intendersi fatto al Reg. (UE) n. 165 citato.
[11] Con riguardo alle sole "istruzioni", e non anche alla "formazione", già il Reg. (CE) n. 561/2006, al più volte richiamato art. 10, par. 2, stabiliva che "le imprese di trasporto forniscono ai conducenti le opportune istruzioni [...] per garantire che siano rispettate le disposizioni del Reg. CEE n. 3821/1985 [...]"; dopo il Reg. (UE) n. 165/2014, tale precetto risulta integrato con il riferimento alla "formazione adeguata" e modificato con il riferimento, appunto, al cit. Reg. (UE) n. 165, anziché all'ormai abrogato Reg. (CEE) n. 3821 citato.
[12] Anche in tal caso si osserva come analogo obbligo è, invero, già previsto dal Reg. (CE) n. 561/2006, al più volte richiamato art. 10, par. 2, ove si stabilisce che "le imprese di trasporto [...] effettuano controlli regolari per garantire che siano rispettate le disposizioni del Regolamento (CEE) 3821/1985", oggi abrogato, ma comunque sostituito dal Reg. (UE) n. 165/2014; trattasi, appunto, delle disposizioni relative al corretto utilizzo degli apparecchi di controllo (tachigrafi) nel settore dei trasporti su strada.
[13] Dunque, come l'art. 10, par. 3, comma 1, Reg. (CE) n. 561/2006, costruisce (con tutte le caratteristiche già sopra, nel testo principale, delineate) in capo all'impresa di trasporto una responsabilità diretta ed autonoma per le infrazioni commesse dai rispettivi conducenti, da intendersi, probabilmente, come infrazioni ai precetti di cui al medesimo regolamento, l'art. 33, paragrafo 3, Reg. (UE) n. 165/2014, fa lo stesso, relativamente, però, alle infrazioni dei precetti in esso contenuti e riguardanti complessivamente l'utilizzo degli apparecchi di controllo (tachigrafi).
[14] Si tratterebbe in tal caso di una disposizione normativa analoga – mutatis mutandis – a quella di cui all'art. 174, comma 14, ove si sanziona - come visto subordinatamente a determinate condizioni - l'impresa di trasporto per le infrazioni del Reg. (CE) n. 561/2006 eventualmente rilevate in capo al o ai conducenti che prestano per essa servizio.
[*] Avvocato, Ispettore del lavoro - Le considerazioni che seguono sono frutto esclusivo del libero pensiero dell’autore e non impegnano in alcun modo l’Amministrazione di appartenenza
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