Lo scorso 21 dicembre il Ministero del Lavoro, con la consueta preziosa disponibilità, ci ha concesso l’utilizzo del prestigioso Salone Riunioni intitolato, come la nostra Fondazione, al Prof. Massimo D’Antona.
In altra parte di questa rivista forniamo ulteriori informazioni sulla giornata che rappresenta la nostra annuale “vetrina” per far meglio comprendere, innanzitutto alle colleghe ed ai colleghi, l’importanza della Fondazione.
L’opportunità di questo numero monografico è anche l’occasione per dar voce ad alcuni interventi di colleghi che, non presenti alla tavola rotonda, offrono un prezioso contributo su alcune tematiche strettamente connesse ai servizi per l’impiego.
L’intenzione di queste poche righe è, invece, il voler “socializzare” alcune considerazioni indotte dagli interventi, ma soprattutto dal consueto fondamentale contributo di Fabrizio Di Lalla.
La consegna del “Premio Massimo D’Antona” per la brillante tesi di dottorato della collega Gabriella Viale, era anche l’occasione per un dibattito sul “Rilancio dei servizi per l’impiego tra realtà ed utopia”, al quale si era detto disponibile l’On. Ministro Luigi Di Maio indicando, appunto, la data del 21 dicembre.
A poche ore dall’inizio della manifestazione l’On. Ministro ha comunicato la propria impossibilità a partecipare, non delegando alcuno in sua vece.
Se non fossimo oramai avvezzi alle “sorprese” saremmo indotti a trarre conclusioni avventate, non tenendo conto dei mille impegni e delle priorità di chi ricopre importanti incarichi di vertice soprattutto in passaggi politici estremamente delicati.
Certo è per lo meno singolare che nella mattinata di un venerdì lavorativo non si sia ritenuto di delegare un “quisque de administratione” anche solo per i venti minuti della consegna di un riconoscimento che ha premiato innanzitutto l’impegno di una dipendente per l’approfondimento giuridico, ma soprattutto che dà ancora una volta contezza delle enormi e misconosciute reali potenzialità del patrimonio umano presente nel Ministero del Lavoro.
Diversa e decisamente su un altro piano la questione della mancata partecipazione alla “tavola rotonda”; presenza senza alcun dubbio politicamente, ma soprattutto tecnicamente “impegnativa”.
I relatori erano, infatti, sia qualificati esponenti delle forze sociali, ma anche “scafati” conoscitori di problematiche tecniche e burocratico-amministrative da anni irrisolte.
E spiace che si sia persa una opportunità per approfondire, comprendere meglio e probabilmente evitare od anche solo attenuare potenziali future criticità.
Nelle riflessioni di Fabrizio Di Lalla è emerso senza sconti lo sconforto, anzi lo sconcerto per l’estrema superficialità e persino impertinenza per come si sta affrontando la riforma dei servizi per l’impiego.
È poco credibile che con un tocco di bacchetta magica si pensi di poter risolvere lo “storico" non funzionamento del collocamento pubblico, strettamente interdipendente dal complesso normativo che si dipana in una miriade di sfumature regolatorie, e non sempre fra loro coerenti, del contesto socio-economico-culturale del Paese.
Servizi per l’impiego pubblici o privati che scontano l’essere disorganici al sistema, perché marginalizzati in attività poco produttive ai fini del collocamento e persino mortificanti per gli operatori laddove costretti quasi ad inventarsi mere procedure burocratico formali per trovare un senso alla propria quotidianità. Basti analizzare i dati del mismatching che sono decisamente e crudamente eloquenti del disallineamento fra domanda ed offerta di lavoro. Ed è di questi giorni il dato del sistema informativo Excelsior, realizzato da Unioncamere e Anpal, che nello stimare che i potenziali nuovi assunti entro il prossimo mese di marzo potrebbero sfiorare il milione e duecentomila unità, evidenzia i “10 profili più difficili da trovare sul mercato”, con un divario di reperimento del 31%[1].
Ancora una volta la preoccupazione espressa da Di Lalla è stata rivolta allo spreco di risorse, di tempo, di credibilità. Ha infatti ricordato il recente completo fallimento dell’Agenzia per l’Ispezione del Lavoro – che già a suo tempo aveva paventato su queste stesse pagine[2] –, organo che avrebbe dovuto conseguire l’obiettivo dell’unitarietà dell’ispezione del lavoro, e che ha invece provocato una forza centrifuga che ha maggiormente diviso gli operatori “ministeriali” da quelli di INPS ed INAIL facendo addirittura esplodere una conflittualità latente che oggi non consente neanche l’originaria collaborazione.
Ed allora anche alla luce delle considerazioni emerse nel corso della tavola rotonda, Di Lalla non si è sottratto a manifestare il timore che il non funzionamento dei servizi per l’impiego rispetto al Reddito di Cittadinanza sia la foglia di fico per mascherare la natura di questo assegno, che dovrebbe essere uno strumento di politica attiva e rischia di diventare a tempo indeterminato un assegno di beneficenza, causa il non funzionamento dei servizi di politica attiva.
L’idea, largamente condivisa, del Reddito di Cittadinanza quale concreto sostegno ed impulso non alla mera ricerca di lavoro, ma all’effettivo collocamento, rischia allora di essere solo un costoso strumento propagandistico.
E, come già “non avvenuto” con la riforma dei servizi ispettivi, anche in questo caso sarebbe stato sufficiente apportare modifiche all’esistente, evitando ancora una volta di gettare fumo negli occhi con il cambio del nome senza, come sottolineava Di Lalla, un “progetto, un progetto che comprenda degli obiettivi, che comprenda un modello organizzativo, che comprenda la capacità di rinnovamento del personale”.
Personale in gran parte al limite della pensione e per il quale negli anni passati non si è fatto abbastanza, se non niente, sul versante della formazione, lasciandolo in un limbo di progressiva perdita di professionalità e di quelle competenze che oggi sono improvvisamente richieste per dare concretezza, spessore, e dignità al Reddito di Cittadinanza.
L’assenza del Ministro alla tavola rotonda non è stata certo utile a superare il pessimismo indotto dalla poca chiarezza (mancanza?) di un disegno strategico ed articolato del Reddito di Cittadinanza, che passa attraverso l’assunzione di 6 mila navigator. Sei mila assunzioni (o, meglio, diecimila aggiungendovi quelle che dovranno essere effettuate dalle Regioni) con o bypassando le regole del concorso pubblico? E inserendoli traumaticamente negli attuali servizi per l’impiego?
Una cosa appare, comunque, certa i servizi per l’impiego non saranno affatto a regime contestualmente alla possibilità di richiedere il Reddito di Cittadinanza.
E non si può non concordare con Fabrizio Di Lalla quando si rammarica del fatto che «una volta quando si facevano i progetti, soprattutto, per il settore pubblico, si coinvolgevano i corpi intermedi, ci si preparava, si facevano i confronti e molto spesso diventavano parte integrante del progetto, non solo nell’elaborazione ma anche della strumentazione e del funzionamento. Oggi e da qualche anno che in Italia i corpi intermedi sembra che non servano più o siano stati messi da parte e questo è un gravissimo errore che pagheremo tutti. Lo pagheremo tutti perché i corpi intermedi in una democrazia sono l’elemento fondamentale per qualsiasi tipo di obiettivo, perché rappresentano l’interesse di parte del Paese ed il confronto tra le parti del Paese è importantissimo per arrivare alla decisione definitiva, di interesse generale».
[1] i.e. Il Sole 24ORE, 15 gennaio 2019, Piani di assunzione, “Lavoro, c’è posto per 1,2 milioni di giovani. Ma uno su tre è «introvabile»”, servizio di Francesca Barbieri.
[2] in Lavoro@Confronto, Numero 10, Luglio/Agosto 2015, Il cambio della targa, Fabrizio Di Lalla, http://www.lavoro-confronto.it/archivio/numero-10.
[*] Direttore Responsabile di Lavoro@Confronto
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