Nel corso degli ultimi 30 anni il tema della salute e della sicurezza sul lavoro e delle condizioni negli ambienti di lavoro ha rivestito gradualmente una maggiore importanza tra le politiche adottate dall’Unione Europea (Atto unico europeo, Trattato di Amsterdam, Trattato di Lisbona) fino alla condivisione del Pilastro europeo dei diritti sociali (2017) in cui è stato sancito il diritto dei lavoratori a condizioni di lavoro sane, sicure e dignitose.
Nell’ampia materia dedicata, il rischio stress lavoro correlato è oggetto di attenzione a causa delle molteplici conseguenze che genera sullo stato di salute dei lavoratori, sui costi sociali, sulla produttività e qualità aziendale. L’esposizione allo stress è presente in tutti i contesti lavorativi ma principalmente quelli in cui la componente relazionale risulta forte, quali il settore sanitario.
Nel marzo scorso l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha dichiarato lo stato di pandemia da Corona virus disease (Covid-19) e ha raccomandato l’attuazione di tutte le misure preventive e protettive necessarie a proteggere la sicurezza occupazionale.
Fin dall’inizio dell’emergenza, l’Istituto Nazionale per l'Assicurazione contro gli Infortuni sul Lavoro ha individuato la complessità della situazione rilevando un aumento del rischio di malattia professionale per gli operatori sanitari.
Alla data del 31 luglio 2020, infatti, l’INAIL ha rilevato 51.363 contagi sul lavoro da Covid-19: il 71,6% delle infezioni denunciate e il 23,4% dei casi mortali è stato registrato nel settore della sanità e assistenza sociale (ospedali, case di cura e di riposo, istituti, cliniche, policlinici universitari, residenze per anziani e disabili) che, insieme al settore degli organismi pubblici preposti alla sanità porta all’80,6% la percentuale dei contagi e al 33,7% quella dei decessi avvenuti in ambito sanitario.
Le categorie professionali maggiormente interessate dai contagi e dai decessi risultano i tecnici della salute, gli operatori socio-sanitari, i medici, gli infermieri, gli operatori socio-assistenziali e il personale non qualificato nei servizi sanitari (ausiliari, portantini e barellieri).
Durante la situazione emergenziale, le misure di tutela per il rischio da esposizione ad agenti biologici previste dal D.Lgs 81/2008 si completano con le indicazioni individuate ad hoc dagli organismi di riferimento richiedendo, pertanto, un approccio integrato che parallelamente alla valutazione del rischio annoveri anche le condizioni di disagio individuale conseguenti a condizioni di stress lavorativo.
Infatti, l’emergenza esaspera la presenza nel sistema sanitario di molteplici fattori di rischio correlati alla sicurezza e alla salute degli operatori e alle condizioni di lavoro – quali carenza di personale e prolungamento dei turni, gestione di emergenze, situazioni di estrema sofferenza, esposizioni ad aggressioni fisico-verbale – contribuendo ad esporre gli operatori sanitari a elevati livelli di stress sia fisico che psicologico.
Accanto al necessario cambiamento organizzativo e di trattamento dei pazienti, intervengono altre cause (timore di contrarre l’infezione, assenza del sostegno familiare a causa del pericolo di contagio, sofferenza per la perdita di pazienti e colleghi) con conseguente creazione di uno stato di isolamento sociale che favorisce l’emergere di sentimenti negativi: rabbia e frustrazione alimentano un senso di impotenza e inadeguatezza nei confronti del proprio operato professionale e possono sfociare in reazioni psicologiche non funzionali di diversa gravità (ansia, disturbi psicosomatici, depressione, alterazioni del comportamento) fino a provocare, nel caso di un duraturo e intenso stress legato al lavoro, sindromi da burn-out.
Sin dall’emergere del virus nel contesto italiano, sono state condotte numerose ricerche relative agli effetti sulla salute psico-fisica degli operatori sanitari coinvolti in prima linea nella gestione della pandemia che hanno evidenziato elevati livelli di preoccupazione per il rischio di contagio e lo stigma sociale collegato, stress e tensione muscolare, irritazione, insonnia, crisi di pianto, affaticamento e palpitazioni.
Il Ministero della Salute e l’Istituto Superiore di Sanità hanno fornito indicazioni operative, tratte dall’analisi della letteratura scientifica internazionale, sulla prevenzione dello stress emotivo degli operatori sanitari legato alla situazione di emergenza, rivolte sia ad Aziende sanitarie e i Dirigenti delle strutture sanitarie sia agli stessi operatori, sottolineando l’importanza della riorganizzazione del lavoro, della comunicazione, del confronto e della creazione di servizi di supporto psicologico.
Proprio in risposta a quest’ultima fondamentale indicazione, l’Istituto Nazionale per l'Assicurazione contro gli Infortuni sul Lavoro promuove nelle Aziende Sanitarie – con il prezioso contributo del Consiglio Nazionale dell’Ordine degli Psicologi – l’attivazione di servizi di sostegno psico-sociale (telefonico o tramite videochiamate) per la gestione dello stress degli operatori sanitari coinvolti nell’emergenza, fornendo strumenti utili e documenti operativi finalizzati a supportare l’elaborazione individuale della situazione critica vissuta.
Parallelamente, le federazioni degli Ordini dei medici e degli odontoiatri, degli infermieri, delle ostetriche, dei tecnici sanitari di radiologia medica e professioni sanitarie tecniche, della riabilitazione e della prevenzione garantiscono un’adeguata formazione online e gratuita sulle specifiche forme di disagio psicologico che possono manifestarsi nei professionisti sanitari che si trovano a gestire l'emergenza Covid-19.
Infatti, il riconoscimento da parte degli operatori degli eventuali sintomi psico-fisici riconducibili allo stress lavoro correlato, la consapevolezza delle proprie emozioni e delle strategie di coping messe in atto di fronte a un evento stressogeno e, in generale, una promozione dell’empowerment personale e una valorizzazione della dimensione umana può contribuire a evitare quegli stati di esaurimento emotivo e depersonalizzazione in grado di inficiare pesantemente la qualità della prestazione lavorativa.
Il fatto che l’Organizzazione Mondiale della Sanità individua nella depressione una delle maggiori cause di inabilità al lavoro induce a considerare il contesto lavorativo quale ambiente privilegiato per la prevenzione dei rischi psico-sociali e per la promozione del benessere psico-fisico: garantire la tutela della salute fisica e mentale soprattutto di quei professionisti sanitari che ricoprono ruoli fondamentali durante le situazioni emergenziali rappresenta, pertanto, un preciso dovere a lungo termine delle Istituzioni competenti.
[*] Psicologa del lavoro e delle organizzazioni, interessata particolarmente a orientamento al lavoro, pari opportunità e stress occupazionale
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