Nel mondo imprenditoriale, professionale e della formazione si fa sempre più riferimento alle competenze trasversali o “soft skills” come conoscenze e abilità che possono aiutare il percorso di crescita aziendale delle organizzazioni private e pubbliche.
Le “soft skills” sono il frutto di lunghi anni di ricerche scientifiche in molteplici discipline: neuroscienze, scienza della comunicazione e dell’organizzazione, psicologia, sociologia, antropologia, coaching e di molteplici esperienze effettuate nelle aziende, in campo professionale e nel mondo dello sport. Dallo studio dei comportamenti, degli atteggiamenti, delle reazioni delle persone in contesti sociali, come quello lavorativo, sono state desunte conoscenze, capacità, abilità, qualità del carattere che, se possedute, possono aiutare chi dirige gruppi di lavoro, aziende, organizzazioni a garantire il benessere delle persone, migliorare il clima organizzativo ottenendo risultati performanti.
Esse si possono riassumere in abilità cognitive, relazionali, gestionali come: visione sistemica, problem solving, capacità comunicative e di relazioni, team building, abilità di negoziazione, motivazione dei collaboratori, capacità di delega, gestione dei conflitti, flessibilità, tolleranza allo stress, tensione al miglioramento continuo e all’innovazione.
Il mondo produttivo, soprattutto quello anglosassone, ha colto l’importanza dell’utilizzo, nelle imprese, di manager dotati di queste competenze per far fronte alle esigenze di cambiamento e di riorganizzazione produttiva. Per questo motivo molte aziende, di fronte a rapidi cambiamenti del mercato, ricercano e assumono manager che, oltre alle tradizionali competenze tecniche, gestionali, amministrative e digitali (hard skills), abbiano acquisito anche le competenze trasversali (soft skills), che possono garantire loro un vantaggio competitivo.
Nel nostro paese, ad eccezione delle imprese di grandi e medie dimensioni, non si è data grande attenzione alla selezione e all’assunzione di personale dotato di tali competenze, soprattutto nella pubblica amministrazione. Il reclutamento di dirigenti e funzionari, infatti, ha seguito il più delle volte prassi consolidate nel tempo, basate più sulla capacità mnemonica dei concorrenti che non sull’idoneità a ricoprire determinati ruoli, trascurando poi di considerare le nuove figure professionali e le competenze divenute necessarie per la trasformazione e l’ammodernamento della macchina pubblica.
Con l’approvazione del Programma Nazionale Ripresa e Resilienza e il manifestarsi del Covid 19 anche l’Italia ha dovuto adeguarsi rapidamente alla duplice esigenza: di far fronte all’emergenza pandemica, reclutando personale già formato e operativo da inserire negli ospedali e di realizzare l’ingente numero di progetti contenuti nel PNRR. Il che richiederà un cambio di passo soprattutto all’apparato pubblico.
Impresa che si palesa ardua, data la difficoltà di trovare all’interno del pubblico impiego, a ogni livello territoriale, figure professionali, capaci di portare in attuazione i progetti finanziati nei tempi e nei modi stabiliti dall’UE, non certo per mancanza di capacità (nonostante tutto nella PA ci sono figure professionali di qualità) o di volontà, ma di supporti organizzativi, formativi e di personale adeguato alla sfida da affrontare.
Negli ultimi decenni, infatti, la pubblica amministrazione è stata interessata da un contingentamento delle assunzioni, che ha prodotto un sottodimensionamento degli organici e l’innalzamento dell’età media degli impiegati. Inoltre spesso le figure professionali più preparate non sono state affiancate e neppure sostituite in caso di pensionamento.
Il Forum PA[1], che collabora con il settore pubblico per la formazione e l'innovazione tecnologica, ha così fotografato in un rapporto lo stato del pubblico impiego al 2021: Il 16,3% dei dipendenti pubblici ha più di sessant'anni, solo il 4,2% è di sotto ai trenta. Il tempo di formazione media destinata a ogni dipendente è di circa 1,2 giorni l’anno. Quel poco di formazione che sino ad alcuni anni fa si realizzava, si concentrava soprattutto su competenze specialistiche, giuridiche amministrative e solo in minima parte riguardava competenze digitali (5%) e project management (2,3%). Le lauree predominanti tra i dirigenti del pubblico impiego sono quelle giuridiche ed economiche (escluso tutto il comparto socio sanitario). Da questa fotografia si comprende il perché nella PA manchino le figure tecniche (esperti in appalti, esperti digitali, ambientali e in monitoraggio e controllo) e gestionali richieste per l’attuazione del PNRR, a cominciare dagli specialisti dotati delle conoscenze necessarie per portare a compimento il processo di digitalizzazione della pubblica amministrazione. Naturalmente la situazione a livello nazionale è a macchia di leopardo e cambia con riferimento ai territori e ai livelli di governo.
Il Ministero della Pubblica amministrazione, al fine di far fronte ai cambiamenti in atto e adeguare il livello formativo dei dipendenti pubblici a quello europeo, ha recentemente varato il Piano “Riformare la PA. Persone qualificate per qualificare il Paese”. Si tratta del Piano strategico per la valorizzazione e lo sviluppo del capitale umano della Pubblica amministrazione, con l’obiettivo di assumere personale sempre più qualificato e avviare la formazione permanente di chi già lavora nella PA. Il Piano dà anche attuazione in Italia alla “Skills Agenda for Europe”[2], approvata nel luglio 2020, che prevede la formazione permanente in ambito pubblico e privato all’insegna dell’educazione continua e dell’acquisizione di tutte le competenze “hard” e “soft” capaci di garantire un passaggio tra le attuali e le nuove professioni emergenti nel mercato del lavoro. Si ipotizza, infatti, nei prossimi anni un rapido incremento di personale specializzato nei campi cosiddetti steam (Science, Tech, Engineering & Math) che riguardano la digitalizzazione, l’intelligenza artificiale e i mestieri basati sull’innovazione.
Proprio nel corso della presentazione della “Skills Agenda for Europe” la Presidente della Commissione europea Von der Leyen ha affermato: “Il miglior investimento nel nostro futuro è l’investimento nelle nostre persone. Le competenze e l’istruzione guidano la competitività e l’innovazione dell’Europa. Ma l’Europa non è ancora del tutto pronta. Farò in modo di utilizzare tutti gli strumenti e i fondi a nostra disposizione per ristabilire questo equilibrio”.
L’approvazione del PNRR ha dunque sollecitato il Governo a varare provvedimenti volti a qualificare e innovare la PA anche in forza dei finanziamenti previsti nel Piano stesso per la missione 1.1”Digitalizzazione e modernizzazione della pubblica amministrazione, intervento 2-Innovazione nella PA – investimento 2.2- PA capace: reclutamento di capitale umano e 2.3 – PA competente: rafforzamento e valorizzazione del capitale umano”[3].
In particolare l’investimento 2.2- “PA capace- reclutamento del capitale umano” del Piano prevede la programmazione continua e periodica dei concorsi pubblici, per acquisire giovani laureati con competenze tecniche, che prevedano, tra l’altro, la valutazione di: capacità relazionali, motivazionali, attitudinali e di problem solving (c.d. soft skills).
È un passaggio cruciale perché attesta l’acquisizione da parte della PA dell’importanza di includere le “soft skills” nei bandi di assunzione del personale, assegnando loro lo stesso peso attribuito alle competenze digitali e alle competenze tecniche. Non sono mancate le lamentele dei professionisti dei concorsi pubblici che ne hanno criticato l’inserimento tra le materie concorsuali, perché ritengono che queste competenze non siano valutabili. Al contrario gli studi scientifici e le discipline richiamate in precedenza hanno approntato strumenti e tecniche d’indagine per misurare attitudini, abilità, competenze e comportamenti organizzativi ampiamente sperimentati e utilizzati per il reclutamento del personale.
Per quanto riguarda la formazione permanente dei dipendenti, sancita dal Piano, si prevede una preparazione non più di carattere generico e standardizzata ma orientata in primis alla alfabetizzazione digitale dei dipendenti e d’ora in poi predisposta in funzione degli obiettivi di programmazione della PA e dei bisogni formativi espressi anche dal personale. Tale formazione sarà finalizzata allo sviluppo delle conoscenze tecniche e di quelle “trasversali” (soft skills) e manageriali nella prospettiva del miglioramento continuo della PA e dei servizi resi ai cittadini e alle imprese[4].
È auspicabile che tale scelta consenta di fare entrare e crescere nella pubblica amministrazione forze nuove, capaci d’innovare e trasformare la PA e di renderla all’altezza della sfida lanciata dall’Europa con il Programma della New Generation EU per una transizione sostenibile dei Paesi europei.
In futuro anche nel nostro paese chi assumerà incarichi manageriali e direttivi nelle aziende e nelle organizzazioni pubbliche e private dovrà dimostrare di sapere e saper fare, grazie alle “hard skills”, di saper essere, in forza delle “soft skills” e probabilmente dovrà attrezzarsi a saper divenire, dovendosi misurare con una diffusa digitalizzazione, con le nuove professioni richieste dal mercato occupazionale e con forme di lavoro, ampiamente sperimentate durante la pandemia, come lo smart working.
[*] Laureata in Scienze Politiche a indirizzo economico all'Università di Bologna. Svolge attività di life coach orientata allo sviluppo delle potenzialità e alla crescita personale e lavorativa e attività di Team coaching per i gruppi e le organizzazioni.
[1] FPA “Il lavoro pubblico 2021 del giugno 2021 Digital FPA.
[2] https://ec.europa.eu/social/main.jsp?catId=89&furtherNews=yes&newsId=9723&langId=en
L’obiettivo posto dalla “Skills Agenda for Europe” al 2030 è quella di garantire la formazione permanente degli adulti europei al 60%.
[3] Missione 1.1 “Digitalizzazione e modernizzazione della pubblica amministrazione, intervento 2 “Innovazione nella PA” - voci di investimento 2.2 “PA capace: reclutamento di capitale umano per 210 milioni e 2.3 “ PA competente: rafforzamento e valorizzazione del capitale umano” per 720 milioni.
[4] Il Piano della Formazione del Personale sarà inglobato dal PIAO, il Piano integrato di attività e organizzazione, previsto dall’articolo 6, comma 6, del decreto legge n. 80/2021, convertito dalla legge 6 agosto 2021, n. 113.
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