Durante il rapporto di lavoro i lavoratori possono subire una lesione della loro integrità psicofisica, a seguito di infortunio. Al verificarsi di tale evento, causato dall’attività lavorativa, sono per legge tutelati presso l’INAIL contro i danni fisici ed economici che ne derivano.
La normativa di riferimento è contenuta nel D.P.R del 30 giugno 1965 n.1124 “Testo Unico delle disposizioni per l’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali che differenzia l’infortunio dalla classica indennità di malattia”.
Il citato T.U. prevede un’apposita assicurazione obbligatoria che indennizza i danni subiti, in proporzione alla gravità dell’evento traumatico e alle sue conseguenze, garantendo, se ne ricorrono i presupposti, prestazioni sanitarie specifiche, copertura delle spese, anche per analisi cliniche, diagnostiche e acquisto apparecchiature, prestazioni economiche e fornisce, inoltre, assistenza economica ai superstiti, in caso di lavoratori deceduti.
Trattasi di un’assicurazione posta a carico del datore di lavoro, sul quale grava il costo della stessa mediante il pagamento del c.d. “premio assicurativo”, rivolta ai lavoratori con cui intercorre un rapporto di lavoro subordinato o parasubordinato, la quale lo esonera dalla responsabilità civile conseguente all’evento lesivo subìto dai propri dipendenti, ad esclusione dei casi in cui, in sede penale o anche civile, sia riconosciuta la sua responsabilità per un reato commesso con violazione delle norme di prevenzione e igiene sul lavoro.
L’importanza di siffatta assicurazione emerge dalla lettura dei dati mensili INAIL, seppur ancora provvisori, da cui si evince che le denunce pervenute al 31/12/2018 per gli infortuni avvenuti nel periodo gennaio-dicembre 2018 sono state 641.261, ovvero quasi 6 mila in più (+0,9%) rispetto al 2017 (635.433). Le stesse hanno interessato gli infortuni in occasione di lavoro (che hanno subito un aumento di +0,6%, passando da 539.584 a 542.743) e quelli in itinere (che hanno fatto registrare un +2,8%, passando da 95.849 a 98.518).
Anche gli infortuni mortali del 2018 hanno superato quelli del 2017 (1.133 rispetto ai precedenti 1.029) e maggiori sono stati, nel 2018, gli incidenti “plurimi”, ossia quelli che hanno causato la morte di due o più lavoratori nello stesso evento (come accaduto, ad esempio, a seguito del crollo del Ponte di Genova).
Tali dati, di conseguenza, evidenziano sempre più come la tutela della salute e della vita dei lavoratori debba considerarsi la principale “mission” degli Organi istituzionali preposti alla vigilanza, non solo per rendere più sicuri e meno pericolosi i luoghi di lavoro in cui gli stessi operano, ma anche per ricercare e predisporre misure idonee a favorire la riabilitazione, il reinserimento sociale e lavorativo degli infortunati.
L’art 2 del D.P.R. n. 1124 del 1965, che costituisce il Testo Unico delle disposizioni per l’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni e le malattie professionali, statuisce che “l’assicurazione comprende tutti i casi di infortunio avvenuti per causa violenta in occasione di lavoro, da cui sia derivata la morte o un’inabilità permanente al lavoro, assoluta o parziale, ovvero un’inabilità temporanea assoluta che importi l’astensione dal lavoro per più di tre giorni”.
L'infortunio sul lavoro è, pertanto, quell'evento traumatico verificatosi per una causa violenta sul posto di lavoro o in occasione di lavoro, intendendosi con ciò che è lo stesso lavoro che ha determinato il rischio dell’infortunio, il quale comporta una lesione o una malattia del corpo, con l'impossibilità di svolgere l'attività lavorativa per più di tre giorni.
Presuppone, di conseguenza, l’esistenza di un rapporto causa-effetto, di qualunque natura, tra l’evento lesivo e lo svolgimento dell’attività lavorativa.
Pertanto, affinché si possa configurare l’infortunio è necessaria l’esistenza delle seguenti condizioni:
L’art. 12 del D. Lgs. 38/2000 (Disposizioni in materia di assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, a norma dell’art 55, comma 1, della legge 17 maggio 1999, n. 144), ha modificato l’art. 2 del D.P.R. n. 1124 del 1965, estendendo l’assicurazione INAIL anche al c.d. infortunio in itinere: “salvo il caso di interruzione o deviazione del tutto indipendenti dal lavoro o, comunque, non necessitate, l’assicurazione comprende gli infortuni occorsi alle persone assicurate durante il normale percorso di andata e ritorno dal luogo di abitazione durante il normale percorso che collega due posti di lavoro se il lavoratore ha più rapporti di lavoro e, qualora non sia presente un servizio di mensa aziendale, durante il normale percorso di andata e ritorno dal luogo di lavoro a quello di consumazione abituale dei pasti…”.
Per “luogo di abitazione” si intende il luogo di effettiva dimora a prescindere dalla residenza anagrafica (Cass. 477/2014), mentre per “normale tragitto” si intende il percorso più breve e, difatti, nel caso in cui il lavoratore utilizzi un tragitto differente, in caso di infortunio, deve dare la prova dell’impossibilità o della difficoltà di percorrere la strada ordinaria.
Invece, le necessarie interruzioni e deviazioni sono quelle dovute:
Pertanto se il lavoratore, durante il normale tragitto, effettua delle interruzioni o delle deviazioni che non rientrano tra quelle necessarie l’assicurazione obbligatoria non coprirà l’evento lesivo.
Difatti, per come da ultimo sancito dalla Cassazione Civile - Sez. VI - nella Sentenza n. 3376/2019, non è indennizzabile l’incidente subìto dal lavoratore nel recarsi al lavoro se l’infortunio non si è verificato durante il normale percorso di andata e ritorno dal luogo di abitazione a quello di lavoro, ma si sia verificata una irragionevole deviazione, non dipesa da causa di forza maggiore né da esigenze improrogabili o dall’attuazione di una direttiva del datore di lavoro, sussistendo, in tali circostanze, un’ipotesi di rischio elettivo, causato dal lavoratore per scelte personali tali da interrompere il nesso di causalità tra il lavoro e l’evento subito.
Di conseguenza, con l’infortunio in itinere il lavoratore è risarcito per qualsiasi incidente subito durante il normale tragitto, a prescindere dal mezzo di trasporto pubblico utilizzato, quindi anche in treno, a piedi, in autobus, in taxi, a condizione che siano appurate le finalità lavorative, la normalità del tragitto e la compatibilità degli orari.
L’assicurazione per l’infortunio in itinere copre, inoltre, anche l’infortunio quando il lavoratore, invece di ricorrere ai mezzi pubblici, utilizza un mezzo di trasporto privato (auto, moto e bicicletta –sul punto vedasi Cass. 7313/2016), a patto che tale uso sia sempre necessario ai fini dello svolgimento dell’attività lavorativa (da ultimo vedasi Cass. 16835/2017) in quanto:
Sono, al contrario, esclusi dall’assicurazione gli infortuni in itinere sono causati da:
All’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro sono obbligati, ex art. 9 D.P.R. 1124/1965, tutti i datori di lavoro che occupano lavoratori dipendenti e parasubordinati nelle attività individuate dalla legge come rischiose. L’obbligo sussiste anche in presenza di occupazione di una sola persona, purché soggetta all’assicurazione obbligatoria.
Gli artigiani e i lavoratori autonomi dell’agricoltura devono assicurare, inoltre, anche se stessi.
Nella nozione di datore di lavoro sono ricomprese le persone fisiche, gli esercenti di lavori in economia, le organizzazioni sindacali (nei confronti dei lavoratori in aspettativa per ricoprire cariche sindacali) e le persone giuridiche.
Invero, con riferimento a queste ultime, siano esse società o associazioni anche prive di personalità giuridica, a seguito del D.Lgs. 8 giugno 2001 n. 231 (“Disciplina della Responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni prive di personalità giuridica, a norma dell’art. 11 della legge 29 settembre 2000, n. 300”) è stata loro riconosciuta la responsabilità amministrativa per gli illeciti amministrativi derivanti dai reati di omicidio colposo e lesioni personali colpose gravi o gravissime, commessi con violazione delle norme sulla tutela della salute e sicurezza sul lavoro.
In ogni caso, al fine della sussistenza della copertura assicurativa, è necessario che il datore di lavoro denunci all’INAIL i lavori che intende svolgere, contestualmente all’inizio dell’attività (o entro i cinque giorni successivi se non è possibile effettuare la denuncia contestuale) e, in tal modo, l’Istituto fa sorgere il rapporto assicurativo e richiede al datore di lavoro il primo versamento in acconto del premio.
Al verificarsi dell’infortunio, se la prognosi supera i 3 giorni oltre quello in cui si è verificato l’incidente, il datore di lavoro ha l’obbligo di presentare il modello di “denuncia infortunio sul lavoro INAIL”, per via telematica, entro due giorni dalla ricezione del certificato da parte del lavoratore, pena la sanzione amministrativa pecuniaria. Al contrario, per gli infortuni sul lavoro che comportino un’assenza dal lavoro di almeno un giorno, escluso quello dell'evento, il datore di lavoro deve inoltrare la “comunicazione di infortunio”, per finalità statistiche e informative (vedasi sul punto Circolare INAIL n. 42/2017), pena l’applicazione della relativa sanzione amministrativa pecuniaria.
In caso di infortunio mortale o con pericolo di morte, il datore di lavoro deve segnalare l'evento entro ventiquattro ore e con qualunque mezzo che consenta di comprovarne l'invio, fermo restando comunque l'obbligo di inoltro della denuncia/comunicazione nei termini e con le modalità di legge.
Con l’istituzione della citata assicurazione, i datori di lavoro, al verificarsi dell’infortunio, sono esonerati dalla responsabilità civile, a meno che non siano responsabili dello stesso, violando le norme di sicurezza e facendo lavorare i propri dipendenti in condizioni di grave rischio, mettendone in pericolo la salute.
Invero, la responsabilità del datore di lavoro, nel verificarsi dell’infortunio, seppur non faccia venir meno il diritto del lavoratore infortunato all’indennizzo, può comportare nei suoi confronti il risarcimento dei danni subiti da parte del lavoratore o dei suoi superstiti (artt. 2043 e 2087 c.c.) e il diritto di regresso da parte dell’INAIL per il recupero del costo delle prestazioni erogate. Tali azioni, rispettivamente soggette alla prescrizione decennale e triennale, possono essere esperite solo a seguito di accertata responsabilità penale del datore di lavoro per un fatto, dallo stesso compiuto, che costituisce reato perseguibile d’ufficio, ossia un fatto commesso con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro, relative all’igiene del lavoro o che abbiano comportato una malattia professionale.
Nell’ipotesi di azione da parte del lavoratore o dei suoi superstiti, però, gli stessi, possono agire solo quando si tratti di fatti, come sopra definiti, per i quali il giudice abbia liquidato il c.d. “danno differenziale”, ossia un danno di importo superiore a quello erogato dall’INAIL.
Sono tutelati dall’INAIL tutti coloro che, addetti ad attività rischiose, svolgono un lavoro comunque retribuito alle dipendenze di un datore di lavoro, compresi i sovrintendenti ai lavori, i medici esposti a Rx, gli apprendisti, i dipendenti che lavorano a computer e registratori di cassa, gli appartenenti all'area dirigenziale, gli sportivi professionisti dipendenti, i lavoratori dipendenti che svolgono attività esclusivamente intellettuali quando hanno necessità di frequentare luoghi dove si svolgono lavorazioni pericolose e tale necessità è intrinseca alle loro mansioni.
Sono assicurati, inoltre, i lavoratori parasubordinati che svolgono attività di collaborazione coordinata e continuativa.
Per quanto riguarda la navigazione e la pesca, sono compresi nell'assicurazione i componenti dell'equipaggio, comunque retribuiti, delle navi o galleggianti anche se esercitati a scopo di diporto.
Soggetti all’assicurazione sono anche i lavoratori che, nonostante l’assenza della subordinazione e a volte della retribuzione, per la loro posizione sociale sono considerarti degni di tutela: i familiari del datore di lavoro, i soci di cooperative e di ogni altro tipo di società i quali prestino opera manuale, o non manuale, la quale sussiste anche nella sovrintendenza del lavoro altrui, pur "senza partecipare materialmente al lavoro", gli alunni, i detenuti.
In base al principio “dell’automaticità delle prestazioni”, i lavoratori che subiscono un infortunio sul lavoro sono tutelati anche se il datore di lavoro non ha versato regolarmente il premio assicurativo, ad eccezione degli infortuni in ambito domestico, per i quali il diritto decorre dal giorno successivo alla data del pagamento del premio.
Nel caso dei lavoratori autonomi, invece, che hanno la duplice veste di assicurante e di assicurato, il diritto alle prestazioni resta sospeso - per le sole prestazioni economiche - fino al versamento del premio dovuto.
Le attività rischiose, soggette ad assicurazione sono le seguenti:
Infine, attesa l’evoluzione dei processi lavorativi e l’introduzione di tecnologie sempre più avanzate, l’obbligo assicurativo è oggi esteso a quasi tutte le attività di produzione e servizi.
Il diritto al risarcimento sussiste quando l’infortunio è connesso:
Da ultimo, in tema di indennizzabilità degli infortuni sul lavoro, è intervenuta la Suprema Corte di Cassazione (sezione Lavoro) con la pronuncia n. 2838 del 6 febbraio 2018, la quale ha chiarito i requisiti di collegamento tra l’infortunio subito lavoratore e l’attività espletata. Il giudice di legittimità ha affermato, come dalla lettura della legge si evinca la non necessaria verificazione dell'infortunio nel corso dello svolgimento delle mansioni tipiche, ossia quelle "in ragione delle quali è stabilito l'obbligo assicurativo", essendo di conseguenza ristorabile anche il sinistro occorso durante l'espletamento di attività connesse e i cui rischi non dipendano strettamente dall'apparato produttivo.
In definitiva la Suprema Corte, ritiene che il legislatore, nel prevedere in attuazione dell'art. 38 Cost. una pregnante forma di tutela a favore delle vittime di sinistri, abbia inteso dare rilievo non tanto ai c.d. rischi professionali, "come tradizionalmente intesi", bensì ad una vasta gamma di infortuni "in stretto rapporto di connessione con l'attività protetta". Il predetto assunto si pone, del resto in assoluta continuità con l'oramai consolidato orientamento giurisprudenziale che interpreta, in maniera decisamente estensiva, quanto disposto dal D.P.R. 1124/1965 (Cassazione Sentenze nn. 5419/1999, 10298/2000, 9556/2001, 1944/2002, 16417/2005, 2136/2015, nonché Ordinanza n. 24765/2017).
Al contrario, il risarcimento non spetta quando l’infortunio è causato:
L’infortunio sul lavoro viene così retribuito:
La differenza, pari al 40% per la prima fase ed al 25%, è erogata dal datore di lavoro. L’indennizzo INAIL per infortunio sul lavoro, è pagato per tutti i giorni, compresi i festivi che cadono nel periodo di astensione dal lavoro.
Tale indennità non è però cumulabile con l’indennità di malattia INPS e difatti l’Infortunio sul lavoro non è soggetto a visita fiscale per malattia prevista per i lavoratori privati e pubblici.
È invece cumulabile con: l’assegno per congedo matrimoniale, che è erogato sulla differenza tra la retribuzione spettante nello stesso periodo e l’integrazione INAIL; l’assegno per il nucleo familiare che spetta sia per i giorni di carenza e fino a un massimo di 3 mesi.
Il pagamento dell’indennità INAIL per infortunio sul lavoro viene immediatamente erogata sulla prima busta paga spettante al lavoratore, in quanto è anticipata dal datore di lavoro, ma nel caso in lo stesso non si avvalga di tale facoltà, viene erogato dall’INAIL.
Le prestazioni economiche erogate dall’Inail, ad esclusione dell’indennità di temporanea e dell’integrazione della rendita diretta, inoltre, non sono soggette a tassazione e non sono né pignorabili né cedibili.
È riconosciuto agli infortunati e consiste in una prestazione economica non soggetta a tassazione Irpef per gli infortuni verificatisi dal 25 luglio 2000 per i quali è accertato un grado di menomazione dell’integrità psicofisica compreso tra il 6% ed il 15%.
La prestazione è erogata, in una unica soluzione in funzione dell’età, del genere e del grado di menomazione accertato, ed è soggetta a rivalutazione monetaria.
A decorrere dall'anno 2019, tuttavia, l'efficacia delle suddette disposizioni, è subordinata alla revisione delle tariffe dei premi assicurativi.
A superstiti dei lavoratori deceduti a seguito di un infortunio, è invece riconosciuta la prestazione economica della rendita, non soggetta a tassazione Irpef, la quale si ottiene previa domanda degli aventi diritto alla sede INAIL competente in base al domicilio del lavoratore deceduto.
La rendita decorre dal giorno successivo alla morte del lavoratore ed è erogata a seguenti familiari:
In mancanza di coniuge/unito civilmente e figli spetta a:
La rendita viene rivalutata annualmente, a seguito di apposito decreto del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali.
Per gli infortuni mortali verificatisi a decorrere dal 1° gennaio 2007, l'INAIL eroga, anche, ai superstiti del lavoratore deceduto, oltre al beneficio una tantum previsto dal Fondo vittime gravi infortuni, su istanza degli aventi diritto, un’anticipazione della rendita pari a 3 mensilità della rendita annua calcolata sul minimale retributivo di legge.
In favore dei superstiti dei lavoratori deceduti a seguito di infortunio- assicurati e non- è inoltre stato istituito uno specifico Fondo presso il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali. Destinatari del Fondo sono sempre il coniuge/unito civilmente e figli. In mancanza gli aventi diritto sono i genitori, naturali o adottivi, o fratelli e sorelle.
È una prestazione una tantum erogata per contribuire alle spese sostenute in occasione della morte di lavoratori deceduti in seguito a un infortunio sul lavoro.
Beneficiari sono sempre il coniuge/unito civilmente o, in mancanza, figli, o in mancanza ascendenti, o in mancanza collaterali, se hanno i requisiti per fruire della rendita a superstite. In mancanza dei predetti aventi diritto, l’assegno è corrisposto a chiunque dimostri di aver sostenuto le spese in occasione della morte del lavoratore.
L’importo dell’assegno, pari ad € 2.160,00, è rivalutato annualmente e non è soggetto a tassazione Irpef.
L’art. 1, comma 1126, della Legge n. 145 del 2018, c.d. “Legge di Bilancio”, nel prevedere per tre anni una revisione delle tariffe, dei premi e contributi per l’assicurazione INAIL comportanti minori entrate (pari a € 410 milioni per l’anno 2019, a € 525 milioni per l’anno 2020 e a € 600 milioni per l’anno 2021), ha apportato delle modifiche alla normativa sulla rivalsa dell’INAIL e sul danno differenziale.
Invero, per far fronte a tali minori entrate la Legge dispone la riduzione per ciascuno dei tre anni (2019, 2020 e 2021) delle risorse strutturali destinate dall’INAIL per il finanziamento dei progetti di investimento e formazione in materia di salute e sicurezza sul lavoro, delle risorse destinate allo sconto per prevenzione, la diminuzione del risarcimento per i lavoratori e l’aumento delle somme aggredibili dall’INAIL in sede di regresso e di surroga.
Pertanto, il sopra citato art. 1, ha modificato gli artt. 10 e 11 del DPR 30 giugno 1965 n. 1124, variando il meccanismo attraverso il quale l'INAIL si rivale sui responsabili di un incidente sul lavoro (o sulle assicurazioni).
In ogni caso, le previsioni contenute nella Legge di Stabilità non sono retroattive e pertanto non sono applicabili ai giudizi in corso ossia ricollegabili agli infortuni e alle malattie professionali verificatesi o denunciati prima della sua entrata in vigore (Corte di Cassazione – Sezione Lavoro- Sent. n. 8580/2019).
La Legge di Bilancio ribadisce che il danno differenziale, a cui eventualmente il datore di lavoro è tenuto, deve essere calcolato per differenza fra l’ammontare complessivo del danno per i diversi titoli e l’importo complessivo dell’indennizzo erogato dall’ INAIL al lavoratore “a qualsiasi titolo ed indistintamente”.
Così, a termini dell’art.10, comma 6, del D.P.R. n.1124/1965, come modificato dalla Legge di Bilancio 2019, “Non si fa luogo a risarcimento qualora il giudice riconosca che questo, complessivamente calcolato per i pregiudizi oggetto di indennizzo, non ascende a somma maggiore dell’indennità che, a qualsiasi titolo e indistintamente, per effetto del presente decreto, è liquidata all’infortunato o ai suoi aventi diritto”.
In sostanza, ai fini del danno differenziale, il confronto si opera tra l’importo totale delle prestazioni INAIL e l’ammontare del danno civilistico, calcolato solo per i pregiudizi oggetto di indennizzo, ossia quelle voci di danno per cui esiste copertura assicurativa.
Per quanto concerne, invece, il diritto di regresso dell’INAIL nei confronti del responsabile civile, la citata Legge precisa che nel determinare le somme oggetto del regresso si tiene conto nel complesso delle prestazioni erogate dall’INAIL, il quale pertanto, può esercitare il diritto di regresso per recuperare tutto quanto erogato, “nei limiti del complessivo danno risarcibile” , senza alcun defalco di voci di danno.
Infatti, secondo la nuova formulazione dell’art.11, comma1, del D.P.R. 30/6/1965 n.1124, “L’Istituto assicuratore deve pagare le indennità anche nei casi previsti dal precedente articolo, salvo il diritto di regresso per le somme a qualsiasi titolo pagate a titolo d’indennità e per le spese accessorie nei limiti del complessivo danno risarcibile, contro le persone civilmente responsabili. La persona civilmente responsabile deve, altresì, versare all’Istituto assicuratore una somma corrispondente al valore capitale dell’ulteriore rendita a qualsiasi titolo dovuta, calcolato in base alle tabelle di cui all’art. 39 nonché ad ogni altra indennità erogata a qualsiasi titolo”.
Nell’art. 11 è stata, inoltre, introdotta una novità nei criteri di determinazione del danno che il datore di lavoro può essere chiamato a risarcire: «Nella liquidazione dell’importo dovuto ai sensi dei commi precedenti, il giudice può procedere alla riduzione della somma tenendo conto della condotta precedente e successiva al verificarsi dell’evento lesivo e dell’adozione di efficaci misure per il miglioramento dei livelli di salute e sicurezza sul lavoro. Le modalità di esecuzione dell’obbligazione possono essere definite tenendo conto del rapporto tra la somma dovuta e le risorse economiche del responsabile».
Si riconoscono, in tal modo, due importanti benefici a favore del datore di lavoro. Il primo consiste nella discrezionalità riconosciuta al giudice di ridurre la somma al momento della liquidazione sulla base della condotta assunta dal datore di lavoro, sia “precedente”, per escludere o contenere la propria responsabilità, sia “successiva” alla verificazione dell’evento, per eliminare o limitare le conseguenze pregiudizievoli. Oltre alla condotta, bisognerà anche dimostrare l’adozione di “misure efficaci per il miglioramento dei livelli di salute e sicurezza sul lavoro”, principalmente con riguardo al settore in cui si è verificato l’infortunio lavorativo.
Il secondo beneficio a favore del datore di lavoro riguarda, invece, le modalità di esecuzione dell’obbligazione che possono essere definite tenendo conto del rapporto tra la somma dovuta, anche in seguito alla già operata riduzione, e le risorse economiche del responsabile. Tale ultimo beneficio, però è escluso nel caso in cui il datore di lavoro chiami in garanzia la propria impresa di assicurazione.
Da tutto quanto esposto, di conseguenza, si evince come l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro, seppur prevista per i lavoratori e per i superstiti, costituisca in realtà una grande tutela anche per i datori di lavoro. La tutela assicurativa indennitaria, difatti, garantisce al lavoratore colpito dalle conseguenze di un infortunio una somma di denaro per far fronte alle esigenze di vita e mira, in sostanza, ad assicurare il pieno e integrale ristoro del danno alla salute in quanto tale e, pertanto, ha una ampia funzione.
La nuova disciplina introdotta dalla Legge di Stabilità, però, potrebbe far sorgere dei problemi di incostituzionalità in quanto, a parere di alcuni giuristi, viola il principio di intangibilità del danno biologico (o lesione del bene salute di valenza costituzionale) nonché del danno non patrimoniale di natura morale, alterando i principi definiti dalle supreme Corti in tema di diritto al risarcimento del danno differenziale in caso di infortunio sul lavoro.
Invero, le voci contrarie alla riforma, sostengono che mentre in passato il lavoratore infortunato poteva pretendere dal responsabile il ristoro di tutti i danni effettivamente patiti, ma non indennizzati dall’INAIL (danno biologico temporaneo, danno morale, personalizzazione, danno patrimoniale diverso dall’incapacità lavorativa), oggi i crediti per tutti questi danni rischiano di essere annullati per effetto del meccanismo dello scorporo integrale introdotto dalla nuova normativa.
In ogni caso, a prescindere dai commenti alla riforma, la ratio della norma, sulla cui correttezza non si può non concordare, è di evitare che, da un medesimo fatto, possa derivare un qualunque vantaggio superiore al valore economico del risarcimento stesso.
Costituzione Europea art. II-91 e art. II-95;
Regolamento CEE 1408/1971;
Direttiva 39/391 - art. 5;
Costituzione Italiana - artt. 32, 35, 38, 41;
D.P.R. 30/06/1965, n.1124;
D. Lgs. 9/4/2008, n. 81;
Legge 30/12/2018 n.145;
Artt. 437 e 451 C.P.;
Artt. 2047 e 2049 C.C.;
Circolare INAIL n. 42/2017.
[*] L’Avv. Annalisa Brescia è Funzionario Ispettivo in servizio presso l’ITL di Cosenza e si occupa anche di vigilanza assicurativa, avendo partecipato al relativo corso di formazione svolto dall’INAIL. Le considerazioni contenute nel presente intervento sono frutto esclusivo del pensiero dell’autore e non hanno carattere in alcun modo impegnativo per l’Amministrazione di appartenenza.
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