Il Distacco Transnazionale di Lavoratori è una materia che il Legislatore italiano ha regolamentato con il D.Lgs. n° 136/2016, in attuazione della Direttiva 2014/67/UE.
Tale norma ha introdotto, nel nostro ordinamento, specifiche misure volte a prevenire e contrastare un fenomeno che sta assumendo connotati molto preoccupanti, ossia il distacco non autentico posto in essere da imprese aventi sede sociale in altro Stato membro ed anche in Paesi extra UE.
In effetti per Distacco Transnazionale si intende l’espletamento di una prestazione di servizi sul territorio italiano da parte di un operatore economico avente sede in altro Stato, sia esso membro o non dell’U.E.
La prestazione di servizi deve intendersi quell’espletamento di attività lavorative di carattere temporaneo in favore di una Società avente sede sul territorio italiano, che potrebbe configurarsi in una impresa distaccataria appartenente allo stesso gruppo; in una unità produttiva; una filiale e/o sede operativa di un’azienda straniera distaccante oppure un diverso soggetto committente.
Per Lavoratore in distacco Transnazionale si intende colui che abitualmente è occupato in un altro Stato membro e che – in virtù di una Prestazione Transnazionale di Servizi – svolge la propria attività in un altro Paese UE per un periodo limitato, predeterminato e/o predeterminabile.
Tanto ai fini dell’individuazione della materia trattata e definita dal D.Lgs 136/2016. Ma ai fini operativi dell’accertamento , dell’individuazione e della classificazione delle attività la musica cambia - e di brutto - soprattutto in certi ambiti di attività.
Infatti, ad oltre due anni dall’entrata in vigore del Decreto e nelle more del recepimento della Direttiva 2018/957/UE che interviene nuovamente in materia a testimonianza della sua complessità e delle difficoltà di intervento degli Enti preposti agli accertamenti – in primis l’Ispettorato –, la strada da percorrere sembra ancora lunga e tortuosa nonostante l’impegno profuso. Tutte le forze che si cimentano in questa materia devono sopperire alle tante lacune normative che contornano il fenomeno nonché la poca conoscenza del fenomeno stesso, a fronte di una controparte che ha da tempo collaudato le varie scappatoie e pastoie burocratiche eludendole con spregiudicatezza e semplicità .
Bisogna evidenziare però, che la materia oggi trova un’attenzione costante, se è vero che l’Ispettorato Nazionale del Lavoro ha emanato le Linee guida per l’attività ispettiva in materia di distacco transnazionale, anche se negli autotrasporti le difficoltà sono maggiori ed hanno bisogno veramente di professionalità preparate a capire i meccanismi e le dinamiche poste in essere.
Non è un caso che proprio gli Autotrasporti siano il settore in cui questo sistema ha potuto evitare i controlli fino a pochissimo tempo fa.
La problematica è emersa nella sua complessità dopo un certosino lavoro di oltre un anno e mezzo da parte degli ispettori del NIL di Avellino.
I militi del Nucleo, infatti con caparbietà e con dedizione, navigando a vista trattandosi di una materia del tutta nuova ed in assenza di norme di riferimento chiare e di facile interpretazione, hanno svolto un lavoro immane facendo emergere un sistema truffaldino, mai evidenziato fino ad allora.
Esaminando migliaia di documenti - chiesti anche con rogatorie tramite le ambasciate di riferimento – gli ispettori del NIL hanno portato alla luce il sistema che sotto l’apparenza del Distacco Transnazionale, celava un artifizio per eludere i controlli sulle movimentazioni del personale ma, soprattutto, evadere le contribuzioni per milioni di euro.
Tale artifizio viene messo in piedi soprattutto nei paesi dell’EST Europa – considerata la facilità burocratica per costituire società e l’assenza pressoché totale di controlli sulle loro attività – ed ormai da anni ha contagiato le attività economiche nel settore degli autotrasporti e della logistica in genere di mezza Europa.
Questa opportunità è stata prontamente sfruttata da tantissime Società italiane che per anni hanno fatto ricorso a questo sistema con i benefici che è facile immaginare. Nessuno, infatti, fino a poco tempo fa si era chiesto come mai piccole società di trasporti nel volgere di poco tempo diventavano colossi, con apertura di hub un po’ dovunque in Europa ed al Nord (snodi principali Emilia, Triveneto e Piemonte).
Non è difficile ipotizzare che questo sistema sia diventato appetibile anche per le associazioni criminali. Con il senno di poi bastava un lavoro di intelligence mirato per far emergere molto tempo prima questa piaga.
Fino in tempi recentissimi, l’INPS era completamente all’oscuro della presenza di questa manodopera sul territorio nazionale, in quanto le loro attività non erano tracciabili.
In cosa consiste la fraudolenza di questi Distacchi? Il personale in questione, pur effettuando attività lavorative sul territorio italiano e per conto di società italiane, risultano del tutto sconosciuti per l’INPS; pertanto, i beneficiari di questi distacchi transnazionali, di fatto, commettono evasione contributiva totale sulle loro prestazioni.
Il sistema, emerso dopo l’aver esaminato montagne di carte, è risultato semplice nella sua complessità di individuazione: nei Paesi neo comunitari dell’Est vengono costituite Società/Agenzie di somministrazione della manodopera FITTIZIE ( aventi sedi legali fantasma e/o vuote che servono solo per la ricezione della posta) che poi provvedono a fornirle altre Società , non solo italiane ma anche di altri paesi europei. La manodopera ingaggiata (autotrasportatori) vengono inviati in giro per l’Europa alla guida di camion di ditte italiane, ma completamente
sconosciuti sia al Fisco che agli enti previdenziali italiani.
Per le società italiane è apparso da subito allettante quest’opportunità perché il sistema comportava il risparmio di milioni di euro a fronte di un rischio irrisorio: l’attuale sistema sanzionatorio in vigore in Italia prevede un tetto massimo per le violazioni contestabili di € 16,666.00!!!
Questa attività fraudolenta è – a tutti gli effetti – equiparabile alla Interposizione fittizia di manodopera – fenomeno presente oltre che nella logistica, nelle grandi aziende, in edilizia ed in agricoltura, anche se con aspetti differenti.
La materia è in rapida evoluzione. Ma bisogna mettere in campo una cooperazione internazionale che fissi criteri omogenei validi in tutti i Paesi UE, ed imporre che ognuno di loro legiferi in materia.
Purtroppo malinconicamente dobbiamo prendere atto che l’Europa si interessa di cose banali e talvolta ridicole, quando per considerarsi veramente una Comunità e quindi UE dovrebbe incominciare a pensare a leggi valide per tutti i paesi membri in materie economica, sociale e fiscale.
Altrimenti si finirà per dare ragione a coloro che contestano l’Europa, capace di imporre le cose che più fanno comodo al bene di pochi, disinteressandosi delle cose che farebbe prosperare benessere e pace sociale nei Paesi membri.
[*] Consigliere d’Amministrazione della Fondazione Prof. Massimo D’Antona. Dipendente dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro, in servizio presso la sede ITL di Avellino. Le considerazioni contenute nel presente intervento sono frutto esclusivo del pensiero dell’autore e non hanno carattere in alcun modo impegnativo per l’Amministrazione di appartenenza.
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