Alternanza scuola lavoro
L’argomento che ancora è al centro dell’attenzione riguarda le attività legate all’Alternanza Scuola Lavoro. La morte di due studenti in rapida successione nei mesi scorsi, in regime di “stage” aziendali, ha aperto una stagione di critiche nei confronti di questo istituto formativo di natura pratica, che faticosamente si cerca di adeguare agli standard europei. Affermazioni come «Lorenzo doveva essere a scuola, non a morire in fabbrica»
ed ancora, più grave per la sua portata, «L’Alternanza è una sottrazione del tempo utile a far maturare il pensiero»
risultano incomprensibili a quanti seguono le dinamiche dell’istruzione, soprattutto quella di natura tecnica, che DEVE formare una classe manifatturiera, da sempre il vanto dell’Italia.
Andiamo allora, con molta umiltà, a fare alcune considerazioni. Le morti dei due studenti, nella loro drammaticità, vanno considerate nella loro esatta collocazione: quella di Lorenzo, avvenuta il 26 gennaio scorso presso un’azienda metalmeccanica. a Lauzacco di Pavia di Udine, è da inquadrare come un tragico incidente sul lavoro nell’ambito di uno stage previsto dal Progetto PCTO, ovvero Percorso per le Competenze Trasversali e l’Orientamento, il nuovo istituto ministeriale che ha sostituito l’Alternanza Scuola Lavoro. Il ragazzo frequentava il 4° anno – Settore Meccanica Industriale presso l’Istituto Bearzi – Centro Formazione Professionale di Udine ed era al suo ultimo giorno di tirocinio; La morte di Giuseppe nel mese di febbraio in provincia di Fermo, è avvenuta in un incidente stradale durante uno stage in essere a seguito di una convenzione tra un Centro di Formazione Professionale di Fermo (frequentato dal ragazzo) ed una Ditta di termoidraulica.
Sono ambiti diversi, disciplinati in modo diverso. Ci sono ulteriori istituti che possono facilmente far confondere. E noi cercheremo di far chiarezza nel modo più semplice possibile partendo, però, da alcune considerazioni di tipo culturale. In Italia c’è una tendenza storica a consigliare i propri figli di iscriversi e frequentare i licei (retaggio di una cultura storico-umanistica) a discapito di scuole professionalizzanti più rispondenti alle esigenze imposte dal mercato del lavoro. In questa ottica e per meglio rispondere alle richieste da esso provenienti, sarebbe importante dare uno sguardo molto più attento ai nostri vicini di casa europei e studiare, in termini di paragone, la funzionalità degli istituti tecnici cui, eventualmente uniformarsi nell’ambito di un interscambio reale delle conoscenze professionali.
La richiesta di manodopera specializzata italiana – dovuta alla sua riconosciuta capacità manufatturiera a livello mondiale - che ha alimentato per anni l’emigrazione, ultimamente ha subito drastici ridimensionamenti sull’onda della globalizzazione e dell’allargamento delle frontiere europee che ha immesso sul mercato del lavoro tanta manodopera a costi inferiori. È opportuno interrogarsi, allora, se i nostri Istituti Tecnici Statali sono adeguati agli standard europei o se dobbiamo ripensare a nuovi modelli di istruzione professionale.
In Italia negli ultimi anni sono stati licenziati vari istituti normativi e riformati altri, ma tutti con l’obiettivo di indirizzare l’Istruzione e la Formazione professionale ed avvicinare i ragazzi più giovani al loro futuro lavorativo. Questi programmi didattici e formativi sono nati per favorire l’inserimento al lavoro a partire già da 15 anni, in modo da creare una nuova forza lavoro qualificata e competente, capace di adattarsi alle molteplici esigenze del mercato, verificando quello del lavoro.
Spesso sentiamo parlare di STAGE o TIROCINI CURRICULARI; periodi di ALTERNANZA SCUOLA LAVORO (oggi PCTO) e contratti di APPRENDISTATO DUALE per conseguire un diploma; si corre il rischio di fare una gran confusione ed a volte questi termini vengono considerati sinonimi, ma ci sono notevoli differenze. Cercheremo di capire le principali caratteristiche e/o differenze:
Stage o Tirocinio curriculare:
i termini, fondamentalmente, esprimono lo stesso concetto. Entrambi prevedono un periodo di formazione professionale nelle aziende:
PCTO (ex Alternanza Scuola Lavoro): questo istituto abbina la formazione scolastica all’esperienza lavorativa. Come per il Tirocinio Curriculare, l’azienda diventa un ulteriore luogo di apprendimento che completa la formazione scolastica in aula e/o nei laboratori. Gli studenti vengono affidati ad un Tutor aziendale, figura alternativa al docente che facilita l’apprendimento sul lavoro, supervisiona le attività e valuta le competenze acquisite. A differenza dello Stage e del Tirocinio Curriculare, il PCTO rappresenta una vera e propria metodologia formativa continua e nell’ambito del programma è possibile partecipare ad uno o più Stage Curriculari che ampliano il progetto didattico. Quindi il PCTO è un Metodo Didattico Strutturato per facilitare il passaggio dal contesto scolastico a quello lavorativo utilizzando Stage curriculari e progetti Learn by doing (Imparare facendo) che agevolano l’acquisizione di competenze pratiche e teoriche.
Apprendistato Duale: è la tipologia di contratto di lavoro concepito per agevolare l’ingresso nel mondo del lavoro riservato a giovani dai 15 ai 29 anni. Il Contratto di apprendistato è un lavoro vero e proprio – a tempo indeterminato e con retribuzione garantita – nel quale il datore di lavoro deve garantire un obbligatorio monte ore di formazione, necessarie a far acquisire al neoassunto le competenze professionali richieste. Esistono diversi tipi di apprendistato, tra i quali bisogna evidenziare in primis l’apprendistato duale per la qualifica e subito dopo il Diploma Professionale chiamato anche Specializzazione Tecnica Superiore, di competenza regionale nell’ambito del Sistema di Istruzione e Formazione Professionale.
L’Apprendistato in senso generale, chiaramente, non si racchiude in poche righe. Esso assume specificità e caratteristiche sia di carattere normative che fiscali, secondo le finalità che si pone. Noi abbiamo sottolineato esclusivamente la tipologia di Apprendistato che rientra fattivamente nell’argomento trattato.
Dopo aver approfondito quegli strumenti normativi che potrebbero indurre in errore chi li esamina troppo frettolosamente, vorremmo ulteriormente soffermarci sull’Alternanza Scuola Lavoro, prima di conoscere la formazione studentesca nei paesi europei cui volgiamo spesso lo sguardo.
L’introduzione dell’Alternanza Scuola Lavoro ha avuto un lungo iter legislativo e di sperimentazione; la sua nascita è legata alla Legge 53 del 2003. La sua valorizzazione avviene con il DPR 15 marzo 2010 n° 87/3, 88/4 e 89/5 mentre con la Legge 107 del 13 luglio 2015, meglio nota come “Buona Scuola”, l’Alternanza Scuola Lavoro è diventata parte integrante dell’offerta formativa di tutti gli indirizzi di studio della scuola secondaria di secondo grado. La stessa Legge stabilisce un monte ore obbligatorio – che è di almeno 200 ore nei licei ed almeno 400 negli istituti tecnici e professionali – al fine di attivare le esperienze di alternanza. Tale monte ore, distribuito negli ultimi tre anni di corso, va programmato ed inserito nel Piano Triennale dell’Offerta Formativa. L’attuale normativa prevede la possibilità di stipulare convenzioni per lo svolgimento di percorsi in alternanza oltre che con le imprese o con le rispettive associazioni di rappresentanza, con le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, con Enti pubblici e privati – inclusi quelli del terzo settore – nonché con gli Ordini professionali e con Enti che svolgono attività riguardanti il patrimonio artistico, culturale e ambientale e/o con Enti di promozione sportiva riconosciuti dal CONI.
I percorsi di Alternanza Scuola Lavoro prevedono OBBLIGATORIAMENTE una formazione generale in materia di “Salute e Sicurezza sui luoghi di lavoro”, ai sensi del D.Lgs. 81/08. Prendendo come punto di paragone gli istituti tecnici, vorremmo dare uno sguardo in casa di due Paesi europei molto più avanti di noi Italiani in materia di diritto allo studio: la Germania e la Francia.
GERMANIA: gli Istituti Superiori di Formazione Professionale, le Fachhoschule, sono chiamate spesso “Università delle Scienze Applicate”. Codesti Istituti hanno una durata di 4 anni di cui 2 svolti in stage presso un’azienda. Il 23% dei giovani tedeschi si iscrive a queste scuole proprio perché esse offrono un percorso formativo pratico, successivamente spendibile nel mondo del lavoro. Sono presenti nei vari Land 191 Istituti Superiori di Formazione Professionale e la maggior parte di loro offrono sbocchi lavorativi di tipo tecnico (elettronica, ingegneria. Chimica, biotecnologia); sono però presenti anche percorsi differenti, tipo quello giuridico oppure sociale. Un Istituto Federale esamina caratteristiche, costi e benefici; un vero centro di ricerca sull’educazione professionale teso a valutare strategie di miglioramento e sviluppo in questo campo, oltre che a stimolare strategie nazionali ed internazionali con soluzioni orientate alla pratica.
I risultati di questo Istituto hanno evidenziato quali sono i principali vantaggi di una formazione svolta direttamente presso un’azienda:
Lo stesso Istituto Federale ha rilevato che i vantaggi aziendali di questi processi, da un’analisi di costi e benefici sono principalmente 2:
FRANCIA: nel sistema scolastico d’Oltralpe esistono due tipi di scuole ad indirizzo tecnico: Le Brevet de Technicien Supèrieur
(BTS) ed il Diplome Universitaire Technologique
(DUT). Il primo indirizzo, grazie ai corsi teorici e pratici e agli stages professionalizzanti, apre facilmente le porte del mercato del lavoro ai giovani che hanno seguito questo percorso. Dopo la maturità si può intraprendere un percorso di Due anni, che consente agli studenti di scegliere tra oltre 80 specializzazioni. La maggioranza degli iscritti proviene dagli istituti tecnici ma il numero di studenti che optano per il BTS aumentano sempre di più, attratti dalla breve durata dei corsi. Ma l’elemento cardine della formazione in queste scuole resta lo stage che affianca, paritariamente, l’insegnamento teorico.
Le ore settimanali dei corsi sono abbastanza onerose e variano tra le 32 e le 35 e si basano su un percorso di alternanza scuola-lavoro. Si lavora, infatti, per metà (o ¾, a seconda dei corsi) del tempo presso un’azienda, con la quale viene stabilito un contratto e nel restante orario si seguono i corsi in aula. Questa formula non attira solo studenti ma anche professionisti, che intravedono nei BTS un’ottima possibilità di migliorare ed inserirsi attivamente nel mercato del lavoro.
Il DUT è, invece, di stampo maggiormente tecnico ed i mestieri di sbocco spaziano dall’ambito chimico a quello della gestione logistica dei trasporti o, ancora, alla comunicazione. Come per il BTS, lo stage e l’attività pratica sono una parte fondamentale di queste istituzioni scolastiche, ma le ore settimanali sono inferiori (30) così come le specializzazioni possibili, che sono 25. Anche la durata di questi corsi è biennale, ma l’insegnamento è più generalizzato rispetto al BTS e questo rende il DUT più accessibile per la prosecuzione degli studi. Al termine dei due anni è possibile cercare subito lavoro, ma l’80% degli studenti decide di proseguire e ottenere una Licenza professionale. Comunque, una ricerca di settore ha evidenziato che il 90% dei diplomati dei DUT ha trovato lavoro entro due anni dal diploma.
Ed in questi paesi nessuno si sogna di mettere in discussione l’alternanza, alla luce dell’altissimo gradimento mostrato dal mercato del lavoro rispetto alle professionalità che si acquisiscono.
Come gli addetti ai lavori possono facilmente dedurre, l’Alternanza Scuola Lavoro ha rappresentato una rivoluzione nel sistema scolastico italiano, soprattutto per quanto riguarda il settore professionalizzante che ha cercato di avvicinarsi agli standard europei. Non a caso, i Sindacati e le Organizzazioni datoriali hanno sempre sottolineato, tra i punti di criticità, l’inadeguatezza della scuola italiana, che non rispondeva alla richiesta di professionalità proveniente dal mondo del lavoro.
Sicuramente questa rivoluzione abbisogna ancora di perfezionarsi e presenta punti di ricaduta abbastanza madornali cui bisogna ovviare; ma da qui a chiederne l’abolizione sembra una vera eresia, per non dire un’offesa al mondo del lavoro. Bisogna riconoscere che l’istituzione scolastica si muove abbastanza a fatica, appalesando nei suoi terminali operativi poca dimestichezza con questi strumenti.
Denunciamo infatti uno scarso approfondimento e, spesso, uno svolgimento quasi svogliato di tali corsi; quasi fosse un compitino da svolgere obbligatoriamente. Manca, forse, nei docenti, quella consapevolezza di essere formatori e guida dei futuri lavoratori perché, dico ancora forse, loro stessi non sono stati formati in senso compiuto. Bisognerebbe, allora, formare quei docenti che mostrano interesse vero e convinto ad essere i tutor di ragazzi che dovranno apprendere sul campo le difficoltà lavorative; sicuramente diverse da come le immaginavano e come le rappresenta la teoria riconoscendo loro, però, quelle premialità economiche che attualmente pongono i docenti italiani molto al di sotto degli standard europei. E se l’alternanza fa parte dell’Offerta Formativa con la voce PCTO, appare veramente immorale che vengano segnalati casi in cui le istituzioni scolastiche non mettono a disposizione degli studenti i veicoli per il trasferimento dalla scuola alle aziende, facendo affidamento sulla buona volontà dei Tutor/docenti e/o degli studenti che provvedono con mezzi propri o, peggio ancora, spesso con i genitori che coprono le spese per i trasferimenti più lunghi, laddove occorrono autoveicoli più capienti.
Allora è dovere degli organi preposti vigilare che questi istituti normativi si realizzino seguendo le direttive e non l’improvvisazione, controllando che le attività vengano effettivamente svolte e nelle forme previste affinché le buone intenzioni non restino solo sulla carta dando così l’opportunità ai soliti tuttologi di esibirsi nelle loro sterili e vuote crociate.
[*] Consigliere d’Amministrazione della Fondazione Prof. Massimo D’Antona. Dipendente dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro, in servizio presso la sede ITL di Avellino. Le considerazioni contenute nel presente intervento sono frutto esclusivo del pensiero dell’autore e non hanno carattere in alcun modo impegnativo per l’Amministrazione di appartenenza
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