Seconda parte
La prima legge in Italia sullo Smart Working dunque è stata approvata in Senato in via definitiva nel maggio del 2017. Si fa riferimento, come sopra citato, alla legge 22 maggio 2017 n. 81 rubricata “Misure per la tutela del lavoro autonomo non imprenditoriale e misure volte a favorire l’articolazione flessibile nei tempi e nei luoghi del lavoro subordinato”.
Da allora è aumentato il numero delle lavoratrici e dei lavoratori del settore privato che beneficiano del lavoro agile. La normativa, infatti, offre una veste giuridica a quello che già ha stabilito la contrattazione di settore sullo Smart Working e che risulta essere un nuovo modello di organizzazione del rapporto di lavoro subordinato. Si tratta di un provvedimento legislativo che interviene meritoriamente in una realtà in continuo movimento e che serve da volano per nuovi e sempre più maturi accordi di contrattazione sindacale.
Attualmente, secondo i dati forniti dall’Osservatorio del Politecnico di Milano, le lavoratrici e i lavoratori agili sono più di 305mila, ma, secondo le stime degli studiosi del settore, potrebbero essere molti di più con l’interessamento di circa il 70% per cento dei lavoratori. Il lavoro da remoto sarà, infatti, una delle innovazioni del futuro e si dovranno affrontare cambiamenti nel mondo del lavoro almeno nei seguenti ambiti principali: conciliazione tempi di lavoro e tempi di cura della famiglia per aumentare soprattutto l’occupazione femminile, competitività delle aziende, anche di quelle medio piccole, e necessità di innovare non solo i prodotti ma dei processi produttivi del lavoro, considerata la velocità dello sviluppo tecnologico in quella che è definita “ la quarta rivoluzione industriale”. E se si considera sempre di più il benessere organizzativo e la sostenibilità sia ambientale sia sociale dei cambiamenti in atto, si può affermare che la normativa sul lavoro agile si prende cura, non solo del presente ma anche del nostro futuro lavorativo, anche se dovremo fare i conti con l’acquisizione di maggiori competenze digitali.
Attualmente lo Smart Working è diffuso soprattutto nelle aziende del Nord e tra i lavoratori maschi anche se ci sono ancora pochi accordi che incidono in maniera significativa sulle organizzazioni aziendali, e c’è ancora molto da fare sia in termini culturali, sia nell’ambito delle relazioni industriali, sia con ulteriori interventi legislativi finalizzati a collegare il lavoro agile con le altre forme contrattuali già esistenti. Il lavoro agile è un tema in progress che metterà a nudo alcune questioni da affrontare: competenze, salari, orari, accesso alla banda larga, inserimento delle persone con disabilità, conciliazione dei tempi di vita con quelli del lavoro, rimodulazione degli orari con una particolare attenzione all’impatto sull’ambiente.
Nel testo di legge di cui sopra sono presenti “il diritto all’apprendimento permanente, in modalità formali, non formali o informali e alla periodica certificazione delle relative competenze. È un lavoro grande da fare che passa attraverso il rafforzamento dell’Anpal (Agenzia Nazionale Politiche Attive del Lavoro) e attraverso un cambiamento culturale che dovrà promuovere una maggiore cultura digitale. Infatti, le aziende per avere maggiore competitività sul mercato e sperimentare nuove forme e modalità di lavoro avranno sempre più bisogno di lavoratori e lavoratrici “digitali”. Inoltre, il tema degli orari di lavoro nello Smart Working è fortemente legato alle flessibilità orarie già presenti nella contrattazione, con un’attenzione particolare alla performance e ai risultati piuttosto che al netto delle ore di lavoro e ad un’organizzazione degli orari settimanali piuttosto che giornalieri per agevolare la conciliazione dei tempi di lavoro con i tempi della vita privata e familiare, ma alla base di questi elementi deve spiccare un approccio manageriale di gestione delle risorse umane più nuovo e maturo.
Quest’ultima considerazione è contenuta anche nella recente indagine conoscitiva della Commissione Lavoro del Senato finalizzata a tarare l’impatto della quarta rivoluzione industriale sul mercato del lavoro. La legge, inoltre, si è preoccupata di garantire la salute e la sicurezza delle lavoratrici e dei lavoratori e molti accordi prevedono una maggiore attenzione delle aziende a questo fattore. Per tenere insieme tutte queste innovazioni il sistema delle relazioni industriali e la contrattazione sindacale dovranno avere coraggio e sperimentare modalità di attuazione rispondenti ai cambiamenti in atto. Sin dal principio, infatti, il legislatore ha voluto chiarire che l’obiettivo non era quello di introdurre una nuova tipologia contrattuale, bensì una modalità di svolgimento della prestazione lavorativa stabilita mediante accordo tra le parti, con forme di organizzazione per fasi, cicli ed obiettivi, senza vincoli di orario e di luogo di lavoro.
La legge apre quindi spazi per il presente e per il futuro. Sta a tutti gli attori coinvolti collaborare per il bene delle lavoratrici e dei lavoratori e altresì, per la produttività e la responsabilità sociale delle imprese.
Con la riforma della Pubblica Amministrazione, intervenuta con la legge n. 124 del 2015, sono state introdotte alcune nuove misure volte alla promozione della conciliazione dei tempi di vita e di lavoro anche nella P.A. Con la Direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri n. 3 del giugno 2017, è stata data piena attuazione allo Smart Working con l’introduzione di nuove modalità di organizzazione del lavoro basate sull’utilizzo della flessibilità lavorativa, sulla valutazione per obiettivi e la rilevazione dei bisogni del personale dipendente, anche alla luce delle esigenze di conciliazione dei tempi di vita e di lavoro. Le misure da adottare dovranno permettere, entro 3 anni ad almeno il 10% dei dipendenti, ove lo richiedano, di avvalersi delle nuove modalità spazio - temporali di svolgimento della prestazione lavorativa, garantendo agli Smart Worker parità di trattamento professionale e di avanzamento carriera ed economico. Anche nel pubblico impiego dunque è arrivato lo Smart Working.
Il contratto prevede:
Per favorire la piena attuazione delle disposizioni di legge per la pubblica amministrazione, la Presidenza del Consiglio su proposta del Ministro per la Semplificazione e la Pubblica Amministrazione, ha emanato in data 26 giugno del 2017 una Direttiva recante indirizzi per l’attuazione dei commi 1 e 2 dell’art. 14 della legge 7 agosto 2015 n. 124. Il dipartimento della Funzione Pubblica ha altresì emanato delle Linee Guida contenenti regole volte a promuovere la conciliazione dei tempi di vita e lavoro dei dipendenti pubblici.
Gli aspetti di maggior rilievo della Direttiva riguardano:
Le tematiche dell'obbligo assicurativo e della tutela della salute e sicurezza dei lavoratori, sono state delineate con la Circolare INAIL n. 48 del 2 novembre 2017 rubricata “Obbligo assicurativo e tariffario, retribuzione imponibile, tutela assicurativa, tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori. Istruzioni operative”, già illustrata in precedenza. Tuttavia, sino alla legge 13 giugno 2017 n. 81, il termine "Smart Working" era estraneo al vocabolario della lingua italiana, ed è stato immesso con legge, tramite la riforma del 2017. I contratti collettivi nazionali di lavoro (privato e pubblico) e gli accordi quadro fra le confederazioni sindacali, in precedenza impiegavano le espressioni "telelavoro" oppure lavoro a distanza.
Oltre all'aspetto linguistico di minore importanza, ciò che è rilevante da un punto di vista giuridico è l’assenza, nella legge del 2017, di una equiparazione fra i due termini. In verità, l’art. 14 co. 1-2 della legge 124/2015, al fine di conciliare lavoro e vita privata ha previsto, per la P.A., “l’adozione di misure organizzative volte a fissare obiettivi annuali per l’attuazione del telelavoro e per la sperimentazione di nuove modalità spazio temporali di svolgimento della prestazione che permettano… ad almeno il 10% dei dipendenti, che lo richiedano, di avvalersene, garantendo che i dipendenti non subiscano penalizzazioni…” Si evidenzia che anche l’ultimo CCNL – Funzioni Centrali – per la P.A., al Titolo IV- Capo II art. 17 e Capo III art. 26, fa numerosi riferimenti alla possibilità del datore di lavoro nonché del prestatore di ricorrere a più ampie e maggiori tipi di flessibilità oraria per effettuare la prestazione lavorativa e, presumibilmente, lo Smart Working sarà oggetto di discussione e inserimento nella contrattazione integrativa e nel prossimo CCNL per la P.A.
Secondo i dati forniti nel 2017 dall’Osservatorio del Politecnico di Milano, sono circa 305.000 i lavoratori che in Italia utilizzano lo Smart Working e grazie ad accordi con le aziende, possono scegliere dove, quando e come lavorare: si tratta di impiegati, quadri e dirigenti che lavorano in aziende pubbliche o private con più di 10 dipendenti. Hanno in media 40 anni, sono in gran parte uomini (il 68%) e più della metà lavora al Nord. Il numero dei lavoratori interessati cresce del 14% rispetto al 2016 e del 60% rispetto al 2013,
Il Politecnico stima che la percentuale riferita al totale di lavoratori in Smart Working è del 3% nel 2013, del 5% nel 2016. La percentuale riferita all’incremento di Smart Worker rispetto all’anno precedente è +60% nel 2017.
Le grandi imprese sono state le prime ad introdurre progetti strutturati di lavoro agile: quelle che offrono questa possibilità, infatti, sono passate dal 17% al 36% del totale in due anni (2015 - 2017). Vale la pena evidenzia profonda all’organizzazione del lavoro, modificando in maniera sensibile la propria cultura lavorativa. Chi lavora in un’impresa che applica lo Smart Working trascorre solo il 67% del suo tempo in azienda (contro l’86% degli altri lavoratori), dato che incide sulla soddisfazione lavorativa (solo l’1 è insoddisfatto contro il 17% degli altri lavoratori) inoltre il 34% dichiara di vivere con più serenità il rapporto con i colleghi e con il capo. Chi beneficia dello Smart Working possiede una migliore padronanza delle competenze relazionali ma anche di quelle digitali, lavora meglio in team e possiede una maggiore capacità di collaborazione (solo l’1% ritiene di non avere queste capacità). Microsoft ha introdotto, oltre 10 anni fa, lo Smart Working per offrire una nuova flessibilità del lavoro a tutti i suoi dipendenti, consentendo loro di bilanciare al meglio vita professionale e vita privata e, al contempo, garantire un elevato livello di produttività e ottimizzazione dei costi aziendali, grazie al supporto delle tecnologie più innovative.
Nelle PMI (piccole e medie imprese, lo Smart Working si sta sviluppando negli ultimi anni. Il 22% dichiara di aver avviato progetti o iniziative informali, ma soltanto il 7% delle PMI sta attuando il lavoro agile in modo strutturato. I dati sottolineano la complessità di introdurre il lavoro agile in particolar modo in alcuni settori tra cui il manifatturiero (33%), le costruzioni (17%), il commercio (15%) e l’hospitality/travel (15%). Il 7% delle PMI non è a conoscenza delle modalità per introdurre lo Smart Working nella propria realtà. Inoltre, è da evidenziare la percezione secondo cui introdurre il lavoro agile nella PMI possa avere dei costi elevati d’investimento (6%).
Passando al settore pubblico, il Politecnico evidenzia come il lavoro agile all’interno della Pubblica amministrazione sia ancora agli inizi. Solo il 5% della PA dichiara di utilizzare progetti di Smart Working strutturati ma, in controtendenza, quasi il 48% si dichiara interessato ad una sua introduzione. Inoltre, il 32% delle persone che lavorano nella PA, non ha una piena consapevolezza della possibilità di poterlo applicare al proprio contesto lavorativo: tra le principali motivazioni, il 66% ritiene che non sia applicabile, il 27% ritiene che ci sia una carenza normativa e infine, il 18% lo imputa ad una basso livello di digitalizzazione dei processi. Nelle grandi organizzazioni, a prescindere dalla presenza di un progetto di Smart Working, le tecnologie che supportano il lavoro da remoto sono già diffuse, ma al fine di utilizzare al meglio la tecnologia, occorre strutturare un percorso di sviluppo di competenze digitali per i lavoratori. A tal proposito, come rilevato da più parti, ad oggi resta ancora carente la formazione del personale sull’utilizzo delle tecnologie, sia di quelle basilari che di quelle più specialistiche.
Tra le prerogative dell’Unione Europea, e dei suoi Stati membri, sancite dai Trattati TUE1 e TFUE2, figura anche il compito di sviluppare una strategia coordinata a favore dell’occupazione, e in particolare, un focus di approfondimento è dedicato alla promozione di una forza lavoro competente, qualificata, adattabile ed a mercati del lavoro che siano in grado di rispondere ai mutamenti economici e sociali. Con la strategia “Europa 2020”, programma dell’Unione Europea per la crescita e l’occupazione, si è proseguiti in questa direzione. Uno dei principali target prevede infatti un tasso di occupazione pari almeno al 75% della popolazione attiva entro il 2020. Secondo l’UE, tra i canali per incentivare l’occupazione figura la modalità di lavoro Smart Working, che secondo varie definizioni a più livelli, non solo viene incontro alle esigenze dei lavoratori ma consente anche di conciliare la vita lavorativa con altre esigenze, combinando flessibilità, autonomia e collaborazione. Per questa ragione, negli ultimi anni, l’UE ha sviluppato un approccio integrato per la promozione di un insieme di policy improntate alla conciliazione vita-lavoro. La più importante è l’Accordo Quadro sul Telelavoro che risale al 2002, da molti considerato come un vero spartiacque, essendo stato il primo a dover essere implementato all’interno dei sistemi di relazioni industriali di ciascun Paese membro e, ad oggi, rimane punto di riferimento per la maggior parte degli accordi settoriali o nazionali che riguardano lo Smart Working. Nel settembre del 2016, il Parlamento Europeo ha adottato una risoluzione sulla “Creazione di condizioni del mercato del lavoro favorevoli alla conciliazione vita-lavoro”, nella quale si propone di mettere in campo una serie di iniziative volte alla modernizzazione delle esistenti legislazioni europee nell’ambito della conciliazione vita-lavoro che “deve essere garantita quale diritto fondamentale di tutti … con misure che siano disponibili a ogni individuo…”; successivamente, il principio è diventato talmente ricorrente nel dibattito sui nuovi modelli di impiego, che nel novembre del 2017, il Parlamento Europeo, il Consiglio e la Commissione nel proclamare il “Pilastro Europeo per i Diritti Sociali”, lo hanno inserito tra i criteri necessari al raggiungimento di eque condizioni di lavoro. Il Pilastro Europeo è il frutto di un percorso iniziato nell’aprile 2017 dalla Commissione, mediante l’emanazione di un pacchetto di documenti tra i quali una Comunicazione, una Raccomandazione e iniziative legislative a favore della conciliazione vita-lavoro.
Tra le prerogative dell’Unione Europea, e dei suoi Stati membri, sancite dai Trattati TUE1 e TFUE2, figura anche il compito di sviluppare una strategia coordinata a favore dell’occupazione, e in particolare, un focus di approfondimento è dedicato alla promozione di una forza lavoro competente, qualificata, adattabile ed a mercati del lavoro che siano in grado di rispondere ai mutamenti economici e sociali. Con la strategia “Europa 2020”, programma dell’Unione Europea per la crescita e l’occupazione, si è proseguiti in questa direzione. Uno dei principali target prevede infatti un tasso di occupazione pari almeno al 75% della popolazione attiva entro il 2020. Secondo l’UE, tra i canali per incentivare l’occupazione figura la modalità di lavoro Smart Working, che secondo varie definizioni a più livelli, non solo viene incontro alle esigenze dei lavoratori ma consente anche di conciliare la vita lavorativa con altre esigenze, combinando flessibilità, autonomia e collaborazione. Per questa ragione, negli ultimi anni, l’UE ha sviluppato un approccio integrato per la promozione di un insieme di policy improntate alla conciliazione vita-lavoro.
La più importante è l’Accordo Quadro sul Telelavoro che risale al 2002, da molti considerato come un vero spartiacque, essendo stato il primo a dover essere implementato all’interno dei sistemi di relazioni industriali di ciascun Paese membro e, ad oggi, rimane punto di riferimento per la maggior parte degli accordi settoriali o nazionali che riguardano lo Smart Working.Nel settembre del 2016, il Parlamento Europeo ha adottato una risoluzione sulla “Creazione di condizioni del mercato del lavoro favorevoli alla conciliazione vita-lavoro”, nella quale si propone di mettere in campo una serie di iniziative volte alla modernizzazione delle esistenti legislazioni europee nell’ambito della conciliazione vita-lavoro che “deve essere garantita quale diritto fondamentale di tutti… con misure che siano disponibili a ogni individuo…”; successivamente, il principio è diventato talmente ricorrente nel dibattito sui nuovi modelli di impiego, che nel novembre del 2017, il Parlamento Europeo, il Consiglio e la Commissione nel proclamare il “Pilastro Europeo per i Diritti Sociali”, lo hanno inserito tra i criteri necessari al raggiungimento di eque condizioni di lavoro. Il Pilastro Europeo è il frutto di un percorso iniziato nell’aprile 2017 dalla Commissione, mediante l’emanazione di un pacchetto di documenti tra i quali una Comunicazione, una Raccomandazione, e iniziative legislative a favore della conciliazione vita-lavoro.
Anche se non ancora così sviluppato, si tratta di un fenomeno in crescita. In Europa, circa il 17% dei lavoratori dipendenti è coinvolto in modalità di lavoro “smart” basate sull’utilizzo di tecnologie con accesso a internet e ai dati aziendali. Secondo i dati del EWCS (European Working Conditions Surveys, Irlanda), in Europa lo Smart Working è applicato soprattutto nei settori dell’IT (Innovazione Tecnologica), dei servizi finanziari, e dei servizi in generale, seguiti poi dalla Pubblica Amministrazione. Tuttavia, si registra un aumento di lavoro T/ICTM (vale a dire attraverso le moderne tecnologie dell’informazione e della comunicazione) anche da parte di rappresentanti commerciali, impiegati ed insegnanti. In termini generali, è più consueto che gli uomini siano protagonisti di Smart Working occasionale e che invece le donne lavorino da remoto più regolarmente. Nell’insieme dei Paesi membri dell’UE, il 28% delle donne – rispetto al 17% degli uomini – in un’età compresa tra i 50 e 64 anni –, testimonia di prendersi cura di un familiare o amico con disabilità e una percentuale più elevata di donne dichiara di avere maggiori difficoltà nel conciliare impegni di lavoro e vita privata; le differenze si mantengono tali fino a quando i figli non raggiungono circa i 12 anni. Ciò suggerisce che la definizione dei ruoli di genere di ciascun Paese, così come la cultura lavorativa e familiare, ricoprono un ruolo fondamentale anche per la diffusione dello Smart Working. In termini di rendimento, vari studi commissionati a livello nazionale dai singoli Paesi UE, testimoniano che, generalmente, lo Smart Working ha effetti positivi sulle performance individuali dal momento che stimola l’adozione di comportamenti innovativi. Inoltre, si evince che tra l’avere la possibilità di utilizzare del tempo per ragioni personali con breve preavviso e la percezione di riuscire a coniugare impegni professionali e familiari, esiste una forte relazione positiva. Ad impattare sull’equilibrio tra vita lavorativa e familiare, quindi, non è soltanto l’orario di lavoro ma anche la sua organizzazione e programmazione. Le variazioni che si registrano nei Paesi dell’UE possono essere dovute a diversi fattori, quali la diffusione della connessione internet, le abilità informatiche, la struttura economica, il PIL, la geografia e la cultura lavorativa di ciascun Paese, inclusi i modelli di management.
Possiamo concludere che all’interno dell’Unione Europea si sta sempre più facendo largo la consapevolezza di dover adattare le modalità di lavoro ai cambiamenti della società e delle esigenze dei tempi di vita-lavoro e le relative implicazioni, costituiscono una base forte per l’ideazione di politiche del lavoro che abbiano una prospettiva di lungo termine in merito alla sostenibilità degli orari lavorativi e all’equilibrio tra vita professionale e privata, contribuendo positivamente tra l’altro, al superamento della differenza di genere tra uomini e donne. Oltre agli strumenti legislativi tradizionali, gli accordi collettivi rappresentano un importante strumento “di regolazione” a livello aziendale.
Considerando il rapporto che intercorre tra legislazione nazionale ed europea e accordi collettivi, emerge che in alcuni Paesi, come l’Italia, la Francia o la Svezia, gli accordi collettivi sono, da tradizione, complementari alla legislazione; diversamente, in Lussemburgo e Portogallo, la legislazione di partenza è più capillare, e necessita quindi di interventi complementari più strutturati.
Nel complesso panorama europeo, le clausole a favore della conciliazione vita-lavoro, più frequentemente riportate negli accordi collettivi, sono quelle che riguardano il diritto a diversi generi di permesso, a giornate pagate anche in caso di esigenze personali e alle varie forme di flessibilità in termini di orario e luogo di lavoro. Nell’analisi del quadro normativo UE si evidenzia come il nuovo Regolamento Europeo sulla protezione dei dati (GDPR 2016/679) potrebbe essere il veicolo per regolare il fenomeno dello Smart Working anche sotto il profilo della sicurezza dei dati e dei sistemi tecnologici aziendali.
Da ultimo, si evidenzia il diverso approccio al tema della conciliazione vita-lavoro in alcuni Paesi come ad esempio la Gran Bretagna e la Francia: nel primo si prevedono misure di welfare e flessibilità, mentre nel secondo si disciplina essenzialmente il diritto alla disconnessione. Il lavoro agile è una modalità di svolgimento della prestazione lavorativa di tipo inclusivo, poiché favorisce l'assunzione delle categorie di lavoratori che hanno particolari esigenze di flessibilità oraria: malati cronici o degenti di lungo corso che stanno per superare il periodo di comporto per malattia, legge 104, categorie protette, donne in stato di gravidanza, diritti di neo-padri e neo-mamme, attività politico-sindacale, studenti lavoratori.
Un vasto insieme di prestazioni lavorative relative ad attività o a funzioni svolte da impiegati, quadri, dirigenti può essere idealmente trasformata in una modalità di lavoro di agile, a seguito della graduale informatizzazione e l'abbandono della carta: archivistica e gestione documentale, disegnazione e modellazione 3D, amministrazione-finanza-controllo, contabilità clienti e fornitori, emissione richieste e ordini di acquisto, risorse umane e nuove tecnologie dell’informazione e della comunicazione.
La prima parte è stata pubblicata sul n. 32-33 di Lavoro@Confronto
1. Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, LEGGE 22 maggio 2017, n. 81 Misure per la tutela del lavoro autonomo non imprenditoriale e misure volte a favorire l'articolazione flessibile nei tempi e nei luoghi del lavoro subordinato, su gazzettaufficiale.it, 13 giugno 2017.
2. Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, “Disposizioni per la promozione di forme flessibili e semplificate di telelavoro”, su camera.it, 29 gennaio 2014.
3. “Legge di Stabilità: il telelavoro viene regolamentato, 9 articoli sullo smart working”, su rainews.it, 26 ottobre 2015.
4. Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, LEGGE 7 agosto 2015, n. 124 Deleghe al Governo in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche, su gazzettaufficiale.it, 13 agosto 2015.
5. Ministro per la Semplificazione e la Pubblica Amministrazione, Direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri recante indirizzi per l'attuazione dei commi 1 e 2 dell'articolo 14 della legge 7 Agosto 2015, N. 124 e linee guida contenenti regole inerenti all'organizzazione del lavoro finalizzate a promuovere la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro dei dipendenti, su funzionepubblica.gov.it, 26 giugno 2017.
6. Circolare n. 48 - Obbligo assicurativo e classificazione tariffaria, retribuzione imponibile, tutela assicurativa, tutela della salute e sicurezza dei lavoratori. Istruzioni operative, su inail.it, 2 novembre 2017.
7. Lo Smart Working in Italia, su Comune di Torino, 14 dicembre 2017.
8. Smart Working, su pixabaj.com, 13 giugno 2017;
9. Trattato sull’Unione Europea (TUE), Titolo I, art. 3.
10. Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE), art. 8-10, 140-145, 156-159, 162-164.
11. Parlamento Europeo, Risoluzione “Creating labour market conditions favourable for work-life balance”, Sett. 2016.
12. European Pillar of Social Rights, 2017, Cap. II.
13. Communication establishing a European Pillar of Social Rights (C/2017/025).
14. Recommendation on the European Pillar of Social Rights (C(2017) 2600).
15. Osservatorio EURwork, European Working Conditions Survey, 2018.
16. I dati statistici sono stati desunti dalle pubblicazioni dell’Osservatorio dello smart working c/o il Politecnico di Milano e le pubblicazioni dello Chartered Institute of Personnel and Development – Irlanda, 2018/2019.
[*] Funzionario amministrativo in servizio presso la DG per la lotta alla povertà e per la programmazione sociale, Ministero del lavoro e delle politiche sociali. Le considerazioni contenute nel presente intervento sono frutto esclusivo del pensiero dell’autore e non hanno carattere in alcun modo impegnativo per l’Amministrazione cui appartiene.
Seguiteci su Facebook
>