Mercato del lavoro - Una nuova riforma?
di Claudio Palmisciano [*]
Le vicende politiche di questo ultimo periodo, soprattutto all'indomani della elezione del nuovo Segretario del Partito di maggioranza, hanno nuovamente portato all'attenzione dei tavoli di discussione il problema della gestione del mercato del lavoro in Italia, non escludendo, il ricorso ad una nuova riforma delle regole che lo presiedono.
Nel momento in cui l'economia reale sta attraversando il suo momento peggiore di tutto il ciclo critico di questi anni, con il tasso di disoccupazione che è oramai arrivato alla soglia del 13% della forza lavoro, corrispondente a quasi 3 milioni e mezzo di disoccupati, è sicuramente un dovere della politica ricercare continuamente soluzioni atte a favorire nuove opportunità di impiego, possibilmente stabile, in modo da fermare l'emorragia di lavoratori dalle imprese, ridimensionare il dato degli ammortizzatori sociali, offrire nuove condizioni più favorevoli ai nostri giovani.
In queste ultime settimane gli studiosi hanno potuto registrare i primi dati di una timida ripresa anche nella economia del nostro Paese; ciò grazie all'export ed alla vitalità delle economie dei Paesi, del centro-nord dell'Europa e degli Stati Uniti, cui il nostro sistema produttivo è profondamente legato. Di converso, sappiamo che i primi segnali di ripresa economica che i dati ci stanno offrendo non prefigurano affatto che, in tempi brevi, ci possa essere una ricaduta positiva sull'economia reale. Lo stesso Ministro del Lavoro, Enrico Giovannini, nelle scorse settimane, ha dichiarato che "quando c'è una ripresa economica, molte delle persone che avevano in precedenza rinunciato a cercare lavoro, in quanto scoraggiate per la indisponibilità del mercato, iniziano ad offrire la propria disponibilità e si mettono alla ricerca del lavoro; ciò ha come effetto l’incremento fisiliologico del tasso di disoccupazione. Quello che è più importante è che questa ripresa porti più posti di lavoro" aggiungendo, in particolare, che senza gli interventi del governo "i dati sulla disoccupazione giovanile sarebbero ancora più negativi".
Resta, tuttavia, ineludibile che la situazione occupazionale non può essere affrontata solo con interventi sul mercato del lavoro - che sicuramente possono avere un loro effetto positivo - ma ciò che serve, in questa a maggior ragione, è sicuramente il cambio delle scelte la politica economica attraverso gli opportuni investimenti sul lavoro, a partire dalla modifica dell'impatto della leva fiscale sulle imprese e sui salari.
Riprendendo il dibattito sul tema caro alla nostra Rivista, che è quello delle norme sul mercato del lavoro e sulla legislazione sociale, prendiamo atto che dopo la approvazione della Legge Biagi del 2003 e all'indomani della entrata in vigore di due importanti testi normativi, la Legge 92/2012 di “Riforma del mercato del lavoro” ed il successivo Decreto Legge 76/2013 contenente, fra l’altro, "interventi urgenti per la promozione dell’occupazione”, si punta oggi a ricercare nuove soluzioni atte ad affiancare la debole ripresa produttiva con interventi che, da una parte, aiutino ad irrobustire l'occupazione "sopravvissuta" agli anni della crisi, anche mediante il rientro in azienda dei lavoratori ancora in godimento degli ammortizzatori sociali e, dall’altra, favoriscano l'incontro fra imprese e lavoratori per la creazione di nuovi posti di lavoro.
Il Prof. Olivieri Pennesi, nel suo articolo pubblicato in questo numero, fornisce una serie articolata di osservazioni e proposte rispetto alla questione legata alla funzionalità dei servizi per l'impiego, con particolare riguardo alla attività del servizio pubblico assicurato attraverso i Centri per l'Impiego. Su questo tema è possibile senz'altro affermare che il nostro Paese non ha saputo fare tesoro delle esperienze realizzate nei Paese del Nord Europa e la intermediazione della manodopera - ad eccezione di alcune realtà locali di eccellenza - rimane ancora una pratica piuttosto marginale nella attività del servizio pubblico.
Le norme sul decentramento delle funzioni in materia di lavoro, introdotte alla fine degli anni '90, immaginavano che la responsabilità della gestione del collocamento della manodopera dovesse essere maggiormente vicina alle realtà locali e che, quindi, potesse essere svolta dalle regioni e dalle provincie che, ovviamente, godono di una posizione privilegiata nella conoscenza del proprio territorio. D'altra parte, lo stesso Ministero del lavoro avrebbe dovuto assumere una forte azione di coordinamento e verifica della attività svolte dalle istituzioni locali in materia di collocamento, assicurando, fra l'altro, una condizione di ottimale integrazione fra i servizi pubblici per l'impiego e le agenzie private, a partire dalla creazione di una rete a cui tutti gli attori, in qualche modo impegnati sul mercato del lavoro (Regione, Provincia, Centri per l'Impiego, Agenzie di collocamento, Inps, Inail, Camere di Commercio, Enti di formazione), potessero accedere e scambiarsi i dati con l'obiettivo di valorizzare al massimo tutte le opportunità di lavoro presenti, anche con visione prospettica, iniziando con il dare il giusto risalto alle politiche di orientamento e formazione. Si pensi, ad esempio, al capitolo che bisognerebbe scrivere per intero sulla esigenza di prevedere percorsi formativi obbligatori di qualificazione e riqualificazione, strettamente legati alle esigenze del mercato del lavoro locale, per i lavoratori che fruiscono degli ammortizzatori sociali riprendendo così attivamente il percorso; esigenza che potrebbe essere soddisfatta al meglio solo con la integrazione della attività dei servizi per l'impiego con gli enti di formazione.
Ecco, senza nessuna pretesa di entrare in qualche modo nel dibattito politico che si sta riavviando rispetto ad un nuovo intervento sul lavoro, altrimenti detto piano per lo sviluppo dell'occupazione, noi pensiamo che la discussione sulle cose da fare dovrebbe prendere lo spunto proprio dalle cose buone già scritte nella nostra legislazione ma, purtroppo, NON fatte, valorizzando una serie di scelte già prese ma che, per motivi più svariati, non sono state concretamente attuate. In questo senso, tutte le scelte innovative e coraggiose possono trovare terreno fertile grazie sicuramente alla ripresa economica che si intravede, ma anche sulla base di ottimi progetti pensati, scritti e non attuati per la migliore gestione del mercato del lavoro.
[*] Presidente della Fondazione Prof. Massimo D’Antona (Onlus)
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