L’importanza dell’attività di assistenza psicologica e di assistenza sociale alla popolazione viene contemplata a partire dal Decreto ministeriale del 13 febbraio 2001 Adozione dei criteri di massima per l'organizzazione dei soccorsi sanitari nelle catastrofi in cui è inserita la definizione di piano d'emergenza, ‘finalizzato a garantire con ogni mezzo il mantenimento del livello di vita civile messo in crisi da una situazione che comporta necessariamente gravi disagi fisici e psicologici’.
Successivamente nelle premesse della Direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri del 13 giugno 2006 Criteri di massima sugli interventi psico-sociali da attuare nelle catastrofi:
Ma si può definire l’emergenza internazionale dichiarata dall’Organizzazione Mondiale della Sanità il 30 gennaio 2020 una catastrofe? Secondo la Legge 24 febbraio 1992, n. 225 Istituzione del Servizio Nazionale della Protezione Civile la risposta è affermativa in quanto ha sconvolto l’intero sistema sociale.
L’iniziale stato di emergenza della durata di sei mesi dichiarato dal Consiglio dei Ministri il 31 gennaio 2020 in conseguenza del rischio sanitario connesso all'infezione da Coronavirus è attualmente prorogato al 30 aprile 2021.
La Legge 11 gennaio 2018, n. 3 Delega al Governo in materia di sperimentazione clinica di medicinali nonché disposizioni per il riordino delle professioni sanitarie e per la dirigenza sanitaria del Ministero della salute sancisce che le attività della professione psicologica hanno diretta attinenza e rilevanza per la tutela della salute e il Decreto Legge 19 maggio 2020, n. 34 Misure urgenti in materia di salute, sostegno al lavoro e all'economia, nonché di politiche sociali connesse all'emergenza epidemiologica da COVID-19 – convertito con modificazioni dalla Legge 17 luglio 2020, n. 77 – sottolinea la necessità di ‘una corretta gestione delle implicazioni psicologiche e dei bisogni delle persone conseguenti alla pandemia di COVID-19’.
L’ampliamento del concetto di salute che va oltre alla mera assenza di malattia ormai è noto a tutti e la pandemia non è solamente un’emergenza sanitaria ma un evento ampio, improvviso e urgente che ha coinvolto complessivamente l’ambito sociale, in grado di minare l’integrità psichica e fisica dell’individuo e dell’intero tessuto sociale.
La Psicologia dell’emergenza – che coinvolge trasversalmente diverse discipline psicologiche e altre professioni in una visione interdisciplinare – interviene proprio in tali contesti critici ove risulta alterata la normale quotidianità di individui e comunità: comprendere gli specifici processi psicologici (cognitivi, comportamentali, emotivi, fisiologici, relazionali) che incidono sul benessere rappresenta la via maestra per ristabilire l’adeguato funzionamento psico-sociale.
L’ottica psico-sociale adottata negli interventi emergenziali considera gli effetti psicologici individuali e gli effetti sociali in reciproca interdipendenza: infatti, l’aumento del disagio psico-sociale non è unicamente causato dalle limitazioni derivate dall’emergenza sanitaria ma anche dalle preoccupazioni legate alle prospettive socio-economiche, nel medio e lungo termine.
Gli interventi emergenziali sono solitamente rivolti alle vittime dirette e indirette degli eventi critici, ai loro familiari e amici e alle persone che sono state testimoni dello stesso evento, ai soccorritori e all’intera comunità in cui si sono verificati gli eventi critici. Questa nuova emergenza mondiale coinvolge trasversalmente una moltitudine di vittime, a partire dalle persone contagiate dal Coronavirus, e dal personale sanitario che le assiste, all’intera collettività che ha comunque subito uno stravolgimento della propria vita durante il lockdown e i successivi (e attuali) periodi di restrizione.
La letteratura scientifica indica che la sofferenza psicologica in seguito all’esposizione a eventi stressanti varia da persona a persona. Solo nel momento in cui si percepisce una dissonanza tra le richieste della situazione e le risorse di cui si dispone per fronteggiarla essa viene percepita quale stressante e ciò comporta diversi sviluppi:
Pertanto non tutte le persone sviluppano gravi e duraturi disturbi psicologici in seguito a un episodio stressogeno: la maggior parte recupera spontaneamente uno stato fisiologico ma alcune manifestano stati di sofferenza che non permettono loro una normale ripresa della vita quotidiana.
Ed è proprio a queste ultime persone che dobbiamo prestare attenzione in questa delicata situazione di emergenza complessiva, intervenendo sul loro disagio psico-sociale e promuovendo il potenziamento di risorse individuali, le Life Skills, ossia l’insieme di abilità cognitive, emotive e relazionali che consentono loro di agire con competenza sul piano sia personale sia sociale e di affrontare positivamente le richieste provenienti dall’ambiente esterno.
Da circa 30 anni l’Organizzazione Mondiale della Sanità sostiene come tali abilità giochino un ruolo fondamentale nella promozione del benessere mentale e nella prevenzione del disagio mentale e dei problemi di salute. Come accennato, le Life Skills si articolano in tre ambiti:
Le persone, quindi, sono soggetti attivi capaci di influenzare gli eventi stressanti attraverso l’adeguato utilizzo di strategie cognitive, emotive e relazionali.
Accanto a queste abilità, un ruolo fondamentale nella gestione degli eventi stressanti è svolto dalla resilienza, cioè la capacità di affrontarli e superarli aumentando le proprie risorse con una conseguente riorganizzazione positiva della vita. Secondo la prospettiva psico-sociale, rappresenta una competenza che si sviluppa nella dimensione relazionale e aumenta grazie alle esperienze che favoriscono un sentimento di efficacia personale e di valorizzazione del Sé.
La letteratura ha individuato quattro ambiti di qualità resilienti, caratteristiche personali in grado di attenuare gli effetti negativi delle emergenze promuovendo l’adattamento alle nuove situazioni:
Supportare le persone nel riconoscere le proprie risorse psico-sociali per gestire questa situazione di emergenza da Coronavirus condurrà a un potenziamento di alcune caratteristiche individuali che permetterà loro di affrontare le sfide con un atteggiamento propositivo di speranza e fiducia.
In previsione del costante aumento della domanda di assistenza psicologica emersa durante l’iniziale lockdown emergenziale, nel 2020 l’Associazione Italiana di Psicologia ha effettuato un’interessante proposta per una gestione efficace delle fasi successive.
Al fine di individuare le aree di fragilità psicologica maggiormente coinvolte in situazioni di crisi, l’Associazione propone di costituire presso il Ministero della Salute un ‘Osservatorio sulla salute psicologica e del disagio psichico’ per promuovere – in sinergia con i servizi universitari di psicologia clinica e gli Ordini Regionali degli Psicologi – misure e piani di interventi necessari a limitare nel medio-lungo termine gli effetti dell’epidemia sulle condizioni di salute psicologica della popolazione. Tale sistema di monitoraggio potrebbe costituire la base per realizzare una vera e propria attività di prevenzione secondaria, il ‘Piano nazionale per l’identificazione precoce del rischio di disagio psicologico’, volto alla repentina individuazione di aspetti socio-demografici e socio-economici a rischio e della messa in atto di comportamenti disadattivi.
La letteratura scientifica annovera tra i fattori di rischio la familiarità con disturbi psicologici o altre patologie, la giovane età o l’età avanzata, l’assenza di figli, un minore livello d’istruzione, problemi economici, sedentarietà e isolamento sociale mentre tra i fattori protettivi l’età adulta, un numero maggiore di figli, un maggiore livello di istruzione, l’assenza di problemi lavorativi, la frequente attività sportiva e la presenza di stabili relazioni affettive.
In definitiva, tali azioni sulla salute psicologica e sul disagio psichico dovrebbero rientrare nei piani di risposta alle emergenze oltre che in quelli ordinari di tutela della salute pubblica, anche mediante l’utilizzo di innovativi servizi assistenziali a distanza di telemedicina con la finalità di promuovere strategie di cura e di prevenzione mirate alle specifiche categorie di persone a rischio individuate attraverso un’adeguata attività di monitoraggio.
[*] Laureata in Psicologia del lavoro e delle organizzazioni c/o l'Università degli Studi di Padova e iscritta all’Ordine degli Psicologi del Friuli Venezia Giulia. Svolge attività formativa nei settori orientamento al lavoro, pari opportunità e stress occupazionale.
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