Pubblico impiego

     
    La Riforma Brunetta del pubblico impiego. Il D.lgs. 27 ottobre 2009 n. 150
    ha portato a compimento la terza riforma del lavoro alle dipendenze delle
    pubbliche amministrazioni, dopo la prima stagione di privatizzazione
    culminata con il D.lgs. 29/1993 e la sostanziale riscrittura del sistema
    del lavoro pubblico operata nell’ambito delle leggi Bassanini. La riforma
    Brunetta ha cercato di rinnovare le Pubbliche Amministrazioni italiane
    attraverso gli strumenti della misurazione e valutazione delle performance,
    la trasparenza, la rendicontazione e il controllo sociale, la premialità,
    il ridisegno della contrattazione collettiva: regole nuove volte a
    normalizzare i rapporti tra politica/dirigenza, ad implementare i poteri
    gestionali della seconda e a creare meccanismi più incisivi per far
    emergere le responsabilità, specialmente disciplinari, dei pubblici
    dipendenti. Con la riforma Brunetta torna in primo piano il principio del
    rispetto della ripartizione tra le diverse sfere di competenza (cfr. art. 3
    co.1 legge delega n. 15/2009) nel senso di restituire alle fonti
    unilaterali pubblicistiche uno spazio più ampio e al tempo stesso di
    salvaguardare la facoltà decisionale del dirigente negli atti di gestione
    privatistica, rientranti nella c.d. micro organizzazione. Nucleo portante
    della riforma è l’intervento sul sistema delle fonti di disciplina del
    lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni con l’intenzione di
    assicurare una più congrua “ripartizione” tra le materie sottoposte alla
    legge, gli atti organizzativi di autonoma responsabilità del dirigente
    nella gestione delle risorse umane e le materie oggetto della
    contrattazione collettiva – cfr. art. 32 e art. 53 del D.lgs. 150/2009 –.
    Inizialmente, durante la I tappa della riforma, si è dato ampio potere
    discrezionale al contratto collettivo il quale poteva derogare le
    disposizioni di legge riguardanti il rapporto di lavoro dei dipendenti
    pubblici. Ora, invece, con la legge Brunetta si è stabilito il meccanismo
    inverso, in quanto il contratto collettivo può regolare diversamente la
    materia sia che sia stata precedentemente regolata dalla legge o da un
    precedente contratto collettivo, solo su espressa autorizzazione della
    legge.
     L’intervento del D.lgs. 150/09 sulle sanzioni e sul procedimento
    disciplinare – gli interventi più importanti del D.lgs. 150/09 sono stati
    quelli che hanno modificato gli artt. cfr. artt. 40, 54bis, 55, 55bis,
    55ter, 55quater, 55quinquies, 55sexies, 55septies e 70 del D.lgs. 165/01.
    Lo scopo di potenziare il livello di efficienza degli uffici pubblici e di
    contrastare i fenomeni di scarsa produttività ed assenteismo sono il
    fondamento della nuova disciplina dettata in materia di sanzioni
    disciplinari e di responsabilità dei dipendenti pubblici, contenuta nel
    capo IV – rubricato “Sanzioni disciplinari e responsabilità dei dipendenti
    pubblici” – del decreto “Brunetta”. Tra le novità del decreto in materia di
    sanzioni disciplinari spiccano: la previsione di nuove fattispecie di
    condotte illecite - falsa rilevazione della presenza in servizio,
    falsificazioni di documenti per concorsi e progressioni di carriera ecc. -
    la responsabilità dei dipendenti pubblici e l’ampliamento dei poteri del
    dirigente che può irrogare direttamente le sanzioni meno gravi. Con la
    riforma, l’originario art. 55 del Dlgs n. 165/2001 ha lasciato spazio ad
    una nuova versione a cui si sono aggiunti gli artt. dal 55-bis al
    55-septies, (sul procedimento disciplinare e sulla responsabilità del
    dirigente) o che costituiscono – per espressa volontà legislativa – norme
    imperative, ai sensi e per gli effetti degli artt. 1339 e 1419, co. 2,
    c.c., e si applicano ai rapporti di lavoro di cui all’art. 2, co. 2 del
    D.lgs. 165/01, ai dipendenti delle amministrazioni pubbliche. Inoltre, non
    si può tralasciare l’art. 54 che ha modificato l’art. 40 del D.lgs n.
    165/2001: in esso è espressamente previsto che “Nelle materie relative alle
    sanzioni disciplinari la contrattazione collettiva è consentita negli
    esclusivi limiti previsti dalle norme di legge”. Le prime osservazioni
    critiche sulla normativa del decreto “Brunetta” pongono in rilievo la
    responsabilità disciplinare che è quella forma di responsabilità in cui
    incorre il lavoratore per non avere osservato obblighi contrattualmente
    assunti, indicati nel contratto collettivo e recepiti nel contratto
    individuale di lavoro, ed ora anche per avere violato specifici precetti
    previsti dalle nuove disposizioni in esame. Il fondamento del potere
    disciplinare in capo al datore di lavoro, come è noto, si rinviene
    nell’art. 2106 c.c. e deve intendersi come il potere di irrogare sanzioni
    disciplinari nel caso di accertata violazione da parte del prestatore dei
    propri doveri contrattuali e, più in generale, degli obblighi di diligenza,
    obbedienza e fedeltà. Presupposto per l’irrogazione della sanzione è,
    pertanto, l’accertamento di una condotta colpevole del lavoratore. Il nuovo
    art. 55, come nella precedente versione, dopo aver ribadito la salvezza
    della disciplina in materia di responsabilità civile, amministrativa,
    penale e contabile, fa menzione della diretta applicazione dell’art. 2106
    c.c. senza fare riferimento, però, all’art.7, co. 1, 5 e 8, dello Statuto
    dei lavoratori che, tuttavia, viene sostanzialmente rispettato. La
    previsione espressa dell’art.7 St. Lav. comportava automaticamente
    l’applicazione dei seguenti principi:
L’intervento del D.lgs. 150/09 sulle sanzioni e sul procedimento
    disciplinare – gli interventi più importanti del D.lgs. 150/09 sono stati
    quelli che hanno modificato gli artt. cfr. artt. 40, 54bis, 55, 55bis,
    55ter, 55quater, 55quinquies, 55sexies, 55septies e 70 del D.lgs. 165/01.
    Lo scopo di potenziare il livello di efficienza degli uffici pubblici e di
    contrastare i fenomeni di scarsa produttività ed assenteismo sono il
    fondamento della nuova disciplina dettata in materia di sanzioni
    disciplinari e di responsabilità dei dipendenti pubblici, contenuta nel
    capo IV – rubricato “Sanzioni disciplinari e responsabilità dei dipendenti
    pubblici” – del decreto “Brunetta”. Tra le novità del decreto in materia di
    sanzioni disciplinari spiccano: la previsione di nuove fattispecie di
    condotte illecite - falsa rilevazione della presenza in servizio,
    falsificazioni di documenti per concorsi e progressioni di carriera ecc. -
    la responsabilità dei dipendenti pubblici e l’ampliamento dei poteri del
    dirigente che può irrogare direttamente le sanzioni meno gravi. Con la
    riforma, l’originario art. 55 del Dlgs n. 165/2001 ha lasciato spazio ad
    una nuova versione a cui si sono aggiunti gli artt. dal 55-bis al
    55-septies, (sul procedimento disciplinare e sulla responsabilità del
    dirigente) o che costituiscono – per espressa volontà legislativa – norme
    imperative, ai sensi e per gli effetti degli artt. 1339 e 1419, co. 2,
    c.c., e si applicano ai rapporti di lavoro di cui all’art. 2, co. 2 del
    D.lgs. 165/01, ai dipendenti delle amministrazioni pubbliche. Inoltre, non
    si può tralasciare l’art. 54 che ha modificato l’art. 40 del D.lgs n.
    165/2001: in esso è espressamente previsto che “Nelle materie relative alle
    sanzioni disciplinari la contrattazione collettiva è consentita negli
    esclusivi limiti previsti dalle norme di legge”. Le prime osservazioni
    critiche sulla normativa del decreto “Brunetta” pongono in rilievo la
    responsabilità disciplinare che è quella forma di responsabilità in cui
    incorre il lavoratore per non avere osservato obblighi contrattualmente
    assunti, indicati nel contratto collettivo e recepiti nel contratto
    individuale di lavoro, ed ora anche per avere violato specifici precetti
    previsti dalle nuove disposizioni in esame. Il fondamento del potere
    disciplinare in capo al datore di lavoro, come è noto, si rinviene
    nell’art. 2106 c.c. e deve intendersi come il potere di irrogare sanzioni
    disciplinari nel caso di accertata violazione da parte del prestatore dei
    propri doveri contrattuali e, più in generale, degli obblighi di diligenza,
    obbedienza e fedeltà. Presupposto per l’irrogazione della sanzione è,
    pertanto, l’accertamento di una condotta colpevole del lavoratore. Il nuovo
    art. 55, come nella precedente versione, dopo aver ribadito la salvezza
    della disciplina in materia di responsabilità civile, amministrativa,
    penale e contabile, fa menzione della diretta applicazione dell’art. 2106
    c.c. senza fare riferimento, però, all’art.7, co. 1, 5 e 8, dello Statuto
    dei lavoratori che, tuttavia, viene sostanzialmente rispettato. La
    previsione espressa dell’art.7 St. Lav. comportava automaticamente
    l’applicazione dei seguenti principi:
     
    Leggendo attentamente il nuovo testo normativo, si osserva che i principi
    espressi nella legge n. 300 del 1970 sono gli stessi a cui si ispira il
    legislatore delegato nella redazione delle nuove norme procedurali ma
    geloso della propria autonomia, il legislatore si mostra tutto proiettato
    nella creazione di un corpus organico in materia, senza che ci sia più la
    necessità di operare rinvii ad altri testi normativi.
La legge Fornero. La legge 28 giugno 2012 n.92, contenente “Disposizioni in materia di riforma del mercato del lavoro in una prospettiva di crescita”, si prefigge una molteplicità di obiettivi. Fra essi spiccano, da un lato, quello di favorire l’instaurazione di rapporti di lavoro più stabili nel segno del “contratto dominante” costituito dal contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato e, dall’altro lato, quello di adeguare al mutato contesto di riferimento la disciplina del licenziamento. La relazione fra i due obiettivi costituisce forse il tratto caratterizzante della riforma: uno scambio politico fra una maggiore rigidità in entrata e una maggiore flessibilità in uscita. La rigidità in entrata si basa essenzialmente su una forte compressione del lavoro autonomo, parasubordinato e non, ma viene poi in qualche modo smentita dalla pur controllata liberalizzazione nell’ambito del lavoro a termine. La flessibilità in uscita viene mitigata attraverso la riforma degli ammortizzatori sociali, pensata come riparo dai licenziamenti facili ma è per molti aspetti, troppo proiettata nel futuro (Cester Carlo)[1]. Anche Arturo Maresca[2] afferma che la “modifica dell’art. 18, così come la modifica di altre norme, ben poco possono fare per la crescita dell’occupazione, cioè per favorire l’incremento dei posti di lavoro. Come tutti sappiamo, sono le politiche industriali mirate a sostenere lo sviluppo che si palesano idonee a promuovere tale incremento, peraltro con quella gradualità tipica dello scostamento temporale che sempre si verifica tra la ripresa della produzione e l’aumento della domanda di lavoro. Con il nuovo art.18, si intende instillare la flessibilità nei gangli vitali (il licenziamento) del rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato con l’intento di renderlo attrattivo per le imprese ed arginare, così, da arginare la fuga in atto da questa forma contrattuale che, invece, dovrebbe, nella visione del legislatore, ritornare ad essere la modalità ordinaria di acquisizione del lavoro nell’impresa (cfr. art. 1, co.1 lett.a). Tra le finalità della legge vi è quella del rilievo prioritario del lavoro subordinato a tempo indeterminato, cd. “contratto dominante”, quale forma comune di rapporto di lavoro”. A completamento di un complesso disegno, di cui fanno parte interventi di modifica del sistema degli ammortizzatori sociali e una nuova regolamentazione di alcune figure contrattuali, tese a ridurre la cd. flessibilità in entrata nel mercato del lavoro, la legge Fornero ha introdotto altre importanti novità in tema di licenziamenti modificando sostanzialmente (tutele) e processualmente (rito, termini ecc.) l’art. 18 della L. 300/70. La legge 92/2012 voleva incidere su almeno due distinti ambiti: 1) la procedura per il licenziamento; 2) le tutele giurisdizionali. Le norme citate hanno rappresentato un nodo centrale della legge Fornero, ma questo è stato sciolto dalla sentenza della Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, n.11868 del 2016, la quale ha stabilito che la legge Fornero, nella fattispecie, non si applica ai dipendenti pubblici per i quali permane la vigenza dell’art. 18 dello statuto dei lavoratori.
     La riforma Madia. La legge n. 124 del 7 agosto 2015 (c.d. Legge Madia) ha
    delegato il Governo ad adottare più decreti legislativi ed atti
    regolamentari al fine di “ristrutturare” alcuni istituti tipici del
    procedimento amministrativo. Il primo dei decreti attuativi approvati ieri
    riguarda le modifiche al Testo Unico del pubblico impiego: pezzo forte
    della riforma è in particolare il nuovo piano di assunzioni che risolva una
    volta per tutte il precariato “storico” nel settore pubblico. In sostanza,
    viene stabilito il divieto per le PA. di stipulare contratti di
    collaborazione e viene incentivata l’assunzione a tempo indeterminato del
    personale che già lavora a tempo determinato. Si tratta, nelle parole della
    Madia, di “consentire alle amministrazioni che già pagano queste persone,
    di poterle assumere. Nel 2017 il Consiglio dei Ministri ha approvato gli
    ultimi cinque importanti decreti attuativi della riforma della pubblica
    amministrazione voluta dal ministro Madia (in totale 11 decreti attuativi).
    I decreti introducono un nuovo Testo Unico del pubblico impiego, cambiano
    la valutazione della performance dei dipendenti statali, prevedono
    modifiche per Vigili del fuoco e Polizia e regolamentano l’introduzione del
    nuovo documento unico per l’auto. I punti principali dei decreti della
    riforma Madia: il primo dei decreti attuativi approvati riguarda le
    modifiche al Testo Unico del pubblico impiego: come già accennato,
    particolare attenzione, infatti, è stata posta al nuovo piano di assunzioni
    che risolva una volta per tutte il precariato “storico” nel settore
    pubblico. ll nuovo Testo Unico prevede inoltre il progressivo superamento
    dell’attuale sistema di “dotazione organica” in favore del nuovo Piano
    triennale dei fabbisogni che disciplini le spese per il personale. Il Piano
    triennale dovrà tenere conto di precisi vincoli finanziari e della
    disponibilità delle risorse per definire nuove spese e nuove assunzioni in
    base agli effettivi fabbisogni della P.A. Al mutare delle risorse
    disponibili, i Ministeri della P.A. e dell’Economia potranno poi adottare
    le necessarie misure correttive. In sintesi, con la Riforma della Pubblica
    Amministrazione sono stati approvati gli 11 decreti attuativi dedicati ad
    una generale riorganizzazione dei servizi pubblici locali. Le principali
    novità del corposo pacchetto di norme prevedono una serie di misure per il
    controllo ed i provvedimenti sui cosiddetti furbetti del cartellino con
    una accelerazione della procedura di espulsione e un inasprimento delle
    pene per i dipendenti e i dirigenti pubblici. Numerose sono le novità sulle
    Pensioni, sulle assunzioni e gli esuberi. La riforma prevede, inoltre, la
    creazione dei così detti distretti, dell’accorpamento della Forestale nel
    corpo dei Carabinieri, dell’apertura degli archivi pubblici ai cittadini,
    per quello che ora si prospetta come uno “Stato più semplice”. La riforma
    Madia sulla pubblica amministrazione ora entra in una fase cruciale,
    inizialmente passerà al vaglio dei sindacati e poi del Consiglio dei
    ministri. Il Testo Unico della PA, in aggiunta al decalogo per i
    licenziamenti, mette sul tavolo anche una misura per le famiglie rivolta a
    circa 3 milioni di dipendenti pubblici. In tal senso, le novità previste
    riguardano telelavoro e alcune formule flessibili per aiutare i genitori
    dipendenti pubblici a conciliare vita privata e professionale. Hanno un
    analogo obiettivo anche le previste convenzioni con gli asili nido e le
    azioni volte a rendere più facile la richiesta del part-time. Dietro le
    nuove misure a favore della famiglia c’è lo scopo di raggiungere dei target
    per i servizi pubblici più performanti ed efficienti. Su questo solco,
    infatti, l’Esecutivo sta lavorando su una specifica direttiva prevista
    dalla riforma Madia, che mira proprio a incentivare lo smartworking, vale a
    dire su manovre flessibili per venire incontro a chi è dipendente e ha
    figli. Il Ministero della Pubblica amministrazione, di concerto con il
    dipartimento per le Pari opportunità, è attualmente al lavoro su alcune
    novità importanti per i dipendenti del pubblico impiego. Infatti, oltre al
    Testo Unico arriveranno a breve anche specifiche misure per ottimizzare la
    conciliazione vita-lavoro. Tra le novità, arriveranno direttive nuove su:
    telelavoro; part-time più semplice; accordi tra amministrazioni, asili nido
    ed enti per campi estivi (che garantiscano, ad esempio, servizi aperti nei
    periodi in cui le scuole sono chiuse) riservati ai figli dei dipendenti
    pubblici. Da ultimo il rinnovo dei contratti della PA. Presumibilmente
    anche la parte relativa al rinnovo contrattuale della Riforma P.A. potrebbe
    recepire alcuni cambiamenti grazie alla flessibilità oraria. Anzitutto,
    almeno il 10% dei dipendenti entro il 2018, qualora vi siano richieste,
    deve essere messo in condizione di poter prestare servizio con nuove
    modalità di gestione lavorativa.
La riforma Madia. La legge n. 124 del 7 agosto 2015 (c.d. Legge Madia) ha
    delegato il Governo ad adottare più decreti legislativi ed atti
    regolamentari al fine di “ristrutturare” alcuni istituti tipici del
    procedimento amministrativo. Il primo dei decreti attuativi approvati ieri
    riguarda le modifiche al Testo Unico del pubblico impiego: pezzo forte
    della riforma è in particolare il nuovo piano di assunzioni che risolva una
    volta per tutte il precariato “storico” nel settore pubblico. In sostanza,
    viene stabilito il divieto per le PA. di stipulare contratti di
    collaborazione e viene incentivata l’assunzione a tempo indeterminato del
    personale che già lavora a tempo determinato. Si tratta, nelle parole della
    Madia, di “consentire alle amministrazioni che già pagano queste persone,
    di poterle assumere. Nel 2017 il Consiglio dei Ministri ha approvato gli
    ultimi cinque importanti decreti attuativi della riforma della pubblica
    amministrazione voluta dal ministro Madia (in totale 11 decreti attuativi).
    I decreti introducono un nuovo Testo Unico del pubblico impiego, cambiano
    la valutazione della performance dei dipendenti statali, prevedono
    modifiche per Vigili del fuoco e Polizia e regolamentano l’introduzione del
    nuovo documento unico per l’auto. I punti principali dei decreti della
    riforma Madia: il primo dei decreti attuativi approvati riguarda le
    modifiche al Testo Unico del pubblico impiego: come già accennato,
    particolare attenzione, infatti, è stata posta al nuovo piano di assunzioni
    che risolva una volta per tutte il precariato “storico” nel settore
    pubblico. ll nuovo Testo Unico prevede inoltre il progressivo superamento
    dell’attuale sistema di “dotazione organica” in favore del nuovo Piano
    triennale dei fabbisogni che disciplini le spese per il personale. Il Piano
    triennale dovrà tenere conto di precisi vincoli finanziari e della
    disponibilità delle risorse per definire nuove spese e nuove assunzioni in
    base agli effettivi fabbisogni della P.A. Al mutare delle risorse
    disponibili, i Ministeri della P.A. e dell’Economia potranno poi adottare
    le necessarie misure correttive. In sintesi, con la Riforma della Pubblica
    Amministrazione sono stati approvati gli 11 decreti attuativi dedicati ad
    una generale riorganizzazione dei servizi pubblici locali. Le principali
    novità del corposo pacchetto di norme prevedono una serie di misure per il
    controllo ed i provvedimenti sui cosiddetti furbetti del cartellino con
    una accelerazione della procedura di espulsione e un inasprimento delle
    pene per i dipendenti e i dirigenti pubblici. Numerose sono le novità sulle
    Pensioni, sulle assunzioni e gli esuberi. La riforma prevede, inoltre, la
    creazione dei così detti distretti, dell’accorpamento della Forestale nel
    corpo dei Carabinieri, dell’apertura degli archivi pubblici ai cittadini,
    per quello che ora si prospetta come uno “Stato più semplice”. La riforma
    Madia sulla pubblica amministrazione ora entra in una fase cruciale,
    inizialmente passerà al vaglio dei sindacati e poi del Consiglio dei
    ministri. Il Testo Unico della PA, in aggiunta al decalogo per i
    licenziamenti, mette sul tavolo anche una misura per le famiglie rivolta a
    circa 3 milioni di dipendenti pubblici. In tal senso, le novità previste
    riguardano telelavoro e alcune formule flessibili per aiutare i genitori
    dipendenti pubblici a conciliare vita privata e professionale. Hanno un
    analogo obiettivo anche le previste convenzioni con gli asili nido e le
    azioni volte a rendere più facile la richiesta del part-time. Dietro le
    nuove misure a favore della famiglia c’è lo scopo di raggiungere dei target
    per i servizi pubblici più performanti ed efficienti. Su questo solco,
    infatti, l’Esecutivo sta lavorando su una specifica direttiva prevista
    dalla riforma Madia, che mira proprio a incentivare lo smartworking, vale a
    dire su manovre flessibili per venire incontro a chi è dipendente e ha
    figli. Il Ministero della Pubblica amministrazione, di concerto con il
    dipartimento per le Pari opportunità, è attualmente al lavoro su alcune
    novità importanti per i dipendenti del pubblico impiego. Infatti, oltre al
    Testo Unico arriveranno a breve anche specifiche misure per ottimizzare la
    conciliazione vita-lavoro. Tra le novità, arriveranno direttive nuove su:
    telelavoro; part-time più semplice; accordi tra amministrazioni, asili nido
    ed enti per campi estivi (che garantiscano, ad esempio, servizi aperti nei
    periodi in cui le scuole sono chiuse) riservati ai figli dei dipendenti
    pubblici. Da ultimo il rinnovo dei contratti della PA. Presumibilmente
    anche la parte relativa al rinnovo contrattuale della Riforma P.A. potrebbe
    recepire alcuni cambiamenti grazie alla flessibilità oraria. Anzitutto,
    almeno il 10% dei dipendenti entro il 2018, qualora vi siano richieste,
    deve essere messo in condizione di poter prestare servizio con nuove
    modalità di gestione lavorativa.
 
     
     Per quanto riguarda la parte economica del nuovo CCNL, oltre all’aumento
    tabellare, che mediamente sarà di 80/85 Euro mensili, l’art. 88 co. 5 del
    CCNL incrementa dello 0.30% del monte salari del 2015, il Fondo Risorse
    Decentrate da utilizzare in contrattazione integrativa. Sono ulteriori
    risorse fisse e ricorrenti utilizzabili per le progressioni economiche.
    Risultato importante è stato il conglobamento dell'indennità vacanza
    contrattuale (IVC) nello stipendio tabellare, utile ai fini pensionistici,
    ed è aggiuntiva rispetto agli aumenti contrattuali; nel precedente rinnovo,
    al contrario, gli incrementi economici comprendevano l’IVC (indennità di
    vacanza contrattuale). Altro elemento solidaristico è “l’elemento
    perequativo” finalizzato al sostegno economico per le fasce retributive più
    basse. Infine, è utile sottolineare che nella legge di bilancio appena
    approvata, tre norme riguardano direttamente il sistema retributivo diretto
    ed indiretto. Ci si riferisce: 1) all’innalzamento delle fasce di reddito
    utili per accedere al cosiddetto BONUS di 80 euro, che di fatto neutralizza
    l’effetto di superamento dovuto al rinnovo contrattuale; 2) allo
    stanziamento di 20 milioni di euro per completare le progressioni
    economiche di tutto il personale delle Agenzia delle Entrate. Nonostante le
    lamentele e le delusioni di alcuni lavoratori sull’Ipotesi di CCNL Funzioni
    Centrali, firmata il 23 dicembre 2017, perché gli aumenti previsti
    risultano insufficienti e di fatto non ristorano minimamente la perdita di
    potere d’acquisto conseguente a più di otto anni di mancati aumenti
    stipendiali, perché contestano la mancanza di qualsivoglia riconoscimento
    della professionalità e l’assenza di carriere degne di questo nome, o
    perché denunciano la mancata tutela dei diritti dei lavoratori, su tutti
    quello costituzionalmente riconosciuto alla salute e alle cure, minato
    dalla disciplina del controllo pedissequo sulle assenze per malattia e dal
    trattamento le visite diagnostiche e specialistiche nonché dal trattamento
    delle assenze dovute a terapie salvavita, la sottoscritta, funzionario del
    Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, si ritiene oltremodo
    soddisfatta della ripresa delle trattative tra parti sociali e ARAN,
    bloccate per oltre nove anni, poiché è stato fugato il rischio temuto
    dall’applicazione della legge Brunetta e di tutte le norme costruite contro
    i lavoratori dai Governi che si sono succeduti nel periodo del blocco
    contrattuale che ha tolto dignità alle norme contrattuali a fronte di norme
    unilaterali e punitive del lavoro pubblico.
Per quanto riguarda la parte economica del nuovo CCNL, oltre all’aumento
    tabellare, che mediamente sarà di 80/85 Euro mensili, l’art. 88 co. 5 del
    CCNL incrementa dello 0.30% del monte salari del 2015, il Fondo Risorse
    Decentrate da utilizzare in contrattazione integrativa. Sono ulteriori
    risorse fisse e ricorrenti utilizzabili per le progressioni economiche.
    Risultato importante è stato il conglobamento dell'indennità vacanza
    contrattuale (IVC) nello stipendio tabellare, utile ai fini pensionistici,
    ed è aggiuntiva rispetto agli aumenti contrattuali; nel precedente rinnovo,
    al contrario, gli incrementi economici comprendevano l’IVC (indennità di
    vacanza contrattuale). Altro elemento solidaristico è “l’elemento
    perequativo” finalizzato al sostegno economico per le fasce retributive più
    basse. Infine, è utile sottolineare che nella legge di bilancio appena
    approvata, tre norme riguardano direttamente il sistema retributivo diretto
    ed indiretto. Ci si riferisce: 1) all’innalzamento delle fasce di reddito
    utili per accedere al cosiddetto BONUS di 80 euro, che di fatto neutralizza
    l’effetto di superamento dovuto al rinnovo contrattuale; 2) allo
    stanziamento di 20 milioni di euro per completare le progressioni
    economiche di tutto il personale delle Agenzia delle Entrate. Nonostante le
    lamentele e le delusioni di alcuni lavoratori sull’Ipotesi di CCNL Funzioni
    Centrali, firmata il 23 dicembre 2017, perché gli aumenti previsti
    risultano insufficienti e di fatto non ristorano minimamente la perdita di
    potere d’acquisto conseguente a più di otto anni di mancati aumenti
    stipendiali, perché contestano la mancanza di qualsivoglia riconoscimento
    della professionalità e l’assenza di carriere degne di questo nome, o
    perché denunciano la mancata tutela dei diritti dei lavoratori, su tutti
    quello costituzionalmente riconosciuto alla salute e alle cure, minato
    dalla disciplina del controllo pedissequo sulle assenze per malattia e dal
    trattamento le visite diagnostiche e specialistiche nonché dal trattamento
    delle assenze dovute a terapie salvavita, la sottoscritta, funzionario del
    Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, si ritiene oltremodo
    soddisfatta della ripresa delle trattative tra parti sociali e ARAN,
    bloccate per oltre nove anni, poiché è stato fugato il rischio temuto
    dall’applicazione della legge Brunetta e di tutte le norme costruite contro
    i lavoratori dai Governi che si sono succeduti nel periodo del blocco
    contrattuale che ha tolto dignità alle norme contrattuali a fronte di norme
    unilaterali e punitive del lavoro pubblico.

    
La prima parte di questo articolo è stata pubblicata sul N. 26 di
    Lavoro@Confronto
[1] Carlo Cester in “I licenziamenti dopo la legge n. 92/2012”
[2] Maresca ne “Il nuovo regime sanzionatorio del licenziamento illegittimo: le modifiche dell’art. 18 Statuto dei lavoratori”
[*] Funzionario amministrativo in servizio presso la DG per la lotta alla povertà e per la programmazione sociale - Ministero del lavoro e delle politiche sociali. Le considerazioni contenute nell’articolo sono frutto esclusivo del pensiero dell’autrice e non impegnano in alcun modo l’amministrazione di appartenenza.
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