Nell’ordinamento giuridico italiano, in via generale, non trovano spazio le prestazioni lavorative gratuite. A vietare la gratuità delle prestazioni è proprio la Costituzione[1] che prevede una retribuzione proporzionata all’attività resa dal prestatore. Infatti, la gratificazione della prestazione lavorativa è data proprio dalla retribuzione, considerato che questa assume una funzione sociale quando si tratta dell’unica fonte di sostentamento del lavoratore subordinato.
In deroga al principio di carattere generale di retribuire la prestazione, nel nostro ordinamento giuridico trova luogo la prestazione volontaria[2]. Il legislatore aveva già previsto e disciplinato tale particolare forma di apporto di lavoro con la legge 10 agosto 1991, n. 266, la c.d. legge quadro sul volontariato. Infatti, è all’articolo 2 della norma che è prevista regolamentata l’attività di volontariato. Inizia così un percorso che il nostro legislatore, nello stesso anno, riprende nuovamente con la legge 8 novembre 1991, n. 381 che disciplina le cooperative sociali. La norma sulle cooperative sociali può essere considerata quale prima fonte che disciplina l’impresa sociale, essendo le cooperative, per loro natura, imprese senza fine di lucro e, pertanto, all’articolo 2 nel regolamentare l’attività del socio volontario, è stata introdotta la particolare figura del socio volontario e ne ha disciplinato le modalità della prestazione gratuita delle attività
[3].
Il legislatore, animato dalla volontà di superare la frammentazione della normativa riguardante gli enti privati costituiti per il perseguimento, senza scopo di lucro, di finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale, per riorganizzare la disciplina ha scelto una procedura semplificata, quella della delega. Inoltre, il legislatore facendosi carico di promuovere modifiche all’impresa sociale, con la legge 6 giugno 2016, n. 106 ha conferito al Governo la delega e l’indirizzo per riformare il terzo settore, l'impresa sociale e la disciplina del servizio civile universale.
Con il D.Lgs. 3 luglio 2017, n. 117, modificato dal D.Lgs. 3 agosto 2018, n. 105, viene varato il codice del terzo settore che ha revisionato in modo organico l’intera disciplina in tema di organizzazioni non lucrative di utilità sociale (onlus), entro il quale trova la sua regolamentazione anche il volontariato[4] e lo stesso provvedimento prevede l’abrogazione della legge 10 agosto 1991, n. 266, la legge 7 dicembre 2000, n. 383 recante “disciplina delle associazioni di promozione sociale” ed il D.Lgs. 24 marzo 2006, n. 155 riguardante la “disciplina dell’impresa sociale”.
La riforma non è entrata in vigore immediatamente, ma la sua attuazione è stata rinviata all’emanazione di una serie consistente di decreti ed atti attuativi, nonché autorizzazioni da parte dell’Unione Europea. Tali atti normativi di attuazione ammontano complessivamente a 36, rispettivamente 24 atti per il codice del terzo settore e 12 per l’impresa sociale, mentre gran parte degli stessi non sono stati ancora adottati.
In attesa del completamento della riforma ed in assenza del previsto Registro Unico del Terzo Settore, attualmente nel gruppo degli Enti del Terzo Settore (ETS) troviamo le Associazioni di Promozione Sociale (APS), le Organizzazioni di Volontariato (ODV) e le Onlus di opzione.
Al fine di sostenere l’azione del volontariato e l’interesse generale, il legislatore, per prima cosa ha previsto che gli Enti del Terzo Settore, nello svolgimento delle proprie attività, possono avvalersi di volontari, prevedendo l’obbligo di iscrivere quei volontari che svolgono l’attività in modo non occasionale in un apposito registro la cui tenuta è obbligatoria. La norma non fa obbligo ai volontari di essere necessariamente soci dell’ente.
Le attività poste in essere dagli enti del terzo settore possono essere svolte sia con le consuete prestazioni rese da lavoratori con rapporto di lavoro subordinato[5] o autonomo che con le prestazioni rese da volontari, come stabilito dall’art. 17 del D.Lgs. 117/2017. Il legislatore ha tenuto conto anche della necessità di ricercare un chiaro ed omogeneo inquadramento giuridico della figura del volontario valido per tutte le tipologie di ETS. Infatti, la novella norma ha puntualmente disciplinato, in modo chiaro e preciso, sia la figura del volontario che l’attività di volontariato. La disciplina prevede in modo esplicito che gli enti del terzo settore nello svolgimento delle proprie attività possono avvalersi di volontari, anche in mancanza di una netta definizione della nozione di volontario occasionale e di volontario non occasionale.
La novità rispetto alla legge sul volontariato, ex legge 11/08/1991, n. 266, consiste nel fatto che la figura del volontario oggi è definita come una “persona che, per sua libera scelta, svolge attività in favore della comunità e del bene comune, anche per il tramite di un ente del terzo settore, mettendo a disposizione il proprio tempo e le proprie capacità per promuovere risposte ai bisogni delle persone e delle comunità beneficiarie della sua azione, in modo personale, spontaneo e gratuito, senza fini di lucro, neanche indiretti, ed esclusivamente per fini di solidarietà”.
In tale contesto emerge che la gratuità è il carattere principale della riforma degli enti del terzo settore. L’articolo 17, comma 3, del citato D.Lgs. n. 117/2017 stabilisce che “l’attività del volontario non può essere retribuita in alcun modo nemmeno dal beneficiario”. Il principio della gratuità è stato così rafforzato laddove la norma ha previsto che la qualità di volontario è incompatibile con qualsiasi rapporto di lavoro retribuito anche nel caso in cui il volontario sia socio, ovvero presti attività di volontariato nell’ente per il tramite di terzi.
Ne deriva una figura di volontario particolarmente generoso, disponibile a donare il proprio tempo e le proprie capacità a favore della comunità e delle persone in stato di bisogno; una persona capace di offrire una vera disponibilità disinteressata dal punto di vista materiale ed una solidarietà e benevolenza verso il prossimo, senza alcun fine di lucro, nemmeno indiretto con la volontà di non richiedere eventuali oneri, sia presenti che futuri, per la prestazione lavorativa resa.
È in tale prospettiva che il codice del terzo settore conferma la tesi secondo la quale il volontario non può ricevere retribuzione per l’attività svolta, ma può ottenere il riconoscimento del rimborso relativo alle spese effettivamente sostenute e documentate per l’attività svolta. Il rimborso è disciplinato dai limiti massimi, preventivamente deliberati, in via statutaria e/o regolamentare, dall’ente del terzo settore cui fa parte il volontario. La norma benché, da una parte, vieti espressamente i rimborsi spese forfettari, dall’altra ammette però la possibilità che le spese sostenute dal volontario siano rimborsate anche a fonte di una autocertificazione resa ai sensi dell’art. 46 del D.P.R. 28/12/2000, n. 445, a condizione che le stesse non siano superiori a 10 euro giornalieri e 150 mensili e che l’organo sociale competente deliberi sulle tipologie di spese e sulle attività di volontariato svolte. Si aggiunge altresì che l’autocertificazione presuppone l’effettiva esistenza della spesa sostenuta ed anticipata, considerando all’evenienza, che la spesa sia giustamente dimostrata per evitare eventuali sanzioni di rilevanza penale.
La norma in argomento, contiene diverse novità. In primis conferma che la “qualità di volontario è incompatibile con qualsiasi rapporto di lavoro subordinato o autonomo e con ogni altro rapporto di lavoro retribuito” dipendente dall’E.T.S. di cui il volontario è socio o associato o tramite il quale svolge la propria attività volontaria. Il D.Lgs. 117/2017, al riguardo prevede l’esclusione di tale principio per alcuni operatori che prestano attività di soccorso per talune organizzazioni di volontariato operanti nella provincia autonoma di Bolzano e dei servizi affidati alla Croce Rossa in ambito della provincia autonoma di Trento[6].
L’incompatibilità tra lo status di volontario e quello di lavoratore è inderogabile poiché espressamente prevista dalla legge. Ciò porta a considerare che la finalità di siffatta incompatibilità è stata voluta per impedire forme di abuso del volontariato, ovvero per occultare veri e propri rapporti di lavoro. Tale disposizione era già prevista nella legge 11/8/1991, n. 266 (c.d. Legge quadro sul volontariato) che stabiliva: “la qualità di volontario è incompatibile con qualsiasi forma di rapporto di lavoro subordinato o autonomo e con ogni altro rapporto di contenuto patrimoniale con l'organizzazione di cui fa parte”. La sanzione per la perdita della qualifica di volontario, a parere degli scriventi, inevitabilmente comporta l’applicazione della normale disciplina giuslavoristica, in quanto è proprio la qualità di volontario che è incompatibile con l’attività di lavoro retribuita.
La legge 24/4/2020, n. 27, di conversione con modificazioni del Decreto Legge 17/3/2020, n. 18, all’articolo 2 septies, per fare fronte all’emergenza epidemiologica da COVID-19, ha previsto una deroga per tutta la durata dello stato emergenziale all’applicazione del suddetto principio di incompatibilità.
La normativa in esame, conosciuta come il codice del terzo settore, non considera volontario l’associato che “occasionalmente coadiuvi gli organi sociali nello svolgimento delle loro funzioni”, poiché tale figura è rivolta a sostegno degli organi sociali come l’assemblea, il consiglio, la presidenza, i sindaci e non alle attività operative dell’ente.
Il D.Lgs. 3 agosto 2018, n. 105, correttivo del D.Lgs. 3/8/2017, n. 117, ha previsto che i lavoratori dipendenti da aziende terze che intendono svolgere attività di volontariato in un ente del terzo settore hanno il diritto di fruire, nel rispetto dell’organizzazione aziendale dalla quale dipendono, di forme di flessibilità di orario di lavoro o delle turnazioni previste dai contratti ed accordi collettivi.
La norma ha stabilito che suddette disposizioni non si applicano agli operatori volontari del servizio civile universale, al personale impiegato all'estero a titolo volontario nelle attività di cooperazione internazionale allo sviluppo, nonché agli operatori che prestano le attività per il Corpo nazionale soccorso alpino e speleologico.
In considerazione di quanto evidenziato, si deduce che il volontario rappresenta il grande pilastro per la struttura del codice del terzo settore per il posto centrale che egli occupa nell’organizzazione degli enti stessi. Una riforma senza la previsione della disciplina dei volontari difficilmente nel nostro ordinamento giuridico avrebbe consentito una regolamentazione dell’intero settore. Il volontario immaginato dal codice si distingue per:
La disciplina delle cooperative sociali[7] contempla, al fine di contribuire al raggiungimento degli scopi sociali dell’ente, che negli statuti sociali, accanto ai soci ordinari, possa essere prevista anche un’altra figura di socio, quella del “socio volontario”
che, per sua espressa volontà, intende prestare la propria attività in modo gratuito
. Gli enti cooperativi che intendono avvalersi delle prestazioni dei soci volontari possono ammetterne un numero limitato che non può essere superiore alla metà del numero complessivo dei soci.
I soci volontari devono essere iscritti in un’apposita sezione del libro dei soci e gli aspiranti soci volontari devono avanzare, alla pari degli altri aspiranti soci, istanza al consiglio di amministrazione che dovrà decidere sull’ammissione, ovvero sul diniego. Dopo la deliberazione dell’avvenuta ammissione, il socio volontario deve sottoscrivere e provvedere al versamento dell’importo della quota sociale e partecipa alle assemblee come tutti gli altri soci ed in caso di assenza o impedimento può delegare altro socio a rappresentarlo.
Altro punto fermo della normativa è quello che ai soci volontari non si applicano i contratti collettivi e la normativa sul lavoro subordinato ed autonomo.
Altra considerazione interessante viene dalla recente disciplina sulle imprese sociali di cui al D.Lgs. 112/2017 dove è stato espressamente previsto che le società cooperative sociali “acquisiscono di diritto la qualifica di imprese sociali” [8]. Tenuto conto della specialità della norma che disciplina le cooperative sociali, le stesse, nello svolgimento delle proprie attività, possono avvalersi di soci volontari e non anche di volontari.
Inoltre si evidenzia che nella gestione dei servizi socio-sanitari ed educativi, derivanti da contratti stipulati con la pubblica amministrazione, le prestazioni dei soci volontari possono essere impiegate in misura secondaria e non sostitutiva rispetto all’utilizzo dei normali preposti. La norma ha stabilito che le prestazioni dei soci volontari concorrono alla determinazione dei costi, ma solo quelli sostenuti per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, nonché quelli per il rimborso delle spese effettivamente sostenute e documentate.
Premesso che la normativa sul terzo settore prevede espressamente che il “volontario è una persona che, per sua libera scelta, svolge un’attività in favore della comunità e del bene comune, anche per il tramite di un ente del Terzo settore, in modo personale, spontaneo e gratuito, senza fini di lucro, neanche indiretti, ed esclusivamente per fini di solidarietà”, risulta evidente che il volontario non ha diritto alla retribuzione.
Il legislatore rafforza il principio della gratuità della prestazione e sancisce che l’attività del volontario non può essere retribuita in alcun modo nemmeno dal beneficiario.
Non ci sono dubbi sul punto, l’attività prestata dal volontario è gratuita, così è stata voluta dal legislatore, ma le spese effettivamente sostenute dal volontario per l’attività prestata possono essere rimborsate, ma solo entro i limiti fissati preventivamente dall’ente del terzo settore, per come già esposto. Pertanto si esclude che si possa ricorrere alla forma del rimborso spese di tipo forfettario, poiché il rimborso deve riguardare le sole spese effettivamente sostenute e documentate.
La norma prevede che le spese sostenute dal volontario possano essere rimborsate anche mediante presentazione di una autocertificazione resa dal volontario ai sensi dell’art. 46 del D.P.R. 28/12/2000, n. 445 quando l’importo non superi 10,00 Euro giornalieri e 150,00 Euro mensili. In tal caso il consiglio direttivo, ovvero l’organo sociale, è tenuto a deliberare sulle tipologie di spese e le attività di volontariato svolte. Questa modalità di rimborso non trova applicazione a quelle attività di volontariato che hanno ad oggetto la donazione di sangue e di organi.
Quanto invece alla figura del socio volontario, figura prevista nelle sole cooperative sociali, la disciplina prevede espressamente che ai soci volontari può essere riconosciuto e, quindi, erogato solo il rimborso delle spese realmente sostenute e comprovate, come stabilito per la totalità degli altri soci. A differenza dell’impresa sociale, la cooperativa sociale non può erogare ai soci volontari il rimborso spese forfettario.
La nuova disciplina sugli enti del terzo settore prevede l’assicurazione obbligatoria per l’attività resa da tutti i volontari. Infatti, la normativa stabilisce in modo chiaro per gli ETS che si avvalgono delle prestazioni lavorative di volontari occasionali e non occasionali, è obbligatoria sia l’assicurazione INAIL contro gli infortuni e le malattie professionali che la responsabilità civile verso terzi[9].
Scopo del legislatore è da una parte la tutela dell’azione del volontariato e dell’interesse generale da perseguire e dall’altra la tutela assicurativa del volontario, demandando all’articolo 18 del D.Lgs. 3/8/2017, n. 117[10], l’obbligatorietà delle assicurazioni suddette.
Il medesimo principio era stato previsto dalla legge 11/8/1991, n. 266 c.d. legge quadro sul volontariato[11] che imponeva alle associazioni di volontariato di stipulare un contratto di assicurazione idoneo a garantire la tutela dei volontari contro eventuali infortuni, malattie professionali e contro ogni rischio di responsabilità civile.
La norma demanda al Ministro dello Sviluppo Economico, di concerto con il Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali, l’emanazione entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del D.Lgs. 3/7/2017, n.117 di un decreto con il quale dovranno essere individuati meccanismi assicurativi semplificati per l’assicurazione obbligatoria dei volontari, ma dell’emanazione di tale atto amministrativo non si hanno ancora notizie. Nel merito, in attesa del relativo Decreto sulle coperture assicurative dei volontari, dovrà applicarsi la precedente normativa di cui al Decreto Ministeriale 14 febbraio 1992. In primis, ciò conferma l’obbligo degli ETS di assolvere alla copertura assicurativa dei volontari e, sempre in applicazione della predetta norma e in particolare ai fini della determinazione dei volontari soggetti all’assicurazione, è prescritta la tenuta del registro dei volontari delle ODV, prevedendone la loro identificazione anagrafica ed il periodo di attività svolta nell’organizzazione.
Nel registro, che deve essere quotidianamente aggiornato, devono essere riportate le generalità complete, il luogo, la data di nascita e la residenza dei volontari impiegati nelle attività. Il registro degli aderenti deve essere numerato progressivamente in ogni pagina e bollato da un notaio.
Una delle novità della disciplina è rappresentata dalla condizione che la copertura assicurativa è elemento sostanziale per la stipula della convenzione tra gli ETS e le amministrazioni pubbliche e che gli oneri per l’assicurazione rimangono a carico di queste ultime.
Per le prestazioni rese dai volontari in favore degli ETS, alla pari delle altre imprese, è obbligatorio il rispetto delle disposizioni previste dal D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81, c.d. Testo Unico sulla salute e sicurezza sul lavoro. In particolare, per tutti i lavoratori, gli ETS devono prevedere l’uso delle attrezzature di lavoro, l’uso dei dispositivi di protezione individuale, la sorveglianza sanitaria e la formazione per i rischi specifici in relazione alle attività svolte.
Anche la disciplina delle cooperative sociali, ossia la Legge 8/11/1991, n.381, ha previsto che le prestazioni rese dai soci volontari delle cooperative sociali devono essere assoggettate alle norme in materia di assicurazione contro gli infortuni e le malattie professionali. Le modalità per l’assolvimento a tale adempimento sono state emanate con decreto[12] del Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale. Con tale decreto è stato stabilito che la retribuzione da prendere a base è quella “convenzionale giornaliera di importo corrispondente alla misura del limite minimo di retribuzione giornaliera in vigore per tutte le contribuzioni dovute in materia di previdenza e assistenza sociale”.
Pertanto, le cooperative sociali che si avvalgono di volontari devono provvedere alla loro assicurazione contro gli infortuni e le malattie connessi allo svolgimento dell’attività di volontariato, nonché per la responsabilità civile verso i terzi.
La norma non prevede la copertura assicurativa, previdenziale ed assistenziale, per le prestazioni effettuate dai soci volontari poiché per le prestazioni rese dagli stessi non è prevista una retribuzione e l’attività è svolta volontariamente ed a titolo gratuito. È proprio la norma a prevedere che ai soci volontari non si applicano i contratti collettivi e le norme in materia di lavoro subordinato ed autonomo[13].
L’INAIL, nell’emanare la circolare 15/12/1993, n. 55, ha confermato che alle cooperative sociali si applicano le norme relative al settore di appartenenza, poiché le stesse non presentano elementi di novità rispetto alla generale disciplina sulla tutela infortunistica obbligatoria di cui al T.U. approvato con D.P.R. 30/06/1965, n. 1124, sempreché ricorrano le condizioni previste dal combinato disposto degli articoli 1 e 4 del T.U. i quali individuano le attività protette e le persone assicurate.
Il codice del terzo settore, come pensato dal legislatore, propone l’ingresso nel nostro ordinamento giuridico di un vero e proprio modello di lavoro gratuito per l’attività prestata dal volontario. Il concetto viene rafforzato anche dall’incompatibilità della qualità di volontario con qualsiasi forma di rapporto di lavoro a titolo oneroso. I soci volontari non possono essere remunerati per l’attività svolta e questo mette in risalto come gli stessi non perseguono, in senso stretto, interessi lucrativi e neppure mutualistici[14].
La legge n.142/2001 ha previsto all’articolo 6 l’obbligo per le cooperative di dotarsi di un regolamento interno per i soci lavoratori allo scopo di tutelare il socio lavoratore sia sotto l’aspetto retributivo che assicurativo. Al riguardo, in analogia con quanto stabilito dalla citata legge e tenuto debitamente conto dell’esigenza di determinazione delle modalità di rimborso delle spese effettivamente sostenute e documentate da soci volontari, sulla base di parametri stabiliti per la totalità dei soci, a parere degli scriventi sarebbe opportuno l’adozione di un regolamento dei soci volontari. Ciò al fine di fissare la sfera di applicazione, il rinvio alle norme statutarie e legislative, la decorrenza, le modalità di ammissione, gli impegni e l’operatività, l’inquadramento, le modalità di rimborso delle spese sostenute, le modalità di informazione sui piani di sicurezza, rischi e pericoli derivanti dallo svolgimento di determinati compiti, nonché la formazione in tema di sicurezza ed igiene del lavoro (D.Lgs. 81/2008), la modalità di risoluzione del rapporto associativo.
Nei momenti difficili, come quello attuale, in cui il paese sta fronteggiando una gravissima emergenza sanitaria, una delle più grandi crisi di salute pubblica, derivante dalla pandemia di coronavirus COVID–19, i volontari del nord, del centro e del sud sono scesi in campo da subito per dare il loro valido contributo. Medici, infermieri e tante altre figure professionali, hanno dato la propria disponibilità, sia di giorno che di notte per contribuire alla gestione delle varie fasi dell’emergenza, mettendo anche in pericolo la propria vita.
Nel corso dell’articolo abbiamo parlato del volontario, dell’attività del volontario, del socio volontario delle cooperative sociali, della gratuità della prestazione, dell’assicurazione obbligatoria di questi soggetti, ma ci siamo chiesti, conosciamo veramente l’opera del volontario?
Il volontario è presente nella società ed opera in modo silenzioso e senza avanzare alcuna pretesa o rivendicazione, non protesta, si dona sempre per gli altri e si lascia guidare dal grande amore fraterno che porta nel suo cuore.
Siamo andati alla ricerca di una significativa definizione di volontario ed abbiamo scelto la seguente: Il volontario esemplare è “colui che dopo aver adempiuto ai suoi doveri familiari, professionali e civili, dedica una parte del suo tempo in servizi utili alla comunità” .
[1] L’articolo 36, comma 1, della Costituzione prevede che “Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un'esistenza libera e dignitosa”.
[2] L’articolo 2 della legge 10/08/1991, n.266 - legge quadro sul volontariato – disciplinava l’attività di volontariato.
[3] L’articolo 2 della legge n. 381/1991 ha previsto i soci volontari nelle cooperative sociali.
[4] L’articolo 17 del D.Lgs. n. 127/2017 disciplina il volontario e l’attività del volontariato.
[5] L’articolo 16 del D.Lgs. n. 127/2017 si occupa del “lavoro negli enti del terzo settore” e prevede: “1. I lavoratori degli enti del Terzo settore hanno diritto ad un trattamento economico e normativo non inferiore a quello previsto dai contratti collettivi di cui all'articolo 51 del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81. In ogni caso, in ciascun ente del Terzo settore, la differenza retributiva tra lavoratori dipendenti non può essere superiore al rapporto uno a otto, da calcolarsi sulla base della retribuzione annua lorda. Gli enti del Terzo settore danno conto del rispetto di tale parametro nel proprio bilancio sociale o, in mancanza, nella relazione di cui all'articolo 13, comma 1”.
[6] Trattasi dell’attività resa dalle organizzazioni di volontariato previste dall'articolo 76 della legge provinciale 5 marzo 2001, n. 7 della Provincia autonoma di Bolzano e dell'articolo 55-bis della legge provinciale 19 luglio 1990, n. 23, della Provincia autonoma di Trento.
[7] L’articolo 2 della legge 8/11/1991, n. 381, dal titolo soci volontari, prevede:
1. Oltre ai soci previsti dalla normativa vigente, gli statuti delle cooperative sociali possono prevedere la presenza di soci volontari che prestino la loro attività gratuitamente.
2. I soci volontari sono iscritti in un'apposita sezione del libro dei soci. Il loro numero non può superare la metà del numero complessivo dei soci.
3. Ai soci volontari non si applicano i contratti collettivi e le norme di legge in materia di lavoro subordinato ed autonomo, ad eccezione delle norme in materia di assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali. Il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, con proprio decreto, determina l'importo della retribuzione da assumere a base del calcolo dei premi e delle prestazioni relative.
4. Ai soci volontari può essere corrisposto soltanto il rimborso delle spese effettivamente sostenute e documentate, sulla base di parametri stabiliti dalla cooperativa sociale per la totalità dei soci.
5. Nella gestione dei servizi di cui all'articolo 1, comma 1, lettera a), da effettuarsi in applicazione dei contratti stipulati con amministrazioni pubbliche, le prestazioni dei soci volontari possono essere utilizzate in misura complementare e non sostitutiva rispetto ai parametri di impiego di operatori professionali previsti dalle disposizioni vigenti. Le prestazioni dei soci volontari non concorrono alla determinazione dei costi di servizio, fatta eccezione per gli oneri connessi all'applicazione dei commi 3 e 4.
[8] Il comma 4 dell’articolo 1 del D.Lgs. 3/7/2017, n. 112 stabilisce che “Le cooperative sociali e i loro consorzi, di cui alla legge 8 novembre 1991, n. 381, acquisiscono di diritto la qualifica di imprese sociali. Alle cooperative sociali e ai loro consorzi, le disposizioni del presente decreto si applicano nel rispetto della normativa specifica delle cooperative ed in quanto compatibili, fermo restando l'ambito di attività di cui all'articolo 1 della citata legge n. 381 del 1991, come modificato ai sensi dell'articolo 17, comma 1”.
[9] Il comma 1 dell’articolo 18 del D.Lgs. 117/2017 prevede che: “1. Gli enti del Terzo settore che si avvalgono di volontari devono assicurarli contro gli infortuni e le malattie connessi allo svolgimento dell'attività di volontariato, nonché per la responsabilità civile verso i terzi”.
[10] L’articolo 18, comma 1, del D.Lgs. n.117/2017 prevede che “gli enti del terzo settore che si avvalgono di volontari devono assicurarli contro gli infortuni e le malattie connessi allo svolgimento dell'attività di volontariato, nonché per la responsabilità civile verso i terzi”.
[11] In ordine alla copertura assicurativa degli aderenti alle organizzazioni di volontariato l’articolo 4 della legge 11/8/1991, n. 266 prevede:
1. Le organizzazioni di volontariato debbono assicurare i propri aderenti, che prestano attività di volontariato, contro gli infortuni e le malattie connessi allo svolgimento dell’attività stessa, nonché per la responsabilità civile verso i terzi.
2. Con decreto del Ministro dell’industria, del commercio e dell’artigianato, da emanarsi entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono individuati meccanismi assicurativi semplificati, con polizze anche numeriche o collettive, e sono disciplinati i relativi controlli.
[12] Il Decreto 11/06/1992 del Ministro del Lavoro e della Previdenza Sociale ha determinato la retribuzione convenzionale ai fini dell'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali dei soci volontari delle cooperative sociali.
[13] Si riporta l’articolo 2, comma 1, della legge n. 381/1991 che prevede “ai soci volontari non si applicano i contratti collettivi e le norme di legge in materia di lavoro subordinato ed autonomo, ad eccezione delle norme in materia di assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali. Il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, con proprio decreto, determina l'importo della retribuzione da assumere a base del calcolo dei premi e delle prestazioni relative”.
[14] Come sostenuto da A. BASSI, in Le società cooperative, Torino, UTET, 1995.
[*] Gli autori del presente articolo sono stati funzionari dell’I.N.L. e collocati in pensione l’1/5/2018 e l’1/2/2018. Le considerazioni contenute nel presente scritto è frutto esclusivo del pensiero degli autori e non hanno in alcun modo carattere impegnativo per l’ex Amministrazione di appartenenza.
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