Anno XI - n° 58

Rivista on-Line della Fondazione Prof. Massimo D'Antona

Luglio/Agosto 2023

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Anno XI - n° 58

Luglio/Agosto 2023

Effemeridi • Pillole di satira e costume

Nostalgie d’estate


di Fadila

Sto passando il mio giorno di ferie sdraiato sulla sabbia dorata di Foce Verde, in un punto dove le acque lievemente increspate del mare, nella loro trasparenza si tingono di azzurro e verde smeraldo. Dopo aver fatto una bella nuotata verso un punto abbastanza lontano dai bagnanti, orgoglioso di essere ancora in forze nonostante non sia più “giovanissimo”, mi sono fermato solo il tempo necessario per asciugarmi perché non provo un grande piacere a stare in mezzo a una calca di umanità sudaticcia. Siccome non ho la bacchetta magica per farla sparire, cerco di raggiungere lo stesso scopo astraendomi dalla realtà e abbandonandomi a pensieri e ricordi.

A volte la nostalgia del passato assale le persone avanti negli anni che hanno avuto una vita intensa per dar loro l’opportunità di rivivere i momenti migliori della loro esistenza; è solo un’illusione, ma aiuta a vivere. Così sono tornato indietro negli anni, quando in pieno vigore mi battevo per il bene comune e tra i traguardi raggiunti mi è venuto in mente quello della creazione della nostra bella Fondazione da parte di un piccolo gruppo di visionari di cui facevo parte e che il tempo nella sua ineluttabilità ha ridotto portando via due persone cui ho voluto bene e stimato.

Uno era Mario Camatti, un vero leader sindacale, che guidava di fatto anche il nostro gruppo. Univa in sé, con mirabile equilibrio, due qualità raramente riscontrabili nella stessa persona: pensiero e azione. Era un vulcano e il suo capoccione sfornava in continuazione idee e progetti. Spigliato, continuamente in movimento, indossava l’indispensabile, una camicia sempre ampiamente aperta, pantaloni portati con trasandatezza e quando proprio non poteva farne a meno, per esigenze sociali o per inclemenza climatica, una giacca. Di norma, infatti, il caldo gli derivava dall’interno dovuto a un’attività instancabile. L’altro, Guglielmo Guglielmini, il mio caro compagno di tante battaglie sindacali, era l’esatto opposto, un contrappasso dantesco. Per anni l’ho visto indossare il suo vestito azzurro carta da zucchero a righe bianche con sotto camicia e cravatta ben stretta al collo. Una divisa che non toglieva mai perché la considerava una forma di rispetto verso il prossimo e l’amministrazione di appartenenza; neanche d’estate, sebbene soffrisse il caldo più di tanti altri. Quando lo vedevo giungere così acconciato, venivo colpito da una vampata di calore con rivoli di sudore.

Era il periodo del passaggio alle regioni delle funzioni e di gran parte del personale addetto agli uffici del lavoro e del collocamento e c’erano in gioco i soldi della cassa mutua dei collocatori che sicuramente sarebbero finiti allo stato. Su iniziativa di Camatti ci riunimmo e condividemmo la sua proposta di tentare il tutto per tutto per evitare tale soluzione avanzando a chi di dovere il progetto di una fondazione per la gestione di tale patrimonio. Ognuno aveva il suo compito. Mi ricordo che date le mie presunte doti di mediatore dovevo cercare di smussare la strenua opposizione della persona che rappresentava i tanti contrari al nostro progetto. Insomma, per farla breve, riuscimmo in ciò che sembrava impossibile. E questa creatura è cresciuta nel tempo allargando la sua attività, dall’aiuto finanziario ai soci in difficoltà economiche all’istituzione delle borse di studio, ai convegni, alla bella rivista, alla collana di libri e ai quaderni. Uno sviluppo prodigioso dell’attività culturale.

Fino a quando potrà durare tutto ciò? Finché, ritengo, ci saranno persone di buona volontà che condividono tali obiettivi. La cosa, purtroppo, non è né automatica, né semplice in un periodo storico come quello che stiamo attraversando in cui si è attenuato il concetto di bene sociale, sovrastato dall’individualismo. Eppure per tanti, soprattutto i giovani, sarebbe una palestra di attività entusiasmante. Non c’è nulla di più bello che far parte di una squadra che lavora per superare l’aspetto egoistico insito in ognuno di noi; lasciare un segno della propria esistenza scrivendo articoli o libri com’è possibile fare da noi. Finora, purtroppo, questo richiamo non è stato molto ascoltato. Questa preoccupazione mi riporta bruscamente alla realtà; nella fornace in cui la gente mi appare sempre più a ridosso per togliermi l’aria. Mi accorgo di essermi asciugato e quindi posso allontanarmi da questa bolgia per tornare alla frescura del mio giardino dove sicuramente ritroverò il mio proverbiale ottimismo che mi permetterà di vedere un futuro tinto di rosa per la Fondazione D’Antona. Quadrato Rosso

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