In questo redazionale si intende affrontare il tema del lavoro “immigrato” con un particolare riferimento al cosiddetto “Decreto flussi 2021”. Si tratta in sintesi della norma che permette ai lavoratori extracomunitari che hanno la possibilità di fare ingresso in Italia per poter lavorare.
Specificamente il DPCM varato lo scorso 21 dicembre 2021 e pubblicato sulla GU in data 17 gennaio 2022 contempla una quota massima di ingressi, a livello nazionale, pari a 69.700 unità, ovvero più del doppio delle circa 30.000 unità previste nell’ultimo Decreto 2020.
Tra quelli autorizzati quest’anno un contingente di 500 unità è stato riservato agli ingressi per lo svolgimento di “lavoro autonomo” in particolare stranieri non comunitari i quali, nella veste di imprenditori, hanno intenzione di attuare un concreto piano di investimento rilevante per gli interessi e l’economia del nostro Paese che preveda, per questo, l’impiego di risorse finanziarie personali non inferiori ai 500.000 euro e al contempo la creazione di almeno tre nuovi posti di lavoro.
Le relative istanze potranno essere inviate durante la finestra temporale che va dal 27 gennaio 2022 al 17 marzo 2022, ricorrendo al cosiddetto strumento del “click day” adottando il criterio cronologico puntuale di presentazione, contemplando data e ora, per la loro trattazione, sia che si tratti di lavoratori non stagionali che stagionali.
La procedura sarà trattata dagli Sportelli Unici dell’Immigrazione, presenti presso gli Uffici del Governo territoriali. E precisamente si procede alle verifiche effettuate parallelamente da Questura, Prefettura e Ispettorato del lavoro, quali amministrazioni territorialmente competenti, e svolte sia sul lavoratore che sul datore di lavoro. A seguire il datore viene convocato dalla Prefettura per concludere la pratica. La convocazione dovrebbe avvenire quindi entro 60 giorni dalla presentazione della domanda, secondo la norma, purtroppo però alcuni sportelli SUI non sempre riescono a garantire questa scansione temporale.
Evidentemente tutti i chiarimenti e modalità da seguire sono contenute nella Circolare interministeriale 5 gennaio 2022 sottoscritta dal Ministero dell’Interno, dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, dal Ministero delle Politiche agricole, la quale fra l’altro fa riferimento specifico alla suddivisione totale degli ingressi consentiti e riservati nella misura di 27.700 per lavoro subordinato non stagionale ed autonomo e 42.000 ingressi riservati al lavoro stagionale.
I settori contemplati per gli ingressi di 20.000 lavoratori extracomunitari sono: l’autotrasporto, l’edilizia e il turistico-alberghiero. Da precisare anche che si tratta di lavoratori stranieri appartenenti a Paesi che hanno sottoscritto o sottoscriveranno nel 2022 accordi internazionali di cooperazione, in ambito migratorio, con il nostro Paese.
Gli altri 7.000 sono destinati alla “conversione” in lavoro subordinato e autonomo del permesso di soggiorno già detenuto per altro titolo. In ambito “autonomo” sono state individuate, come sopra già detto, 500 unità per determinate categorie/alte professionalità come: imprenditori, titolari di cariche societarie, liberi professionisti, artisti affermati, ideatori di start up.
Da segnalare anche la possibilità prevista dalla Circolare in parola di veder sostanziare nella procedura il cosiddetto silenzio-assenso per la tipologia di richieste di nulla osta al lavoro stagionale ovvero stagionale pluriennale, a beneficio degli stranieri già destinatari di autorizzazione almeno una volta nei cinque anni precedenti, a prestare lavoro appunto stagionale a beneficio del medesimo datore di lavoro.
Rispetto invece ai 42.000 stagionali una specifica riserva è stata destinata ai lavoratori agricoli per i quali il nulla osta viene presentato dalle maggiori organizzazioni di settore come Coldiretti, Confagricoltura, Cia, Coopagri, Alleanza Cooperative.
Per presentare le domande è necessario il possesso dello Spid (identità digitale) accedendo ad un “portale” del Ministero dell’Interno (https://nullaostalavoro.dlci.interno.it) dove risiede un applicativo che permette di compilare un modulo per le relative domande.
Le quote complessive per lavoro subordinato, stagionale e non stagionale, è bene dirlo, verranno ripartite tra gli Ispettorati territoriali del lavoro, le Regioni e le Province autonome, ad onere del Ministero del Lavoro nella consapevolezza che i migranti rappresentano una risorsa “necessaria”, soprattutto quale esigenza per il Nord sviluppato necessitante di manodopera non particolarmente qualificata professionalmente.
Una prima considerazione da fare riguarda il fatto positivo che prima di questo ultimo decreto flussi 2021, che di fatto ha raddoppiato il possibile ingresso di lavoratori extracomunitari, il nostro Paese annoverava medesimi contingenti numerici adottati da circa un quinquennio.
A parere però del Presidente della Fondazione “Migrantes”, Monsignor Perego, anche il nuovo ultimo Decreto Flussi appare evidentemente ancora “insufficiente” per ben soddisfare le cogenti esigenze esistenti nel mercato del lavoro “asfittico e disorganico” del nostro Paese, pur ben valutando l’ultimo raddoppio di quote destinato per l’ingresso “legale” di lavoratori stranieri in Italia per motivi di lavoro.
Questo viene al contempo evidenziato dalla quasi totalità delle categorie imprenditoriali, con maggiori evidenze per i settori agricolo, edile e dei servizi e cura alla persona.
Tali contingenti di quote difficilmente rappresentano un “correttivo” plausibile al sempre presente ingresso “illegale” in Italia di uomini e donne e frequentemente di ragazzi adolescenti, destinati loro malgrado ad ingrossare le file del lavoro illegale, lavoro nero e piaga del fenomeno caporalato, nei diversi settori produttivi.
Il decreto flussi, che annualmente viene a riproporsi nel nostro Paese tragicamente si pone come contraltare al drammatico e silente assistere alle innumerevoli morti nel “mare nostrum” Mediterraneo di donne uomini, bimbi, adolescenti che disperatamente tentano di raggiungere l’Italia e quindi l’Europa.
Porre delle bandierine di appartenenza di queste genti, legandole alla nazione di partenza, al tipo di emigrazione: politica, economica, sociale, religiosa, altra, non ha veramente senso.
Il disperato ed estremo tentativo di raggiungere approdi europei sconta, nella totalità dei casi, il dover mettere la propria vita nelle mani di scafisti (novelli Caronte di Dantesca memoria) che a scopo di abietto lucro agiscono anche sfruttando la pressoché assenza di validi e cospicui canali di ingresso legale.
Questo ennesimo decreto flussi di fatto ripropone anche la rilevante questione della “limitatezza” dei settori contemplati che beneficeranno teoricamente di nuova manodopera immigrata continuando, d’altro canto, la penuria di nuova forza lavoro straniera nella gran parte degli altri settori ed aziende che rimangono fuori dal limitato perimetro contemplato dal Legislatore.
Vieppiù il contesto sociale generale e lavorativo è sempre il medesimo, il nostro Paese risulta essere irreversibilmente più vecchio.
Da alcuni studi fatti citiamo quelli dell’Associazione di volontariato ANOLF, secondo i quali in Italia mancherebbero, quale deficit di forza lavoro, tra i 250 e i 280 mila lavoratori, per i più bassi profili.
A questo colleghiamo le difficoltà occupazionali per un possibile impiego del contingente di stranieri “profughi” attualmente presenti in Italia.
La notevole massa di disoccupati italiani, è stato osservato, difficilmente riesce a fare fronte alla copertura di domanda lavoro proprio per le qualifiche e impieghi più gravosi e di scarsa attrattività e questo, al tempo stesso, è un fatto, ma anche un problema per le aziende nostrane, sostanziando un motivo strutturale.
In definitiva, non si può tacere come il continuare a proporre lo strumento non pienamente efficace, quale l’annuale decreto flussi, rappresenta un’azione politica da retroguardia. Meglio sarebbe agire immaginando una riforma complessiva della normativa in tema di immigrazione, adeguata alla realtà in essere, caratterizzata da flussi costanti indistinti e multiforme, legati alla capacità migratoria delle genti a livello globale, anche di natura socio-culturale nonché, geo-politica.
In sostanza, si potrebbe ben intervenire, incisivamente, sulle attuali politiche di immigrazione, favorendo una riconfigurazione di una più valevole “legge quadro” sull’immigrazione. Questo anche perché il mondo attuale, come lo stiamo conoscendo, è foriero di sostanziali cambiamenti: da un lato la mobilità umana continua la sua evoluzione (anche rispetto a situazioni contingenti quale la pandemia globale dell’ultimo biennio); dall’altra parte il nostro amato Paese certamente non può rinunciare al contributo degli immigrati, sia da un punto di vista demografico, ma anche fiscale, previdenziale e complessivamente economico, come pure sociale.
Bisognerebbe poter gestire la massa dei visti di ingresso, collegati alla ricerca di occupazione, essendo in grado di articolare modernamente l’incrocio di domanda e offerta di lavoro, soprattutto per quei settori dove le carenze di manodopera potrebbero essere meglio assecondate da lavoratori e lavoratrici provenienti dall’estero, in possesso dei cosiddetti “light skill”.
Non di meno si dovrebbe affrontare il problema di percorsi “permanenti” di regolarizzazione per chi, straniero, si trova per varie motivazioni sul territorio italiano e potrebbe essere impiegato più agevolmente da datori di lavoro disponibili ad una assunzione pressoché immediata.
In sostanza dovremmo affrontare più lucidamente il tema della riscoperta dell’importanza del lavoro immigrato, in un contesto sociale quale il nostro Paese rappresenta, alla luce dell’irreversibile invecchiamento della popolazione e contestuale calo delle nascite, con contrazione conseguente della forza lavoro disponibile, per non sottacere anche l’incidenza negativa sui livelli di Pil derivante.
Una attenta riflessione meriterebbe la logica e le ricadute che sottendono alla costante riproposizione dello strumento più volte menzionata del decreto flussi. Questo di fatto lungi dall’essere un volano da affiancare anche alle cosiddette politiche attive sul lavoro, si dimostra, di converso, una misura che scarsamente interviene sulle deformazioni del nostro mercato del lavoro.
Si dovrebbe agire da parte, del Legislatore, per tentare di migliorare e integrare ipotizzando un più sicuro ambito di trasparenza che aiuti ad immettere novella manodopera immigrata, in contesti di chiara legalità, senza dimenticare un altro bacino importante e comunque presente, costituito da persone da poter fare “emergere e regolarizzare”, evidentemente già presenti a vario titolo nel nostro territorio nazionale, seguendo contesti di assoluta legalità, garantita dalla chiarezza legislativa.
In sostanza, si potrebbe poter uscire da misure insufficienti, che rispondono con approcci emergenziali, al bisogno di una visione alta rispetto le manchevolezze del nostrano mercato del lavoro, impattando negativamente anche sul versante della irrinunciabile “dignità dei lavoratori” in contesti di necessaria concorrenza e trasparenza.
In uno degli interventi più recenti del Presidente del Consiglio Draghi lo stesso ha affermato: “… Dobbiamo rafforzare i canali legali di migrazione, perché rappresentano una risorsa, non una minaccia per la nostra società…”.
Anche il Presidente Mattarella nel discorso di insediamento, per il suo secondo mandato, pochi giorni orsono, di fronte ai grandi elettori riuniti in Plenaria presso la Camera dei Deputati, ha fatto esplicito riferimento alla “dignità” nelle sue diverse declinazioni (come alcuni commentatori politici hanno definito “vocabolario dei diritti”) e con un accento speciale per il lavoro, non tralasciando quello immigrato, per aspetti di umanità e accoglienza.
In particolare il Presidente Mattarella ha invocato la solidarietà verso i migranti che ci impone: “… di combattere, senza tregua, la tratta e la schiavitù degli esseri umani…”. E ancora: “… Dignità è contrastare la precarietà disperata…” e noi con rispetto aggiungiamo… di tutti i componenti della nostra comunità.
Dallo scorso 19 gennaio 2022 è operativa l'Agenzia dell'Unione europea per l'asilo (EUAA) che ha preso il posto dell'Ufficio europeo di sostegno per l'asilo (EASO).
Questa nuova Agenzia ha il compito di migliorare il funzionamento del sistema europeo comune di asilo sotto un duplice aspetto: da una parte prestando agli Stati membri una maggiore assistenza operativa e tecnica, dall’altra garantendo una maggiore coerenza nella valutazione delle domande di protezione internazionale.
Il 9 dicembre 2021, quindi, il Consiglio Europeo ha adottato il regolamento che trasforma l'Ufficio EASO in un'Agenzia dell'UE pienamente operativa e autonoma. Certamente questa azione rappresenta, nell’ottica di una riforma del sistema europeo comune di asilo, un significativo passo avanti nella modernizzazione e attualizzazione dell’intervento dell'UE in materia di asilo e di accoglienza.
Più chiaramente la nuova Agenzia avrà lo scopo di contribuire a migliorare l’attuale funzionamento del sistema europeo comune di asilo, per questo verrà fornita una maggiore assistenza operativa ma anche tecnica agli Stati membri garantendo una maggiore analogia nella valutazione delle domande di protezione internazionale. Primariamente, perciò, si tenderà alla realizzazione di una oggettiva politica comune dell'UE, anche in materia di asilo, contribuendo inoltre al miglioramento della cooperazione con i paesi terzi, interessati, come pure ad intensificare la solidarietà tra Stati membri nell’approccio e governo della dimensione esterna e globale di tutta l’Unione.
A causa dell'acuirsi dell’ultima crisi migratoria del 2015, l'UE ha tentato di attuare delle diverse misure per ottenere un miglior controllo delle frontiere esterne e dei flussi migratori complessivi questo è stato stimato ha prodotto da allora una riduzione consistente degli arrivi irregolari nell'UE, ma con tutta evidenza più marcatamente a beneficio dei Paesi del nord Europa, rispetto ai Paesi del sud che si affacciano sul mediterraneo, in particolare Italia, Spagna, Grecia, Malta.
Ad ogni modo l'UE e i suoi Stati membri (con varia intensità e sensibilità) stanno provando ad incrementare gli sforzi per definire una diversa politica migratoria europea che sia più efficace, ma al contempo umanitaria e sicura. Il Consiglio europeo svolge quindi un ruolo importante in questo settore, in quanto fissa le priorità strategiche che dovrebbero essere opportunamente declinate nei singoli Stati membri.
Sulla base di dette priorità, il Consiglio dell'UE stabilisce linee di azione e predispone le linee guida da adottare con i singoli Paesi terzi. Sempre il Consiglio adotta inoltre atti legislativi e definisce programmi specifici di azione. Negli ultimi anni, in un crescendo, il Consiglio europeo ha aumentato le azioni di contrasto alla aumentata pressione migratoria evidentemente incontrollata.
Cerchiamo ora di sintetizzare le differenti e significative vie di accesso e transito dei flussi migratori, rivolti al contesto europeo:
Ad ogni modo un imperativo dovrebbe dettare l’agenda di queste iniziative, a livello europeo, come anche dei singoli Stati membri. Salvare vite in mare e contrastare, con ogni mezzo, le reti criminali che agiscono in tale ambito. Oggettivamente, sia migranti che rifugiati cercano di raggiungere l'Europa intraprendendo viaggi che possono mettere in pericolo la loro vita, mentre i trafficanti sono ricorsi a strategie sempre più pericolose e sofisticate per attraversare il Mediterraneo. In questo ambito si innestano le operazioni denominate “Frontex” che si svolgono nel Mediterraneo, con relativa flotta multinazionale, per salvare i migranti dagli innumerevoli naufragi e contrastare il traffico illegale di migranti. Non di meno rilevanza però anche l’azione attuata dalle “organizzazioni non governative” che tentano di presidiare con le loro imbarcazioni, per quanto possibile, il bacino Mediterraneo. Da menzionare anche, per completezza, il fatto che l'UE ha istituito, presso la struttura Europol, il centro europeo contro il traffico di migranti, ciò al fine di coadiuvare gli Stati membri nella repressione del traffico di popolazioni migranti.
L'Unione Europea, è opportuno anche sottolineare, ha adottato alcune normative e protocolli specifici, finalizzati a gestire al meglio i flussi migratori “legali” riguardanti i lavoratori altamente qualificati, ma anche gli studenti e i ricercatori, i lavoratori stagionali e le persone che aspirano al ricongiungimento familiare. Questo però non sempre ha coinciso con speculari interventi armonici, in materia, da parte di tutti gli Stati membri UE, causando, talvolta, dei corti circuiti anche ad aspetti di cooperazione e collaborazione tra Stati membri. Per quanto riguarda, invece, le altre tipologie di flussi migratori, l'UE dispone di norme comuni per il trattamento delle domande di asilo. La stessa UE firma, inoltre, accordi di riammissione per rimpatriare i migranti irregolari.
Ulteriore rilevante tema rappresenta l’effettiva e concreta integrazione dei cittadini di Paesi terzi. Le diverse misure di ricollocazione e reinsediamento, adottate in risposta alla crisi dei migranti e dei rifugiati, hanno evidenziato l'esigenza di sostenere ed affiancare gli Stati membri con minor tradizione in materia di immigrazione ed integrazione. Per questo motivo è presente il sistema europeo comune di asilo (CEAS) che stabilisce norme minime per il trattamento di tutti i richiedenti asilo e di tutte le domande di asilo nell'UE.
È giusto evidenziare al contempo che la crisi migratoria ha evidenziato, in ogni caso, la necessità di una riforma generale delle norme dell'UE in materia di asilo, anche alla luce di nuove dinamiche, nuovi equilibri europei, eccessi di nazionalismo e protezionismo, per così dire demografico, principalmente per Paesi accentuatamente ad ispirazione sovranista.
Il decreto flussi, che stiamo affrontando, non rappresenta per il vero una “sanatoria”, con impatto su quelle persone che comunque, non dobbiamo sottacerlo, sono irregolarmente presenti sul suolo italiano, ma di contro, un provvedimento che favorisce ingressi regolari per lavoro o anche per convertire alcune tipologie di permessi stagionali o di lungo soggiorno.
Dalla puntuale osservazione dei “flussi lavorativi” come pure dal loro “andamento” si rileva che una parte consistente dei fabbisogni di manodopera straniera, soprattutto non specializzata, concerne settori lavorativi che ricorrono a contratti di breve periodo, ma anche, troppo di frequente, utilizzando lavoro sommerso e lavoro nero, e ad ogni modo connotato da elevata intra mobilità.
Da qui una considerazione necessaria, inerente le dinamiche regressive prodotte, circa le condizioni di lavoro e di reddito per pezzi di mercati di lavoro “poco attraenti” che impatterebbero a svantaggio di tutti, lavoratori italiani come pure stranieri. Più oggettivamente si rischia anche di favorire una “concorrenza al ribasso” tra lavoratori.
Giusto sarebbe quindi essere in grado di garantire, nei CCNL applicati, stipendi e condizioni di lavoro di maggior livello e dignità, qualificando più giustamente le prestazioni lavorative, anche dei lavoratori immigrati.
Non ci si può nascondere dal fatto che il tema “immigrazione” rappresenta per il nostro Paese, ma direi per tutto l’occidente, un fenomeno “strutturale” che richiederebbe delle strategie nazionali e almeno comunitarie, che trattino le politiche per l’immigrazione con una visione moderna e globale, aderente ai fenomeni economici, sociali, culturali, demografici, geopolitici, del nuovo millennio; garantendo migrazioni “sicure”, regolari, governate, consapevoli, condivise e solidali, con un occhio al futuro delle nostre società, come pure alla sostenibilità economica ed irrinunciabile integrazione sociale.
In Italia esistono delle stime, comunque approssimative, che quantificano un contingente di persone immigrate, impegnate in lavori sommersi e irregolari di almeno 500.000 unità. È un fatto che il lavoro sommerso, tutto, e in particolare quello di extracomunitari, conduce a forme di sfruttamento ma anche intermediazione criminale di manodopera, per garantire, altresì, risorse umane ricattabili, sfruttate, soggiogate e sottopagate, da parte di un numero ragguardevole di imprese e imprenditori “immorali” e spinte al solo scopo del facile e ingiusto profitto.
Un assioma, ad ogni modo, va ribadito, l’immigrazione clandestina e senza regole, un paese moderno come il nostro, non la può tollerare. Concepire la legalità come vero argine per una civiltà e democrazia dei fatti risulta irrinunciabile.
Questo aspetto però deve fare i conti rispetto alla questione migratoria che nel nostro Paese risulta talmente controversa e divisiva che richiederebbe, certo, uno sforzo maggiore di superamento degli steccati ideologici al fine di essere affrontata compiutamente. È anche un fatto, purtroppo, che l’immigrazione parrebbe completamente assente dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) con interventi specificamente mirati, come pure di fatto mancante nell’ultima Legge di bilancio per il 2022, pur mostrando, contraddittoriamente, attenzione verso l’altra questione strettamente connessa con la vicenda di crisi demografica.
È proprio l’elemento immigrazione il “principio attivo” (mutuando la terminologia farmaceutica attualmente in voga) che nel nostro Paese si connette con una serie di deficit organici che vanno dalla natura demografica, a quella economica e sociale che, in questo primo ventennio del nuovo millennio, hanno contribuito a creare oggettive premesse per una rinforzata domanda di “lavoro immigrato”, a beneficio dell’intero vecchio continente, più che nelle altre aree mondiali, ad oriente (come Cina, India, Giappone, Corea) come ad occidente, (quali Stati Uniti, Canada, Brasile), dove è possibile disporre di maggior forza lavoro non straniera, a decremento di quella immigrata. Tale situazione sembrerebbe destinata a riaffermarsi, nel futuro prossimo, plausibilmente, anche con intensità maggiore di ora.
In conclusione, ci piace affermare che attenzione maggiore meriterebbe un dibattito che, evidentemente, si è concentrato principalmente sul problema (oggettivo, va detto) degli sbarchi di migranti sulle nostre coste e conseguentemente sul controllo stringente dell’immigrazione irregolare, tralasciando però completamente l’urgenza, per il nostro Paese, di dotarsi di una illuminata ed efficace politica degli ingressi.
A questo, quale intervento di politica sociale, vedrei positivamente una azione di accompagnamento all’agire sul governo del fenomeno migrazione, consistente nell’incentivare l’elemento fecondità per le nostre nuove generazioni, intervenendo un aumento dei livelli di partecipazione al lavoro e quindi di imput sulle politiche attive del lavoro nei confronti di giovani e donne, come altrettanto la ricerca di una crescita dei livelli di istruzione per le nuove generazioni, e non di meno efficaci politiche di equità di genere, tutto questo per arrivare a mitigare, in maniera adeguata, anche gli effetti negativi delle attuali tendenze demografiche nostrane. Per essere chiari, la questione più generale e scottante del tema immigrazione andrebbe affrontata con una migliore e più attenta consapevolezza, ma soprattutto senza inutili strumentalizzazioni di sorta.
Emblematiche sul tema sono state le parole pronunciate dal Santo Padre Francesco in una recente trasmissione televisiva il quale, tra l’altro, ha affermato e ci piace quindi ricordare: “… quando si respingono i migranti si respinge la pace… il migrante va accolto, accompagnato e integrato… spesso ora i migranti sono ghettizzati… ci sono Paesi con un grave calo demografico, per questo hanno bisogno di gente… attuare una politica migratoria intelligente… il Mediterraneo sta diventando il cimitero più grande al mondo… nessuno di noi sceglie dove nascere e come nascere… è tentazione brutta guardare da un’altra parte, non basta vedere è necessario sentire e toccare le miserie… la cultura dell’indifferenza è terribile…”.
E poi ancora un ultimo passo della straordinaria intervista televisiva di Papa Francesco, sopra menzionata, che ritengo giusto citare in conclusione di questo redazionale e che raccoglie completamente il pensiero per una “umanità” irrinunciabile…: “Con i migranti quello che si fa è criminale. Per arrivare al mare soffrono tanto. Ci sono dei filmati sui lager nella Libia, i lager dei trafficanti. Soffrono poi rischiano per attraversare il Mediterraneo. E poi alcune volte sono respinti…”.
[*] Dirigente dell’INL, Direttore ITL Terni-Rieti - Professore a contratto c/o Università Tor Vergata, titolare della cattedra di “Sociologia dei Processi Economici e del Lavoro” nonché della cattedra di “Diritto del Lavoro”. Il presente contributo è frutto esclusivo del pensiero dell’autore e non impegna l’Amministrazione di appartenenza.
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