Il distacco transnazionale
di Piero Cascioli [*]
Sempre nell’ottica di una maggiore integrazione anche attraverso le facilitazioni di scambi, non solo commerciali, tra Paesi, soprattutto in ambito UE, si sono andate espandendo le operazioni inerenti a prestazioni di servizi da parte di aziende stabilite in un determinato Paese, a favore di soggetti stabiliti in altri Paesi. Come chiarito, da ultimo, dalla lettera circolare n. 4833 del 5 giugno 2017 dell’INL, con la locuzione “prestazione di servizi”, deve ricomprendersi una serie di tipologie contrattuali che vanno dall’appalto/subappalto, ad accordi commerciali aventi ad oggetto lo scambio di servizi tra imprese stabilite in diversi Paesi. Così, ad esempio, per lo svolgimento di un determinato servizio, un’impresa italiana può rivolgersi ad un’impresa stabilita all’estero. Ecco, dunque, configurarsi la prestazione transnazionale di servizi, cioè imprese che erogano servizi non solo all’interno del proprio stato ma anche in altri stati esteri. Pertanto, nell’ambito di una prestazione transnazionale di servizi, l’impresa distacca uno o più lavoratori per lo svolgimento di quel servizio. Naturalmente, questa pratica può prestarsi ad abusi che innescano squilibri nel mercato con forme di concorrenza sleale, ed allora il legislatore europeo è intervenuto ripetutamente sulla materia, per porre regole atte ad arginare i fenomeni elusivi.
Così, con il D. Lgs. 136/16, il legislatore italiano ha dato attuazione agli obiettivi ed alle indicazioni contenute nella Direttiva 2014/67/UE, con cui le istituzioni europee hanno inteso porre in essere un efficace sistema di prevenzione e contrasto alle pratiche di dumping sociale, che si realizza anche attraverso l’abuso dell’istituto del distacco transnazionale.
La nuova disciplina, che ha assorbito i contenuti dell’abrogato D. Lgs. 72/2000, pone regole e criteri che consentono in maniera più puntuale, di valutare la genuinità delle operazioni che riguardano prestazioni di servizi rese in regime di distacco transnazionale.
Sull’argomento sono intervenute diverse circolari e note ministeriali prima (interpello 33/2010; circ. 14/2015), e da ultimo le circolari dell’INL (3/2016, 1/2017 e la recente lettera circolare del 5 giugno 2017), con le quali sono stati forniti alcuni criteri per individuare e valutare le situazioni patologiche che possono innescarsi nell’uso improprio dell’istituto.
Intanto è bene subito chiarire che il distacco transnazionale è un istituto diverso rispetto a quello disciplinato dal D. Lgs. 276/03 art. 30. Diciamo che lo può ricomprendere, insieme all’appalto e alla somministrazione, pertanto, è sicuramente un concetto più ampio. Elemento comune al “distacco” italiano, è la “temporaneità”; cambiano sicuramente le finalità che nel distacco transnazionale consistono nella promozione della libera circolazione dei lavoratori , nella libera prestazione di servizi, nella possibilità di accesso al mercato internazionale del trasporto di merci su strada e di passeggeri, in ambito UE .
Il decreto attuativo della Direttiva UE prospetta le diverse ipotesi di distacco transnazionale, chiarendo cosa debba intendersi per distacco, cosa debba intendersi per lavoratore distaccato e a quali condizioni le aziende possono ricorrere all’istituto.
Abbiamo distacco transnazionale quando un’impresa stabilita in uno stato membro dell’UE (il citato decreto è applicabile anche nelle ipotesi di paesi extra UE), distacca uno o più lavoratori presso un’altra impresa stabilita in Italia, nell’ambito di una prestazione di servizi.
Vediamo allora a quali condizioni può essere posta in essere questa operazione.
In primis, il lavoratore distaccato deve intanto essere abitualmente occupato in altro stato membro con rapporto di lavoro con l’impresa distaccante, e il lavoro svolto in Italia presso altra azienda deve essere per un tempo comunque limitato, predeterminato o predeterminabile. Ecco, questo è il primo punto fondamentale che deve sussistere da prendere in considerazione.
Per quanto riguarda l’azienda distaccante, questa deve avere sede in un diverso stato membro e il distacco deve essere effettuato o presso una propria filiale situata in Italia, o presso un’azienda italiana appartenente al medesimo gruppo d’impresa, oppure deve trattarsi di un contratto commerciale (appalto, trasporto, ecc.), stipulato con un committente avente sede legale o operativa in Italia. Può, altresì, trattarsi di agenzie di somministrazione di lavoro stabilite in uno stato membro, che distaccano/somministrano lavoratori presso utilizzatori italiani, in forza di un’autorizzazione equivalente a quella prevista dall’ordinamento italiano (art. 4 D. Lgs. 276/03).
La già citata lettera circolare del 5 giugno 2017 dell’INL, ha fornito alcuni chiarimenti circa la qualificazione di “filiale/unità produttiva” dell’azienda straniera, precisando che per essere autenticamente tale, deve sussistere un minimo di organizzazione di mezzi e/o di persone idonea all’esercizio dell’attività economica da sviluppare in Italia, costituendo un centro di imputazione di rapporti giuridici riferibili all’impresa straniera distaccante, sebbene per un periodo determinato o determinabile.
La stessa nota ha chiarito ancora che nulla vieta che i lavoratori inviati in distacco da impresa straniera per svolgere attività presso proprie filiali o unità produttive dislocate in Italia, possano successivamente essere impiegati per l’esecuzione di un appalto presso l’unità produttiva di un committente destinatario finale della prestazione di servizio, purché siano presenti tutti gli elementi di autenticità dell’operazione nel suo complesso.
Nelle ipotesi, invece, di invio di lavoratori per l’allestimento di stand temporanei nell’ambito di fiere, mostre, manifestazioni commerciali e congressi, non viene appplicato il regime di cui al D. Lgs. 136/16, in quanto uno “stand temporaneo” non può certo essere qualificato come sede di unità operativa o filiale, non essendo, peraltro, centro di imputazione di rapporti giuridici, salvo, tuttavia, che sia riscontrabile un’ autentica prestazione transnazionale di servizi, ad esempio, a fronte di un appalto per montaggio/smontaggio stand o realizzazione di strutture espositive.
Ciò detto in generale, prima di passare all’esame degli elementi che qualificano l’autenticità del distacco e gli adempimenti a cui i soggetti coinvolti sono tenuti, è opportuno fare un inciso sul trasporto su strada, rispetto al quale, la disciplina contenuta nel D. Lgs. 136/16 su distacco transnazionale, trova applicazione solo nell’ipotesi di somministrazione transnazionale di autisti da parte di agenzie di altro stato membro, presso utilizzatori italiani, e nelle ipotesi di impiego di lavoratori per operazioni di cabotaggio nell’ambito di una tratta di trasporto internazionale che coinvolga l’Italia come Paese ospitante. La disciplina non si applica, pertanto, per servizi di trasporto internazionale che comportino un semplice transito sul territorio italiano senza carico/scarico di merci o imbarco/sbarco di passeggeri.
Vediamo più in particolare quando abbiamo un’attività di cabotaggio.
Nell’ambito di una tratta di trasporto internazionale, una volta scaricate le merci – ad esempio in Italia – il vettore può trasportare altre merci per conto terzi all’interno del paese ospitante (cioè dove ha effettuato lo scarico delle merci della tratta internazionale). Questo ulteriore trasporto di merci per conto terzi all’interno del paese ospitante soggiace, come già accennato, a dei limiti, vediamoli.
Se il vettore, sempre nell’ambito di una tratta di trasporto internazionale, fa ingresso in Italia con veicolo carico, dopo aver scaricato tutte le merci, può effettuare massimo altre tre operazioni di trasporto merci per conto terzi all’interno dell’Italia e l’ultimo scarico di queste operazioni deve avvenire entro sette giorni dallo scarico integrale delle merci riferito alla tratta internazionale.
Per capire facciamo un esempio: un autista rumeno carica merci nel suo Paese o in un altro Paese UE, poi attraversa la Slovenia, l’Austria, dove può anche scaricare parte delle merci che trasporta, e poi entra in Italia dove effettua lo scarico integrale delle merci trasportate. Ecco, a questo punto può trasportare altre merci in regime di cabotaggio, ossia, trasportare merci per conto terzi all’interno dell’Italia e lo può fare per massimo tre operazioni ed entro sette giorni dallo scarico integrale delle merci trasportate nell’ambito della tratta internazionale.
Se invece entra in Italia con veicolo vuoto, sempre nell’ambito di una tratta di trasporto internazionale, dove però devono essere coinvolti almeno altri due Paesi esteri, le operazioni in regime di cabotaggio si riducono ad una e questa può essere svolta entro tre giorni dall’ingresso in Italia e il relativo scarico deve essere effettuato entro sette giorni dallo scarico integrale delle merci in altro stato estero nell’ambito della tratta di trasporto internazionale.
L’inosservanza delle regole stabilite in regime di cabotaggio, cioè il numero delle operazioni consentite ovvero i giorni entro cui effettuare lo scarico (cd cabotaggio irregolare), comporta l’applicazione delle norme sanzionatorie contenute nel D. Lgs. 136/16 in materia di distacco transnazionale, naturalmente, con riferimento ai lavoratori interessati.
Fatto questo inciso sulle ipotesi di servizi di trasporto internazionale su strada cui trova applicazione la disciplina del distacco transnazionale, vediamo ora quali elementi rilevano ai fini della valutazione sulla genuinità di un distacco transnazionale.
Intanto è opportuno subito chiarire che il D. Lgs. 136/16 ha introdotto l’obbligo di comunicazione preventiva del distacco in capo al distaccante (art. 10 co. 1 e 2, art. 12 co. 1 del D. Lgs. 136/16 – D.M. 10/08/16 – circ. 3/16 dell’INL). In particolare, la norma stabilisce che il prestatore di servizi straniero (distaccante), ha l’obbligo di comunicare entro le ore 24 del giorno antecedente all’inizio del distacco, la dichiarazione di distacco di personale che verrà impiegato in Italia. Per le operazioni di cabotaggio l’impresa distaccante dovrà comunicare entro le ore 24 del giorno antecedente a quello della data della prima operazione, la data di inizio e fine del distacco, che corrisponderanno rispettivamente alla data delle prima operazione e a quella dell’ultima. Per l’omessa comunicazione è prevista una sanzione amministrativa da 150 a 500 euro per ciascuna violazione e ciascun lavoratore e comunque gli importi non potranno essere superiori a 150.000 euro. Da ultimo, la lettera circolare n. 1670 del 28/02/17 dell’INL ha fornito chiarimenti operativi sulle comunicazioni preventive che dal 1° marzo 2017 vengono effettuate solo con procedura on-line.
Andiamo ora a vedere quali sono gli elementi da attenzionare per valutare la genuinità del distacco, vale a dire, vedere se il distacco posto in essere sia solo finalizzato ad aggirare il regime normativo nazionale, quindi, solo apparente.
In primis, dunque, si andrà a vedere se in concreto, l’impresa distaccante svolge attività diverse da quelle di semplice gestore del personale, perché se l’impresa straniera che distacca lavoratori in Italia (non autorizzata alla somministrazione) non fa altro che reclutare, gestire, amministrare personale, è palese che il tutto si riduce ad una mera fornitura di manodopera, quindi ad una interposizione illecita. Allora è utile andare a vedere il luogo dove insiste la sede legale, amministrativa, le unità produttive dove l’impresa svolge l’attività economica principale, il luogo di assunzione dei lavoratori e quello da cui sono distaccati; è, altresì, utile andare a vedere il fatturato realizzato dall’impresa distaccante nello stato membro di stabilimento. Insomma, l’esame di questi elementi servirà a vedere come l’impresa è organizzata: se per realizzare opere e servizi di varia natura e caratteristiche, o invece, se sia munita di una specifica organizzazione per reclutare, gestire, amministrare personale, da “affittare” poi attraverso non autentici distacchi.
Ma per valutare compiutamente la genuinità del distacco, l’attenzione dovrà essere rivolta anche ai lavoratori distaccati. Intanto verificare la sussistenza di un legame organico tra lavoratore e l’impresa distaccante per tutto il periodo di distacco, attraverso il riscontro dell’assolvimento dei vari obblighi che incombono in capo al datore(retribuzioni, previdenza, assicurazioni, ecc.). Quindi, vedere se il lavoratore eserciti abitualmente la propria attività nello stato da cui è stato distaccato, questo è un indice molto importante perché molto spesso i distacchi non genuini si caratterizzano proprio per il fatto che i lavoratori distaccati non esercitano alcuna attività nello stato da cui vengono distaccati. In tali casi, è evidente, non c’è nessun distacco. A tale riguardo si andrà, altresì, a vedere quando si prevede che il lavoratore torni a lavorare nello stato da cui è stato distaccato, quindi riscontrare se l’impresa distaccante abbia sostenuto spese di viaggio, vitto, alloggio per il lavoratore distaccato. Poi, importante, il certificato degli adempimenti previdenziali presso lo stato membro di provenienza (Mod. A1).
Infine, per quanto riguarda la durata del distacco, posto che deve essere sempre "temporaneo", in realtà non c'è un limite massimo superato il quale il distacco sia da considerarsi non genuino, anche se i Regolamenti CE 883/2004 e 987/2009, indicano in 24 mesi il limite di durata, il superamento del quale, evidentemente, va valutato con gli altri elementi di cui si è fatto menzione, non bastando da solo a decretare la non genuinità del distacco.
Quindi, riassumendo, il distacco andrà a configurarsi come non autentico, laddove l'impresa distaccante risulterà essere una società fittizia, non esercitando nel Paese di origine alcuna attività economica strutturata, oppure quando il lavoratore distaccato già risiede e lavora abitualmente in Italia, o magari, è stato licenziato dall'impresa distaccante senza alcuna comunicazione che indichi la modifica della data di cessazione del periodo di distacco, continuando però a lavorare presso l'utilizzatore. Ecco, queste sono le fattispecie cui prestare particolare attenzione.
Vale la pena chiarire che la non autenticità del distacco non necessariamente configura una interposizione illecita di manodopera; si pensi, ad esempio, all'ipotesi di lavoratori distaccati che al momento dell'assunzione da parte dell'impresa distaccante già risiedono e lavorano nel luogo in cui deve svolgersi l'attività oggetto del distacco. Qui manca l'elemento della "transnazionalita", così nei casi in cui l'impresa straniera distaccante abbia costituito di fatto una filiale in Italia e formalmente distacca lavoratori in Italia ma assumendoli e gestendoli dalla filiale stessa.
Quindi, la non autenticità del distacco può scaturire da:
- appalti non genuini, dove l'impresa distaccante manca di una organizzazione di mezzi e del rischio d'impresa;
- somministrazione abusiva di manodopera, quando l'impresa fornisce manodopera in mancanza della necessaria Autorizzazione pubblica;
- distacchi dove manchi l'elemento della transnazionalita.
Ecco, in tutti questi casi i lavoratori distaccati saranno considerati a tutti gli effetti alle dipendenze dell'utilizzatore, riconducendo, pertanto, il rapporto di lavoro nell'alveo della normativa dello stato cui appartiene l'utilizzatore stesso.
Per gli aspetti contributivi, prima di procedere all'apertura di una nuova posizione assicurativa all'Inps, si dovrà procedere al disconoscimento del Mod. A1 a cui procederà direttamente l'Inps previa trasmissione del verbale ispettivo con cui è stata accertata la non autenticità del distacco ed è stato, altresì, ricostruito l'imponibile contributivo.
Tuttavia, a prescindere dal disconoscimento del Mod. A1, il rapporto di lavoro si costituirà in capo all'utilizzatore che, a tale scopo, sarà diffidato ad effettuare gli adempimenti per l'instaurazione del rapporto di lavoro, in primis, la comunicazione di assunzione.
In ogni caso, distaccante e distaccatario, soggiaceranno alla medesima sanzione amministrativa di 50 euro per ogni lavoratore e per ogni giornata di occupazione, fermo restando, che l'ammontare di detta sanzione non potrà comunque essere inferiore a euro 5000 né superiore ad euro 50000.
Sin qui si è visto quali sono gli elementi di valutazione per stabilire l'autenticità del distacco. Andiamo ora a vedere quali sono le tutele riservate ai lavoratori distaccati. Si è già detto che per le condizioni di lavoro vale il principio della "territorialità", pertanto, in virtù di tale principio, per i lavoratori distaccati trovano applicazione le medesime condizioni di lavoro previste dalle leggi e dai contratti collettivi per i lavoratori occupati nel luogo del distacco, i cd livelli minimi di condizioni di lavoro e occupazione, quindi: l'orario di lavoro, le ferie, le retribuzioni, la salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, parità di sesso. Per quanto riguarda poi in particolare la retribuzione, deve essere garantito il salario minimo che deve ricomprendere necessariamente almeno le seguenti voci: paga base, EDR, super minimi, straordinario, notturno, festivo, indennità di distacco, indennità di trasferta. Questi, dunque, sono gli elementi minimi che devono essere presenti in busta paga. Ma ancor meglio nei casi di somministrazione transnazionale dove i lavoratori somministrati, a parità di mansioni svolte, hanno diritto a condizioni economiche e normative non inferiori a quelle dei lavoratori dipendenti di pari livello dell'utilizzatore, quindi una tutela non limitata, come per la generalità dei lavoratori con distacco transnazionale, ai livelli minimi salariali e il cd "nocciolo duro" delle condizioni di lavoro.
Ma i diritti patrimoniali dei lavoratori distaccati trovano un'ulteriore tutela nel regime di responsabilità solidale applicabile negli appalti, nella somministrazione e nel trasporto. Così, per gli appalti troverà applicazione l'art. 29 co. 2 del D. Lgs. 276/03; per la somministrazione transnazionale, anche di autisti, troverà applicazione l'art. 35 co. 2 del D. Lgs. 81/15; mentre per il trasporto di cose per conto terzi troverà applicazione la disciplina particolare di cui all'art. 83 bis D.L. 122/08, secondo il quale il regime di responsabilità solidale a carico del committente scatta solo se questi non provvede a verificare, prima della stipula del contratto, la regolarità retributiva e contributiva dell'impresa di trasporto cui si rivolge, acquisendo a tale scopo un'attestazione rilasciata dagli enti previdenziali del Paese di provenienza di data non anteriore a tre mesi, dalla quale risulti la regolarità contributiva e assicurativa dell'azienda -in sostanza un documento analogo al DURC-.
La possibilità di adottare la diffida accertativa da parte del personale ispettivo laddove si rilevino differenze retributive, rappresenta indubbiamente un'ulteriore tutela.
Per la notifica del provvedimento il D. Lgs. 136/16 ha previsto una procedura speciale a maggiore garanzia del suo esito positivo. Infatti, l'atto può essere notificato al datore di lavoro distaccante residente all'estero, anche attraverso il "referente", figura prevista dall'art. 10 co. 3 lett.b) del citato decreto. Il provvedimento può essere, altresì, comunicato, senza effetti di titolo esecutivo, al committente-utilizzatore-distaccatario, quale obbligato in solido, a cui i lavoratori distaccati potranno comunque rivolgersi.
Abbiamo fatto cenno alla figura del "referente", prevista dal D. Lgs. 136/16; una novità molto importante che indubbiamente attribuisce maggiore forza e certezza alle procedure. Infatti, l'impresa distaccante deve designare, per tutto il periodo di distacco e fino a due anni dalla sua cessazione, un "referente" elettivamente domiciliato in Italia, che ha il compito di interagire con il personale ispettivo per ricevere, inviare, esibire documenti in nome e per conto dell'impresa distaccante. (esempio: notifica verbali ispettivi, richiesta documenti, informazioni e notizie, ecc.). Tale referente può essere anche un dipendente, il distaccatario stesso, un consulente, ecc. In mancanza di tale designazione, viene considerata come sede dell'impresa distaccante, il luogo dove ha sede legale o dove risiede il destinatario del distacco, sebbene gli obblighi e le sanzioni resteranno comunque in capo al distaccante.
Vi è, altresì, l'obbligo di designare una persona, che può coincidere con il referente, che agisce da legale rappresentante, al fine di mettere in contatto le parti sociali interessate con il distaccante.
Tutti gli obblighi che incombono in capo al prestatore di servizi (distaccante) di cui si è fatto cenno, prevedono delle specifiche sanzioni che, naturalmente, vanno ad aggiungersi a quelle previste per le eventuali forme di interposizione illecita riscontrate e per le comunicazioni dei rapporti di lavoro costutuitisi con l'utilizzatore nei casi di non autenticità dei distacchi. Intanto la mancata comunicazione preventiva con una sanzione da 150 a 500 euro per ogni lavoratore interessato (co. 1 art. 12 D. LGs. 136/16); per la mancata conservazione o esibizione o traduzione in lingua italiana della documentazione durante il periodo del distacco e fino a due anni dalla sua cessazione (buste paga, contratti di lavoro, prospetto con orario di lavoro e periodi del distacco, pagamento delle retribuzioni, Mod. A1) è prevista una sanzione da 500 a 3000 euro per ogni lavoratore interessato (co. 3 lett. a); la mancata designazione del referente per tutto il periodo di distacco e fino a 2 anni dalla sua cessazione, prevede una sanzione che va da 2000 a 6000 euro (co. 3 lett. B); la mancata designazione della persona con poteri di rappresentanza legale per i rapporti con le parti sociali interessate, anche qui una sanzione da 2000 a 6000 euro (comma 4).
Ad ogni modo, gli importi non possono mai superare i 150000 euro ed a tutte le violazioni sopra esposte è applicabile la diffida obbligatoria ex art. 13 D. Lgs. 124/04.
Quindi, come si vede, una disciplina molto articolata che consente molto più agevolmente, rispetto a prima, di prevenire e contrastare fenomeni elusivi. Indubbiamente la comunicazione preventiva del distacco e la presenza del "referente", blindano le procedure rendendole più controllabili. Certamente l'autenticità del distacco viaggia poi su un altro piano, nel senso che, può esserci la comunicazione, la documentazione, il referente, ecc., ma poi il distacco essere comunque non genuino, e qui subentrano tutti gli altri elementi di valutazione che dovranno essere passati al vaglio degli organi ispettivi. Le criticità, è chiaro, restano proprio in questo ambito.
[*] Responsabile Area Vigilanza 1 di coordinamento dell’Ispettorato Territoriale del Lavoro di Roma. Vincitore del Premio Massimo D’Antona 2016. Le considerazioni contenute nel presente scritto sono frutto esclusivo del pensiero dell’autore e non hanno in alcun modo carattere impegnativo per l’Amministrazione di appartenenza.
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