Effemeridi. Pillole di satira e costume

di Fadila

1 MaggioPrimo Maggio

Quest’anno per il primo maggio i tre segretari confederali si sono dati appuntamento a Portella della Ginestra dove settant’anni fa si consumò l’eccidio mafioso per mano della banda Giuliano armata dai latifondisti preoccupati della richiesta di riforma agraria avanzata dal movimento sindacale e contadino. La scelta non poteva essere migliore perché quei tragici eventi non sono patrimonio esclusivo degli storici ma hanno eterna attualità nella lotta umana per migliorare le proprie condizioni economiche e spirituali. Da allora, grazie al sindacato i proletari, come si chiamavano una volta, di progressi ne hanno fatto e conquiste un tempo impensabili sono diventate realtà. Almeno fino a un ventennio fa, perché diciamoci la verità, da qualche tempo a questa parte i lavoratori stanno subendo una vera e propria regressione e i diritti conquistati a caro prezzo vengono eliminati uno a uno come le foglie di un carciofo.


La maggior parte dell’opinione pubblica ne attribuisce la responsabilità all’incapacità attuale del sindacato di contrastare con successo le continue incursioni che vengono da più parti per indebolire il potere contrattuale dei lavoratori. Vera o falsa che sia, questa convinzione si sta diffondendo a macchia d’olio nel corpo sociale del nostro Paese, e unita ad altri elementi, sta da tempo rendendo sempre più debole la sua azione, al punto che qualche forza politica ne chiede l’abolizione.


Dentro il suo recinto, infatti, per le falle in aumento nella rete, gli iscritti sono in continua diminuzione e al momento restano i pensionati, tanti, i lavoratori del privato addetti alla media e grande industria, e i pubblici dipendenti, sempre meno. Fuori, la sterminata massa di quanti sono addetti nelle piccole aziende in modo precario o in nero, con zero diritti. A essi si aggiunge la marea di disoccupati il grosso dei quali è rappresentato dai giovani. Al giorno d’oggi, tanti di essi non sanno neanche della sua esistenza, altri ne hanno un’immagine negativa perché ritengono che si muova solo per tutelare i propri aderenti. Se qualcuno prova a difendere la sua ragion d’essere come fondamentale strumento d’intermediazione si becca, nella migliore delle ipotesi, un sonoro spernacchiamento. Abbiamo da tempo l’impressione che i vertici sindacali non si rendono conto di questo diffuso malessere e della perdita del loro ruolo, un tempo fondamentale, senonché proprio a Portella della Ginestra si è verificato qualcosa di imprevisto e importante. Tutto si stava svolgendo secondo le solite ritualità senz’anima e gli slogan più triti, come la necessità di creare occupazione, i gravi problemi del meridione, eccetera, eccetera. Concetti, questi che se li esprimiamo noi gente comune che non contiamo un cavolo possono avere un senso, detti da chi rappresenta o crede di rappresentare la parte più numerosa della società, assumono l’aspetto di luoghi comuni. Da essi, infatti, è lecito aspettarsi proposte concrete e l’adozione di strumenti di lotta idonei. Poi a sorpresa dal palco si è sentita un’ammissione importante a proposito del suicidio di un giovane disoccupato: “Non abbiamo fatto tutto quel che dovevamo fare”.


Lì l’oratore si è fermato, mentre avremmo voluto che continuasse affermando: “Precari, disoccupati, giovani smarriti è venuta finalmente l’ora d’incontrarci per costruire un progetto di sviluppo e di ricostruzione di tutele e garanzie. E’ venuta l’ora per lottare insieme senza tregua, perché da oggi voi rappresentate il nostro primo obiettivo. La vera emergenza siete voi e il vostro futuro s’incrocia con quello del nostro Paese.


Noi non possiamo creare posti di lavoro ma possiamo indurre il governo e le classi dirigenti a investire tutto quello che oggi attraverso mille rivoli viene disperso per corruzione e interessi particolari e lobbistici. E lo chiederemo non con un inchino di sottomissione o remissione ma con voi al nostro fianco, a fronte alta, consapevoli della forza possente che le grandi sfide e le ragioni sacrosante sanno emanare. Si può fare, si deve fare perché tale obiettivo è la ragione della nostra esistenza. Dateci per questo il vostro appoggio e riusciremo nell’intento comune.” Quadrato Verde

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