Sostenibilità deriva dalla parola sostenere, si tratta di qualcosa che può stare in piedi da sola, che si regge perché ha un suo equilibrio. Se pensiamo ad uno sgabello, questo si sostiene da solo perché ha quattro gambe ma quando una delle tre gambe si incrina cade e cade anche la persona che è seduta sopra. Se parliamo di sviluppo sostenibile dobbiamo pensare a questa capacità di equilibrio protratta nel tempo. Siamo nel momento storico in cui viene chiesto alle aziende di essere sostenibili, devono durare nel tempo ma senza andare a peggiorare le condizioni ambientali, senza che la prossima generazione debba fare i conti con problemi più grandi di quelli di oggi. Bisogna cambiare il modo di pensare, da lineare a circolare, un esempio è quello dei rifiuti anziché eliminarli bisognerebbe riciclarli.
Molto difficile però è cambiare la mentalità e adottare la sostenibilità come modello di vita. Proviamo ad affrontare questa tematica in relazione al diritto del lavoro andando ad estendere il discorso anche alla solidarietà generazionale.
Il valore della solidarietà è promosso e tutelato costituzionalmente, ai sensi dell’art. 2, secondo il quale “la Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo, sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale”.
Ed è proprio questo fondamento costituzionale a legittimare una costante ricorrenza della questione della solidarietà nei più diversi ambiti, dalla previdenza al welfare, dal rapporto di lavoro al mercato del lavoro.
Siamo consapevoli di non dover trasferire alle generazioni future il peso della responsabilità di scelte che devono essere assunte oggi andando ad intervenire soprattutto sullo “squilibrio dell’occupazione fra giovani e anziani”.
La questione solidale non si pone solamente tra generazioni presenti e generazioni future ma va ad incidere anche nelle fasi dello sviluppo che si presume debba essere anche sostenibile. Il problema non si esaurisce infatti nella prospettiva temporale di breve termine poiché l’attuale sostenibilità economica (ovvero la capacità di generare reddito e lavoro), sociale (ovvero la capacità di garantire benessere, sicurezza, salute, giustizia, istruzione, ed ambientale (mantenere il patrimonio e la riproducibilità delle risorse naturali) è il presupposto necessario e imprescindibile per una sostenibilità che lasceremo alle generazioni future, almeno si spera.
La soluzione sembra quella di andare a ridurre tutta una serie di distanze che ci sono tra le varie generazioni.
Distanze tra i lavoratori a tempo indeterminato e quelli a tempo determinato, tra i lavoratori del settore pubblico e quelli del settore privato, tra i lavoratori di una grande azienda e quelli inseriti in realtà più piccole, tra gli autonomi e i subordinati, tra gli uomini e le donne e più recentemente, anche tra coloro che possono lavorare in modalità smart-working e coloro ai quali è richiesta la presenza fisica per lo svolgimento dell’attività lavorativa.
Per recuperare, dunque, pienamente il valore della solidarietà nel diritto del lavoro è necessario quindi ridurre le diseguaglianze nel mercato del lavoro, costringendo così il diritto del lavoro ad ampliare i propri obiettivi rispetto a quelli tradizionali, andando a promuovere i diritti fondamentali della persona con un uno sguardo al futuro.
Bisognerebbe mirare ad un equilibrio in termini di stabilità occupazionale, di realizzazione personale, di un’esistenza dignitosa, di una retribuzione che sia equa, di un’assistenza previdenziale, tenendo conto anche di quelle che sono le esigenze di efficacia del sistema produttivo (di flessibilità, di produttività, di utile e di avere anche una certezza normativa), che genera le risorse necessarie per soddisfare quegli stessi valori, il tutto deve ruotare attorno ad un’asse imprescindibile che è quello della salute e sicurezza dell’ambiente (lavorativo e circostante).
Parliamo di equilibrio tra interessi che per la loro natura sono divergenti ma che possono riequilibrare le logiche economiche, con quelle sociali e quelle ambientali, senza privilegiare una dimensione rispetto all’altra, cercando anche di sorreggere il pilastro dello sviluppo sostenibile.
L’aspirazione sarebbe quella di non cercare priorità ma un equilibrio circolare tra le logiche economiche che comprendono sia la dimensione sociale sia quella economica che quella ambientale cercando una futura e probabile visione di insieme.
Si tratta dunque, in questa particolare situazione storica, di mettere al centro i tre piatti e cercare di recuperare l’errore che è stato fatto in passato, l’errore di favorire sempre e in ogni modo il pilastro economico. Questo ha interessato l’Italia anche se molti altri stati non hanno avuto comportamenti diversi.
I nostri imprenditori dovrebbero imparare a dare il giusto peso alle conseguenze ambientali del loro agire e superare la ormai desueta distinzione tra l’ambiente di lavoro e il territorio circostante.
L’esperienza dell’attuale pandemia e la relativa e inaspettata diffusione dello smart-working nelle abitazioni degli italiani, ha da un lato comportato la “rottura del luogo fisso di lavoro” e dall’altro è andata ad approfondire il tema del rapporto tra sicurezza e lavoro. La pandemia ha portato in alto l’importanza di avere un ambiente idoneo per lo svolgimento di ogni attività lavorativa e quindi, necessariamente, per lo sviluppo che sia in termini economici e sociali.
In questo senso dobbiamo parlare di sviluppo sostenibile come di una bussola che orienti le scelte future affinché si possa parlare di solidarietà tra generazioni ed equilibrio di interessi diversi.
Ora veniamo alle aziende che di questi tempi stanno adottando e vantando modelli di eco sostenibilità, pubblicizzando anche credenziali green. Una buona reputazione in materia di rispetto e tutela ambientale può infatti portare sicuramente ad avere una serie di grandi benefici anche perché si ritrovano sempre di più a rapportarsi con consumatori consapevoli e soprattutto informati.
Tutto ciò comporta anche maggiore coinvolgimento dei lavoratori che si sentono parte di un progetto che possono condividere.
Attualmente molte aziende si stanno imponendo sul mercato con tutta una serie di pratiche di ecosostenibilità. In molte, stanno solo cercando di accaparrarsi un “bollino verde” senza poi andare a spiegare quali soluzioni e contenuti si nascondano dietro alle formule di marketing verde.
Alcune aziende, stanno imparando a comunicare un’immagine positiva di sé sul piano socio ambientale, mettendo in evidenza le cose buone (magari poche e superficiali) che si fanno, e glissando su tutte quelle buone che non si stanno facendo e quelle cattive che si continuano a fare (magari molte e di forte impatto negativo). Lo scopo è sfruttare la sostenibilità come leva competitiva, senza però affrontare effettivamente nessuna responsabilità.
Questo fenomeno prende il nome di greenwashing e consiste nell’ avere una strategia di comunicazione dove andiamo a presentare le aziende sempre più attente alle questioni ambientali mentre si cerca di occultare l’impatto ambientale negativo.
Molte aziende pensano che lavorare green sia più costoso, questo in realtà non è sempre vero perché è stato dimostrato che scegliere la strada della sostenibilità ambientale può contribuire, nel lungo periodo, ad abbattere i costi.
Pensiamo soltanto alla possibilità di riciclare o riutilizzare alcuni materiali, agli eventuali incentivi e determinate facilitazioni, quali ad esempio il car sharing o l’uso del trasporto pubblico, che possono contribuire a rendere la nostra attività lavorativa più ecologica. Oltretutto, bisogna anche tener presente che “sostenibilità” significa anche fare un uso più intelligente delle risorse e di conseguenza cercare di diminuire gli sprechi.
Altro aspetto poco valutato riguarda il consumatore. L’errore strategico può consistere nel sottovalutare la sua capacità di giudizio.
Vendere un prodotto in una confezione verde o usare la parola eco non lo rende credibile in modo automatico.
Oggi i consumatori leggono le etichette e utilizzano internet per confrontare i prodotti, in questo modo le aziende diventano facilmente smascherabili. Non sarà sufficiente apparire green, bisognerà dimostrare i contenuti delle proprie scelte e mostrare una certa coerenza di comportamento. Le aziende hanno anche il dovere di spiegare in modo chiaro le proprie iniziative a favore dell’ambiente e anche cosa rende i prodotti ecosostenibili.
L’azienda dovrebbe anche spiegare sia le proprie iniziative in favore dell’ambiente sia i contenuti e le caratteristiche che rendono ecosostenibili i propri prodotti.
Se vengono adottate delle soluzioni davvero ecosostenibili e se la sua comunicazione è onesta e trasparente, non c’è da preoccuparsi: nessuna critica potrà rovinare l’immagine o la reputazione.
Prodotti ma anche lavori green. Stati Uniti, Gran Bretagna e Australia sono in testa alla classifica delle nazioni leader nei lavori verdi mentre i Millennial sono la generazione sostenibile per eccellenza (+13% come tasso di crescita annuale) e quasi la metà di loro è disposta ad accettare uno stipendio più basso per poter lavorare all’interno di un’impresa leader nella sostenibilità.
Sta emergendo che la green work culture non è una tendenza passeggera, bensì qualcosa per cui ogni azienda e ogni dipendente dovrà impegnarsi sempre più in prima persona.
Le aziende saranno sempre più spinte dai loro stessi dipendenti a riqualificarsi, aumentando la formazione sulla sostenibilità e sugli obiettivi di sviluppo e crescita green. Lo sviluppo di una cultura sostenibile avrà effetti diretti non solo su benessere e sulla produttività, ma aiuterà le aziende ad accrescere il proprio fatturato e posizionamento sul mercato.
Ma cosa possono fare le aziende per promuovere un ambiente di lavoro eco-sostenibile?
Possiamo dare spazio al Biking to work, mettere a disposizione dei propri collaboratori e dipendenti delle biciclette per gli spostamenti. Questo andrebbe a ridurre innanzitutto l’inquinamento ma andrebbe anche a contribuire al benessere fisico dei lavoratori.
Si possono creare spazi e stanze rilassanti all’interno del workplace. In questo modo andremmo a diminuire l’impatto dell’inquinamento acustico sulla produttività e sull’umore e aumenterebbe di conseguenza il benessere del lavoratore.
Ridurre sprechi e consumi attraverso il digitale: le varie bozze di un documento possono essere facilmente conservate sul laptop ma anche su un cloud condiviso, e altrettanto facilmente smaltite con un clic.
Realizzare workshop, corsi online e seminari sulla sostenibilità ambientale per mantenere alta l’attenzione sull’importanza di adottare una cultura aziendale green, ospitando in ufficio workshop, corsi online e seminari.
Risparmio energetico: ridurre la luminosità del monitor del computer al 70% può far risparmiare fino al 20% dell’energia. Regolare di 2 gradi la temperatura dei termostati consente di risparmiare fino a oltre 900 kg di anidride carbonica all’anno.
Anni fa su un grattacielo di New York è comparsa l’installazione Climate Clock. Questo grande orologio, che presentava la scritta “The Earth has a deadline”, ovvero “La Terra ha una scadenza”. In occasione della Climate Week, è diventato un conto alla rovescia che indicava il tempo rimanente per la vita del nostro Pianeta.
Il tempo segnato sull’installazione newyorkese non lasciava spazio a dubbi: al nostro Pianeta mancano sette anni prima di arrivare a una strada senza uscita. Con precisione si stima che, il countdown scadrà nel 2028.
Davanti a questa drammatica verità e alla luce delle ultime vicende che stiamo vivendo diventa ancora più centrale il tema della sostenibilità e si rinnova l’esigenza di intervenire con tempestività prima che sia veramente troppo tardi, intervenire cambiando le rotte di comportamento di singoli e imprese.
[*] Formatore presso FORIT (rischi specifici, HACCP, privacy). Docente in materia di Sicurezza sul lavoro presso Informa S.r.l. (Campus Biomedico, Amazon). Formatore presso Formedil Bari (moduli RSPP, dirigenti e preposti). Esperta della legislazione nazionale e comunitaria relativa al diritto del lavoro.
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