Così l’ha voluta omaggiare il Ministro della Salute Prof. Orazio Schillaci, sottolineando durante il suo messaggio alla platea di infermieri riuniti a Bergamo lo scorso 12 maggio 2023 in cui si è celebrata la Giornata Internazionale dell’Infermiere, il ruolo e l’importanza dell’infermieristica italiana.
Sono ormai trascorsi oltre 200 anni dalla nascita della fondatrice dell’infermieristica moderna, Florence Nightingale nata a Firenze il 12 maggio 1820. Ella si vide coinvolta nel tentativo di migliorare la situazione drammatica degli ospedali militari inglesi durante i conflitti bellici della fine del 17° secolo. In queste realtà del tempo, i decessi dei militari dell’esercito avvenivano sì per le ferite riportate, ma soprattutto per le pessime condizioni igienico-sanitarie, la cattiva nutrizione, la diffusione di colera e dissenteria che caratterizzavano la vita negli ospedali.
Nel giro di pochi mesi le condizioni, grazie alle attente attività introdotte da Nightingale, migliorarono nettamente e l’indice di mortalità si abbassò drasticamente dal 42% al 2%.
A passi incalzanti l’organizzazione sanitaria in Inghilterra evolse rapidamente ed il modello proposto ed applicato da Florence iniziò a distribuirsi in misura sempre maggiore, diffondendosi gradualmente in ogni parte del mondo.
Se la maternità dell’infermieristica attuale è da attribuirsi alla geniale visione organizzativa e gestionale del tempo di Florence Nightingale, l’attuale percorso formativo degli infermieri italiani è il risultato di un processo che ha visto diversi cambiamenti e notevoli evoluzioni.
Va ricordato che nel nostro Paese si sono dovuti attendere gli anni post seconda Guerra mondiale per intravedere le basi delle attuali organizzazioni sanitarie e la nascita dei Collegi IPASVI, ora Ordini delle professioni infermieristiche, voluti con l’introduzione della recente Legge 3/2018.
Negli anni del dopoguerra si considerava la professione infermieristica come esclusivo appannaggio delle donne, soprattutto alle religiose, le quali, per molti anni, hanno costituito la maggioranza del corpo infermieristico italiano. Solamente con la promulgazione della Legge 124 del 25 febbraio 1971 si è sancita una prima rivoluzione epocale. Con quel testo il legislatore introdusse la possibilità per il personale maschile all’accesso alla formazione ed all’esercizio della professione di infermiere.
Nel 1973 l’Italia recepì l’Accordo europeo sull’istruzione e formazione degli infermieri professionali (legge 15 novembre 1973, n. 795). Si trattò di una tappa importante nella storia della professione infermieristica. Il documento divenne il punto di riferimento di tutto il processo di riordino normativo professionale che si svilupperà poi dagli anni Settanta ad oggi.
La formazione dell’infermiere a quel tempo avveniva in scuole-convitto e negli ospedali. Scuole che poi nel tempo furono gestite, consolidate e sviluppate dalle regioni che la traghettarono agli atenei. L’accesso alla formazione universitaria per gli infermieri è il frutto di un lungo periodo di riforme legislative che hanno condotto giustamente a livello accademico “la più bella fra le professioni sanitarie”
Il percorso formativo universitario degli infermieri si basa principalmente su due Leggi di riforma. La Legge 341/90 e la legge 502/92. La prima vide l’introduzione delle prime Lauree brevi e dei primi diplomi Universitari per infermieri che nell’anno accademico 1992/93 consentì a circa mille studenti di iniziare il percorso formativo in 18 Atenei italiani. La seconda legge, la 502/92, fu definita anche legge di riforma sanitaria, basata su una forte impronta aziendalistica, che a tutt’oggi è ancora in grado di determinare molte scelte gestionali ed organizzative nel nostro SSN. Con la stessa 502/92 si diede anche una definitiva responsabilità agli Atenei nella formazione degli infermieri italiani. Nonostante la normativa, fino al 1995 si mantenne un doppio canale formativo regionale ed universitario che pur coesistendo, andava a formare numerosi degli attuali 460 mila infermieri iscritti agli Albi di infermiere ed infermiere pediatrico. Solo nel 1998 l’Università divenne l’unico luogo dove ancora oggi è possibile formarsi e diventare infermiere grazie al D.M. 509 del 3 novembre 1999 “Regolamento recante norme concernenti l’autonomia didattica degli atenei”. Il diploma universitario viene quindi definitivamente riqualificato definitivamente in laurea triennale.
Attualmente, i percorsi formativi sono:
Esistono poi numerosi Master infermieristici di I e di II livello (60 CFU) in diverse discipline che permettono all’infermiere di accedere a funzioni operative avanzate o gestionali come, ad esempio, il master in Coordinamento o nella ricerca clinica. Tutti corsi sempre svolti all’interno degli atenei.
Con l’opportuna formazione l’infermiere non è più un mero esecutore di mansioni. È un professionista laureato con propri ambiti di attività, di autonomia e di responsabilità e si occupa dell’utente in maniera globale. Lo assiste, lo cura e se ne prende cura in maniera globale, instaurando con esso una relazione di fiducia.
L’infermiere è un professionista laureato che esercita a seguito dell’iscrizione all’Ordine professionale e basa il suo operato nel rispetto del Codice deontologico dell’infermiere. Codice che lo guida in tutti i processi di presa in carico dei problemi di salute della persona. Se tutto il Mondo ci invidia il livello formativo e le qualità espresse dagli infermieri italiani, di piano opposto è l’evoluzione specialistica e l’avanzamento di carriera che, nonostante evidenti necessità, sono mancate nel tempo. Abbiamo assistito negli ultimi vent’anni ad un processo di appiattimento della professione e mancati sviluppi di carriera. Questo processo si è generato dalla necessità di garantire alle organizzazioni sanitarie, professionisti con competenze generali, polivalenti, facilmente sostituibili e ampiamente applicabili in ogni ambito sanitario. Tutto ciò ha causato in maniera lenta e progressiva e non più accettabile scarsa attrattività verso i giovani e l’incapacità a far fronte a sempre maggiori richieste di assunzioni di nuovo personale. Turni di lavoro vorticosi e spesso massacranti, festivi e notti comprese, maggiori responsabilità e scarso riconoscimento economico e professionale sono le cause di uno scarso interesse verso la nostra professione. Ma allora perché un giovane dovrebbe intraprendere la “più bella fra le professioni sanitarie?”. Presto detto. Il percorso formativo attuale genera competenze importanti che con le esperienze maturate quotidianamente formano nel breve tempo il neoassunto, dandogli opportunità importanti di impiego immediato in ambiti diversi. Senza dimenticare che il core della nostra professione è la relazione di aiuto e la presa in carico dei problemi di salute delle persone. Siamo professionisti pronti a risolvere aspetti complessi non solo di tipo organizzativo e gestionale. La recente pandemia da COVID-19 è la testimonianza diretta di come gli infermieri abbiano saputo sorreggere pienamente il SSN.
Non a caso il nostro Codice Deontologico evidenzia che il tempo di relazione è tempo di cura. È proprio perché l’infermiere trascorre molto del suo tempo attraverso la costruzione della relazione di cura con la persona. Ospedali, RSA, ambulatori o distretti territoriali, case di riposo o infermieristica di comunità e libera professione o Forze Armate. In ogni ambito il cittadino trova e troverà sempre un infermiere esperto, competente e disponibile principalmente all’ascolto e di seguito alla presa in carico ed alla soluzione di molti dei problemi espressi da lui o dalla sua famiglia.
Siamo in attesa di un vero passo avanti nella formazione dell’infermiere del futuro. Evoluzione che la nostra Federazione assieme ai Professori Med 45, alle università ed alle istituzioni stanno progettando al fine di promuovere nuovi percorsi formativi post base per il raggiungimento di competenze specialistiche manageriali e cliniche utili a costruire nuove organizzazioni e nuovi team assistenziali. Percorsi specialistici di tipo manageriale o assistenziale di secondo livello per poi accedere alla dirigenza infermieristica ed ai dottorati di ricerca collegati anche a differenziazioni economiche in base al livello ricoperto. Un nuovo modello formativo per un nuovo modello di infermieristica del futuro nel tentativo di innovare l’assistenza e le organizzazioni e riportare attrattività sulle nuove generazioni affinché si possano interessare nuovamente a quella che tutti riconoscono come la professione “più bella fra le professioni sanitarie”.
[*] Presidente Ordine degli Infermieri della Provincia di Udine.
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