Il lavoro da remoto è in uso nelle aziende da decenni, abilitato dalle tecnologie informatiche e di comunicazione che consentono la collaborazione a distanza e in contesti digitali. La pandemia Covid-19 ne ha accelerato la diffusione.
In ogni caso è possibile affermare che il lavoro da remoto stia andando ormai verso una stabilizzazione all’interno dei modelli di lavoro delle aziende, sebbene ciò stia avvenendo in modo particolare nelle organizzazioni di maggiori dimensioni e nelle imprese. Si affermano così in modo permanente i contesti di lavoro ibrido, in cui coesistono momenti di lavoro vissuti in presenza presso le strutture aziendali e in spazi condivisi con i colleghi e momenti di lavoro da remoto: questi contesti configurano dunque un’esperienza di lavoro per il singolo che fonde sia aspetti fisici sia digitali.
In un contesto in cui il lavoro ibrido diviene permanente, gli effetti positivi e le disfunzioni delle due modalità di lavoro si incrociano creando dinamiche mai sperimentate prima. Per quel che riguarda il lavoro da remoto, i benefici possono essere ricondotti a un aumento di produttività, autonomia, empowerment e flessibilità; diminuzione dei costi e dei tempi legati al trasporto da e per la sede di lavoro; potenzialmente maggior tempo a disposizione per il lavoro vero e proprio oltre che per la vita privata e riduzione delle interruzioni che il singolo sperimenta in ufficio, con la conseguente possibilità di lavorare in modo più focalizzato; un miglior equilibrio fra la vita privata e la vita lavorativa. Gli effetti negativi possono essere ricondotti allo stress dovuto all’uso intensivo di tecnologie; al rischio di workaholism, cioè maggiore difficoltà a staccarsi dall’attività lavorativa; al carico psicologico generato dalla scarsa separazione fra vita privata e vita lavorativa; al rischio di isolamento sociale e alla mancanza di supporto da parte dei colleghi; alla diminuzione della comunicazione informale; al rischio di riduzione di fiducia nei team; alla maggiore difficoltà nello sviluppare una cultura organizzativa condivisa per le minori interazioni informali.
Per quel che riguarda il lavoro in presenza, i benefici e i rischi possono essere ricavati in modo speculare rispetto al lavoro da remoto. Nello specifico, il lavoro in presenza offre i vantaggi di gestire in modo efficace l'aspetto sociale e relazionale. Facilita lo sviluppo di relazioni interpersonali e le interazioni informali, supporta la creatività di gruppo e l’innovazione e favorisce lo sviluppo del senso di appartenenza e la coesione organizzativa. Agevola in definitiva una serie di processi basati su relazioni informali, simbolismo e vicinanza fisica legati alla condivisione di convinzioni profonde e di conoscenza implicita. Dall'altro lato, comporta effetti negativi come rendere meno efficiente la gestione delle attività operative e strumentali poiché implica che il collaboratore spenda tempo negli spostamenti da casa al luogo di lavoro. Riduce inoltre la capacità delle persone di concentrarsi su attività lavorative che richiedono particolare focus.
Le imprese sono dunque chiamate a gestire diverse questioni per arrivare a sviluppare una formula che consenta di massimizzare i benefici e limitare i rischi delle due modalità di lavoro. È cruciale che ogni azienda adatti tale formula alla propria organizzazione per creare il modello che più consente di conseguire nel lungo periodo i vantaggi senza che vengano erosi dagli svantaggi.
In primo luogo, sono necessari investimenti nelle tecnologie alla base dei contesti digitali di lavoro e nelle attività di formazione necessarie a sviluppare la capacità dei collaboratori di padroneggiarle. In secondo luogo, emerge in molti casi la necessità di far evolvere gli spazi degli uffici, in cui la forza lavoro è presente in numero più ridotto e a rotazione e in cui i collaboratori presenti esprimono nuove esigenze di spazi per il lavoro condiviso; in parallelo, anche le postazioni di lavoro personali dei collaboratori necessitano di adeguamenti. In terzo luogo, le aziende sono chiamate a sviluppare modelli organizzativi, pratiche relative alle risorse umane e stili manageriali che accompagnino in modo nuovo il lavoro dei singoli e dei team.
Nella commistione tra lavoro in presenza e da remoto, l’aspetto che viene messo più alla prova è tutto ciò che attiene al cosiddetto dominio relazionale: da esso derivano la maggior parte dei rischi. Perciò la gestione delle relazioni con e fra i collaboratori e della comunicazione interna rappresentano leve cruciali.
Il Working Group Employee Relations and Communication del Centre for Employee Relations and Communication (CERC) dell’Università IULM ha condotto tra giugno e luglio 2023 un’esplorazione su sette aziende italiane di medie e grandi dimensioni per rilevare come si configurano le relazioni organizzative nei contesti di lavoro ibrido permanente e quali benefici e sfide appaiono più rilevanti.
Questa esplorazione conferma la tendenza delle aziende di medie e grandi dimensioni a rendere permanente il lavoro ibrido con formule che prevedono da 1 a 3 giorni di lavoro da remoto a settimana. La durata specifica dipende dal ruolo ricoperto dai collaboratori e dalla possibilità di bilanciare le esigenze personali con quelle del team di lavoro. Per situazioni particolari, per esempio di rientro dalla gravidanza, per specifiche esigenze di cura verso familiari o temporanei spostamenti di alloggio, alcune aziende prevedono la possibilità di aumentare il numero di giorni.
Quando il lavoro da remoto è limitato a un solo giorno a settimana non emergono particolari sfide di gestione nelle relazioni. In tal caso, il lavoro da remoto sembra rispondere a un bisogno di flessibilità di orario minimale da parte del lavoratore. Una durata così limitata del lavoro da remoto non prefigura cambiamenti di modalità di lavoro e si presta quindi a essere una misura di welfare aziendale.
Qual è rispettivamente il valore relazionale del lavoro a contatto coi colleghi rispetto a quello solitario fuori ufficio? A detta di uno dei testimoni aziendali interpellati dal CERC, le giornate di lavoro in presenza sono fondamentali per “proteggere i benefici della socialità: la preziosa cultura comune, la collaborazione, la creatività, l’apprendimento”. Il lavoro da remoto porta invece benefici riconosciuti in termini di bilanciamento dell’equilibrio vita-lavoro e di flessibilità. Inoltre, emerge che “tra i benefici più ampi del lavoro da remoto vi è il contributo alla riduzione delle emissioni e dunque alla tutela dell’ambiente”.
Interessante notare come dalla rilevazione emergano benefici da lavoro in presenza per l’azienda e benefici da lavoro da remoto per le persone e per la società allargata. Questo pare un punto su cui porre attenzione: dovrebbe essere ricercata, evidenziata e misurata l’esistenza di benefici del lavoro da remoto permanente per l’azienda.
Appare elevata la consapevolezza dei requisiti per massimizzare l’efficacia del lavoro da remoto: responsabilizzazione dei singoli, lavoro per obiettivi e diversi tipi di controllo, maggiore programmazione, fiducia, delega, minore gerarchia, maggiore pianificazione delle attività. A parere di un testimone privilegiato, la minore forza della gerarchia nei contesti di lavoro ibrido produce anche una maggiore facilità a comunicare fra le persone.
La consuetudine a lavorare in presenza ha fatto sì che le modalità quotidiane di interazione coi colleghi in circostanze di lavoro da remoto e ibrido abbiano rappresentato una difficoltà nelle fasi di prima adozione. Con la progressiva acquisizione dell’abitudine alle interazioni da remoto sono emersi una serie di accorgimenti per gestire la maggiore difficoltà a mantenere relazioni. Nelle parole di un intervistato: “maggiore attenzione da parte di tutti nella gestione dei contributi tra chi si trova in presenza e chi lavora da remoto, pensando anche a modalità efficaci per una maggiore e migliore collaborazione e interazione in un contesto ibrido”. Uno dei testimoni aziendali interpellato dal CERC ha segnalato in ogni caso come “rispetto all'inizio, i momenti rompighiaccio nelle riunioni on line stanno aumentando e anche le interazioni nella fase di domande e risposte durante le presentazioni”.
L‘uso intensivo del lavoro ibrido ha reso necessaria una maggiore programmazione per sincronizzare i momenti collettivi, siano in presenza o da remoto. Allo stesso tempo, la tentazione iniziale di abusare di riunioni virtuali sulle varie piattaforme è stata via via corretta ricorrendo di nuovo agli incontri in presenza, ritenuti più efficaci quando sono volti per esempio a trovare soluzioni creative. L’attenzione a prevedere dei momenti in co-presenza dell’intero team è cresciuta, per controbilanciare la percezione di una minore circolazione di quelle informazioni che di norma vengono condivise nei momenti di socialità sul lavoro, per esempio ai momenti dei pasti in mensa o durante gli incontri fortuiti nei corridoi.
Per favorire le relazioni e dare valore al tempo speso insieme in presenza durante le giornate in ufficio, è utile favorire gli scambi di persona fra colleghi, parlandosi direttamente anziché tramite piattaforme digitali e ritagliandosi anche del tempo per incontri informali: “anche un caffè può stimolare creatività e scambio”. Esiste una vera e propria sfida a “mantenere le relazioni informali”.
Il valore del lavoro in presenza coi propri colleghi sta quindi emergendo. Tuttavia: “lavorare e incontrarsi da remoto è più facile e ci sta facendo impigrire, per questo a volte la presenza va imposta”. È la ragione per cui le aziende definiscono un numero minimo di giorni in presenza. Resta poi alle regole e alle capacità dei team leader conciliare per quanto possibile la co-presenza negli stessi giorni. In questa prospettiva il lavoro ibrido è meno una risposta alla richiesta di flessibilità da parte delle persone e più una modalità organizzativa.
In generale, è utile riservare il tempo di lavoro in ufficio ad attività che generano valore grazie all’interazione, quali staff meeting, momenti di incontro one-to-one, brainstorming, affiancamenti. Rispetto al valore del tempo speso in ufficio, uno dei testimoni aziendali interpellato dal CERC ha commentato in conclusione che “il lavoro in presenza è anche un’occasione per vivere la cultura aziendale, nutrire le relazioni e lo spirito collaborativo, attraverso momenti di celebrazione più o meno formali, ma anche attraverso scambi informali”.
Per quel che riguarda infine la comunicazione interna strutturata, cioè gestita dalla funzione di comunicazione interna, emerge come i lavoratori da remoto rappresentino un segmento specifico di stakeholder per i professionisti della funzione, verso cui è necessario individuare nuove modalità di coinvolgimento e di ascolto informale per favorire engagement e senso di appartenenza.
Con l’affermarsi del lavoro ibrido e il suo diventare permanente, matura la consapevolezza del valore del lavoro da remoto per aumentare la flessibilità della vita lavorativa. Dall’altro lato, matura la consapevolezza che il lavoro in co-presenza sia essenziale per la creatività, la condivisione di cultura organizzativa, la comunicazione informale. Per questo, le aziende pongono attenzione alla programmazione dei tempi di lavoro in co-presenza affrontando anche la sfida di una sorta di pigrizia che induce le persone a restare a casa. Il tempo di lavoro in co-presenza è da valorizzare e progettare.
D’altro canto, anche il lavoro da remoto è vissuto con maggiore consapevolezza: si diffonde la necessità del lavoro con responsabilità sugli obiettivi ed è cresciuta la capacità di usare bene le tecnologie per la collaborazione e di rendere efficaci i momenti di collaborazione a distanza.
Una nota da sottolineare è la diversità dell’impatto del lavoro da remoto quando è limitato a un solo giorno alla settimana rispetto a quando è intenso. Nel primo caso, può essere considerato una misura di welfare aziendale, mentre il lavoro ibrido con intenso uso della quota da remoto ha ricadute importanti sui modelli organizzativi.
In conclusione, emerge che il lavoro ibrido è diventato senza dubbio una realtà permanente e il suo impiego oggi è molto più consapevole e beneficia dello sviluppo di una serie di competenze.
[*] Alessandra Mazzei è Direttrice del Centre for Employee Relations and Communication dell’Università IULM.
Alfonsa Butera è Researcher del Centre for Employee Relations and Communication dell’Università IULM.
Il Centre for Employee Relations and Communication (CERC) è il centro di ricerca dell’Università IULM focalizzato sui temi della gestione delle relazioni e della comunicazione con i collaboratori. Al suo interno opera il Working Group Employee Relations and Communication, un gruppo di ricerca multi-azienda che si rinnova ogni due anni ed è aperto alla partecipazione di un numero limitato di aziende.
Le autrici ringraziano Simona Bargiacchi, Cromology; Eugenio Lanzetta, Sella; Maria Lucia Lezzi, MM; Manola Manini, Unicoop Firenze; Laura Sprea, Campari Group; Valentina Uboldi, Eni; Loredana Vernillo, Vodafone Italia.
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