La pensione ai lavoratori precoci
Quota 41
di Riccardo Rizza [*]
Peculiare all’esperienza italiana è la vicenda della pensione di anzianità di servizio, introdotta nel nostro ordinamento, in alternativa alla pensione di vecchiaia, al fine di consentire l’accesso al trattamento di quiescenza di lavoratori che avevano contribuito al benessere collettivo con una prolungata attività lavorativa, prima del compimento dell’età pensionabile.
Questo istituto è, in qualche misura, il risultato più evidente della tensione dialettica che traspare nel nostro sistema pensionistico tra valori diversi, “meritocrazia” e “redistribuzione”, “interesse privato” e “interesse pubblico”, “logiche di mercato” e “diritti sociali”[1].
Infatti, esso testimonia un riconoscimento per l’ipotesi in cui il lavoratore abbia maturato significativi requisiti di anzianità assicurativa e contributiva (e quindi di anzianità di lavoro), cosi da consentirgli l’accesso al trattamento pensionistico quando sia ancora in possesso della piena capacità lavorativa (che si presume perduta al momento del raggiungimento dell’età per l’accesso alla pensione di vecchiaia).
Sappiamo che la riforma del 2011, contestualmente alla generalizzazione del contributivo, stabilisce che a partire dal 1° gennaio 2016 e sino al 31 dicembre 2018 il requisito contributivo per accedere alla pensione anticipata è pari a 42 anni e 10 mesi per gli uomini e a 41 anni e 10 mesi per le donne[2]. Tali requisiti si applicano indistintamente ai lavoratori dipendenti, agli autonomi nonchè ai lavoratori del pubblico impiego.
Per agevolare il pensionamento dei cd. lavoratori precoci, cioè coloro che hanno iniziato a lavorare prima della maggiore età, l'articolo 1, co. 199 della legge 232/2016, come attuato dal successivo DPCM 87 del 23 maggio 2017
consente, a partire dal 1° maggio 2017, a coloro che si trovano in condizione di difficoltà di accedere alla pensione anticipata con uno sconto rispetto alle norme in vigore, introdotte nel 2012 dalla Legge Fornero.
Il predetto intervento normativo ha introdotto un ulteriore canale di uscita a 41 anni di contributi, a prescindere dall'età anagrafica, nei confronti di quei soggetti che hanno lavorato prima dei 19 anni, per almeno 12 mesi in modo effettivo anche non continuativi e che fruiscono ancora del sistema misto di computo (retributivo e contributivo pro rata) ovvero risultino in possesso di anzianità contributiva al 31 dicembre 1995.
Per il raggiungimento del requisito necessario sono utili anche i periodi di lavoro all’estero riscattati
ed i periodi riscattati per omissioni contributive.
Condizioni soggettive
Per poter accedere alla agevolazione gli interessati devono riconoscersi, inoltre, in almeno uno dei cinque seguenti profili di tutela:
a) siano lavoratori dipendenti in stato di disoccupazione a seguito di cessazione del rapporto di lavoro per licenziamento, anche collettivo, dimissioni per giusta causa o risoluzione consensuale nell'ambito della procedura di cui all'articolo 7 della legge 15 luglio 1966, n. 604, e che abbiano concluso integralmente la prestazione per la disoccupazione loro spettante da almeno tre mesi;
b) siano soggetti che assistono, al momento della richiesta e da almeno sei mesi, il coniuge o un parente di primo grado convivente con handicap in situazione di gravità ai sensi dell’articolo 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104;
c) siano soggetti con una riduzione della capacità lavorativa, accertata dalle competenti commissioni per il riconoscimento dell’invalidità civile, superiore o uguale al 74 per cento;
d) siano lavoratori dipendenti che svolgono da almeno sei anni in via continuativa negli ultimi sette anni al momento del pensionamento attività lavorative per le quali è richiesto un impegno tale da rendere particolarmente difficoltoso e rischioso il loro svolgimento in modo continuativo.
Ai sensi dell’ art. 53 del D.L. 24 aprile 2017 n.50, convertito con la legge 21 giugno 2017, n. 96, le attività c.d. «Gravose» si considerano svolte in via continuativa quando «Nei sei anni precedenti il momento di decorrenza dell'indennità, le medesime attività lavorative non hanno subito interruzioni per un periodo complessivamente superiore a dodici mesi e a condizione che le citate attività lavorative siano state svolte nel settimo anno precedente la predetta decorrenza per un periodo corrispondente a quello complessivo di interruzione».
Pertanto, vi è continuità:
- Nel caso in cui l’attività lavorativa sia stata svolta, senza interruzioni, nei sei anni precedenti la decorrenza del Beneficio
oppure - Nel caso in cui l’attività lavorativa abbia subito interruzioni non superiori complessivamente a dodici mesi (la continuità in questo caso è mantenuta a condizione che nel corso del settimo anno precedente la decorrenza del Beneficio vi sia stato svolgimento di attività gravose per una durata corrispondente a quella complessiva di interruzione)
e) siano lavoratori dipendenti che soddisfano le condizioni di cui all’articolo 1, commi da 1 a 3 del decreto legislativo del 21 aprile 2011, n. 67.
Accedono al beneficio i lavoratori che abbiano svolto una o più delle attività lavorative «usuranti» per una durata pari ad almeno:
- sette anni negli ultimi dieci di attività lavorativa;
- alla metà della vita lavorativa complessiva.
Ai fini del riconoscimento dello status di lavoratore precoce, deve essere considerata la contribuzione per prestazione di lavoro effettiva accreditata anche in altri fondi pensionistici obbligatori diversi da quello in cui viene liquidata la pensione anticipata. Il requisito dei 41 anni deve, comunque, essere maturato nella gestione in cui deve essere liquidato il trattamento pensionistico.
Il beneficio è rivolto a tutti i lavoratori iscritti all'assicurazione generale obbligatoria, ai fondi ad essa sostitutivi od esclusivi nonchè alle gestioni speciali dei lavoratori autonomi. Cioè interessa sia i lavoratori dipendenti del settore privato nonché i dipendenti del pubblico impiego ed anche gli iscritti presso le gestioni speciali dei lavoratori autonomi (Artigiani, Commercianti e Coltivatori Diretti) che rispettino le sopra indicate condizioni. Restano esclusi dal beneficio i lavoratori iscritti presso le gestioni previdenziali private (casse professionali, es. avvocati, notai, giornalisti) ed i lavoratori non in possesso di contribuzione alla data del 31 dicembre 1995.
L'agevolazione non ha una data di scadenza, a differenza dell'APE (che termina, salvo proroghe, il 31 dicembre 2018).
A far data dalla sua decorrenza il trattamento pensionistico di cui al comma 199 della legge 232/2016 non è cumulabile con redditi da lavoro, subordinato o autonomo, per un periodo di tempo corrispondente alla differenza tra l’anzianità contributiva di cui all’articolo 24, commi 10 e 12, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, e l’anzianità contributiva al momento del pensionamento.
Domande entro il 15 luglio 2017
Ai fini del conseguimento del beneficio gli interessati devono produrre una doppia domanda: la prima volta alla verifica della sussistenza delle sopra indicate condizioni (entro il 15 luglio 2017 per coloro che maturano i requisiti entro il 31.12.2017; dal prossimo anno l'istanza entro il 1° marzo dell'anno in cui si maturano i requisiti) la seconda, volta ad accedere al beneficio vero e proprio, va prodotta al momento della maturazione di tutti i requisiti richiesti.
Essendoci un vincolo annuo di bilancio, è prevista una particolare procedura di monitoraggio delle domande in funzione della data di maturazione del requisito contributivo agevolato di 41 anni e, a parità della stessa, in base alla data (e ora) di presentazione dell'istanza di accesso. Qualora dal monitoraggio delle domande presentate ed accolte, emerga il verificarsi di scostamenti, anche in via prospettica, del numero di domande rispetto alle risorse finanziarie la decorrenza della pensione verrà differita.
Va infine ricordato che, al requisito contributivo ridotto si applicano gli adeguamenti alla speranza di vita di cui all’articolo 12 del decreto legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, a decorrere dal 1° gennaio 2019.
Note
[1] M. Cinelli, Diritto della previdenza sociale, Torino, 2013, 544;
[2] Circolare Inps 63/2015.
[*] Studente della Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Udine. Rappresentante Regionale per il Friuli Venezia Giulia della Fondazione Massimo D’Antona.
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