Il ricorso amministrativo al Comitato Regionale per i rapporti di lavoro
di Dario Messineo [*]
L’interruzione del termine per la proposizione del ricorsi giurisdizionali avverso le ordinanze ingiunzione emesse dalle Direzioni territoriali del Lavoro in caso di proposizione del ricorso amministrativo al Comitato Regionale per i rapporti di lavoro ha subito una modifica a seguito della recente sentenza n. 119/2013 della Corte Costituzionale che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 17, comma 3, d.lgs. n. 124/2004, "nella parte in cui dispone che il ricorso al Comitato Regionale per i rapporti di lavoro sospende anziché interrompe il termine di cui all’art. 22 della legge n. 689 del 1981, in quanto configgente con l’art. 3 della Costituzione, per disparità di trattamento e per manifesta irragionevolezza della disciplina della norma censurata, e con l’art. 113, comma 2, sotto il profilo dell’effettività della tutela giurisdizionale nei confronti degli atti della P.A".
La sentenza, in poche parole consente al trasgressore di allungare i tempi per la proposizione di un ulteriore ricorso giurisdizionale dopo il ricorso amministrativo, spezzando una prassi amministrativa, instaurata già da parecchi anni, e convalidata anche da numerose pronunzie giurisprudenziali, che ritenevano legittima la tesi del Ministero del lavoro per la quale i tempi per proporre ricorso giudiziario avverso l’atto amministrativo (verbale o ordinanza ingiunzione) erano sospesi al momento della proposizione del ricorso amministrativo e non dovevano decorrere nuovamente nel caso di una eventuale impugnazione) dinanzi ad un giudice.
1. Tipologie di ricorsi amministrativi
Andando, con ordine occorre preliminarmente distinguere i due ricorsi amministrativi che Il d.lgs. 124/2004 ha previsto nei confronti dell’ordinanza ingiunzione emessa ai sensi dell’art. 18 l. n. 689/1981, due strumenti di tutela di natura amministrativa che si aggiungono al ricorso giudiziale previsto dall’art. 22 L. n. 689/1981, regolato dall’art. 6 d.lgs. n. 150/2011.
La prima tipologia di ricorso amministrativo è quello disciplinato dall’art. 16 e si propone alla Direzione Regionale del Lavoro. Esso può avere ad oggetto solamente le ordinanze ingiunzione emesse ai sensi dell’art. 18 L. n. 689/1981 dalle Direzioni Territoriali del Lavoro competenti.
Sono proponibili, con tale ricorso, tutte le argomentazioni difensive riguardanti questioni di legittimità o di fondatezza del provvedimento impugnato, ad eccezione di quelle afferenti alla sussistenza o alla qualificazione dei rapporti di lavoro, pena l’inammissibilità del ricorso.
Il ricorso è deciso, nel termine di sessanta giorni dal ricevimento, sulla base della documentazione prodotta dal ricorrente e di quella in possesso dell'Amministrazione. Decorso inutilmente il termine previsto per la decisione il ricorso si intende respinto (cosiddetto silenzio-rigetto).
La proposizione di tale ricorso interrompe il termine di cui all'articolo 22 della l. n. 689/1981 per il deposito del ricorso giudiziale, che decorre dalla notifica del provvedimento che conferma o ridetermina l'importo dell'ordinanza-ingiunzione impugnata o dalla scadenza del termine fissato per la decisione.
La seconda tipologia di ricorso amministrativo è quello disciplinato dall’art. 17 e si propone al Comitato Regionale per i rapporti di lavoro, costituito presso la Direzione Regionale del Lavoro e composto dal Direttore della Direzione Regionale del Lavoro, che la presiede, dal Direttore Regionale dell'INPS e dal Direttore Regionale dell'INAIL.
Esso può avere ad oggetto non solo le ordinanze-ingiunzioni delle Direzioni Territoriali del Lavoro, ma anche gli atti di accertamento delle medesime DTL e i verbali di accertamento degli istituti previdenziali e assicurativi.
Il ricorso, a pena di inammissibilità, deve contenere doglianze afferenti esclusivamente alla sussistenza o alla qualificazione dei rapporti di lavoro ed è deciso, con provvedimento motivato, nel termine di novanta giorni dal ricevimento, sulla base della documentazione prodotta dal ricorrente e di quella in possesso dell'Amministrazione. Decorso inutilmente il termine previsto il ricorso si intende respinto (cosiddetto silenzio-rigetto).
Il ricorso sospende i termini di legge per i ricorsi giurisdizionali.
Il legislatore sia nella prima versione degli artt. 16 e 17 d.lgs. n. 124/2004, sia nella versione modificata dal d.lgs. n. 150/2011, ha mantenuto la distinzione tra i due ricorsi amministrativi per quanto concerne gli effetti che producono sul termine per la proposizione del ricorso giudiziale avverso le ordinanze ingiunzione, disponendo espressamente la sospensione di tale termine nel caso di ricorso al Comitato Regionale e l’interruzione nel caso di ricorso alla Direzione Regionale.
La ratio di tale differenza può essere individuata nel fatto che il ricorso al Comitato Regionale, a differenza del ricorso alla Direzione Regionale, può essere previamente esperito già avverso il verbale unico di accertamento e pertanto, il trasgressore potrebbe avvalersene prima di tale strumento di tutela. Atteso che contro il verbale medesimo non può essere proposto ricorso giurisdizionale, in quanto non immediatamente lesivo dei diritti del trasgressore, ciò consentirebbe al medesimo di ottenere una provvedimento favorevole già prima dell’emissione del provvedimento finale di ingiunzione, anche nell’ottica del principio di economicità degli atti.
Il diritto di difesa del trasgressore, quindi, lungi dall’essere leso dalla sospensione del termine predetto, è ampiamente garantito dalla predisposizione di più strumenti di tutela posti in essere nel corso del procedimento amministrativo.
2. La pronuncia della Corte Costituzionale
La Corte Costituzionale con sentenza n. 119/2013, depositata il 05/06/2013, dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 17, comma 3, del decreto legislativo 23 aprile 2004, n. 124, vecchia formulazione, nella parte in cui dispone che il ricorso al Comitato Regionale per i rapporti di lavoro sospende, anziché interrompe, i termini di cui all’art. 22 della l. 689/1981.
La Corte, dunque, nonostante il consolidato orientamento giurisprudenziale formatosi dal 2004 in poi, ritiene incostituzionale la previsione della sospensione piuttosto che della interruzione dei termini, a seguito della proposizione del ricorso amministrativo ex art 17, comma 3, del d.lgs. 124/2004. Quest’ultima stabilendo che il ricorso al Comitato regionale per i rapporti di lavoro non sospende il termine in questione, ritiene che quest’ultimo riprenda a decorrere dopo la data di cessazione dell’effetto sospensivo, non sottraendo la parte già decorsa prima della presentazione del ricorso (cioè la parte compresa tra la notifica del provvedimento e la proposizione del ricorso al Comitato regionale) secondo quanto sarebbe, invece normale prevedere, se si trattasse di mera interruzione.
La Consulta, investita della questione, ha ritenuto che la norma censurata, nella parte prevista la “sospensione” del termine per l’impugnazione giudiziaria, si ponesse in contrasto con l’art. 3 Cost. per disparità di trattamento e per manifesta irragionevolezza della disciplina, limitatamente ai giudizi instaurati successivamente alla data di entrata in vigore del d.lgs. n. 150 del 2011, che ha introdotto nuove regole in tema di opposizione ad ordinanza-ingiunzione, e che ha modificato con l’art. 34, comma 5, l’art. 17, comma 3, del d.lgs. 124/2004. I giudici costituzionali hanno ritenuto sussistere una disparità di trattamento, in ordine alla tempistica per proporre il ricorso giurisdizionale, fra i soggetti che proponevano ricorso ex art. 16 e quelli che proponevano ricorso ex art. 17, laddove i primi potevano beneficiare del termine integrale, in conseguenza dell’effetto interruttivo previsto espressamente dalla legge, mentre i secondi potevano fruire solo del termine residuale rispetto al periodo già trascorso nelle more della proposizione del gravame amministrativo.
La Corte ha ritenuto, inoltre, che la norma fosse in contrasto con l’art. 113, comma 2, della Costituzione sotto il profilo della “effettività della tutela giurisdizionale fortemente limitata dalla sospensione del termine per proporre opposizione all’ingiunzione”. In particolare, attesa la natura alternativa tra il ricorso in via amministrativa e quello in via giurisdizionale (cosiddetto doppio binario), potendo il ricorrente esercitare il diritto a ricorrere al Comitato Regionale per i rapporti di lavoro (art. 17, comma 2), anche al trentesimo giorno dalla notifica della ordinanza-ingiunzione, non resterebbe, a quest’ultimo, nessun giorno utile per proporre, successivamente al rigetto della domanda in via amministrativa, il ricorso giurisdizionale.
3. Effetti pratico-operativi della pronuncia della Corte Costituzionale
Come sopra precisato dopo la sentenza della Corte Costituzionale sembra chiaro che per i procedimenti instaurati ai sensi dell’art. 17, comma 3, del d.lgs. n. 124 del 2004 (nel testo vigente prima dell’entrata in vigore del d.lgs. n. 150 del 2011), l’alternatività tra il ricorso amministrativo e quello giurisdizionale, si dovrà tenere conto del principio dell’interruzione del termine (con il nuovo decorso dello stesso) che prevale su quello della sospensione. Per quanto sopra, pertanto, dopo la decisione del Comitato Regionale per i rapporti di lavoro avverso l’ordinanza che contesti la sussistenza o la qualificazione dei rapporti di lavoro, o spirato il termine per la decisione (90 gg) e quindi formatosi il silenzio–rigetto (nel caso di mancata decisione nei 90 gg) il ricorrente potrà disporre di ulteriori trenta giorni per proporre, laddove lo ritenesse opportuno, ricorso giudiziario.
Sul punto il ministero del lavoro non è stato con le mani in mano, ed ha emanato la circolare n. 11533 del 25 giugno 2013, attraverso la quale, è stata data istruzione agli organi periferici di non sollevare, nei contenziosi giudiziari, alcuna eccezione di tardività discendente dall’applicazione della norma dichiarata incostituzionale, e la necessità di abbandonare qualsiasi difesa basata sul precedente regime di calcolo dei termini per proporre il ricorso in sede giudiziaria.
A dirla tutta, è necessario precisare che la Corte Costituzionale, non si pronuncia sulla nuova normativa che conferma espressamente all’art. 34, comma 5, del d.lgs. 1 settembre 2011, n. 150, la “sospensione” dei termini per tutti i ricorsi proposti al Comitato Regionale per i rapporti di lavoro. Il Ministero del lavoro, pur non pronunciandosi direttamente, sembra propendere verso un’interpretazione sistematica e costituzionalmente orientata. La locuzione "sospende", difatti, adoperata dal legislatore, non può che intendersi come "interrompe", in riferimento al termine (30 gg) per impugnare l'ordinanza-ingiunzione adottata dalla Direzione Territoriale del Lavoro; l'interpretazione meramente letterale della norma sarebbe, invero, in contrasto con la Costituzione in quanto lesiva del diritto di difesa del ricorrente e con il principio di ragionevolezza tutelato dall'art. 24 Cost. A tale considerazioni si può aggiungere, secondo l’insegnamento della Corte Costituzionale sopra evidenziato, che l’articolo, 17, comma 3, anche nella nuova versione, concretizzerebbe, altrimenti, una limitazione della tutela giurisdizionale contro atti della pubblica amministrazione e sarebbe in contrasto con l’art. 113, comma 2, Cost. e con l’art. 3 Cost. per disparità di trattamento.
[*] Dottore di ricerca in diritto del lavoro università di Pavia
L’Avv. Dario Messineo è anche coordinatore amministrativo della Direzione Territoriale del Lavoro di Cuneo e componente del Centro Studi presso la D.G. ispettiva del Ministero del Lavoro.
Ogni considerazione è frutto esclusivo del proprio libero pensiero e non impegna in alcun modo l’amministrazione di appartenenza ai sensi della circolare del Ministero del Lavoro del 18 marzo 2004.
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