Effemeridi • Pillole di satira e costume
All’inizio, sono stato incollato davanti allo schermo e non mi perdevo una parola che usciva dalla bocca di quelli che erano definiti i numi della scienza in questo settore, virologi, immunologi, batteriologi, epidemiologi e chi più ne ha più ne metta. Lo facevo per la paura provocato dall’epidemia nel momento più alto della sua diffusione e letalità.
Li ascoltavo facendo bene attenzione a quello che dicevano per la mia ignoranza su un argomento così nuovo e quindi ostico e perché questi medici sembravano intimoriti e quasi balbuzienti, davanti all’occhio della telecamera. Un ambiente, quello televisivo, così diverso dagli ovattati laboratori da loro frequentati finora.
Col trascorrere dei giorni e dei mesi sono aumentati di numero e la loro presenza ha invaso le nostre case dalla mattina alla sera, persino nei programmi d'intrattenimento leggero, dove hanno sottratto la ribalta a cantanti, attori, ballerini e persone comunque al centro del gossip. Grazie all’acquisita esperienza, essendo persone intelligenti, hanno appreso alla perfezione le tecniche della comunicazione fino al punto da non avere più nulla da invidiare ai più incalliti frequentatori dei programmi televisivi. Mio nipote, data ormai la loro familiarità, ha affibbiato loro anche dei nomignoli dissacranti in base alle loro fattezze: chiamava Michelin, come l'immagine della reclame dei pneumatici, un medico dal corpo che sembrava traboccare dallo schermo o Dracula, un ricercatore per il suo viso arcigno accentuato da due sopracciglia extra large.
Ad affrontare tale argomento era stato il mio caro amico col quale avevo ripreso a passeggiare dopo il lungo periodo d'isolamento. Ho cercato di fargli capire che tutto ciò è normale perché la comunicazione è sempre stata un fattore importante nelle relazioni umane e oggi quella televisiva va per la maggiore. I medici che fanno ricerche, d’altra parte, sono le persone più idonee per intrattenere le platee su questo drammatico evento all’ordine del giorno.
Mi sta pure bene quello che dici, ha continuato, ma ho avuto l’impressione che più che rassicurare, abbiano infuso ulteriore paura e qualche confusione, anche perché allora come oggi hanno dichiarato di sapere ben poco di questo dannato virus e spesso le tesi non suffragate da dati scientifici erano in contrasto l’una con l’altra soprattutto sulle misure di difesa: mascherine si o no, guanti si o no. Le uniche cose su cui concordavano erano l’igiene e la quarantena, vale a dire la scoperta dell’acqua calda. Ci volevano loro, infatti, per dirci quello che l’umanità, finché non ha scoperto i vaccini, ha sempre utilizzato come misure preventive, soprattutto lo stare lontano dagli infetti. È quel che fece anche Boccaccio fuggendo da Firenze colpita dalla peste nera del 1348. Un rimedio, dunque, vecchio come il cucco.
Così, poiché le loro disquisizioni erano sempre le stesse, simili alla minestra riscaldata, un mantra ripetitivo, ho avuto una crisi di rigetto al punto che oggi, quando vedo qualcuno di loro, cambio canale e, poiché sono dappertutto, devo affidarmi alla buona sorte per trovare qualcosa di diverso.
Il loro atteggiamento da menagramo, salvo qualche rara eccezione, è stato ininterrotto, anche quando il miglioramento della situazione ha consentito al governo di dichiarare concluso il periodo della quarantena. È sicuramente dovuto a un senso di doverosa cautela su un fenomeno che presenta ancora tante incognite, ma se posso esprimere tutto quel che penso, ho l’impressione che ci sia anche un pizzico di timore che se tutto va bene, si spegneranno per loro le luci della ribalta anche ben retribuita, a quel che si dice. La loro scomparsa dagli schermi, tuttavia, sarebbe un bene per l’umanità perché avrebbero più tempo da dedicare allo studio per creare un vaccino idoneo, l’unica vera arma letale contro il virus.
Seguiteci su Facebook
>