In attesa delle decisioni che il Governo assumerà in materia di riforma delle pensioni, con la legge di bilancio (L. 197/2022), sono state introdotte, per il 2023, alcune limitate novità in ambito previdenziale; in sintesi, restano in vigore le regole Fornero, il blocco degli scatti per la pensione anticipata, l’APe Sociale, la Pensione Precoci e quella per usuranti e gravosi, mentre per Opzione Donna c’è il restringimento della platea e come novità c’è la Quota 103, che consente di ritirarsi a 62 anni con 41 di contributi.
Dal 1° gennaio 2023, dunque, si deve tenere conto di nuovi requisiti per andare in pensione, che condizionano anche la decorrenza del primo assegno.
Proviamo, qui di seguito, a fare il punto sugli strumenti oggi disponibili per andare in pensione quest’anno, alcuni dei quali sono a carattere temporaneo ed altri permanenti.
È la novità principale della legge di bilancio 2023, definita pensione anticipata flessibile “Quota 103”, che consente l'uscita per gli iscritti all’Assicurazione Generale Obbligatoria AGO ed alle forme esclusive e sostitutive della medesima, gestite dall’INPS, nonché alla gestione separata con i seguenti requisiti e paletti:
È stata prorogata la norma specifica definita APE Sociale - Anticipo pensionistico ovvero un’indennità sostitutiva riservata a:
L’APE Sociale è prevista fino al conseguimento dell’età anagrafica per la pensione di vecchiaia con almeno 63 anni di età ed almeno 30 anni di contributi (36 anni gli addetti a mansioni gravose o 32 gli operai edili e i ceramisti). Non è prevista nessuna finestra mobile e possibilità di sfruttare il cumulo gratuito ad esclusione delle casse professionali.
La L. 197/2022 depotenzia (incredibilmente) opzione donna. I nuovi requisiti sono i seguenti:
Bisogna appartenere in uno dei seguenti profili di tutela:
L’assegno viene erogato dopo 12 mesi dalla maturazione dei requisiti se dipendenti e 18 mesi dopo se autonome
Pensione calcolata interamente con il sistema contributivo e nessuna possibilità di cumulare gratuitamente la contribuzione.
Nessuna novità per la pensione anticipata:
Per il pensionamento di vecchiaia occorrono invece 67 anni, unitamente ad almeno 20 anni di contribuzione, senza nessuna finestra mobile. Anche in questa prestazione esiste la possibilità di cumulare gratuitamente i periodi di lavoro presso gestioni diverse o casse professionali.
La pensione anticipata per profili tutelati con lavoro precoce permette di andare in pensione con 41 anni di contribuzione rispettando congiuntamente le seguenti condizioni:
Il diritto al trattamento pensionistico decorre dopo 3 mesi dalla data di maturazione dei requisiti e si può usufruire del cumulo gratuito.
Chi accederà alla pensione nel biennio 2023-24 beneficerà di una quota contributiva dell’assegno più generosa del 2-3% rispetto a chi è andato in pensione nel 2021-22.
Tale incremento è conseguenza della riduzione della speranza di vita. Il prospetto che segue (tratto da IL SOLE 24 ORE) rende l’idea dell’incremento in discussione
(fonte Ministero del Lavoro)
L’articolo 1, comma 309, della Legge 29 dicembre 2022, n. 197, ha rivisto il meccanismo della rivalutazione automatica dei trattamenti pensionistici, per il biennio 2023-2024. Per i trattamenti pari o inferiori a quattro volte il minimo (2.101,52 € al mese ai valori lordi del dicembre 2022) la rivalutazione, pari al 100% dell’aumento dell’indice dei prezzi al consumo, è stata applicata dall’INPS a partire dal 1° gennaio 2023, determinando un incremento delle pensioni pari al 7,3%.
Dal 1°marzo 2023 sono rivalutati, secondo il meccanismo stabilito dall’articolo 34, comma 1, della Legge 23 dicembre 1998, n. 448, anche i trattamenti superiori a quattro volte il minimo INPS, come di seguito specificato:
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Al momento in cui andiamo in pubblicazione nello schema del cosiddetto decreto lavoro in discussione, per i cosiddetti lavoratori precoci sono previste tre finestre (31 Marzo, 15 Luglio, 30 Novembre) d’uscita verso il pensionamento anticipato, invece delle attuali due.
Questa non è l’unica novità in materia previdenziale inserita nella bozza del decreto Lavoro; il testo corregge anche il meccanismo che regola le ricongiunzioni modificando il tasso di rendimento annuo previsto sui contributi e viene allineato a quello riconosciuto dal sistema contributivo (media quinquennale del PIL) anziché rimanere legato all’attuale 4,5%.
Nella relazione tecnica allegata alla bozza si sottolinea che questo ritocco non comporta nuovi oneri per il bilancio ma, anzi, assicura la neutralità rispetto agli equilibri interni a ciascuna gestione, che vede aumentare o ridurre il valore attuale dei benefici pensionistici riconosciuti dello stesso aumentare delle somme trasferite.
Per le contribuzioni riferite a periodi che “cascano” nel retributivo viene previsto che le somme trasferite costituiscano la riserva matematica sulla base della quale calcolare l’incremento della prestazione, senza oneri aggiuntivi per la gestione ricevente e superando il dispositivo attuale, che obbliga il contribuente che opta per la ricongiunzione a farsi carico della differenza. Con questo nuovo intervento risulterebbe azzerata.
[*] Rappresentante Regionale per il Friuli Venezia Giulia della Fondazione Prof. Massimo D’Antona. Già responsabile della Sede provinciale di Udine del Patronato ENCAL-CISAL. Ha conseguito la Laurea in Diritto per le imprese e le istituzioni con la tesi dal titolo “Gli istituti di patronato e di assistenza sociale”
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