Effemeridi. Pillole di satira e costume
Lavori in corso
di Fadila
Tanti anni fa, quando le mie figlie erano piccole, nel periodo di Natale era una gioia per me e per loro andare a caccia di presepi. Ne vedevamo tanti e ognuno di loro suscitava interesse e muoveva la nostra fantasia. Tutti a modo loro belli e originali; ma ce n’era uno, in un centro nei pressi di Roma non distante dalla mia abitazione, che ci piaceva più di tutti per ricchezza d’addobbi, bellezza dei pupi e tecniche ingegnose. Così di anno in anno la sua visita era diventata una tappa obbligata per le emozioni e le meraviglie che ci suscitava. Poi con l’andare del tempo e soprattutto la crescita delle figlie quel luogo è passato nel dimenticatoio, finché in quest’ultimo Natale ho sentito il desiderio di rivederlo, perché in fondo, in queste cose il mio cuore e la mia fantasia sono rimasti quelli di un bambino. Con mia grande sorpresa e delusione, tuttavia, arrivato all’ingresso del luogo sacro, ho trovato un cartello grande così in cui c’era scritto che il presepe era in fase di ristrutturazione. Con la coda tra le gambe ho fatto dietro front e sono andato via, mentre mi venivano in mente alcune considerazioni.
Che anche un presepe ha bisogno di manutenzione non c’è alcun dubbio ma da qui al fatto di tenerlo chiuso proprio negli unici giorni dell’anno, appena due settimane, in cui deve svolgere la sua funzione, l’ho trovato paradossale e incomprensibile. Poi a mente fredda ho inserito il fatto in un contesto più ampio, quello attuale del nostro Paese, e ho capito che ormai non si salva più niente dal lento degrado, neanche una rappresentazione religiosa. Da tempo, infatti, siamo considerati da tutto il mondo come quelli delle opere incompiute, delle ristrutturazioni che hanno tempi immemorabili, degli eterni lavori in corso. Tanto per fare un esempio conosciuto da tutti Il rifacimento dell’autostrada Salerno Reggio Calabria ha richiesto il tempo spropositato di oltre tre decenni. E l’opera è così già vecchia e sicuramente da qualche parte staranno progettando un nuovo ammodernamento. Tempi eterni anche per piccoli lavori di manutenzione e di ristrutturazione e la capitale ne è l’emblema. Un giorno di tanti anni fa, mentre percorrevo il solito tratto di strada per andare al lavoro si era formata in un certo punto del tragitto un'insolita, lunga coda di auto che mi tenne bloccato per diverso tempo. Come avviene in questi casi si pensa a un incidente o a dei lavori stradali. Era la seconda ipotesi perché a un certo punto la strada cominciò a restringersi per una fila di blocchi di cemento disposti lungo la carreggiata. La cosa che mi colpì fu un cartello il cui contenuto mi era nuovo e che in sintesi diceva: stiamo lavorando per voi, scusateci per i disagi arrecati. Quelle scuse preventive attutirono il mio nervosismo anzi lo considerai un elemento di crescita civica; stavamo diventando gli svedesi del sud. Ho avuto, purtroppo, il tempo per ricredermi perché da allora in quel tratto i lavori sono gradualmente diminuiti senza mai giungere a conclusione, mentre il cartello pian piano sbiadiva. Oggi i paracarri sono ancora lì con le erbacce cresciute tutt’intorno, diventati ricettacolo d’ogni genere d’immondizia.
Eppure c’è stato un tempo, qualche decennio fa, in cui eravamo considerati i giapponesi d’occidente per rapidità e ingegnosità. Pensate che nei pochi anni a cavallo degli anni cinquanta e sessanta del secolo scorso siamo stati capaci di costruire l’Autostrada del Sole un gioiello allora unico in Europa per lunghezza e opere di alta ingegneria. Da allora per oltre un decennio abbiamo dotato il nostro Paese di un sistema autostradale invidiato da tutti.
Negli anni ottanta del secolo scorso, periodo abbastanza felice per noi italiani, ero solito passare le vacanze estive nell’isola di Creta, uno dei posti più belli del Mediterraneo e quindi del mondo. Quando parlavo con uno dei miei amici isolani, un medico che aveva studiato in Italia, non facevo che ascoltare le sue espressioni di meraviglia per il nostro Paese. Quando scendeva dal traghetto a Brindisi, poteva percorrere tutto il territorio italiano senza mai abbandonare un’autostrada, cosa unica in Europa che conosceva molto bene. Mi chiedeva come avevamo fatto a trasformare una realtà povera, simile alla sua Grecia in una nazione ricca e felice al punto che molti di loro non guardavano più verso l’America come modello ma al nostro paese. E conoscevano tutto di esso dallo sport, al cinema alla moda. Nonostante andasse orgoglioso della vecchia frase riferita ai due popoli ‘stessa faccia, stessa razza’ si rendeva conto che la realtà aveva modificato le carte in tavola. Velati di tristezza i loro volti, pieni di energia, gioia e speranze per il futuro i nostri, soprattutto quelli dei giovani.
È ora, dunque, di riprendere il nostro cammino, ricordandoci che siamo gli eredi degli uomini che fecero dell’Italia la patria dell’umanesimo e del rinascimento, diventati valori universali per tutti i popoli.
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