In un numero precedente di questa pubblicazione[1], gli scriventi hanno approfondito le tematiche connesse con l’Istituto del preavviso contrattuale per i dipendenti pubblici (anche in presenza di dimissioni per “Quota 100”), alla sua esatta collocazione temporale, alla integrale fruizione delle ferie residue (anche nel periodo di preavviso) ed all’obbligo dell’Amministrazione di vigilare sulla totale fruizione delle stesse richiedendo, nel caso, ai lavoratori dimissionari la presentazione di un piano di smaltimento entro la data di cessazione del rapporto di lavoro.
Le valutazioni riportate nel citato articolo, peraltro prospettate nei mesi immediatamente successivi all’uscita del Decreto Legge[2], che ha introdotto in via sperimentale il pensionamento per “Quota 100”, hanno trovato autorevole conferma in una recente nota dell’INL[3]. Per la indicata Agenzia – alla luce dell’orientamento giurisprudenziale che vuole possibile la fruizione delle ferie anche durante il preavviso – ciò che rileva è che, dalla data di comunicazione della cessazione a quella di effettiva cessazione del rapporto, sia stato svolto il periodo di preavviso prescritto dall’articolo 67 CCNL Funzioni Centrali 2016-2018, seppur intervallato dai periodi di sospensione dovuti alla fruizione delle ferie. Quindi, prosegue l’Agenzia Ispettiva, “ricevuta la comunicazione di recesso del dipendente con ampio preavviso, sarà compito dell’Amministrazione concordare con il dipendente stesso la fruizione delle ferie maturate e di quelle che andranno a maturare nel corso dei mesi successivi alla comunicazione, contemperando, da un lato, le esigenze dell’Ufficio di predisporre i necessari provvedimenti organizzativi in ordine al passaggio delle consegne nonché alla definizione delle pratiche in corso e, dall’altro, le preferenze del lavoratore sui periodi di fruizione delle ferie”.
Nei mesi successivi all’uscita dell’articolo, sono pervenute agli scriventi varie e-mail con richieste di informazioni e chiarimenti in merito ai tempi di erogazione del Trattamento di fine servizio/Trattamento di fine Rapporto (nel seguito TFS/TFR) e sulle modalità per richiederne l’erogazione anticipata, fino a 45mila euro, al sistema bancario.
Per tali ragioni, nel seguito si cercherà di dare risposte a tutti gli interrogativi sollevati in un momento in cui ha visto finalmente la luce il DPCM[4] di attuazione delle norme sull’anticipo del TFS/TFR, introdotte dall’art. 23, co. 5 del DL n. 4/2019 e quindi già in vigore da circa 18 mesi. Parimenti nelle settimane scorse è andato a posto anche l’ultimo tassello del complesso puzzle. Infatti è stata firmata la Convenzione tra l’ABI, l’Associazione Bancaria Italiana, e i Ministeri competenti a mezzo della quale sono stati, tra l’altro, definiti termini e modalità di adesione da parte delle banche all’iniziativa e la determinazione del tasso di interesse da corrispondere sull’anticipo del TFS/TFR. Nel seguito si affronteranno alcune delle questioni connesse.
La Corte Costituzionale è stata investita dal Tribunale di Roma, in funzione di Giudice del Lavoro, di una questione di legittimità costituzionale riguardante la norma che ha previsto solo per i dipendenti pubblici la corresponsione, dilazionata e rateale, del TFS/TFR in ciò incorrendo, secondo il Tribunale capitolino, in una evidente disparità di trattamento con violazione degli artt. 3 e 36 Cost.
La Consulta, con Sentenza n. 159 del 17.04.2019, depositata il 25.06.2019 – dopo avere ribadito che la ratio della norma risiede nel disincentivare il pensionamento anticipato, rendendo interessante la prosecuzione dell’attività lavorativa mediante adeguati incentivi – hanno evidenziato che il lavoro alle dipendenze di una P.A. e il lavoro privato non possono essere in tutto e per tutto assimilati e che le differenze pur attenuate permangono, ha stabilito che “non è irragionevole” differire e rateizzare il TFS/TFR dei dipendenti pubblici in presenza di certe condizioni.
Lo stesso Organo ha quindi dichiarato legittima la regolamentazione introdotta dalle norme succedutesi negli ultimi anni che hanno fissato la liquidazione delle indennità nel termine di 24 mesi e il pagamento in tre rate annuali per i dipendenti che non hanno raggiunto i limiti di età o di servizio previsti dai rispettivi ordinamenti.
Secondo i giudici la disparità di trattamento è motivata dalla scelta volontaria dell’interessato di risolvere il rapporto di lavoro con apprezzabile anticipo rispetto al raggiungimento dei limiti di età o di servizio, spesso anche quando non sia ancora maturato il diritto alla pensione. Inutile negare che il lavoro pubblico rappresenta una spesa importante nel bilancio dello Stato e prudente deve essere il controllo sulla spesa.
Ne consegue che la predisposizione di una disciplina di erogazione del trattamento più svantaggiosa è ammissibile, e non deve ritenersi arbitraria in quanto fondata sul presupposto che, solo con il raggiungimento dei limiti di età o di servizio, si manifestano in maniera più pressante i bisogni che le indennità di fine servizio mirano a soddisfare e che impongono tempi di erogazione più spediti.
L’assetto delineato dal legislatore ha comunque previsto delle deroghe per situazioni meritevoli di particolare tutela, come la “cessazione dal servizio per inabilità derivante o meno da causa di servizio, nonché per decesso del dipendente”, che impone all’Amministrazione competente, entro quindici giorni dalla cessazione dal servizio, di trasmettere la documentazione competente all’Ente previdenziale, obbligato a corrispondere il trattamento “nei tre mesi successivi alla ricezione della documentazione”.
Nel contempo i giudici hanno rilevato vari elementi di criticità in relazione al posticipo del TFS/TFR in presenza di pensionamento per raggiunti limiti di età o di servizio o per collocamento a riposo d’ufficio, sottolineando che, in tali ultime ipotesi, il pagamento dovrebbe avvenire in tempi più ragionevoli, in quanto il trattamento di fine rapporto nel settore pubblico – in stretta analogia con quello del settore privato – ha l’essenziale natura di retribuzione differita dovuta per il lavoro prestato (Sent. Corte Cost. n. 106/1996). I Giudici hanno anche provveduto a segnalare al Parlamento l’urgenza di porre mano alla questione e di approntare una organica revisione dell’intera materia.
I lavoratori che hanno optato per andare in pensione con “Quota 100” o che entro la fine del 2021[5] lasceranno il servizio per accedere al trattamento pensionistico in applicazione di tale normativa, debbono mettere in debito conto anche uno slittamento dei termini temporali di corresponsione del TFS/TFR. A stabilirlo è l’art. 23, co.1 del più volte citato D.L. n. 4/2019 in ragione del quale i lavoratori pubblici che accedono alla pensione per “Quota 100” conseguono il riconoscimento del TFS/TFR al raggiungimento dei requisiti di accesso al sistema pensionistico, in base alla pensione di vecchiaia o alle forme di pensione anticipata di cui all’art. 24 del D.L. 6.12.2011 n. 201 convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, a cui aggiungere gli slittamenti in ragione degli eventuali adeguamenti dei requisiti pensionistici alla speranza di vita. Al riguardo bisogna però sottolineare che il legislatore, con l’art. 15 dello stesso provvedimento, ha bloccato per le pensioni anticipate l’adeguamento alla speranza di vita. In tal modo fino al 31.12.2026 i requisiti per accedere alla pensione di anzianità rimangono di 41 anni e 10 mesi per le donne e di 42 anni e 10 mesi per gli uomini.
L’INPS, con proprio messaggio 25.11.2019 n. 4353, ha fatto presente che il termine di pagamento del TFS/TFR in caso di pensionamento per “Quota 100” non tiene conto della data di collocamento a riposo dell’interessato, ma decorre dal momento in cui il dipendente raggiunge, in via teorica, il requisito per accedere alla pensione di anzianità od a quella di vecchiaia. Pertanto, continua l’Istituto di Previdenza, a seconda dell’ipotesi che si realizza per prima, la prestazione di fine servizio o di fine rapporto sarà pagabile decorsi 12 mesi dal raggiungimento del requisito anagrafico utile alla pensione di vecchiaia ovvero dopo 24 mesi dal conseguimento teorico del requisito contributivo per la pensione anticipata. Però se nel corso di tali 24 mesi il pensionato per “Quota 100” dovesse raggiungere l’età prevista per la pensione di vecchiaia, il periodo di attesa ai fini del pagamento del TFS/TFR potrebbe contrarsi a 12 mesi a partire da tale ultimo evento, qualora questo intervallo di tempo sia più favorevole rispetto al tempo di attesa residuo. Ovviamente, decorsi i 12 o 24 mesi rimane fermo il successivo intervallo temporale di tre mesi, concesso dal legislatore all’Inps, per provvedere al pagamento della prestazione previdenziale senza dover pagare interessi di mora per ritardato pagamento.
Questo sta a significare che se un lavoratore del settore pubblico va in pensione con 62 anni di età e 38 di contributi, a cui bisogna aggiungere gli obbligatori sei mesi di preavviso riceverà la prima rata di 50 mila euro dopo circa sei anni dal collocamento a riposo. La seconda dopo 12 mesi dalla prima e l’eventuale terza parte dopo ulteriori 12 mesi dalla seconda[6].
Caso n. 1. Pensionamento per “Quota 100” a far data dall’1.10.2020 di un lavoratore con 63 anni di età (data di nascita l’1.10.1957) e 38 anni e 6 mesi di contributi versati. In tali ipotesi per il lavoratore arriverà prima il requisito anagrafico per la pensione di vecchiaia (dopo 4 anni dal pensionamento) rispetto a quello per la pensione anticipata (4 anni e 4 mesi per raggiungere i 42 anni e 10 mesi di contributi). Quindi al ricorrere di tale ipotesi la prima rata della buonuscita gli verrà liquidata dopo 5 anni e tre mesi dal collocamento a riposo: quattro anni per arrivare ai requisiti anagrafici di vecchiaia + 12 mesi per la prima rata della buonuscita + 3 mesi.
Caso n. 2. Pensionamento per “Quota 100” a far data dall’1.10.2020 di una lavoratrice con 63 anni di età (data di nascita l’1.10.1957) e 40 anni e 3 mesi di contributi versati. Essendo una donna la pensione anticipata le spetterebbe al raggiungimento del requisito di 41 anni e 10 mesi di contributi, cioè un anno e sette mesi dopo il collocamento a riposo. Quindi la citata lavoratrice riceverà la prima rata della buonuscita dopo 3 anni e 10 mesi dal collocamento a riposo.
Caso n. 3. Pensionamento per “Quota 100” di un lavoratore nelle stesse ipotesi del Caso n. 2. In tal caso il diritto alla pensione arriverebbe al raggiungimento dei requisiti, si ribadisce teorici, per la pensione di anzianità. Stante il fatto che al momento del collocamento a riposo il lavoratore aveva 40 anni e 3 mesi di contributi versati, il suo diritto alla pensione maturerà dopo due anni e sette mesi. Quindi il lavoratore in questione avrà diritto alla prima tranche dopo quattro anni e 10 mesi dal pensionamento.
Caso n. 4. Pensionamento per “Quota 100” a far data dall’1.10.2020 di un lavoratore con 62 anni e 9 mesi di età e 41 anni e 7 mesi di contributi versati. In tale ipotesi la prima rata del TFS sarà liquidata dopo 24 +3 mesi dal raggiungimento del requisito, si ribadisce “teorico”, dei 42 anni e 10 mesi previsto per la pensione di anzianità. Per il lavoratore il questione, il diritto alla pensione di anzianità arriverà dopo 15 mesi dalla data di pensionamento. Pertanto il TFS gli verrà liquidato, almeno nella prima rata di 50mila euro, a distanza di tre anni e sei mesi dal collocamento a riposo: cioè 15 mesi per raggiungere i teorici 42 anni e 10 mesi di contribuzione più i 24 mesi previsti dalla normativa a cui aggiungere i 90 giorni a favore dell’INPS per procedere alla liquidazione.
Caso n. 5. Lavoratrice che all’1.10.2020 ha 62 anni e 41 anni e 10 mesi di contributi versati. Quindi in base alla normativa vigente è in possesso dei requisiti per accedere sia alla “Quota 100” e sia al “pensionamento anticipato” in applicazione della Legge Fornero. Domanda: Conviene di più il pensionamento con “Quota 100” o con la “Legge Fornero”?
Al riguardo si precisa che nessuna differenza vi sarebbe nell’importo dell’assegno di pensione. Le diversità invece riguardano i tempi di attesa tra la maturazione dei requisiti pensionistici ed il collocamento a riposo (con “Quota 100” è necessario un preavviso di sei mesi, mentre con la pensione anticipata “Fornero” solo di tre mesi) ed il divieto di cumulo (con l’esclusione di quelli derivanti da rapporti di lavoro autonomo occasionale e nel limite annuo dei 5mila euro) tra redditi di pensione e di lavoro fino al raggiungimento del requisito anagrafico indicato per la pensione di vecchiaia che esplica i suoi effetti solo per il pensionamento per “Quota 100”. Nessuna differenza invece per quanto riguarda i tempi di attesa per la corresponsione della prima rata del TFS/TFR: nell’ipotesi descritta la liquidazione avverrà dopo 24 mesi + 3 mesi dalla data di collocamento a riposo. Al ricorrere di tali ipotesi appare in ogni caso più favorevole optare per il collocamento a riposo con i requisiti di anzianità previsti dalla c.d. Legge Fornero.
Dopo un iter molto complesso, durato un anno e mezzo, è finalmente entrato in vigore il DPCM 22.04.2020 n. 51, a mezzo del quale i dipendenti pubblici che sono già andati in pensione (per anzianità, per raggiunti limiti di età e per “Quota 100”) possono richiedere al sistema bancario di erogare parte della buonuscita con prestito bancario, in base alle condizioni stabilite dalla Convenzione tra l’ABI ed i Ministeri competenti (Pubblica Amministrazione, Lavoro e Politiche Sociali, Economia e Finanze) sentito l'INPS, che fissa il tasso di interesse agevolato che verrà applicato ai prestiti erogati. Sicuramente il tasso di interesse sarà molto contenuto e ben al di sotto del 2% su base annua.
L’anticipo di cui trattasi, come chiaramente precisato dall’art. 4 del DPCM, è riconducibile ai “contratti di credito” a titolo oneroso con interessi calmierati di cui all’art. 122 del “Testo Unico Bancario” e pertanto non è in alcun modo configurabile come operazione di credito ai consumatori.
In relazione alla richiesta di finanziamento la banca rende disponibile al richiedente l’informativa precontrattuale e contrattuale, redatta in termini semplici ed accessibili, anche ai fini della normativa in tema di trasparenza delle operazioni e dei servizi bancari e finanziari ai sensi del provvedimento della Banca d'Italia del 29 luglio 2009 e successive modifiche e integrazioni.
Per poter accedere all’anticipo è necessario richiedere in via telematica all’Ente erogatore (in genere l’INPS), il rilascio della certificazione del diritto al TFS/TFR con specifica del relativo ammontare complessivo. L’istanza on-line può essere presentata: (a) direttamente dall’utente munito di PIN dispositivo rilasciato dall’Istituto, oppure a mezzo di altre credenziali o dispositivi di autenticazione, in particolare lo SPID, il Sistema Pubblico di Identità Digitale; (b) a mezzo Enti di Patronato espressamente delegati dal richiedente; (c) mediante intermediari dell’Istituto Previdenziale.
L’ente erogatore, a seguito della registrazione nel portale “lavoropubblico.gov” e della compilazione dell’apposita rilevazione, entro 90 giorni dalla ricezione della domanda di certificazione del diritto all’anticipo TFS/TFR comunica al richiedente, anche con modalità telematica:
Il richiedente in possesso della certificazione INPS presenta domanda ad uno degli Istituti di credito convenzionati, corredando l’istanza con i seguenti documenti: (a) certificazione del diritto al TFS/TFR e relativo ammontare complessivo, proposta di contratto di anticipo di TFS/TFR debitamente sottoscritta dal medesimo richiedente; (b) stato di famiglia con l’indicazione, in caso di separazione o divorzio, dell’eventuale importo dell’assegno previsto per l’ex coniuge; (c) il conto corrente a lui intestato o cointestato sul quale accreditare l’importo finanziato.
A questo punto, la procedura prevede una serie di verifiche a cura dell’Ente erogatore che debbono concludersi in modo perentorio entro 30 giorni con la comunicazione alla Banca dell’avvenuta conclusione con esito positivo del contratto di anticipo del TFS/TFR. Entro i 15 giorni successivi la Banca provvede all’accredito dell’importo erogato sul conto corrente indicato dal richiedente nella domanda di anticipo del TFS/TFR. Infine, l’art.8 del DPCM in argomento stabilisce, in maniera puntuale, anche i casi in cui il contratto di anticipo del TFS/TFR non può essere accettato.
Per completezza di esposizione è doveroso sottolineare che il legislatore con l’art. 24 del D.L. n. 4/2019 istitutivo di “Quota 100” ha introdotto un regime agevolativo per la tassazione del TFS/TFR. Nella fattispecie è stata prevista una riduzione dell’IRPEF in ragione del periodo trascorso tra la cessazione del rapporto di lavoro e la corresponsione del TFS/TFR. Il conteggio del periodo decorre dall’1.01.2019 se la cessazione dal servizio è antecedente a tale data. La riduzione però si applica solo su importi pari o inferiori a 50 mila euro rimanendo esclusa la parte eccedente. In dettaglio, la riduzione è pari all’1,5% per le indennità corrisposte decorsi almeno 12 mesi dalla cessazione dal servizio; la stessa sale al 3% se i tempi di attesa per ricevere il TFS/TFR sono di almeno 24 mesi dalla fine del rapporto di lavoro. Lo sconto poi sale al 4,5%, 6% e 7,5% se i tempi di attesa diventano rispettivamente di almeno 36, 48 e 60 mesi dalla fine del rapporto di lavoro.
La Corte Costituzionale, con la richiamata Sentenza n. 159/2019, ha tra l’altro affermato che, in relazione al pagamento differito e rateale del TFS/TFR, “restano impregiudicate
, in questa sede, le questioni di legittimità costituzionale della normativa che dispone il pagamento differito e rateale delle indennità di fine rapporto anche nelle ipotesi di raggiungimento dei limiti di età e di servizio o di collocamento a riposo d’ufficio a causa del raggiungimento dell’anzianità massima di servizio”. Inoltre, con particolare riguardo ai casi di raggiungimento di limiti di età e di servizio, viene precisato che “la duplice funzione retributiva e previdenziale delle indennità di fine rapporto, conquistate «attraverso la prestazione dell’attività lavorativa e come frutto di essa», rischia di essere compromessa, in contrasto con i princìpi costituzionali che, nel garantire la giusta retribuzione, anche differita, tutelano la dignità della persona umana”.
Con tali argomentazioni i Giudici della Consulta hanno reso evidente, in modo chiaro e netto, che il pagamento del TFS/TFR per chi viene collocato a riposo per raggiunti limiti di età o di servizio deve avvenire il più presto possibile o comunque immediatamente a valle dell’evento quiescenza. Infatti il collocamento a riposo, dopo una vita di lavoro, comporta un cambiamento radicale delle proprie abitudini. È un rito di passaggio, una di quelle fasi che, secondo gli antropologi[7], segnano l’abbandono di uno status per entrare in un altro: non più lavoratrice/lavoratore, ma pensionata/pensionato. Una nuova fase della vita con più tempo da dedicare a se stessi, ai propri hobby, da riempire con progetti a lungo solo coltivati e desideri da realizzare. Ed è proprio in questa fase che si manifestano in maniera più pregnante i bisogni che il TFS/TFR mira a soddisfare e che impongono tempi di erogazione più spediti a tutela della “dignità della persona umana”. In questo si coglie la funzione previdenziale che coesiste con la natura retributiva e rappresenta l’autentica ragion d’essere dell’erogazione delle indennità dopo la cessazione del rapporto di lavoro.
Gli scriventi sono pienamente d’accordo con quanto sostenuto dalla Corte Costituzionale. Sono però anche dell’avviso che la prossima riforma organica delle pensioni – che il Governo è intenzionato a varare entro l’anno prossimo in un’ottica di equità intergenerazionale e di sostenibilità della spesa previdenziale nel lungo periodo – affronti e risolva il problema del TFS/TFR dei dipendenti pubblici la cui liquidazione dovrebbe avvenire con tempistiche di erogazione più ragionevoli e con modalità almeno simili, a quelle in uso per la totalità dei lavoratori del settore privato.
Al momento di andare in pubblicazione, sul sito del Ministero per la Pubblica Amministrazione è stata resa disponibile la piattaforma contenente le condizioni e gli adempimenti per avviare la richiesta di anticipo del TFS – TFR come previsto dal D.L. 28.01.2019 n. 4 convertito con modificazioni nella Legge 28.03.2019 n. 26. Il relativo link è il seguente: https://lavoropubblico.gov.it/anticipo-tfs-tfr
[1] “Il preavviso nell’impiego pubblico e l’obbligo di integrale fruizione delle ferie maturate”. Lavoro@Confronto n. 34 – 35; Luglio-Ottobre 2019; pagg. 9-14.
[2] Le norme in materia di pensionamento anticipato per “Quota 100” sono state introdotte con D.L. 28.01.2019 n. 4 convertito con modificazioni nella Legge 28.03.2019 n. 26. La disciplina in argomento è contenuta nell’art. 14 che reca in rubrica “Disposizioni in materia di accesso al trattamento di pensione con almeno 62 anni di età e 38 di contributi”.
[3] Ispettorato Nazionale del Lavoro Direzione Centrale Risorse Umane, Finanziarie e Logistica Ufficio II - Nota prot. n. 8336 del 27.05.2020 recante in oggetto: Periodo di preavviso articolo 67 CCNL Funzioni centrali 12/02/2018 – Ulteriori chiarimenti.
[4] DPCM 22.04.2020 n. 51 (Regolamento in materia di anticipo del TFS/TFR, in attuazione dell'articolo 23, comma 7, del decreto-legge 28 gennaio 2019, n. 4, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 marzo 2019, n. 26) pubblicato nella G.U. n. 150 del 15.06.2020 ed in vigore dal successivo 30 giugno.
[5] Il Governo sembra intenzionato a far proseguire il pensionamento per “Quota 100” fino alla naturale scadenza della fase sperimentale, fissata al 31.12.2021. È appena il caso di evidenziare che se alla fine del 2021 non fosse pronta una nuova legge si tornerebbe automaticamente alla “Fornero” ed ai suoi rigidi paletti.
[6] Infatti a far data dall’1.01.2014, in ragione dell’art. 1, co. 484, Legge n. 147/2013, la buonuscita viene corrisposta in una unica soluzione se l’ammontare complessivo lordo è pari o inferiore a 50 mila euro; in due rate annuali, se l’ammontare complessivo lordo è superiore a 50 mila euro e inferiore a 100 mila euro (in tal caso la prima rata è di 50 mila euro e la seconda è relativa alla quota rimanente); in tre rate annuali, se l’ammontare complessivo lordo è superiore a 100 mila euro. In tal caso la prima e la seconda rata sono pari a 50 mila euro e la terza è pari alla quota residua La seconda e la terza rata saranno pagate rispettivamente dopo 12 e 24 mesi dalla decorrenza del diritto al pagamento della prima.
[7] Il termine venne usato per la prima volta dall’etnologo Arnold Van Gennep, che lo sviluppò in un suo celebre lavoro, “I riti di passaggio”, del 1909. Secondo la sua definizione, questi riti accompagnano per esempio i cambiamenti di età o di occupazione. Si contraddistinguono essenzialmente nelle tappe del ciclo della vita e accompagnano le fratture e le discontinuità che si producono lungo il corso temporale e sociale dell'esistenza. Pertanto, possono essere definiti come atti simbolici che permettono di affrontare queste cesure e transizioni attraverso una gestione sociale dell'angoscia che ne deriva e una loro rappresentazione ad uso della collettività.
[*] Dorina Cocca in servizio presso la sede di Rovigo dell’Ispettorato Territoriale del Lavoro di Ferrara Rovigo. Tiziano Argazzi giornalista, esperto in comunicazione, materie lavoristiche e privacy. Le considerazioni contenute nel presente intervento sono frutto esclusivo del pensiero degli Autori e non hanno carattere in alcun modo impegnativo per la Pubblica Amministrazione.
Seguiteci su Facebook
>