A seguito dell’emergenza derivante dal Coronavirus, la quale ha determinato per la nostra Nazione, e in generale per l’intero Pianeta, dei cambiamenti epocali con uno stravolgimento di tutte le nostre abitudini e delle modalità di organizzazione delle forme di lavoro, il Governo ha emanato, attraverso il D.L n. 18 del 17 marzo 2020 e il D.L. n. 34 del 19 maggio 2020, tra le altre, delle disposizioni relative al settore agricolo. Trattasi, nello specifico, di modifiche normative la cui portata ha riflessi sull’intero comparto nazionale, al fine di ovviare al problema che oggi si presenta in tutti i grandi Paesi agricoli dell’Unione Europea, dove mancano i lavoratori stagionali per le campagne di raccolta. Invero, a causa del Covid-19, gli stagionali stranieri, che ogni anno contribuiscono ai raccolti, non potranno raggiungere il nostro Paese, con la conseguente messa in crisi del sistema finora in atto. E se si pensa all’entità numerica delle comunità di lavoratori agricoli regolari in Italia- secondo le elaborazioni della Coldiretti che ha collaborato al Dossier statistico Immigrazione 2019- (rumena con 107591 occupati, marocchini 35013, indiani 34043, albanesi 32264, senegalesi 14165, polacchi 13134, tunisini 13106, bulgari 11261, macedoni 10428 e pakistani 10272), ben si comprende la necessarietà e l’indispensabilità dei nuovi disposti normativi che mirano a sopperire all’assenza della manodopera estera in quanto, a seguito del blocco delle frontiere, quale misura di prevenzione del contagio, rischiano di mancare i 370 mila lavoratori regolari stranieri che in Italia vengono impiegati stagionalmente in agricoltura e che garantiscono il 27% del totale delle giornate di lavoro necessarie al settore, sempre secondo l’analisi della Coldiretti.
Nel lavoro in agricoltura, dal 2003 ad oggi, è stata elaborata un’apposita disciplina, compiuta e diretta, riservata alle attività svolte dai familiari all’interno dell’impresa familiare agricola, che ne ha sancito un adeguato inquadramento dal punto di vista previdenziale. La norma di riferimento, difatti, è contenuta nel D.Lgs. 10/09/2003, n. 276 “Attuazione delle deleghe in materia di occupazione e mercato del lavoro, di cui alla legge 14 febbraio 2003 n. 30”, il quale all’art. 74, intitolato “Prestazioni che esulano dal mercato del lavoro”, ha normativamente definito l’attività prestata a titolo occasionale in agricoltura, introducendo la disposizione secondo la quale “con specifico riguardo alle attività agricole non integrano in ogni caso un rapporto di lavoro autonomo o subordinato le prestazioni svolte da parenti ed affini sino al terzo grado in modo meramente occasionale o ricorrente di breve periodo, a titolo di aiuto, di mutuo aiuto, obbligazione morale senza corresponsione di compensi, salvo le spese di mantenimento e di esecuzione dei lavori”. In tal modo, tra le attività agricole, cui la norma fa riferimento, sono state inserite tutte quelle definite tali dal D.Lgs. n. 228/2001 e dai successivi correttivi; mentre nella categoria di prestazioni svolte sono state ricomprese tutte le attività poste in essere da parenti ed affini entro il quarto grado, senza il limite della sola raccolta dei prodotti agricoli. La portata di tale disposizione normativa è stata in seguito ampliata dal D.L. 10/02/2009 n.5, convertito con modificazioni dalla Legge 9 aprile 2009, n. 33, il quale all’art. 7 ter, comma 13, ha ulteriormente allargato l’ambito di operatività del sopra citato art. 74 D.Lgs. n. 276/2003 prevedendo che “all’articolo 74, comma 1, del D.Lgs. 10 settembre 2003, n. 276, le parole: «parenti e affini sino al terzo grado» sono sostituite dalle seguenti: «parenti e affini sino al quarto grado»”. In tal modo, è stata estesa ai parenti e agli affini entro il quarto grado la possibilità di rendere prestazioni occasionali o ricorrenti di breve periodo, senza che ciò configurasse un rapporto di lavoro autonomo o subordinato.
Pertanto, qualunque attività definibile agricola ai sensi dell’articolo 2135 del codice civile può, ad oggi, sussistendo tutti gli altri requisiti previsti dalla norma, integrare una prestazione occasionale.
Inoltre, non essendo specificata in alcun modo la figura del titolare dell’impresa agricola, le prestazioni possono essere rese in favore sia dei coltivatori diretti che degli altri imprenditori agricoli, iscritti entrambi all’Inps. Si parla, infine, di “occasionalità ricorrente e di breve periodo” in considerazione del fatto che in agricoltura essa è riferibile ad una serie di attività legate sia alla raccolta dei prodotti che a fasi strettamente temporali correlate alle stagioni, riguardando qualunque attività lavorativa, nonché “di aiuto, di mutuo aiuto e di obbligazione morale” poiché l’aspetto familiare solidaristico rappresenta un elemento qualificante. Alla base di tutto c’è, quindi, la gratuità della prestazione per la quale non possono essere corrisposte somme, tranne che le stesse non siano riferibili a quelle “vive” sostenute per l’esecuzione dei lavori e per il mantenimento.
Presupposti affinché la prestazione non si configuri come rapporto di lavoro dipendente o autonomo, di conseguenza, sono i seguenti:
Sul concetto di occasionalità che racchiude anche il “ricorrente per breve periodo”, l’Ispettorato Nazionale del Lavoro, ha fornito dei parametri di riferimento: a) prestazioni lavorative rese da un familiare pensionato, la cui collaborazione occasionale, morale, affettiva deve essere caratterizzata da un limitato e occasionale impegno lavorativo; b) prestazioni lavorative rese da un familiare titolare di altro lavoro a tempo pieno presso altro soggetto; c) prestazioni lavorative rese da un familiare nel limite di 90 giorni o 720 ore nell’anno, commisurate a prestazioni giornaliere di otto ore (vedasi sul punto le Circolari n. 37 del 10 giugno 2013 e n. 10478 del 2013 emanate dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali e la Nota n. 50 del 15 marzo 2018 dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro). Pertanto, ricorrendo tutti i requisiti sopra descritti, le attività prestate dal parente o affine sono considerate come “prestazioni che esulano dal mercato del lavoro”, non riconducibili né allo schema del lavoro subordinato, né allo schema del lavoro autonomo. Ne consegue che le stesse non fanno sorgere alcuna obbligazione contributiva nei confronti degli Enti Previdenziali e pertanto non sussiste obbligo di denuncia all’Istituto né obbligo di comunicazioni di instaurazione e/o cessazione di tale rapporto nei confronti di alcun Ufficio o Ente, come si desume, tra l’altro, dal principio di cui alla legge delega n. 30/2003, articolo 4, lettera f): “configurazione specifica come prestazioni che esulano dal mercato del lavoro e dagli obblighi connessi delle prestazioni svolte in modo occasionale o ricorrente di breve periodo, a titolo di aiuto, mutuo aiuto, obbligazione morale, senza corresponsione di compensi, salve le spese di mantenimento e di esecuzione dei lavori, e con particolare riguardo alle attività agricole”. (Circolare INPS n. 22/2005). Invero, se per legge non è ravvisabile alcuna forma di lavoro autonomo o subordinato, non sussistono le incombenze di natura amministrativa derivanti dall’instaurazione di un rapporto di lavoro. La previsione normativa appena descritta, di conseguenza, non vale se per la prestazione lavorativa svolta c’è una corresponsione di retribuzione e l’apertura della posizione assicurativa, cosa che sovente avviene, anche per il conseguimento del “minimum” di giornate attribuibili per godere delle successive prestazioni previdenziali. Per quanto riguarda, invece, la posizione sugli infortuni è bene evidenziare che, seppure non sussista obbligo della copertura assicurativa Inail, trattandosi di prestazione non ricorrente, è opportuno che l’imprenditore stipuli a tutela dei familiari ed a tutela dell’impresa stessa, un’adeguata polizza assicurativa, limitando i loro interventi in attività a basso rischio, proprio in considerazione dell’impegno occasionale. Restano valide, in ogni caso, le precisazioni contenute nella lettera circolare n. 14184/2013 del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali.
Per far fronte all’emergenza scaturita dal Coronavirus il Governo ha emanato, attraverso il D.L. n.18 del 17 marzo 2020, c.d. “Decreto Cura Italia”, convertito nella L. 27/2020 e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 110 del 29 aprile, tra le altre, disposizioni in favore degli imprenditori del comparto agricolo.
Invero l’art. 105 (Ulteriori misure per il settore agricolo), al comma 1, prevede la possibilità di avvalersi di prestazioni gratuite di parenti fino al sesto grado per tutto il periodo dell’emergenza, disponendo che “all'articolo 74 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, le parole «quarto grado» sono sostituite dalle seguenti: «sesto grado»”. Pertanto, è sancita l’estensione del grado di parentela per l'effettuazione di lavori agricoli a titolo gratuito al fine di garantire la disponibilità degli alimenti e sopperire alla mancanza di manodopera, con ritorno alla previsione del disposto dell'art. 74 del D.Lgs. n. 276/2003 (limite del quarto grado) al termine dello stato emergenziale.
Inoltre, al c.1-quinquies del citato articolo è stato ulteriormente sancito che all'articolo 18 della L.31 gennaio 1994, n. 97 (Nuove disposizioni per le zone montane), dopo il comma 3 è aggiunto il seguente: «3-bis. Fino al termine dell'emergenza sanitaria derivante dalla diffusione del virus COVID-19, le disposizioni di cui all'articolo 74 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, si applicano anche a soggetti che offrono aiuto e sostegno alle aziende agricole situate nelle zone montane. Conseguentemente tali soggetti non sono considerati lavoratori ai sensi dell'articolo 2, comma 1, lettera a), del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81». Invero, il citato articolo, in tema di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro, definisce quale "lavoratore" la “persona che, indipendentemente dalla tipologia contrattuale, svolge un'attività lavorativa nell'ambito dell'organizzazione di un datore di lavoro pubblico o privato, con o senza retribuzione, anche al solo fine di apprendere un mestiere, un'arte o una professione, esclusi gli addetti ai servizi domestici e familiari. Al lavoratore così definito è equiparato: il socio lavoratore di cooperativa o di società, anche di fatto, che presta la sua attività per conto delle società e dell'ente stesso; l'associato in partecipazione di cui all'articolo 2549, e seguenti del codice civile; il soggetto beneficiario delle iniziative di tirocini formativi e di orientamento di cui all'articolo 18 della legge 24 giugno 1997, n. 196, e di cui a specifiche disposizioni delle leggi regionali promosse al fine di realizzare momenti di alternanza tra studio e lavoro o di agevolare le scelte professionali mediante la conoscenza diretta del mondo del lavoro; l'allievo degli istituti di istruzione ed universitari e il partecipante ai corsi di formazione professionale nei quali si faccia uso di laboratori, attrezzature di lavoro in genere, agenti chimici, fisici e biologici, ivi comprese le apparecchiature fornite di videoterminali limitatamente ai periodi in cui l'allievo sia effettivamente applicato alla strumentazioni o ai laboratori in questione; il volontario, come definito dalla legge 1° agosto 1991, n. 266; i volontari del Corpo nazionale dei vigili del fuoco e della protezione civile; il volontario che effettua il servizio civile; il lavoratore di cui al decreto legislativo 1° dicembre 1997, n. 468, e successive modificazioni”.
Infine, per ovviare al mancato arrivo dei lavoratori stranieri, sono stati prorogati i permessi di soggiorno per lavoro stagionale in scadenza al fine di evitare agli stranieri di dover rientrare nel proprio Paese, proprio con l’inizio della stagione di raccolta nelle campagne. La proroga, secondo la circolare del Ministero degli Interni, dura fino al 15 giugno e riguarda i permessi di soggiorno in scadenza dal 31 gennaio al 15 aprile ai sensi dell’articolo 103 comma 2 del D.L. 18/2020.
Il successivo D.L. n. 34 del 19 maggio 2020, c.d. “Decreto Rilancio”, (Misure urgenti in materia di salute, sostegno al lavoro e all’economia, nonché di politiche sociali connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19), approvato il 13 maggio 2020 e presentato in conferenza stampa in pari data, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale – Serie Generale n. 128 del 19 maggio 2020 – supplemento Ordinario n. 21, contiene tutte le misure adottate per fronteggiare l’emergenza Coronavirus e rilanciare l’economia. Nel testo del provvedimento governativo emergono, difatti, interventi a sostegno di privati, singoli cittadini, imprese e aziende con l’obiettivo di “non lasciare indietro nessuno”.
Tra gli articoli nello stesso contenuti spicca l’art.103 che si occupa dell’emersione di rapporti di lavoro. Tale articolo, nei molteplici commi, stabilisce quanto segue:
“1. Al fine di garantire livelli adeguati di tutela della salute individuale e collettiva in conseguenza della contingente ed eccezionale emergenza sanitaria connessa alla calamità derivante dalla diffusione del contagio da Covid-19 e favorire l’emersione di rapporti di lavoro irregolari, i datori di lavoro italiani o cittadini di uno Stato membro dell'Unione europea, ovvero i datori di lavoro stranieri in possesso del titolo di soggiorno previsto dall’articolo 9 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, e successive modificazioni, possono presentare istanza, con le modalità di cui ai commi 4, 5, 6 e 7 per concludere un contratto di lavoro subordinato con cittadini stranieri presenti sul territorio nazionale ovvero per dichiarare la sussistenza di un rapporto di lavoro irregolare, tuttora in corso, con cittadini italiani o cittadini stranieri. A tal fine, i cittadini stranieri devono essere stati sottoposti a rilievi fotodattiloscopici prima dell’8 marzo 2020 ovvero devono aver soggiornato in Italia precedentemente alla suddetta data, in forza della dichiarazione di presenza, resa ai sensi della legge 28 maggio 2007, n. 68 o di attestazioni costituite da documentazione di data certa proveniente da organismi pubblici; in entrambi i casi, i cittadini stranieri non devono aver lasciato il territorio nazionale dall’8 marzo 2020.
2. Per le medesime finalità di cui al comma 1, i cittadini stranieri, con permesso di soggiorno scaduto dal 31 ottobre 2019, non rinnovato o convertito in altro titolo di soggiorno, possono richiedere con le modalità di cui al comma 16, un permesso di soggiorno temporaneo, valido solo nel territorio nazionale, della durata di mesi sei dalla presentazione dell’istanza. A tal fine, i predetti cittadini devono risultare presenti sul territorio nazionale alla data dell’8 marzo 2020, senza che se ne siano allontanati dalla medesima data, e devono aver svolto attività di lavoro, nei settori di cui al comma 3, antecedentemente al 31 ottobre 2019, comprovata secondo le modalità di cui al comma 16. Se nel termine della durata del permesso di soggiorno temporaneo, il cittadino esibisce un contratto di lavoro subordinato ovvero la documentazione retributiva e previdenziale comprovante lo svolgimento dell’attività lavorativa in conformità alle previsioni di legge nei settori di cui al comma 3, il permesso viene convertito in permesso di soggiorno per motivi di lavoro.
3. Le disposizioni di cui al presente articolo, si applicano ai seguenti settori di attività:
a) agricoltura, allevamento e zootecnia, pesca e acquacoltura e attività connesse;
b) assistenza alla persona per se stessi o per componenti della propria famiglia, ancorché non conviventi, affetti da patologie o handicap che ne limitino l’autosufficienza;
c) lavoro domestico di sostegno al bisogno familiare.
4. Nell’istanza di cui al comma 1 è indicata la durata del contratto di lavoro e la retribuzione convenuta, non inferiore a quella prevista dal contratto collettivo di lavoro di riferimento stipulato dalle organizzazioni sindacali e datoriali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale. Nei casi di cui ai commi 1 e 2, se il rapporto di lavoro cessa, anche nel caso di contratto a carattere stagionale, trovano applicazione le disposizioni di cui all’articolo 22, comma 11, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 e successive modificazioni, al fine di svolgere ulteriore attività lavorativa.
5. L’istanza di cui ai commi 1 e 2, è presentata dal 1° giugno al 15 luglio 2020, con le modalità stabilite con decreto del Ministro dell'interno di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, ed il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali da adottarsi entro dieci giorni dall'entrata in vigore del presente decreto, presso:
a) l’Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS) per i lavoratori italiani o per i cittadini di uno Stato membro dell’Unione europea;
b) lo sportello unico per l’immigrazione, di cui all’art. 22 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 e successive modificazioni per i lavoratori stranieri, di cui al comma 1;
c) la Questura per il rilascio dei permessi di soggiorno, di cui al comma 2.
6.Con il medesimo decreto di cui al punto 5 sono altresì stabiliti i limiti di reddito del datore di lavoro richiesti per la conclusione del rapporto di lavoro, la documentazione idonea a comprovare l’attività lavorativa di cui al comma 16 nonché le modalità di dettaglio di svolgimento del procedimento. Nelle more della definizione dei procedimenti di cui ai commi 1 e 2 la presentazione delle istanze consente lo svolgimento dell’attività lavorativa; nell’ipotesi di cui al comma 1 il cittadino straniero svolge l’attività di lavoro esclusivamente alle dipendenze del datore di lavoro che ha presentato l’istanza.
7. Le istanze sono presentate previo pagamento, con le modalità previste dal decreto interministeriale di cui al comma 5, di un contributo forfettario stabilito nella misura di 500 euro per ciascun lavoratore; per la procedura di cui al comma 2, il contributo è pari a 130 euro, al netto dei costi di cui al comma 15 che restano comunque a carico dell’interessato. È inoltre previsto il pagamento di un contributo forfettario per le somme dovute dal datore di lavoro a titolo retributivo, contributivo e fiscale, la cui determinazione e le relative modalità di acquisizione sono stabilite con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali di concerto con il Ministro dell’Economia e delle Finanze, con il Ministro dell’interno ed il Ministro delle politiche agricole e forestali.
8. Costituisce causa di inammissibilità delle istanze di cui ai commi 1 e 2, limitatamente ai casi di conversione del permesso di soggiorno in motivi di lavoro, la condanna del datore di lavoro negli ultimi cinque anni, anche con sentenza non definitiva, compresa quella adottata a seguito di applicazione della pena su richiesta ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale, per:
a) favoreggiamento dell'immigrazione clandestina verso l'Italia e dell'immigrazione clandestina dall'Italia verso altri Stati o per reati diretti al reclutamento di persone da destinare alla prostituzione o allo sfruttamento della prostituzione o di minori da impiegare in attività illecite, nonché per il reato di cui all’art.600 del codice penale;
b) intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro ai sensi dell'articolo 603-bis del codice penale; c) reati previsti dall'articolo 22, comma 12, del testo unico di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, e successive modificazioni.
9. Costituisce altresì causa di rigetto delle istanze di cui ai commi 1 e 2, limitatamente ai casi di conversione del permesso di soggiorno in motivi di lavoro, la mancata sottoscrizione, da parte del datore di lavoro, del contratto di soggiorno presso lo sportello unico per l’immigrazione ovvero la successiva mancata assunzione del lavoratore straniero, salvo cause di forza maggiore non imputabili al datore medesimo, comunque intervenute a seguito dell'espletamento di procedure di ingresso di cittadini stranieri per motivi di lavoro subordinato ovvero di procedure di emersione del lavoro irregolare.
10. Non sono ammessi alle procedure previste dai commi 1 e 2 del presente articolo i cittadini stranieri:
a) nei confronti dei quali sia stato emesso un provvedimento di espulsione ai sensi dell'articolo 13, commi 1 e 2, lettera c), del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, e dell'articolo 3 del decreto-legge 27 luglio 2005, n. 144, convertito, con modificazioni, dalla legge 31 luglio 2005, n. 155, e successive modificazioni.
b) che risultino segnalati, anche in base ad accordi o convenzioni internazionali in vigore per l'Italia, ai fini della non ammissione nel territorio dello Stato;
c) che risultino condannati, anche con sentenza non definitiva, compresa quella pronunciata anche a seguito di applicazione della pena su richiesta ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale, per uno dei reati previsti dall'articolo 380 del codice di procedura penale o per i delitti contro la libertà personale ovvero per i reati inerenti gli stupefacenti, il favoreggiamento dell’immigrazione clandestina verso l’Italia e dell’emigrazione clandestina dall’Italia verso altri Stati o per reati diretti al reclutamento di persone da destinare alla prostituzione o allo sfruttamento della prostituzione o di minori da impiegare in attività illecite;
d) che comunque siano considerati una minaccia per l'ordine pubblico o la sicurezza dello Stato o di uno dei Paesi con i quali l'Italia abbia sottoscritto accordi per la soppressione dei controlli alle frontiere interne e la libera circolazione delle persone. Nella valutazione della pericolosità dello straniero si tiene conto anche di eventuali condanne, anche con sentenza non definitiva, compresa quella pronunciata a seguito di applicazione della pena su richiesta ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale, per uno dei reati previsti dall'articolo 381 del codice di procedura penale.
11. Dalla data di entrata in vigore del presente decreto fino alla conclusione dei procedimenti di cui ai commi 1 e 2, sono sospesi i procedimenti penali e amministrativi nei confronti del datore di lavoro e del lavoratore, rispettivamente:
a) per l’impiego di lavoratori per i quali è stata presentata la dichiarazione di emersione, anche se di carattere finanziario, fiscale, previdenziale o assistenziale;
b) per l’ingresso e il soggiorno illegale nel territorio nazionale, con esclusione degli illeciti di cui all'articolo 12 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, e successive modificazioni.
12. Non sono in ogni caso sospesi i procedimenti penali nei confronti dei datori di lavoro per le seguenti ipotesi di reato:
a) favoreggiamento dell'immigrazione clandestina verso l'Italia e dell'immigrazione clandestina dall'Italia verso altri Stati o per reati diretti al reclutamento di persone da destinare alla prostituzione o allo sfruttamento della prostituzione o di minori da impiegare in attività illecite, nonché per il reato di cui all’art.600 del codice penale;
b) intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro ai sensi dell'articolo 603-bis del codice penale.
13. La sospensione di cui al comma 11 cessa nel caso in cui non venga presentata l’istanza di cui ai commi 1 e 2, ovvero si proceda al rigetto o all'archiviazione della medesima, ivi compresa la mancata presentazione delle parti di cui al comma 15. Si procede comunque all’archiviazione dei procedimenti penali e amministrativi a carico del datore di lavoro se l’esito negativo del procedimento derivi da cause indipendenti dalla volontà o dal comportamento del datore medesimo.
14. Nel caso in cui il datore di lavoro impieghi quali lavoratori subordinati, senza preventiva comunicazione obbligatoria di istaurazione del rapporto di lavoro, stranieri che hanno presentato l’istanza di rilascio di permesso di soggiorno temporaneo di cui al comma 2 sono raddoppiate le sanzioni previste dall’art.3 comma 3 del decreto legge 22 febbraio 2002 n 12, convertito con modifiche dalla legge 23 aprile 2002 n. 73 dell’articolo 39 comma 7 del decreto legge 25 giugno 2008 n. 112, convertito con modifiche dalla legge 6 agosto 2008 n. 133, dall’art. 82 secondo comma del decreto del Presidente della Repubblica del 30 maggio 1955 n. 797 e dall’articolo 5 primo comma della legge 5 gennaio 1953, n. 4. Quando i fatti di cui all’art. 603-bis del codice penale sono commessi ai danni di stranieri che hanno presentato l’istanza di rilascio di permesso di soggiorno temporaneo di cui al comma 2, la pena prevista al primo comma dello stesso articolo è aumentata da un terzo alla metà.
15. Lo sportello unico per l'immigrazione, verificata l'ammissibilità della dichiarazione di cui al comma 1 e acquisito il parere della questura sull'insussistenza di motivi ostativi all'accesso alle procedure ovvero al rilascio del permesso di soggiorno, nonché il parere del competente Ispettorato territoriale del lavoro in ordine alla capacità economica del datore di lavoro e alla congruità delle condizioni di lavoro applicate, convoca le parti per la stipula del contratto di soggiorno, per la comunicazione obbligatoria di assunzione e la compilazione della richiesta del permesso di soggiorno per lavoro subordinato. La mancata presentazione delle parti senza giustificato motivo comporta l'archiviazione del procedimento.
16. L’istanza di rilascio del permesso di soggiorno temporaneo di cui al comma 2 è presentata dal cittadino straniero al Questore, dal 1° giugno al 15 luglio 2020, unitamente alla documentazione in possesso, individuata dal decreto di cui al comma 6 idonea a comprovare l’attività lavorativa svolta nei settori di cui al comma 3 e riscontrabile da parte dell’Ispettorato Nazionale del lavoro cui l’istanza è altresì diretta. All’atto della presentazione della richiesta, è consegnata un’attestazione che consente all’interessato di soggiornare legittimamente nel territorio dello Stato fino ad eventuale comunicazione dell’Autorità di pubblica sicurezza, di svolgere lavoro subordinato, esclusivamente nei settori di attività di cui al comma 3, nonché di presentare l’eventuale domanda di conversione del permesso di soggiorno temporaneo in permesso di soggiorno per motivi di lavoro. È consentito all’istante altresì, di iscriversi al registro di cui all’art.19 del decreto legislativo 14 settembre 2015 n.150 esibendo agli Uffici per l’impiego l’attestazione rilasciata dal Questore di cui al presente articolo. Per gli adempimenti di cui al comma 2, si applica l’articolo 39, commi 4-bis e 4-ter della legge 16 gennaio 2003, n. 3; il relativo onere a carico dell’interessato è determinato con il decreto di cui al comma 5, nella misura massima di 30 euro.
17. Nelle more della definizione dei procedimenti di cui al presente articolo, lo straniero non può essere espulso, tranne che nei casi previsti al comma 10. Nei casi di cui al comma 1, la sottoscrizione del contratto di soggiorno congiuntamente alla comunicazione obbligatoria di assunzione di cui al comma 15 e il rilascio del permesso di soggiorno comportano, per il datore di lavoro e per il lavoratore, l'estinzione dei reati e degli illeciti amministrativi relativi alle violazioni di cui al comma 11. Nel caso di istanza di emersione riferita a lavoratori italiani o a cittadini di uno Stato membro dell’Unione europea, la relativa presentazione ai sensi del comma 5, lett. a) comporta l’estinzione dei reati e degli illeciti di cui al comma 11, lett. a). Nei casi di cui al comma 2, l'estinzione dei reati e degli illeciti amministrativi relativi alle violazioni di cui al comma consegue esclusivamente al rilascio del permesso di soggiorno per motivi di lavoro.
18. Il contratto di soggiorno stipulato sulla base di un’istanza contenente dati non rispondenti al vero è nullo ai sensi dell'articolo 1344 del codice civile. In tal caso, il permesso di soggiorno eventualmente rilasciato è revocato ai sensi dell'articolo 5, il comma 5 del decreto legislativo 25 luglio 1998 n. 286, e successive modifiche.
19. Con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali di concerto con il Ministro dell'interno, con il Ministro dell'economia e delle finanze e con il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, è determinata la destinazione del contributo forfettario, di cui al comma 7.
20. Al fine di contrastare efficacemente i fenomeni di concentrazione dei cittadini stranieri di cui ai commi 1 e 2 in condizioni inadeguate a garantire il rispetto delle condizioni igienico-sanitarie necessarie al fine di prevenire la diffusione del contagio da Covid-19, le Amministrazioni dello Stato competenti e le Regioni, anche mediante l’implementazione delle misure previste dal Piano triennale di contrasto allo sfruttamento lavorativo in agricoltura e al caporalato 2020-2022, adottano soluzioni e misure urgenti idonee a garantire la salubrità e la sicurezza delle condizioni alloggiative, nonché ulteriori interventi di contrasto del lavoro irregolare e del fenomeno del caporalato. Per i predetti scopi il Tavolo operativo istituito dall’art. 25 quater del D.L. n.119/2018 convertito con modifiche dalla legge n.136/2018, può avvalersi, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, del supporto del Dipartimento per la protezione civile e della Croce Rossa Italiana. All’attuazione del presente comma le Amministrazioni pubbliche interessate provvedono nell’ambito delle rispettive risorse finanziarie, umane e strumentali disponibili a legislazione vigente.
21. Al comma 1 dell’articolo 25-quater del decreto legge n. 119 del 23 ottobre 2018, dopo le parole rappresentanti sono aggiunte le seguenti “dell’Autorità politica delegata per la coesione territoriale, nonché dell’Autorità politica delegata per le pari opportunità”.
22. Salvo che il fatto costituisca reato più grave, chiunque presenta false dichiarazioni o attestazioni, ovvero concorre al fatto nell'ambito delle procedure previste dal presente articolo, è punito ai sensi dell'articolo 76 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445. Se il fatto è commesso attraverso la contraffazione o l’alterazione di documenti oppure con l’utilizzazione di uno di tali documenti, si applica la pena della reclusione da uno a sei anni. La pena è aumentata fino ad un terzo se il fatto è commesso da un pubblico ufficiale.
23. Per consentire una più rapida definizione delle procedure di cui al presente articolo, il Ministero dell’interno è autorizzato ad utilizzare per un periodo non superiore a mesi sei, tramite una o più agenzie di somministrazione di lavoro, prestazioni di lavoro a contratto a termine, nel limite massimo di spesa di 30.000.000 euro per il 2020, da ripartire nelle sedi di servizio interessate nelle procedure di regolarizzazione, in deroga ai limiti di cui all’articolo 9 comma 28 del decreto legge 31 maggio 2010 n. 78, convertito con modificazioni dalla legge 30 luglio 2010, n. 122.
A tal fine il Ministero dell’interno può utilizzare procedure negoziate senza previa pubblicazione di un bando di gara, ai sensi dell’articolo 63, comma 2, lettera c), del decreto legislativo 18 aprile 2016 n. 50 e successive modificazioni”.
Dalla lettura del citato articolo, pertanto, si comprende come si tratti di una importante modifica in tema di emersione del lavoro nero in agricoltura e nel settore domestico, nonché in tema di tutela dei diritti dei lavoratori stranieri.
La regolarizzazione dei migranti e del lavoro nero, secondo alcune stime, dovrebbe comportare l’accesso a questa procedura di 200mila delle circa 600mila persone che vivono nel nostro Paese senza un regolare permesso di soggiorno. Ciò perché l’accesso è riservato solo ad alcune categorie lavorative e prevede che la regolarizzazione possa essere chiesta secondo due modalità:
Tutte le domande dovranno essere presentate dal 1 giugno al 15 luglio presso:
Sono previste cause di esclusione sia per i datori di lavoro che per i lavoratori stranieri, in presenza di determinati reati e di apposite condizioni indicate nel Decreto.
Invero, sono considerate inammissibilità le istanze di cui ai commi 1 e 2, limitatamente ai casi di conversione del permesso di soggiorno in motivi di lavoro, presentate da datori di lavoro condannati, negli ultimi cinque anni, anche con sentenza non definitiva, compresa quella adottata ex art. 444 del c.p.p., per:
Non sono, inoltre, ammessi alle procedure previste dai commi 1 e 2 i cittadini stranieri:
La presentazione dell’istanza di emersione comporta l’estinzione dei reati e degli illeciti per l’impiego di lavoratori per i quali la stessa è stata presentata.
Invero, se l’istanza di emersione si riferisce a lavoratori stranieri, la sottoscrizione del contratto di soggiorno unitamente alla comunicazione obbligatoria di assunzione e il rilascio del permesso di soggiorno comportano, per il datore di lavoro e per il lavoratore, l'estinzione dei reati e degli illeciti amministrativi relativi alle violazioni relative ai procedimenti penali e amministrativi nei loro confronti, rispettivamente:
L’estinzione dei predetti reati ed illeciti relativi a lavoratori stranieri nel caso della procedura di emersione relativa a cittadini stranieri, con permesso di soggiorno scaduto dal 31 ottobre 2019, non rinnovato o convertito in altro titolo di soggiorno consegue esclusivamente al rilascio del permesso di soggiorno per motivi di lavoro.
Permangono in essere, invece, i procedimenti penali nei confronti dei datori di lavoro per i seguenti reati:
La parentela è il vincolo che unisce le persone che discendono dalla stessa persona e sono quindi legate tra loro da un vincolo di consanguineità. Tale rapporto giuridico rinviene la sua definizione e disciplina negli art. 74 e ss. del Codice Civile.
L’articolo 74 c.c. stabilisce, difatti, che “la parentela è il vincolo tra le persone che discendono da uno stesso stipite, sia nel caso in cui la filiazione è avvenuta all'interno del matrimonio, sia nel caso in cui è avvenuta al di fuori di esso, sia nel caso in cui il figlio è adottivo. Il vincolo di parentela non sorge nei casi di adozione di persone maggiori di età, di cui agli articoli 291 e seguenti”. In tal modo, la parentela sussiste sia se legittima, ossia quando il rapporto di consanguineità ha alla base un’unione fondata sul matrimonio, sia se naturale, qualora il rapporto derivi da relazioni more uxorio.
Ai fini della determinazione, il vincolo si distingue in funzione delle linee di parentela, differenziando la linea retta dalla linea collaterale, in ragione della sussistenza o meno di una derivazione diretta tra un soggetto e l’altro. La parentela in linea retta presuppone una discendenza diretta (padre-figlio) ovvero mediata (nonno-nipote); quella collaterale, invece, ricorre quando manchi tale vincolo di derivazione ma vi sia ugualmente uno stipite comune (si pensi al legame tra fratelli, cugini, zii e nipoti).
La disciplina giuridica è contenuta nell’art. 75 c.c., il quale sancisce che:
Nel successivo art. 76 c.c. è contenuta, invece, la definizione dei gradi della parentela e delle modalità di computo. Il grado corrisponde alla generazione o, più precisamente, all’intervallo computato in generazioni che separa due o più persone. Il computo dei gradi diverge a seconda che interessi la linea retta ovvero quella collaterale:
Quanto all’esclusione, nella linea retta come in quella collaterale, dello stipite comune ai fini del computo, essa si spiega agevolmente in quanto, essendo egli elemento generante, non può come tale costituire “grado”. Il successivo art. 77 c.c. sancisce, infine, i limiti alla parentela enunciando che “la legge non riconosce il vincolo di parentela oltre il sesto grado, salvo che per alcuni effetti specialmente determinati”, sul presupposto non dichiarato della scarsa considerazione che il senso comune riserva ai parenti di grado più lontano. Pertanto, la determinazione del grado assume particolare rilievo agli effetti della rilevanza della parentela.
L’affinità è disciplinata dall’art. 78 c.c., il quale sancisce che “è il vincolo tra un coniuge e i parenti dell'altro coniuge. Nella linea e nel grado in cui taluno è parente d'uno dei due coniugi, egli è affine dell'altro coniuge. L'affinità non cessa per la morte, anche senza prole, del coniuge da cui deriva, salvo che per alcuni effetti specialmente determinati. Cessa se il matrimonio è dichiarato nullo, salvi gli effetti di cui all'articolo 87, n. 4”.
Trattasi di un rapporto che vede come presupposto l’esistenza di una relazione di coniugio e ha valenza limitata in quanto non va oltre la persona, non essendo gli affini tali fra di loro.
L’affinità riproduce nelle linee e nei gradi il rapporto di parentela che unisce l’altro coniuge e i suoi parenti. In tal modo si distingue tra affinità in linea retta e in linea collaterale.
Si instaura affinità in linea retta tra il coniuge e i parenti in linea retta dell’altro coniuge (ad esempio tra suocera e genero); in linea collaterale, invece, lega un coniuge con i parenti in linea collaterale dell’altro (si pensi ai cognati).
Al contrario, gli affini di un coniuge non sono da considerarsi affini degli affini dell'altro coniuge (adfines inter se non sunt adfines): le mogli di due fratelli, ad esempio, non sono affini tra loro (nonostante comunemente si chiamino cognate).
Circa gli effetti, numerose sono le analogie con il vincolo di parentela. Invero, l’affinità rivela quale presupposto sia per l’impostazione di obblighi di natura patrimoniale in riferimento al sorgere dell’obbligazione alimentare entro il limite del secondo grado (art. 433 c.c.) sia per obblighi di natura non patrimoniale e a contenuto negativo, come l’obbligo per il Giudice di astenersi dalle cause in cui sia parte un affine (art. 51 c.p.c.).
L’affinità agisce, inoltre, come impedimento al matrimonio, costituendo una causa che ne esclude la legittimazione. Sussiste, difatti, il divieto di coniugio tra persone legate da rapporto di affinità in linea retta ed in linea collaterale entro il secondo grado (art. 87 nn. 4 e 5 c.c.). Per di più, l’affinità in linea retta si pone come causa di rapporti incestuosi.
Diversamente da quanto invece accade a seguito del vincolo della parentela, gli effetti dell’affinità non hanno riscontri sui diritti ereditari, essendo gli affini assenti dall’elenco dei successibili.
Inoltre, a differenza del rapporto di parentela, che prevedendo uno stipite comune non può mai venir meno, l’affinità può cessare per cause determinate. È previsto, difatti, che nonostante permanga in caso di morte di uno dei coniugi, restando il vedovo o la vedova legati da tale vincolo ai parenti del coniuge defunto, lo stesso cessi in ipotesi di nullità del matrimonio, venendo meno retroattivamente i vincoli di affinità.
Soggetto |
Grado di parentela |
---|---|
Genitori e figli |
1° |
Nonni, Nipoti, Fratelli e Sorelle |
2* |
Bisnonni, Bisnipoti, Nipoti (Figli di fratelli), Zii paterni e materni |
3° |
Pronipoti (figli di figli di fratelli), Cugini, Prozii (Fratelli dei nonni) |
4° |
Figli di pronipoti, Figli di cugini, Cugini dei genitori |
5° |
Figli di figli di cugini, Figli dei cugini dei genitori |
6° |
In sede di verifiche ispettive, nei confronti del lavoro prestato da parenti e affini, trattandosi di prestazioni gratuite occasionali, sarà onere degli ispettori dover contestare che trattasi di prestazione lavorativa in senso stretto, dimostrandolo con “puntuale ed idonea documentazione probatoria di carattere oggettivo e incontrovertibile” (vedasi la Circolare n. 37 del 10 giugno 2013 del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali). Ciò significa che non spetta a chi beneficia della prestazione dimostrare la regolarità della posizione di chi sta lavorando, ma in caso di errata applicazione della norma o di abuso della stessa, il beneficiario della prestazione è soggetto all’irrogazione delle sanzioni per lavoro nero, non avendo inviato la preventiva e obbligatoria comunicazione di assunzione. Per questo, la “Direzione Generale per l’attività ispettiva del Ministero del Lavoro, con le Circolari n. 10478 del 10 giugno 2013 e n. 14184 del 5 agosto 2013, è intervenuta per fornire al personale ispettivo indicazioni in merito al corretto inquadramento dei collaboratori familiari nei settori dell’artigianato, dell’agricoltura e del commercio. Per ultimo, anche l’Ispettorato Nazionale del Lavoro, con nota n. 50 del 15 marzo 2018, ha confermato che le prestazioni effettuate dai familiari di un imprenditore o lavoratore autonomo sono generalmente prestazioni occasionali rese in via gratuita (in quanto di natura morale e affettiva) e comportano l'iscrizione IVS solo in casi particolari, ad esempio in presenza dei “requisiti di abitualità e di prevalenza”. Sul punto è intervenuta anche la Corte di Cassazione la quale, nella Sentenza 4535/2018, ha stabilito la legittimità del lavoro prestato tra familiari in caso sussistano determinati indici oggettivi attraverso i quali si possa riconoscere un effettivo inserimento organizzativo e gerarchico del familiare nell’organizzazione aziendale. In tal caso, la presunzione di gratuità del lavoro familiare viene superata, attraverso la prova dell’esistenza del vincolo di subordinazione della prestazione lavorativa. Nello specifico, il rapporto di lavoro tra familiari è da considerarsi legittimo quando è possibile dimostrare:
Quando, invece, in sede di accertamento ispettivo, il datore di lavoro impieghi, quali lavoratori subordinati, senza la preventiva comunicazione obbligatoria di istaurazione del rapporto di lavoro, cittadini stranieri che abbiano presentato l’istanza di rilascio di permesso di soggiorno temporaneo di cui al comma 2 D. L. n. 34/2020, le sanzioni previste dall’art. 3 c. 3 D.L. n 12/2002 (Disposizioni urgenti per il completamento delle operazioni di emersione di attività detenute all'estero e di lavoro irregolare), convertito in legge dall'art. 1 della L. 73/2002, per il lavoro nero, sono raddoppiate. Si ricorda che la Corte Costituzionale con sentenza 4-12 aprile 2005, n. 144 (in G.U. 1a ss 20/04/2005, n. 16) ha dichiarato "l'illegittimità costituzionale dell'art. 3, comma 3, del D.L. 12/2002 nella parte in cui non ammette la possibilità di provare che il rapporto di lavoro irregolare ha avuto inizio successivamente al primo gennaio dell'anno in cui è stata constatata la violazione.
Al contrario, nell’ipotesi in cui i fatti ex art. 603-bis c.p. (Intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro) siano commessi nei confronti di stranieri che abbiano presentato l’istanza di rilascio di permesso di soggiorno temporaneo di cui al comma 2 D. L. n. 34/2020, la pena prevista al primo comma dello stesso articolo è aumentata da un terzo alla metà.
Invero, il citato articolo punisce, salvo che il fatto costituisca più grave reato, con la reclusione da uno a sei anni e con la multa da 500 a 1.000 euro per ciascun lavoratore reclutato, chiunque:
[*] L’Avv. Annalisa Brescia è Funzionario Ispettivo in servizio presso l’ITL di Cosenza e si occupa anche di vigilanza assicurativa, avendo frequentato il relativo corso di formazione svolto dall’INAIL. Le considerazioni contenute nel presente intervento sono frutto esclusivo del pensiero dell’autore e non hanno carattere in alcun modo impegnativo per l’Amministrazione di appartenenza.
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