Effemeridi: La magia del Natale
di Fadila
È la festa più bella dell’anno sotto qualsiasi latitudine. Un tempo la sua connotazione era prevalentemente religiosa e quindi limitata all’universo cristiano. Ai tempi nostri, invece, è andata ben oltre le sue origini ed è diventata una celebrazione planetaria, sentita come simbolo della pace e della gioia da religiosi e i laici, da atei e credenti di qualsiasi fede.
Ha assunto, in altri termini un valore universale a prescindere dal credo individuale e collettivo, ecco perché si celebra a Roma come a Pechino, a Londra come a Tokio. Ovunque insomma si possono vedere i suoi simboli rappresentati dalle luminarie e gli abeti addobbati. Certo, ci sono luoghi, dove in presenza di guerra e violenza, non può attecchire, ma fortunatamente, rappresentano aree ben delimitate.
È la festa della luce che si contrappone alle tenebre simbolo di morte e distruzione. È la festa dei valori più nobili che l’uomo, nel corso della sua esistenza, ha saputo creare e non sempre attuare in modo duraturo: la bontà, la solidarietà e l’altruismo innanzi tutto, sentimenti che ci servono per tenere a freno la violenza e la ferocia che sono in noi più che in tutti gli altri esseri viventi. Questi ultimi, infatti, la usano solo per la loro sopravvivenza, noi anche per il potere da conquistare o difendere e per tale fine nel corso dei secoli abbiamo creato strumenti di distruzione sempre più terribili.
In questo periodo sembrano acchetarsi anche le pulsioni negative dei peggiori esemplari della specie: gli avidi ed egoisti che considerano il tornaconto personale come unico obiettivo anche a scapito degli altri; i violenti che vogliono imporre la loro supremazia con la forza; gli invidiosi che fanno della loro apatia un valore assoluto, cercando di sminuire l’agire altrui; i cretini, la tipologia peggiore dell’umanità, che non riescono mai a capire il senso della vita.
È la festa in cui, sia pure per poco, vogliamo riappropriarci della gioia di vivere e dell’innocenza della fanciullezza. Cosi facciamo cose che nel resto dell’anno consideriamo inutili, presi dalla frenesia che il tempo è denaro.
Dedichiamo, infatti, tante ore se non intere giornate a preparare quella rappresentazione fuori del tempo e dello spazio che è il presepe, cercando il muschio più bello, la carta con il cielo stellato, acquistando o modellando le statuine che più accendono la nostra fantasia, da piccoli li chiamavamo pupi forse alludendo alla loro statura, trovando le invenzioni più complesse per costruire uno scenario che sia il più possibile fantastico, in cui il laghetto o il ruscello devono essere il centro dell’attenzione per stupire gli osservatori, il tutto percorso da una luce soffusa che ha la funzione di accentuare l’alone di mistero.
Spesso non ci fermiamo qui perché vogliamo che l’ambiente familiare sia reso ancor più lieto con l’albero carico di festoni sotto il quale poniamo i regali. Né mancano le luminarie che rendono più vivibili anche gli angoli più brutti dei nostri centri abitati.
Quanto al pranzo, esso assume il valore simbolico dell’unità e della comunione in un tempo in cui la separatezza, dovuta al lavoro o ad altre cause, è diventata l’elemento dominante dei nuclei familiari e delle comunità. Le stesse melodie create per celebrare tale festività sembrano avere un che di magico che tocca i nostri cuori. Quel che è da evitare è l’attuale moda del consumismo più sfrenato. Chi ci casca arriva stremato al termine del periodo festivo senza avere oltretutto goduto della bellezza del Natale
Sono sempre riuscito a respingere questa moda e quest’anno di vacche magre mi sarà ancora più facile. Con questa promessa faccio i migliori auguri a tutti di buone feste, vissute possibilmente con i sentimenti e le emozioni che ho descritto.
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