Burocrazia al servizio della nazione o dei politici?
Civil servant e politics servant
di Pietro Napoleoni [*]
Il Presidente Ciampi, nel dicembre 2004, nel suo intervento alla cerimonia per lo scambio di auguri con le Magistrature della Repubblica ha avvertito la esigenza di richiamare la norma imperativa contenuta nell'articolo 98 della nostra Costituzione che fa obbligo ai pubblici dipendenti di essere “al servizio esclusivo della Nazione”.
Una norma che, da un lato, esclude che vengano perseguiti interessi che non siano quelli pubblici, indicati con legge dal Parlamento, dall'altro, impone ai pubblici dipendenti di tenere conto delle esigenze della collettività.
Il monito del Presidente Ciampi richiama la necessità che gli apparati di governo riservino la massima attenzione al precetto dell'articolo 97 della Costituzione a norma del quale la pubblica amministrazione ha il dovere di rispettare il principio di imparzialità. Un principio, quello dell'imparzialità, che comporta la distinzione tra politica e amministrazione, distinzione che richiede a sua volta che gli organi di governo esercitino le funzioni loro proprie di indirizzo e controllo, lasciando, come è doveroso, la gestione ai dirigenti amministrativi. Tutti fattori che, se non perseguiti, possono ostacolare l'efficienza dell'amministrazione introducendo elementi di demotivazione dei pubblici dipendenti.
Un percorso , quello delineato dal Presidente Ciampi, che partendo dal contesto organizzativo, che deve avere in sé i presupposti che riducano od ostacolino comportamenti non etici, permetta alla componente professionale, costituita dai funzionari e dai dirigenti, di operare scelte etiche, cioè scelte orientate alla tutela esclusiva dell'interesse pubblico. Un percorso che include la formazione etica del pubblico dipendente senza la quale tutto diventa formalismo burocratico.
E sono proprio i valori etici che, inseriti in un adeguato contesto organizzativo, distinguono il civil servant di cultura anglosassone dal dipendente pubblico di matrice nostrana.
Per tutto altro verso, dissertando del rapporto tra politica e pubblica amministrazione, Salvatore Costantino, nel lavoro “Letture e riletture sulla Sicilia e sul meridione” afferma che nell'Italia post unitaria alcune ristrette élite intellettuali dettero buona prova di sé, ma la burocrazia, i corpi tecnici dello Stato, delle forze armate, ovvero la “classe generale”, non ebbero il coraggio e l'autonomia di presentarsi come neutrali e autorevoli civil servant legittimati dal merito.
La burocrazia preferì “mettersi a disposizione” dei politici e al servizio di questi. Non della politica, nel senso nobile, ma delle meno nobili élite politiche che corrompono e piegano a sé l'azione amministrativa della burocrazia delegittimandola e rendendola poco efficiente, proprio perché ne connette la ragion d'essere non al merito ma al favore politico.
Una rappresentazione che delinea una figura di pubblico dipendente lontana dal civil servant ma che caratterizza il politics servant, cioè il funzionario pubblico che riduce la sua funzione al servizio e all'interesse dell'autorità politica di turno, quale che sia.
Una visione della funzione pubblica lontana dal quadro costituzionale, richiamato dal Presidente Ciampi, ma che “ictu oculi” si rinviene osservando il disordinato e contraddittorio assetto urbanistico di molte delle nostre città dove neppure un conclamato rischio idrogeologico costituisce ostacolo per la realizzazione di uno stadio e del connesso business park.
Una visione nella quale, di diritto si iscrive la vicenda, nota a chi scrive, di un dirigente di un ente locale di grandi dimensioni del centro-sud, un dipendente come tanti, che circa dieci anni fa, dopo avere lavorato per oltre quaranta anni, quarantatre per l'esattezza, alle dipendenze dell'Ente, viene collocato a riposo. Uno dei collocamenti a riposo d'ufficio, al raggiungimento dei 40 anni di anzianità contributiva, previsti dall'articolo 72, comma 11, del D.L. n. 112 del 2008, il quale espressamente prevede che in caso di compimento dell'anzianità massima contributiva di 40 anni del personale dipendente, le pubbliche amministrazioni possono risolvere il rapporto di lavoro con un preavviso di sei mesi. Nello specifico, il Nostro dirigente dopo avere ricevuto il preavviso non ha aspettato neppure che questo venisse a scadenza. Nel corso del periodo ha risolto il rapporto di lavoro con l'Amministrazione.
Una volta libero dagli impegni di lavoro, il Nostro ormai ex lavoratore dipendente, ha preso a dedicarsi a tutte quelle attività che per tanti anni ha dovuto sacrificare per fare fronte alle responsabilità ed agli impegni che il suo ruolo comportava. Ha così preso a viaggiare, ha ripreso a coltivare i suoi studi i suoi interessi, si è dedicato ad altro, al punto che, del suo vecchio Ente datore di lavoro, nel quale aveva pur lavorato per oltre 40 anni non rimaneva che uno sbiadito ricordo.
Senonché, sul finire dell'estate del 2016, il Nostro ormai attempato pensionato “ricevette una lettera”, una lettera da parte del suo ex Ente locale, per il quale aveva lavorato per tanti anni.
Difficile da credere, ma la lettera che il Nostro ex dirigente ha ricevuto sul finire dell'estate 2016 conteneva una contestazione con il relativo avvio di procedimento disciplinare a suo carico poiché, nell'aprile del 2005, undici anni e mezzo prima, nel corso dello svolgimento di un breve incarico dirigenziale ad interim, aveva prorogato, non avendo peraltro altra scelta, l'affidamento di servizi essenziali afferenti la competenza del suo Ufficio, violando, secondo la contestazione, principi di efficacia, imparzialità, trasparenza, economicità, buon andamento dell'attività amministrativa e addirittura carenza di un’adeguata programmazione. Chissà come avrebbe potuto programmare l'attività di un Ufficio di cui ha avuto la dirigenza ad interim solo per qualche mese!
Va aggiunto che il Nostro nel prorogare l'affidamento di quei servizi ha contestualmente informato le autorità politiche e le autorità amministrative dell'Ente a lui sovraordinate rappresentando peraltro la situazione dell'Ufficio proprio in merito alle procedure relative a quegli affidamenti.
Passato il primo momento di incredulità il Nostro pensionato ha replicato alla sua ex amministrazione spiegando che da circa dieci anni è in pensione, che il contratto collettivo di lavoro si applica ai lavoratori dipendenti e non agli ex dipendenti, che l'articolo 1, comma 2, della legge 14 gennaio 1994, n.2, prevede in cinque anni il periodo di prescrizione per gli eventuali danni all'amministrazione, e che, da ultimo, il termine dei venti giorni previsto per la contestazione dell'addebito erano abbondantemente scaduti considerato che i vertici amministrativi dell'Ente, fin dall'aprile 2005, erano a conoscenza dei fatti oggetto della contestazione stessa.
Pensava l'ex dipendente di avere così chiuso la vicenda, e invece no.
Dopo un paio di mesi riceve un'altra lettera dall'Ente locale contenente una determinazione dirigenziale, di ben dieci pagine, nella quale, si dà atto delle spiegazioni fornite, e si afferma che l'articolo 55 bis, comma 9, del Decreto legislativo n. 165/2001 prevede che l'azione disciplinare ha corso anche in caso di dimissioni del dipendente e che si ravvisano elementi di responsabilità disciplinare del dipendente.
L'Amministrazione, nel suo provvedimento, prosegue con una lunga elencazione di principi e norme violate. Al termine del lungo e prolisso provvedimento, la stessa Amministrazione conclude affermando la responsabilità disciplinare del dipendente per la proroga dell'affidamento di servizi essenziali, aggiungendo tuttavia che per la fattispecie contestata non è prevista la sanzione del licenziamento per cui non si applica l'articolo 55 bis, comma 9, del Decreto legislativo n. 165/2001, conseguentemente il procedimento viene archiviato.
Proprio così: alla pagina 3 del provvedimento si dice che l'articolo 55 bis, comma 9, si applica, per cui si procede con l'azione disciplinare, e alla pagina 10 dello stesso provvedimento si dice che l'articolo 55 bis, comma 9, non si applica, per cui non si procede con l'azione disciplinare.
Per completare questo racconto dell'assurdo appare opportuno chiosare che l'articolo 55 bis, comma 9, non prevede affatto che si debbano o si possano avviare procedimenti disciplinari per fatti che si perdono nella notte dei tempi a carico persino di defunti o, andando a ritroso nel tempo, anche a carico di Romolo quale responsabile dell'atto di fondazione della città di Roma. Soprattutto non prevede alcuna deroga alla disciplina dei procedimenti disciplinari e, soprattutto, ai tempi di contestazione dell'addebito.
L'articolo 55 bis, comma 9, intende semplicemente evitare che il lavoratore, che sia incorso in una violazione disciplinare per la quale per tabulas è prevista la sanzione del licenziamento, possa, rassegnando le dimissioni, evitare gli effetti giuridici di una condotta alla quale la legge e la contrattazione collettiva connettono l'ipotesi del licenziamento. Nella sostanza la norma si preoccupa di evitare che un dipendente che si sia macchiato di una violazione disciplinare per la quale sia previsto il licenziamento, possa, ad esempio, con l'espediente delle dimissioni, chiedere poi di partecipare ad un pubblico concorso nella pubblica amministrazione o addirittura chiedere la riammissione in servizio.
La vicenda di questo pensionato, ex dirigente di ente locale, che viene brutalmente incolpato di una mancanza disciplinare che avrebbe commesso oltre undici anni prima, nel tempo in cui era un dipendente, suscita non poche perplessità in ordine al contesto organizzativo e al contesto professionale nel quale è maturata.
Intanto, sul piano organizzativo occorre evidenziare che la vicenda si colloca nel contesto di un mutamento del quadro politico di governo della città. Un nuovo quadro politico che nelle intenzioni vuole segnare la discontinuità con i passati governi della città e avviare un percorso virtuoso e trasparente. Una fase nella quale la burocrazia, istituzionalmente chiamata a garantire l'imparzialità, spesso preferisce “mettersi a disposizione” del nuovo corso assecondandone le pulsioni, anche quelle meno nobili.
Sul piano più strettamente professionale non può non rilevarsi la figura di quel funzionario, dirigente, che di fatto all'evidente fine di assecondare il nuovo corso sottrae all'Amministrazione alcune ore del suo debito di lavoro per avviare un procedimento disciplinare e adottare poi un contraddittorio atto di archiviazione, di dieci pagine, pur in assenza dei presupposti giuridici per il suo avvio. Nella sostanza, è stato avviato un procedimento che non doveva essere avviato. Una sorta di irreale costruzione per pervenire ad una altrettanto irreale archiviazione.
Una vicenda che in una situazione di normalità avrebbe trovato soluzione già nella fase istruttoria, e comunque il malcapitato ex dipendente nella sua memoria difensiva aveva fornito all'Amministrazione tutti gli elementi conoscitivi idonei a scongiurare la costruzione di quell'irreale procedimento.
Ipotizzare l'errore nel caso di specie appare poco convincente sol che si consideri la quantità di inchiostro spesa per elaborare un così improbabile avvio di procedimento seguito da un complesso quanto contraddittorio atto di archiviazione.
Decisamente Più convincente appare un'altra ipotesi, che più verosimilmente può spiegare questo grosso castello di sabbia prima costruito e poi fatto crollare su se stesso. Ed è l'ipotesi che si connette proprio al rapporto di prossimità tra la politica e la burocrazia che, negli enti locali è particolarmente intenso, al punto che anche la parte più competente della burocrazia, e quindi più autonoma, finisce, a volte anche per una sorta di condizionamento ambientale, con il mettersi a disposizione dei politici iscrivendosi di fatto nella categoria dei politics servant.
In modo particolare il “mettersi a disposizione” si accentua al cambio del governo cittadino. E tanto più il cambio è radicale quanto più è forte la propensione ad aderire al nuovo corso. Una professione di fedeltà. E se il nuovo corso si avvia ostentatamente all'insegna di una dirompente discontinuità, vincoli giuridici e buone prassi amministrative si affievoliscono per chi, funzionari e dirigenti, pur di assecondare e contribuire ad esaltare il nuovo corso non esita a ricercare nel passato, anche quello remoto, atti che opportunamente decontestualizzati possano costituire lo spunto per avviare un processo alle pregresse gestioni. Una pratica che richiama l'antico rito dell'offerta dello scalpo del vinto per propiziarsi il favore delle divinità, ma che allontana il pubblico funzionario dalla figura neutrale e autorevole, legittimato dal merito, quale è delineato e auspicato nel messaggio del Presidente Ciampi nel dicembre 2004.
Note
COSTITUZIONE DELLA REPUBBLICA ITALIANA
Art. 97.
Le pubbliche amministrazioni, in coerenza con l’ordinamento dell’Unione europea, assicurano l’equilibrio dei bilanci e la sostenibilita ` del debito pubblico. I pubblici uffici sono organizzati secondo disposizioni di legge, in modo che siano assicurati il buon andamento e l’imparzialita ` dell’amministrazione. Nell’ordinamento degli uffici sono determinate le sfere di competenza, le attribuzioni e le responsabilita ` proprie dei funzionari. Agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni si accede mediante concorso, salvo i casi stabiliti dalla legge.
Art. 98.
I pubblici impiegati sono al servizio esclusivo della Nazione.
Se sono membri del Parlamento, non possono conseguire promozioni se non per anzianita `. Si possono con legge stabilire limitazioni al diritto d’iscriversi ai partiti politici per i magistrati, i militari di carriera in servizio attivo, i funzionari ed agenti di polizia, i rappresentanti diplomatici e consolari all’estero.
Decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 (convertito, con modificazioni, dalla L. 6/8/08 n. 133)
"Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione Tributaria"
Art. 72
Personale dipendente prossimo al compimento dei limiti di età per il collocamento a riposo
…
11. Nel caso di compimento dell'anzianità massima contributiva di 40 anni del personale dipendente, le pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 possono risolvere, fermo restando quanto previsto dalla disciplina vigente in materia di decorrenze dei trattamenti pensionistici, il rapporto lavoro con un preavviso di sei mesi. Con appositi decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri, da emanare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, previa delibera del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sentiti i Ministri dell'interno, della difesa e degli affari esteri, sono definiti gli specifici criteri e le modalità applicative dei principi della disposizione di cui al presente comma relativamente al personale dei comparti sicurezza, difesa ed esteri, tenendo conto delle rispettive peculiarità ordinamentali. Le disposizioni di cui al presente comma non si applicano a magistrati e professori universitari.
LEGGE 14 gennaio 1994, n. 20
Disposizioni in materia di giurisdizione e controllo della Corte dei conti. (GU Serie Generale n.10 del 14-1-1994)
Art. 1.
Azione di responsabilità
1. La responsabilita' dei soggetti sottoposti alla giurisdizione della Corte dei conti in materia di contabilità' pubblica è personale. Essa si estende agli eredi nei casi di illecito arricchimento del dante causa e di conseguente indebito arricchimento degli eredi stessi.
2. Il diritto al risarcimento del danno si prescrive in cinque anni, decorrenti dalla data in cui si è verificato il fatto dannoso, ovvero, in caso di occultamento doloso del danno, dalla data della sua scoperta.
DECRETO LEGISLATIVO 30 marzo 2001, n. 165
“Norme generali sull'ordinamento del lavoro
alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche”
Art. 55-bis. Forme e termini del procedimento disciplinare
…
9. In caso di dimissioni del dipendente, se per l'infrazione commessa è prevista la sanzione del licenziamento o se comunque è stata disposta la sospensione cautelare dal servizio, il procedimento disciplinare ha egualmente corso secondo le disposizioni del presente articolo e le determinazioni conclusive sono assunte ai fini degli effetti giuridici non preclusi dalla cessazione del rapporto di lavoro.
[*] Dopo la Scuola di specializzazione di diritto sindacale, del lavoro e della previdenza sociale presso l’Università La Sapienza di Roma, ha avuto diverse esperienze lavorative: ispettore del lavoro, funzionario dell’Ufficio legislativo del Ministero del lavoro, del Dipartimento della Funzione pubblica, dirigente del settore legislativo della Regione Campania e successivamente responsabile delle Relazioni sindacali del Comune di Roma. Attualmente svolge attività di consulente del lavoro. È autore dei saggi “La busta paga, come si legge come si controlla”, ed. Ediesse, 1983; “Guida alla lettura e al controllo della busta paga”, Ediesse, 1984. Ha inoltre pubblicato numerosi articoli in materia di organizzazione amministrativa del lavoro in riviste e periodici specializzati.
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