L’individuazione dei contratti collettivi di lavoro, stipulati dalle organizzazioni di rappresentanza dei lavoratori e dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale (c.d. contratti leader), costituisce informazione di preminente rilevanza al fine di dare certezza ed efficacia all’applicazione di molteplici disposizioni normative, che in nota[1] sono riportate.
Le predette disposizioni mirano, sostanzialmente, a garantire:
Si tratta, quindi, di previsione normative volte ad assicurare, tra l’altro, l’obbligo contributivo nell’ambito del sistema previdenziale e le relative tutele, pensionistiche e di ammortizzatori sociali.
Mancano, tuttavia, criteri condivisi per la misurazione della rappresentatività delle organizzazioni sindacali, sia datoriali che dei lavoratori, presupposto su cui il Legislatore fonda l’applicazione delle citate norme.
Nella recente relazione del Gruppo[2] di lavoro costituito presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, si legge[3] che: “Per garantire minimi salariali adeguati” si prospetta, tra l’altro, “un’estensione dell’applicazione dei contratti collettivi principali a tutti i lavoratori del settore, previa la definizione di quali sono i contratti collettivi principali e il settore di riferimento”. Nella relazione si dà atto che l’individuazione dei CCNL leader si scontra “con ostacoli politici e tecnici che da anni bloccano ogni avanzamento in materia”, ed è per questo motivo che il Gruppo di lavoro, ribadendo “l’urgenza di un intervento da troppi anni rimandato”, suggerisce di “mettere un freno alla proliferazione dei CCNL”, introducendo “regole per misurare la rappresentatività delle parti stipulanti”, e definendo qual è il “perimetro entro il quale è efficace il contratto”. Azioni che, auspicabilmente, si devono realizzare “mediante un accordo interconfederale che definisca il sistema per sciogliere i c.d. conflitti di giurisdizione relativi ai perimetri di applicazione dei contratti collettivi, eventualmente anche attribuendo un possibile ruolo arbitrale al CNEL”.
Alla luce delle predette considerazioni, sarebbe necessario comprendere se la misurazione della rappresentatività costituisca un obiettivo primario da raggiungere o se, invece, siamo impegnati, senza reali prospettive, in confronti e discussioni, in attesa del Signor Godot.
Tra le proposte di legge in materia ricordo le seguenti: AS 658/2018 (Catalfo e altri), AS 707/2018 (Polverini) e AS 788/2018 (Gribaudo, Cantone).
Gli elementi (comuni) di tali proposte normative finalizzate alla misurazione della rappresentatività delle organizzazioni sindacali dei lavoratori sono sostanzialmente due: la rilevazione del dato associativo dei lavoratori e del dato elettorale (RSU) e loro comparazione.
D’altra parte, in assenza e nelle more di una previsione normativa che qualifichi e individui gli indici di misurazione della “rappresentatività” sindacale, sono stati comunque stipulati accordi tra le Confederazioni sindacali, volti a fissare le regole in materia di rappresentatività delle associazioni dei lavoratori (cfr. XIX Rapporto annuale INPS ottobre 2020).
Infatti, le Confederazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori, nell’ambito dell’applicazione dei CCNL riconducibili alle rispettive aree di rappresentanza, hanno fissato regole e modalità volte alla certificazione della rappresentatività delle organizzazioni sindacali dei lavoratori.
Tali regole (così come le già richiamate proposte normative) individuano, come indicatori della rappresentatività, il numero di lavoratori iscritti al sindacato (dato associativo) e il numero dei voti raccolti dal sindacato in occasione delle elezioni delle RSU (dato elettorale).
Tra questi accordi (che, lo ricordo, puntano a misurare la rappresentanza nell’ambito dell’applicazione dei CCNL riconducibili alle relative organizzazioni sindacali) segnalo il Testo Unico sulla rappresentanza stipulato nel 2014 tra Confindustria e CGIL, CISL, UIL.
In tale sistema, un ruolo importante è attribuito all’INPS. Infatti, l’Istituto è chiamato a raccogliere, mediante le denunce mensili dei datori di lavoro (Uniemens), il numero delle deleghe associative rilasciate dai dipendenti ai sindacati firmatari o aderenti agli accordi sulla rappresentanza.
Al riguardo, evidenzio che i CCNL ricollegati a Confindustria, ai fini della misurazione della rappresentanza in tale ambito / perimetro, per i quali INPS riceve il dato associativo, sono 57 e le Organizzazioni sindacali contraenti o aderenti al relativo T.U. sono 176.
Tale attività viene svolta sulla base di specifiche convenzioni[4] stipulate da INPS con l’INL e le Parti sociali, come da Direttiva del Ministero del lavoro e delle politiche sociali.
Le convenzioni in argomento prevedono, altresì, che l’Istituto raccolga, tramite l’INL, il dato elettorale, relativo ai consensi ottenuti dalle OO.SS. in occasione delle elezioni delle RSU (dato elettorale) e lo ponderi con il dato associativo. La ponderazione dei dati, originariamente affidata al CNEL, è ora di competenza dell’INPS.
È da osservare che, nelle Regioni della Sicilia e del FVG e nelle Province autonome di Bolzano e Trento, l’INL non svolge funzioni in materia RSU-elettorale. Tale competenza, infatti, è attribuita ai relativi uffici provinciali/regionali.
Pertanto, al fine di realizzare compiutamente la raccolta del dato elettorale, è necessario coinvolgere tali realtà territoriali, al fine di dare seguito alla stipula di ulteriori specifiche convenzioni, che al momento non sono state ancora sottoscritte.
“Non succede nulla, nessuno viene, nessuno va, è terribile!”
[5]
Quale sarebbe un effetto immediato che si otterrebbe laddove vi fosse, in maniera chiara e univoca, l’individuazione dei CCNL (cd. leader), sottoscritti dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative nella categoria?
Nella già richiamata relazione del Gruppo di lavoro costituito presso il MLPS si legge[6] che “Se fosse risolta la questione della rappresentatività delle parti sociali…, sarebbe possibile aprire ulteriori spazi all’azione di vigilanza documentale, allargando le verifiche non solo tra retribuzioni individuali e CCNL applicato dall’impresa ma tra retribuzioni individuali e CCNL all’interno del perimetro di riferimento”.
Al riguardo, oltre alle previsioni normative indicate in premessa e in nota, e, in particolare, l’art. 1 del DL 338/89, ricordo, altresì, che l’art. 44 comma 9 legge 326/03 (DL 269/03) dispone che i datori di lavoro devono comunicare all’INPS mensilmente “i dati retributivi e le informazioni necessarie per il calcolo dei contributi, per l'implementazione delle posizioni assicurative individuali e per l'erogazione delle prestazioni”.
Il Gruppo di lavoro ministeriale propone[7], al riguardo, che tra “le informazioni necessarie per il calcolo dei contributi” siano “ricomprese obbligatoriamente anche informazioni di dettaglio quali il dettaglio della busta paga del lavoratore (minimo tabellari, superminimi, indennità, ecc.) e i livelli di inquadramento dei lavoratori, cui ricollegare i livelli professionali e retributivi di ciascun CCNL.”
A proposito di informazioni di dettaglio, richiamate dal Gruppo di lavoro, evidenzio che, al fine di verificare, anche in maniera automatizzata, il rispetto dei minimali contrattuali, la classificazione realizzata dall’INAPP[8] rappresenta un importante riferimento, attraverso cui ricollegare, per ciascuna “mansione”, le diverse declaratorie contrattuali e, quindi, in ultima analisi, accertare la corrispondenza delle retribuzioni corrisposte dai datori di lavoro alle previsioni contrattuali e, di conseguenza, controllare il corretto assolvimento degli obblighi contributivi, rispetto ai minimi contrattuali.
Sarebbero, quindi, da individuare le ulteriori voci retributive (informazioni di dettaglio) da ospitare nel flusso informativo dell’Uniemens. Non si tratta, ovviamente, di un mero fatto tecnico, ma di una scelta strategica, da compiere consapevolmente, laddove il percorso fosse condiviso.
“Non perdiamo tempo in discorsi oziosi! Facciamo qualcosa, finché ne abbiamo la possibilità ... prima che sia troppo tardi!”
[9]
Come ricordato in premessa e in nota, tra le disposizioni normative vigenti, l’art. 26 del D.Lgs. 148/15 prevede che la costituzione dei fondi di solidarietà bilaterali possa essere effettuata, nei rispettivi settori economici di competenza, dalle organizzazioni sindacali e imprenditoriali comparativamente più rappresentative a livello nazionale.
Il Legislatore ha, quindi, previsto che siano solo le organizzazioni sindacali (datoriali e dei lavoratori) comparativamente più rappresentative a livello nazionale a poter stipulare accordi, finalizzati alla costituzione dei fondi di solidarietà.
Al riguardo, ritengo utile segnalare quanto precisato nella circolare INPS n.16/2022, ovvero, che le attività economiche riferite all’ambito di competenza del Fondo di Solidarietà delle attività professionali (cfr. Circolare INPS n.77/2021) sono state rimodulate “in coerenza con le indicazioni ministeriali… escludendo le farmacie – connotate dal Codice Statistico Contributivo 7.02.05 e dall’ATECO 2007 47.73.10 – in quanto rientranti nell’ambito del più ampio comparto terziario, in uno specifico e autonomo settore, il quale ha in Federfarma l’organizzazione datoriale maggiormente rappresentativa, la quale non risulta tra le firmatarie dell’Accordo costitutivo del Fondo”.
Il principio sotteso a tale chiarimento sembrerebbe rinvenirsi nel binomio “settore economico” (da individuarsi attraverso i codici Ateco) e “CCNL applicati”.
In sostanza, la sottoscrizione di accordi sindacali per costituire Fondi di solidarietà, da parte delle organizzazioni sindacali (datoriali e dei lavoratori), sembrerebbe possibile solo per i settori economici (codici Ateco) per i quali l’applicazione dei relativi CCNL (da parte dei datori di lavoro, misurabile attraverso le informazioni presenti nel flusso Uniemens) sia comparativamente maggioritaria, non potendo, quindi, le organizzazioni sindacali costituire Fondi di solidarietà in settori economici (codici Ateco) nei quali altre OOSS siano prevalenti in termini di relativi CCNL applicati, come nel caso delle farmacie.
Il tema dei Fondi di Solidarietà, alla luce della riforma degli ammortizzatori introdotta con decorrenza 2022, meriterebbe ulteriori approfondimenti.
È di tutta evidenza la complessità e la delicatezza del tema della “rappresentatività” e, ancora di più, è evidente come il chiarimento agli interrogativi, che sull’argomento sono da tempo nella discussione tra gli “addetti ai lavori”, difficilmente potrà arrivare, in assenza di un accordo tra le Confederazioni sindacali o di una previsione normativa che prevalga e definisca in maniera univoca i criteri di tale misurazione.
“Non ha detto per certo che sarebbe venuto. E se non viene? Torneremo domani. E poi dopodomani. Forse. E così via… Stiamo aspettando che Godot venga.” [10]
[1] • Art. 1 del DL 338/89 “La retribuzione da assumere come base per il calcolo dei contributi di previdenza e di assistenza sociale non può essere inferiore all'importo delle retribuzioni stabilito da leggi, regolamenti, contratti collettivi, stipulati dalle organizzazioni sindacali più rappresentative su base nazionale, ovvero da accordi collettivi o contratti individuali, qualora ne derivi una retribuzione di importo superiore a quello previsto dal contratto collettivo.” Tale disposizione si interpreta nel senso che, in caso di pluralità di contratti collettivi intervenuti per la medesima categoria, la retribuzione da assumere come base per il calcolo dei contributi previdenziali ed assistenziali è quella stabilita dai contratti collettivi stipulati dalle organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative nella categoria (art.2, comma 25, della legge 28 dicembre 1995, n. 549)
• Art. 1 comma 1175 della L.296/2006: “i benefici normativi e contributivi previsti dalla normativa in materia di lavoro e legislazione sociale sono subordinati al possesso, da parte dei datori di lavoro, del documento unico di regolarità contributiva, fermi restando gli altri obblighi di legge ed il rispetto degli accordi e contratti collettivi nazionali nonché' di quelli regionali, territoriali o aziendali, laddove sottoscritti, stipulati dalle organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale.”
• Art.51 del D.lgs. 81/2015: “Salvo diversa previsione, ai fini del presente decreto, per contratti collettivi si intendono i contratti collettivi nazionali, territoriali o aziendali stipulati da associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale e i contratti collettivi aziendali stipulati dalle loro rappresentanze sindacali aziendali ovvero dalla rappresentanza sindacale unitaria.”
• Art. 26 del D. Lgs 148/15 (Fondi di solidarietà bilaterali): “A decorrere dal 1° gennaio 2022, fatti salvi i fondi di solidarietà bilaterali già costituiti alla predetta data che devono comunque adeguarsi a quanto disposto dall'articolo 30, comma 1-bis, le organizzazioni sindacali e imprenditoriali comparativamente più rappresentative a livello nazionale stipulano accordi e contratti collettivi, anche intersettoriali, aventi a oggetto la costituzione di fondi di solidarietà bilaterali per i datori di lavoro che non rientrano nell'ambito di applicazione dell'articolo 10, con la finalità di assicurare ai lavoratori una tutela in costanza di rapporto di lavoro nei casi di riduzione o sospensione dell'attività lavorativa per le causali ordinarie e straordinarie, come regolate dalle disposizioni di cui al titolo I.”
[2] Gruppo di lavoro “Interventi e misure di contrasto alla povertà lavorativa” istituito con Decreto Ministeriale n. 126 del 2021, di cui fanno parte Professori universitari, economisti e ricercatori, ed esponenti delle Istituzioni (CNEL, Ministero del lavoro e delle politiche sociali, INPS).
[3] Pag. 22 della RELAZIONE SUGLI INTERVENTI E LE MISURE DI CONTRASTO ALLA POVERTÀ LAVORATIVA IN ITALIA - Novembre 2021.
[4] Convenzioni tra: INPS, INL, Confindustria, CGIL, CISL e UIL (anno 2019); INPS, INL, Confapi, CGIL, CISL e UIL (anno 2019) e INPS, INL, Confservizi, CGIL, CISL e UIL (anno 2020).
[5] Da “Aspettando Godot” di Samuel Beckett.
[6] Pag. 29 della RELAZIONE SUGLI INTERVENTI E LE MISURE DI CONTRASTO ALLA POVERTÀ LAVORATIVA IN ITALIA - Novembre 2021.
[7] Pag. 29 della RELAZIONE SUGLI INTERVENTI E LE MISURE DI CONTRASTO ALLA POVERTÀ LAVORATIVA IN ITALIA - Novembre 2021.
[8] Atlante Lavoro, Atlante e Qualificazioni e Atlante e Professioni: https://atlantelavoro.inapp.org/index.php.
[9] Da “Aspettando Godot” di Samuel Beckett.
[10] Da “Aspettando Godot” di Samuel Beckett.
[*] Dirigente INPS, Area Datori di lavoro, Direzione centrale Entrate. Le considerazioni contenute nel presente scritto sono frutto esclusivo del pensiero dell’autore e non hanno in alcun modo carattere impegnativo per l’Amministrazione di appartenenza.
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