Per il diritto al lavoro dei disabili. La disciplina del collocamento mirato
di Annalisa Brescia [*]
Premessa
Il collocamento lavorativo delle persone disabili trova la sua normativa di riferimento nella Legge n. 68 del 12 marzo 1999, recante “Norme per il diritto al lavoro dei disabili”, e nelle modifiche normative succedutesi negli anni, tra cui particolare importanza rivestono la Legge 184/2014, il D.Lgs. 151/2015, il D.Lgs. 185/2006 e da ultimo la Legge di conversione n. 244/2016.
La peculiarità della Legge 68/1999 risiede nell’introduzione del concetto di “collocamento mirato” inteso quale insieme dei servizi in grado di favorire l’incontro tra le esigenze dell’azienda e la disabilità del lavoratore. Ciò al fine di integrare nel contesto lavorativo le persone disabili, fornendo loro gli strumenti tecnici e di supporto indispensabili per un corretto inserimento nel posto di lavoro più adatto alle loro necessità.
1. Contesto normativo
Il diritto internazionale
- Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità approvata a nome della Comunità Europea dalla Decisione 2010/48/CE del Consiglio del 26 novembre 2009.
Il diritto dell’Unione
- Direttiva 2000/78/CE del Consiglio Europeo del 27 novembre 2000.
Il diritto italiano
- L. 8 novembre 1991 n. 381 - Disciplina delle cooperative sociali (finalizzata all’inserimento lavorativo dei disabili all’interno di tali cooperative);
- L. 5 febbraio 1992 n. 104 - Legge quadro per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate;
- D.Lgs. 23 dicembre 1997 n. 469 - Conferimento alle Regioni e agli Enti locali di funzioni e compiti in materia di mercato del lavoro, a norma dell'articolo 1 della L. 59/1997;
- L. 12 marzo 1999 n. 68 - Norme per il diritto al lavoro dei disabili;
- D.P.R. 10 ottobre 2000 n. 333- Regolamento di esecuzione della L. 68/1999;
- D.P.C.M. 13 gennaio 2000 -Atto di indirizzo e coordinamento in materia di collocamento obbligatorio dei disabili, a norma dell'art. 1, comma 4, della L. 68/1999;
- D.Lgs. 9 luglio 2003 n. 216- Attuazione della Direttiva 2000/78/CE per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro;
- D.Lgs. 9 aprile 2008 n. 81 – Attuazione dell’art. 1 L. 123/2007, in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro;
- L. 6 agosto 2008 n. 133 - Conversione in legge, con modificazioni, del D.L. 25 giugno 2008, n. 112, recante disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria;
- D.M. 2 novembre 2010 - Disposizioni riguardanti il prospetto informativo disabili;
- L. 10 dicembre 2014 n. 183 - Deleghe al Governo in materia di riforma degli ammortizzatori sociali, dei servizi per il lavoro e delle politiche attive, nonché in materia di riordino della disciplina dei rapporti di lavoro e dell'attività ispettiva e di tutela e conciliazione delle esigenze di cura, di vita e di lavoro (c.d. Job Act);
- D.Lgs. 14 settembre 2015 n. 151- Disposizioni di razionalizzazione e semplificazione delle procedure e degli adempimenti a carico di cittadini e imprese e altre disposizioni in materia di rapporto di lavoro e pari opportunità, in attuazione della L. 183/2014;
- D.Lgs. 24 settembre 2016 n. 185 - Disposizioni integrative e correttive dei D.Lgs. n. 81/2015 nn. 148, 149, 150 e 151/2015, a norma dell'articolo 1, comma 13, della L. 183/2014;
- D.L. 30 dicembre 2016 n. 244 - Proroga e definizione di termini (c.d. Milleproroghe).
2. I soggetti beneficiari
Il collocamento obbligatorio è riservato a tutte le persone disabili in età lavorativa. Per disabili, ai fini dell’iscrizione nei relativi elenchi, si intendono gli appartenenti ad una delle seguenti categorie (art. 1 L. n. 68/1999):
- Invalidi civili: persone affette da minorazioni fisiche, psichiche e sensoriali con una riduzione della capacità lavorativa superiore al 45%, riconosciuta da parte delle Commissioni mediche istituite presso le Aziende Sanitarie Locali a norma dell'articolo 4 della L. 104/1992;
- Invalidi del lavoro con una riduzione della capacità lavorativa superiore al 33% riconosciuta da parte dell'INAIL;
- Non vedenti colpiti da cecità assoluta o con un residuo visivo non superiore ad un decimo ad entrambi gli occhi, con eventuale correzione;
- Sordomuti dalla nascita o prima dell’apprendimento della lingua parlata;
- Invalidi di guerra, invalidi civili di guerra con minorazioni dalla prima all’ottava categoria e invalidi per servizio (ex dipendenti pubblici, compresi i militari).
Si aggiungono, inoltre, alle c.d.“categorie protette”, ex art. 18 L. n. 68/1999:
- Coniuge superstite e orfani di coloro che sono deceduti per causa di lavoro, di guerra o di servizio ed equiparati, ossia coniugi e figli di soggetti riconosciuti grandi invalidi per causa di servizio o di guerra con pensione di prima categoria o grandi invalidi del lavoro dichiarati incollocabili;
- Profughi italiani rimpatriati, i quali devono presentare apposito certificato attestante la qualità di Profugo rilasciato dalla Prefettura.
La medesima disciplina si applica, inoltre, anche alle vittime del terrorismo, della criminalità organizzata o del dovere e ai loro familiari (art. 1, 2° comma, L. n. 407/1998, sostituito dall’art. 2 L. n. 288/1999).
3. I soggetti obbligati
La Legge n. 68/1999 impone a tutti i datori di lavoro, pubblici e privati, con più di 15 dipendenti, di riservare una quota delle proprie assunzioni ai soggetti disabili, con percentuale di invalidità uguale o superiore al 46%.
La quota di riserva è calcolata in base al numero dei lavoratori in forza, costituenti la base di computo, secondo quanto sancito dall’art. 3 della citata Legge, cui si deve aggiungere la quota spettante agli orfani, ai coniugi superstiti ed alle categorie equiparate (art. 18, comma 2, L.68/1999):
Numero di lavoratori | Quota d’obbligo di assunzione |
---|---|
Da 15 a 35 dipendenti | 1 lavoratore disabile |
Da 36 a 50 dipendenti | 2 lavoratori disabili |
Oltre 50 dipendenti | 7% dei posti a favore dei lavoratori disabili e, fino a 150 dipendenti, 1 unità appartenente alle categorie protette; oltre 150 dipendenti le categorie protette devono essere assunte nella misura dell’1%. |
Per i partiti politici, le organizzazioni sindacali e le organizzazioni che, senza scopo di lucro, operano nel campo della solidarietà sociale, dell’assistenza e della riabilitazione, la quota di riserva si computa esclusivamente con riferimento al personale tecnico-esecutivo e svolgente funzioni amministrative.
Il suddetto obbligo di assunzione scatta contestualmente al raggiungimento del limite di 15 dipendenti computabili, non sussistendo più il vincolo legato ad una nuova assunzione dopo il raggiungimento della suddetta soglia minima, così come previsto dalla nuova riformulazione dell’art. 3 L. 68/1999 ad opera del D.Lgs. 151/2015.
Altra importante modifica sul punto è stata apportata dal DDL Milleproroghe 2017 (L. 244/2016) che ha disposto lo slittamento di un anno (dal 1 gennaio 2017 al 1 gennaio 2018) dell'obbligo di assumere almeno un disabile per le piccole imprese del settore privato e per i partiti, organizzazioni sindacali e non lucrative che operano nel settore della solidarietà sociale, dell’assistenza e della riabilitazione.
3.1. Lavoratori non computabili
Sono esclusi dalla base di computo, per la determinazione della quota di riserva:
- i lavoratori occupati con contratto a tempo determinato di durata fino a 6 mesi;
- i soci di cooperative di produzione e lavoro;
- i dirigenti;
- i lavoratori assunti con contratto di reinserimento;
- i lavoratori con contratto di formazione-lavoro;
- gli apprendisti;
- i lavoratori con contratto di somministrazione presso l’utilizzatore;
- i lavoratori a domicilio;
- i lavoratori assunti per attività lavorativa da svolgersi esclusivamente all’estero per tutta la durata di tale attività;
- i lavoratori assunti ai sensi della L. 68/1999;
- i lavoratori divenuti inabili allo svolgimento delle proprie mansioni per infortunio o malattia che abbiano subito una riduzione della capacità lavorativa inferiore al 60% o che sono divenuti inabili a causa dell’inadempimento da parte del datore di lavoro, accertato in sede giurisdizionale, delle norme in materia di sicurezza e igiene del lavoro;
- i soggetti impegnati in lavori socialmente utili;
- i lavoratori che aderiscono al “programma di emersione”.
3.2 Esclusioni dalla base
di computo ed esoneri parziali
L’art. 5, comma 2, della L. 68/1999 prevede l’esclusione totale dall'osservanza dell'obbligo di cui all'articolo 3 da parte di datori di lavoro pubblici e privati operanti in particolari settori.
Invero, il settore del trasporto aereo, marittimo e terrestre non è tenuto, per il personale viaggiante e navigante, all'osservanza del citato obbligo, così come non vi è tenuto il settore edile in merito al personale di cantiere e agli addetti al trasporto. Sono altresì esentati dal predetto obbligo i datori di lavoro, pubblici e privati, sia del settore degli impianti a fune, in relazione al personale adibito alle aree operative di esercizio e regolarità dell'attività di trasporto, sia quelli che operano nel settore dell'autotrasporto per il personale viaggiante. Infine, l’art. 2, comma 12-quater D.L. 225/2010 prevede, nel settore minerario, l’esclusione dall’obbligo di riserva per il personale di sottosuolo e quello adibito alle attività di movimentazione e trasporto del minerale.
È previsto, inoltre, l’istituto dell'esonero parziale, per un periodo massimo di 12 mesi, eventualmente prorogabile, dall’obbligo di assunzione dei disabili per i datori di lavoro privati e gli enti pubblici economici che per le speciali condizioni dell'attività lavorativa aziendale (faticosità della prestazione lavorativa, particolare modalità di svolgimento, pericolosità connaturata al tipo di attività) non possono occupare l'intera percentuale, previa presentazione di apposita richiesta e versamento di un contributo pari a € 30,64 per ogni giorno lavorativo per ciascun lavoratore disabile non assunto (art. 5 c. 3 L.68/1999).
4. Modalità di assunzione e incentivi
I datori di lavoro privati e gli enti pubblici economici assumono i lavoratori disabili mediante la chiamata nominativa o la stipula di convenzioni (artt. 7, 11, 12, 12 bis L. 68/1999) e devono presentare la richiesta di assunzione entro sessanta giorni dal momento in cui sorge tale obbligo (art. 9 comma 1). La stipula di convenzioni è tesa a favorire il raccordo tra le esigenze delle aziende e quelle dei lavoratori disabili, definendo un programma personalizzato di interventi e stabilendo tempi e modalità delle assunzioni.
La richiesta di avviamento si intende presentata anche attraverso l’inoltro del prospetto informativo on line (art. 9, commi 3 e 6, L. 68/1999) cui i datori di lavoro sono tenuti annualmente, se vi siano cambiamenti occupazionali incidenti su tale obbligo.
In assenza di mancata assunzione secondo le citate modalità, i lavoratori sono invece avviati dagli Uffici competenti secondo l’ordine di graduatoria.
Sono previsti degli incentivi per i datori di lavoro, previa domanda, per un periodo di trentasei mesi, così come stabilito a seguito delle modifiche apportate dall’art. 10 D.Lgs. 151/2015 all’art. 13 L. 68/1999.
5. Sospensione degli obblighi
Nelle ipotesi in cui il datore di lavoro sottoscriva accordi per l’utilizzo degli ammortizzatori sociali e attivi le procedure di licenziamento collettivo o di incentivo all’esodo di cui alla L.92/12, ha diritto alla sospensione degli obblighi di assunzione dei disabili (art. 3, comma 5, L. 68/1999).
Artt. 1 e 3 L. 223/91: trattamenti integrativi salariali per ristrutturazione, riconversione, riorganizzazione, crisi aziendale, fallimento, liquidazione coatta amministrativa, amministrazione straordinaria, concordato preventivo, contratti di solidarietà difensivi. | A livello della provincia interessata alla causa sospensiva |
Artt. 4 e 24 L. 223/91: procedure di mobilità | A livello nazionale. |
6. Sanzioni
Per i datori di lavoro che non ottemperano agli obblighi di assunzione della quota riservata ai disabili sono previste, infine, apposite sanzioni amministrative.
L’art. 15, comma 4, L. 68/1999 come modificato dal D.Lgs. 185/2016, stabilisce la sanzione per ogni giornata lavorativa di mancata assunzione di ciascun disabile in “una somma pari a cinque volte la misura del contributo esonerativo di cui all'articolo 5, comma 3-bis”. Pertanto, considerato che attualmente il contributo esonerativo è pari a € 30,64, la sanzione per ogni giorno di mancata assunzione del lavoratore disabile è pari a € 153,20.
L’illecito è, inoltre, diffidabile ex art. 13 D.Lgs n. 124/2004, sulla base di quanto previsto dal comma 4 bis dell’art. 15 L. 68/1999, e la diffida si considera ottemperata in caso di:
- presentazione agli uffici competenti della richiesta di assunzione;
- stipula del contratto di lavoro con la persona con la disabilità avviata dagli uffici.
Invero, come chiarito dalla nota n.2283 del 27/03/2017 dell’INL, “non si ritiene che la diffida possa contemplare anche la effettuazione della richiesta di convenzione, non potendosi estendere la portata della norma agevolativa del D.Lgs. n. 151/2015 a strumenti diversi rispetto ai due espressamente indicati dal legislatore” in quanto il ricorso alla convenzione è uno strumento valido per assolvere gli obblighi della L. 68/1999 ma solo in un momento antecedente all’intervento ispettivo.
Pertanto, la sanzione può arrivare a ridursi fino a € 38,30 se il datore di lavoro ottempera successivamente alla diffida, assumendo il lavoratore disabile o presentando richiesta di assunzione agli uffici competenti.
È prevista, inoltre, anche una sanzione amministrativa per il tardivo invio del prospetto on line (art. 15, comma 1, L. 68/1999) a carico dei datori di lavoro privati e degli enti pubblici economici, pari ad € 635,11, maggiorata di € 30,76 per ogni giorno di ulteriore ritardo.
7. Sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea del 4 luglio 2013 e conclusioni
La normativa vigente, in tema di lavoratori disabili, non ha garantito negli anni passati il reale inserimento degli stessi nel mondo del lavoro. Invero, per molti anni l’Italia è stata inadempiente rispetto a quanto previsto a livello europeo, non avendo recepito l’articolo 5 della Direttiva 2000/78/CE.
Tale articolo così recita: «per garantire il rispetto del principio della parità di trattamento dei disabili, sono previste soluzioni ragionevoli. Ciò significa che il datore di lavoro prende i provvedimenti appropriati, in funzione delle esigenze delle situazioni concrete, per consentire ai disabili di accedere ad un lavoro, di svolgerlo o di avere una promozione o perché possano ricevere una formazione, a meno che tali provvedimenti richiedano da parte del datore di lavoro un onere finanziario sproporzionato. Tale soluzione non è sproporzionata allorché l’onere è compensato in modo sufficiente da misure esistenti nel quadro della politica dello Stato membro a favore dei disabili».
La Corte di Giustizia dell’Unione Europea, con la Sentenza del 4 luglio 2013, pronunciata dalla Quarta Sezione nella causa C -312/11, aveva ritenuto gli strumenti italiani esistenti, in tema di normativa dei disabili, inidonei a realizzare i diritti di uguaglianza e integrazione non essendo in grado di garantire l'accesso lavorativo, la crescita professionale e la formazione delle persone disabili.
La condanna della Corte, quindi, era motivata dal fatto che le norme nazionali non riguardavano tutti i disabili e tutti i datori di lavoro e neppure tutti i diversi aspetti del rapporto di lavoro stesso.
A ciò si aggiungeva che l’attuazione dei provvedimenti legislativi italiani è affidata all'adozione di ulteriori misure da parte delle autorità locali o alla conclusione di apposite convenzioni tra queste e i datori di lavoro e ciò non conferiva ai disabili diritti azionabili direttamente in giudizio.
La Corte, al contrario, stabiliva che gli Stati membri devono prevedere l'obbligo, per i datori di lavoro, di adottare idonei provvedimenti (sistemare i locali, adattare le attrezzature, i ritmi di lavoro o la suddivisione dei compiti) in funzione delle esigenze dei disabili per consentir loro di accedere ad un lavoro e di poterlo svolgere, di avere una promozione o di ricevere una formazione, senza però imporre al datore di lavoro un onere sproporzionato.
Il sistema italiano, invece, è fondato su un insieme di misure pubbliche di incentivi, agevolazioni e iniziative, poggiando solo in minima parte su obblighi imposti ai datori di lavoro, mentre l’articolo 5 della Direttiva 2000/78 introduceva un sistema di obblighi a carico di questi ultimi, che non potevano essere sostituiti dagli aiuti forniti dalle autorità pubbliche.
Di conseguenza, la Repubblica italiana, non avendo imposto a tutti i datori di lavoro di prevedere, in funzione delle esigenze delle situazioni concrete, soluzioni ragionevoli applicabili a tutti i disabili, era venuta meno al suo obbligo di recepire correttamente e completamente l’articolo 5 della Direttiva 2000/78.
A tale inadempienza, il nostro Paese ha però prontamente rimediato, attraverso l’emanazione del D.Lgs. 28 giugno 2013 n.76 - Attuazione della Direttiva 2000/78/CE per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro, a seguito del D.L. 28/6/2013, n. 76, convertito dalla L. 9 agosto 2013, n. 99 che ha garantito il rispetto del principio della parità di trattamento delle persone con disabilità e prevedendo l’obbligo per i datori di lavoro pubblici e privati di adottare degli “aggiustamenti” ragionevoli nei luoghi di lavoro, per garantire alle persone con disabilità la piena eguaglianza con tutti gli altri lavoratori.
In tal modo, è avvenuto il recepimento del sopra citato art. 5 e sono state disposte le misure necessarie affinché la disabilità non sia più causa di nessuna discriminazione, con una sempre maggiore partecipazione dei lavoratori disabili alla vita lavorativa del Paese.
[*] Avvocato, Funzionario ispettivo dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro in servizio presso l’ITL di Cosenza. Le considerazioni sono frutto esclusivo del libero pensiero dell’autore e non hanno carattere in alcun modo impegnativo per l’Amministrazione di appartenenza.
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