“Condizioni di lavoro trasparenti e prevedibili” sono l’obiettivo principale che l’Unione Europea vuole perseguire con la Direttiva (UE) 2019/1152 del 20 giugno 2019, che fonda le proprie radici nell’art. 31 della “Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea”, il quale stabilisce che “ogni lavoratore ha diritto a condizioni di lavoro che ne rispettino la salute, la sicurezza e la dignità, a una limitazione della durata massima del lavoro, a periodi di riposo giornalieri e settimanali ed a un congedo retribuito” e nel “Principio n. 7 del Pilastro europeo dei diritti sociali”, che aveva stabilito, in un’ottica proprio di trasparenza, che i lavoratori hanno il diritto di essere informati, per iscritto, all’inizio del rapporto di lavoro, dei diritti e degli obblighi derivanti dal rapporto stesso e delle condizioni che lo regolano, in considerazione che, dall’adozione della Direttiva 91/533/CEE del Consiglio, il mercato del lavoro aveva subito profondi cambiamenti, facendo comparire nuove forme di lavoro, che hanno favorito l’innovazione, la creazione di posti di lavoro e la crescita del mercato del lavoro, allontanandole, in modo notevole, dai rapporti di lavoro tradizionali proprio in termini di prevedibilità e trasparenza, creando incertezza in merito alla protezione sociale ed ai diritti dei lavoratori interessati.
È proprio per questo motivo che si è sentita l’esigenza che i lavoratori dovessero essere pienamente e tempestivamente informati sulle condizioni essenziali del loro lavoro, in un linguaggio facilmente accessibile e comprensibile, e lo scopo del legislatore euro-unitario è stato appunto quello di innalzare i livelli di tutela dei lavoratori mediante la previsione di una dettagliata serie di informazioni che bisogna fornire al lavoratore al momento dell’instaurazione del rapporto in maniera tale che quest’ultimo sia informato dei diritti e doveri che ne conseguono, in relazione agli aspetti principali del contratto, nonché mediante la previsione di prescrizioni minime relative alle condizioni di lavoro[1].
La Direttiva (UE) 2019/1152 è stata recepita, nel nostro ordinamento, con il D. Lgs. 30 giugno 2022 n. 104, entrato in vigore il 13 agosto 2022, il quale ha introdotto nel D. Lgs. n. 152/1997, a cui ha apportato notevoli modifiche, ulteriori profili riguardanti gli obblighi di informazione dei lavoratori, in considerazione che, come rilevato dalla Circolare INL n. 4/2022, il datore di lavoro è ora tenuto a fornire al lavoratore tutte le informazioni di base riferite ai singoli istituti di cui al nuovo articolo 1 del richiamato D. Lgs. n. 152/1997, potendo rinviare, per le informazioni di maggior dettaglio, al Contratto collettivo o ai documenti aziendali che devono essere consegnati o messi a disposizione del lavoratore secondo le prassi aziendali.
La ratio della riforma è, quindi, quella di ampliare gli obblighi informativi, in un’ottica di semplificazione, anche se, apparentemente, sembra che, con il nuovo decreto, è, in realtà, avvenuto il contrario, essendo stati aggravati ed appesantiti gli oneri burocratici già gravanti sui datori di lavoro; ma tale operazione di ampliamento e di rafforzamento deve essere calata nella concretezza del rapporto di lavoro, proprio a garanzia ed a tutela dei lavoratori. Per questo motivo, l’obbligo informativo non deve essere assolto soltanto con il semplice e sterile astratto richiamo alle norme di legge che regolano gli istituti oggetto dell’informativa, bensì attraverso la comunicazione di come concretamente tali istituti si atteggiano, nei limiti consentiti dalla legge, nel rapporto tra le parti, anche attraverso il richiamo della Contrattazione collettiva applicabile al contratto di lavoro.
Il D. Lgs. n. 104/2022, a differenza della precedente normativa introdotta con il D. Lgs. n. 152/1997, ha anche ampliato il campo di applicazione soggettivo della disciplina, che ora viene estesa pure alle tipologie contrattuali “non standard”. Difatti, le disposizioni normative introdotte con la Direttiva e con il D. Lgs. n. 104/2022 trovano ora applicazione: al lavoro subordinato, a tempo indeterminato, determinato e anche a tempo parziale; ai lavoratori impiegati con tipologie contrattuali non standard, quali: il contratto di lavoro somministrato, il contratto di lavoro intermittente, il rapporto di collaborazione con prestazione prevalentemente personale e continuativa organizzata ai sensi dell’art. 2, 1° comma, del D. Lgs. n. 81/2015, il contratto di collaborazione coordinata e continuativa ed il contratto di prestazione occasionale.
Sono, altresì, applicabili anche ai rapporti di lavoro delle Pubbliche amministrazioni ed a quelli degli Enti pubblici economici, nonché ai lavoratori marittimi e della pesca ed a quelli domestici.
Non si applica invece ai rapporti di lavoro autonomo, purché non integranti rapporti di collaborazione coordinata e continuativa; ai rapporti di lavoro caratterizzati da un tempo di lavoro predeterminato ed effettivo di durata pari o inferiore ad una media di tre ore a settimana in un periodo di riferimento di quattro settimane consecutive; ai rapporti di agenzia e rappresentanza commerciale; ai rapporti di collaborazione prestati nell’impresa del datore di lavoro del coniuge dai parenti e dagli affini non oltre il terzo grado, che siano con lui conviventi, ed al personale dipendente di amministrazioni pubbliche in servizio all’estero.
Il datore di lavoro deve adempiere ai nuovi obblighi informativi in modo trasparente, chiaro, completo e gratuito, potendo utilizzare indifferentemente sia la modalità cartacea sia quella elettronica. La prova dell’avvenuta trasmissione o ricezione delle informazioni necessarie deve essere conservata per un periodo non inferiore a cinque anni dalla cessazione del rapporto e tutte le informazioni devono, su richiesta del lavoratore, essere rese accessibili in qualsiasi momento.
L’obbligo di informazione è anche assolto mediante la consegna al lavoratore, all’atto dell’instaurazione del rapporto di lavoro e prima dell’inizio dell’attività lavorativa, alternativamente, del contratto individuale di lavoro redatto per iscritto o della copia della comunicazione di instaurazione del rapporto di lavoro, con le relative integrazioni.
Le informazioni non contenute in tali documenti sono, in ogni caso, fornite, per iscritto, al lavoratore entro i sette giorni successivi all’inizio della prestazione lavorativa.
Devono essere oggetto di comunicazione anche le informazioni relative alla formazione, alla durata delle ferie e dei congedi retribuiti, alla procedura per il preavviso, al contratto collettivo applicato e l’indicazione degli Enti destinatari della contribuzione previdenziale ed assicurativa, che possono essere invece fornite al lavoratore entro trenta giorni dall’inizio della prestazione lavorativa.
Al fine di agevolare l’assolvimento dei nuovi adempimenti è prevista la possibilità di avvalersi di una comunicazione in formato “elettronico”, avendo cura di specificare che “le medesime informazioni sono conservate e rese accessibili al lavoratore ed il datore di lavoro ne conserva la prova della trasmissione o della ricezione per la durata di cinque anni dalla conclusione del rapporto di lavoro”.
In particolare, l’art. 1 del D. Lgs. n. 152/1997, così come modificato dall’art. 4 del citato D. Lgs. n. 104/2022, elenca il nuovo contenuto che deve avere l’informativa che i datori di lavoro, pubblici e privati, devono fornire ai lavoratori.
Il rinvio al CCNL può essere effettuato anche mediante l’indicazione del relativo link dove reperirlo[2].
Il datore di lavoro è anche tenuto ad informare il lavoratore dell’utilizzo di sistemi decisionali o di monitoraggio automatizzati, che il decreto ha inteso regolare per gli aspetti informativi che siano finalizzati a realizzare un procedimento decisionale in grado di incidere sul rapporto di lavoro o sulla sorveglianza, la valutazione, le prestazioni e l’adempimento delle obbligazioni contrattuali dei lavoratori, restando comunque fermo quanto disposto dall’art. 4 della Legge n. 300/1970, il quale espressamente stabilisce il divieto di utilizzare sistemi audiovisivi e/o di altro genere per controllare a distanza l’attività del lavoratore.
Nel quadro dei nuovi adempimenti dal datore di lavoro in tema di informazione occorre anche soffermarsi su alcuni specifici profili.
Il datore di lavoro deve informare il lavoratore “sulla durata del congedo per ferie, nonché degli altri congedi retribuiti cui ha diritto il lavoratore o, se ciò non può essere indicato all’atto dell’informazione, le modalità di determinazione e di fruizione degli stessi”. Ha, inoltre l’obbligo di indicare “l’importo iniziale della retribuzione o comunque il compenso e i relativi elementi costitutivi, con l’indicazione del periodo e delle modalità di pagamento”, riferendosi a tutte quelle componenti della retribuzione di cui sia oggettivamente possibile la determinazione al momento dell’assunzione, risultando chiaro che il datore di lavoro non potrà indicare, all’atto dell’assunzione, l’importo degli elementi variabili della retribuzione, essendo, in tal caso, solo tenuto ad indicare i criteri in base ai quali tali elementi variabili saranno riconosciuti e corrisposti.
Il datore di lavoro dovrà anche informare il lavoratore sulla programmazione dell’orario normale di lavoro, nonché delle eventuali condizioni relative al lavoro straordinario ed alla sua retribuzione, rientrando nella definizione del lavoro prevedibile anche le ipotesi di lavoro a turni e di lavoro multi-periodale.
L’informativa dovrà contenere anche gli Enti e gli Istituti che ricevono i contributi previdenziali ed assicurativi dovuti dal datore di lavoro ed indicare qualunque forma di protezione in materia di sicurezza che sarà fornita dal datore di lavoro stesso.
Viene fatta chiarezza sulla durata del periodo di prova, in quanto la direttiva ha previsto che l’ingresso nel mercato del lavoro o il passaggio a nuova posizione lavorativa non deve esporre il lavoratore ad una prolungata situazione di insicurezza e che i periodi di prova devono essere di durata ragionevole, come stabilito anche nel Pilastro europeo dei diritti sociali. La direttiva ha, infatti, previsto che gli Stati membri dovranno fissare una durata massima del periodo di prova non superiore a 6 mesi e che lo stesso periodo di prova deve avere una durata proporzionata in caso di rapporti di lavoro a tempo determinato.
Nelle Pubbliche Amministrazioni continuerà ad applicarsi l’art. 17 del D.P.R. n. 487/1994, in forza del quale la durata del periodo di prova è differenziata in ragione della complessità delle prestazioni professionali richieste.
Particolari novità sono state introdotte anche in materia di conflitto di interessi. Difatti, il decreto vieta al datore di lavoro di impedire al lavoratore di svolgere in parallelo un altro rapporto di lavoro, se quest’ultimo ha luogo in orario al di fuori della programmazione dell’attività lavorativa concordata o di riservargli un trattamento meno favorevole.
Le uniche condizioni che consentono al datore di lavoro di limitare o di negare al lavoratore lo svolgimento di un altro e diverso rapporto di lavoro sussistono qualora vi sia un pregiudizio per la salute e sicurezza, ivi compreso il rispetto della normativa in materia di durata dei riposi; qualora sia necessario garantire l’integrità del servizio pubblico e qualora la diversa e ulteriore attività sia in conflitto di interessi con la principale, pur non violando l’imposto dovere di fedeltà.
Viene rafforzato l’obbligo formativo del lavoratore da parte del datore di lavoro, in quanto viene, in particolare, previsto che, laddove il datore sia obbligato in forza di legge, contratto collettivo od individuale ad erogare formazione obbligatoria, questa dovrà essere garantita gratuitamente e verrà considerata come orario di lavoro qualora non venga erogata durante l’orario di lavoro ordinario.
Tale obbligo non riguarda però la formazione necessaria al dipendente per mantenere o per rinnovare una qualifica professionale, a meno che ciò non sia dettato da norme legali o contrattuali. Restano fermi, infine, gli obblighi derivanti dal rispetto degli artt. 36 e 37 del D. Lgs. n. 81/2008 sulla informazione, formazione ed addestramento dei lavoratori.
In caso di violazione degli obblighi informativi previsti dal citato art. 1 del D. Lgs. n. 152/1997, così come riformato e modificato, trova applicazione la sanzione prevista dall’art. 19, 2° comma, del D. Lgs. n. 276/2003, la quale sarà comminata dall’Ispettorato Territoriale del Lavoro in caso di mancato, ritardato, incompleto o inesatto assolvimento.
La sanzione amministrativa varia, per ogni lavoratore interessato, da € 250,00 a € 1.500,00 ed è soggetta a diffida ai sensi dell’art. 13 del D. Lgs. n. 124/2004. La violazione di queste disposizioni da parte delle Pubbliche amministrazioni viene inoltre valutata ai fini della responsabilità dirigenziale e della misurazione delle performance.
Nel caso di violazione degli obblighi informativi relativi all’utilizzo di sistemi decisionali o di monitoraggio automatizzati, indicati nell’art. 1-bis del citato decreto legislativo, troverà applicazione la sanzione prevista sempre dal nuovo art. 19, 2° comma, del D. Lgs. n. 276/2003 e, pertanto, la sanzione amministrativa pecuniaria da € 100,00 ad € 750,00 “per ciascun mese di riferimento”, che sarà soggetta a diffida ai sensi dell’art. 13 del D. Lgs. n. 124/2004. La sanzione va applicata per ciascun mese in cui il lavoratore svolge la propria attività in violazione degli obblighi informativi in esame da parte del datore di lavoro o del committente. Trattasi poi di una sanzione “per fasce”, cosicché, ferma restando la sua applicazione per ciascun mese di riferimento, se la violazione si riferisce a più di cinque lavoratori la sanzione amministrativa è da € 400,00 ad € 1.500,00 e se invece la violazione si riferisce a più di dieci lavoratori, la sanzione va da € 1.000,00 ad € 5.000,00, non è ammesso il pagamento in misura ridotta e neanche la procedura di diffida ai sensi dell’art. 13 del D. Lgs. n. 124/2004.
L’adozione di comportamenti di carattere ritorsivo o che, comunque, determinano effetti sfavorevoli nei confronti dei lavoratori o dei loro rappresentanti che abbiano presentato un reclamo al datore di lavoro o che abbiano promosso un procedimento, anche non giudiziario, al fine di garantire il rispetto dei diritti di cui al presente decreto e di cui al D. Lgs. n. 152/1997, ferma ogni conseguenza prevista dalla legge derivante dall’invalidità dell’atto, comporta, salvo che il fatto costituisca reato, l’applicazione della sanzione amministrativa prevista dall’art. 41, comma 2, del D. Lgs. n. 198/2006 (sanzione amministrativa da € 5.000,00 ad € 10.000,00)[3].
I nuovi obblighi informativi posti in capo ai datori di lavoro non riguardano soltanto i nuovi assunti a far data del 13 agosto 2022 bensì, a richiesta degli interessati, tutti coloro che sono stati assunti entro il 1° agosto 2022. Infatti, questi ultimi, su richiesta scritta, possono chiedere l’integrazione delle loro lettere di assunzione con i dati previsti dal D. Lgs. n. 104/2022 e, in questo caso, i datori di lavoro avranno sessanta giorni di tempo per adempiere. Paradossalmente, per un errore del legislatore, restano esclusi i lavoratori assunti nel periodo 2 agosto – 12 agosto, i quali non possono chiedere ai propri datori le integrazioni alle lettere con cui sono stati instaurati i loro rapporti di lavoro.
È indubbio che le disposizioni del nuovo Decreto presentino non poche criticità operative. Infatti, i nuovi obblighi non solo richiedono ai datori di lavoro di adeguarsi alle nuove misure introdotte in tempi brevi ma di sopportare anche ingenti oneri organizzativi e burocratici. Nel contempo non si deve però dimenticare che tale novità legislativa rappresenterà un utile strumento di tutela per i lavoratori in linea con gli obiettivi del legislatore euro-unitario.
[1] Circolare n. 19 del 20 settembre 2022 del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali e Circolare n. 4/2022 del 10 agosto 2022 dell’INL.
[2] Attualmente tutti i CCNL sono consultabili collegandosi all’archivio del sito istituzionale del CNEL.
[3] Circolare n. 11 del 18.08.2022 della Fondazione Studi Consulenti del lavoro e Circolare n. 4/2022 dell’INL.
[*] Avvocato. Funzionario I. L. presso l’Ispettorato Territoriale del Lavoro di Benevento. Professore universitario a contratto di Diritto dell’Unione Europea e Diritto Internazionale presso l’Istituto universitario SSML ISC di Campobasso. Il presente contributo è frutto esclusivo del pensiero dell’autore e non impegna l’Amministrazione di appartenenza.
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